Sommario

Le relazioni familiari nell’Italia centro-settentrionale

L'evoluzione delle relazioni familiari nei comuni della Piana di Gioia Tauro

LE NOSTRE IPOTESI

ANALISI DEI DATI: L’EVOLUZIONE NEL CORSO DEL SECOLO

IL CONFRONTO TRA LE FAMIGLIE IN RELAZIONE AL LIVELLO DI ISTRUZIONE DEL PADRE

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Le relazioni familiari nell’Italia centro-settentrionale tra Ottocento e Novecento: uno studio di Marzio Barbagli

 Sotto lo stesso tetto, di Marzio Barbagli, rappresenta il più importante studio delle relazioni familiari nell’Italia centro-settentrionale nell’età moderna e contemporanea. Secondo l’autore, nell’età moderna le relazioni interne hanno avuto a lungo in tutte le famiglie importanti caratteristiche comuni. Il potere di decisione era concentrato nelle mani del maschio capo-famiglia. Fra marito e moglie non c’era solo una relazione di autorità asimmetrica, ma anche una rigida segregazione dei ruoli: anche quando non lavoravano essi trascorrevano la maggior parte del tempo non insieme, ma con altre persone. I genitori addestravano i figli fin da piccoli alla sottomissione, li tenevano a distanza, non davano loro la minima confidenza, affinché imparassero a sentirsi diversi e inferiori. E dunque per quanto li amassero, evitavano di esprimere in modo troppo evidente i loro sentimenti, di baciarli e coccolarli. Dopo aver dominato per secoli, il modello patriarcale entrò in crisi tra gli ultimi decenni del Settecento ed i primi dell’Ottocento. In questo periodo, le relazioni tra marito e moglie, tra i genitori e figli cambiarono profondamente ed emerse a poco a poco un nuovo modello di famiglia: la famiglia "coniugale intima". Anche se il padre continuava ad essere la figura preminente, la distanza sociale fra lui e la moglie e tra genitori e figli si ridusse. La separazione dei ruoli tra marito e moglie diventò meno netta ed aumentò il tempo che essi trascorrevano insieme. Mutò il comportamento riproduttivo della coppia e diminuì il numero dei figli, cambiarono i metodi di allevamento e di educazione dei figlie crebbe la quantità di tempo che i genitori dedicavano a ciascuno di essi. La famiglia coniugale intima emerse prima nelle città che nelle campagne. Fu al vertice della scala sociale che iniziò la crisi del modello patriarcale e si affermò il nuovo modello di relazioni familiari. Prima di tutto nella borghesia intellettuale, quel ceto colto e agiato che, quando l’Ancien Régime entrò in crisi, si pose alla testa del cambiamento nell’ambito dei comportamenti domestici. La famiglia coniugale intima si diffuse ben presto anche fra l’aristocrazia. Tra la maggioranza della popolazione, in città come in campagna, prevaleva però il modello patriarcale di relazione familiari. Il processo di diffusione di nuove modalità relazionali all’interno della famiglia prosegue nell’Ottocento e nel Novecento. La ricerca condotta da Barbagli su un campione di 801 donne nate in Toscana, Emilia, Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino e Friuli ha permesso di giungere alle seguenti conclusioni:

  1. tra la fine del XIX e la prima metà del XX secolo i comportamenti tipici della famiglia coniugale intima si diffondono dai ceti urbani superiori al resto della società.
  2. Tale processo ha luogo soprattutto tra i ceti urbani, mentre, ancora nel primo Novecento, nelle famiglie di mezzadri e coltivatori affittuari o proprietari appoderati si riscontra ancora una significativa presenza del modello familiare patriarcale, caratterizzato dal ruolo di potere del maschio adulto e dalla scarsa espressione dell’affettività nel rapporto genitori-figli.
  3. Il livello di istruzione del capofamiglia è un importante indicatore della diffusione di rapporti familiari fondati su un maggiore equilibrio tra un uomo e una donna e sull’intimità delle relazioni domestiche: i dati raccolti da Barbagli mostrano che, quanto più cresce il livello d’istruzione, tanto più facile è incontrare, tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, le modalità relazionali tipiche della famiglia coniugale intima.
  4. Minori differenze tra i diversi ceti sociali si osservano rispetto alla segregazione dei ruoli nel lavoro tra uomo e donna, molto marcata ad ogni livello della scala sociale, sia nell’ambiente urbano che in quello rurale.

    L'evoluzione delle relazioni familiari nei comuni della Piana di Gioia Tauro e limitrofi nel corso del Novecento

LE NOSTRE IPOTESI

Con la nostra ricerca ci siamo proposti di rilevare i mutamenti mutamenti nelle relazioni familiari nel corso del secolo, nel territorio della Piana di Gioia Tauro e dei Comuni limitrofi. La nostra indagine è stata condotta su un campione di 81 donne di età diversa e si è basata su un questionario precedentemente elaborato grazie allo studio del testo di Barbagli. Abbiamo deciso di intervistare donne provenienti donne appartenenti a diverse fasce di età, per poter effettuare confronti tra generazioni diverse. Le intervistate sono sposate e hanno almeno un figlio e subito dopo il matrimonio hanno risieduto nei comuni della Piana o nel territorio circostante. Abbiamo cercato di intervistare donne di tutti i ceti sociali, ma nel nostro campione sono poche le donne la cui famiglia d’origine appartiene a ceti sociali elevati. Prevedevamo che la nostra indagine ci avrebbe permesso di riscontrare, nel corso del secolo, un' evoluzione dalle modalità relazionali della famiglia patriarcale a quelle della famiglia coniugale intima. Ci aspettavamo di osservare una notevole segregazione dei ruoli nel lavoro tra uomo e donna, che lo stesso Barbagli osserva nei comuni dell’Italia settentrionale oggetto della sua ricerca. Avevamo molti dubbi sul fatto di poter registrare significative differenze tra ceti urbani e ceti rurali, come avviene invece nello studio di Barbagli. Ciò perché nel nostro territorio l’agricoltore non risiede sul fondo che coltiva. Le campagne, non costituiscono un ambiente sociale separato dove può più a lungo perdurare il modello patriarcale di relazioni familiari. Il paese è la cornice della nostra ricerca. Nel paese il piccolo centro di alcune migliaia di abitanti convivono contadini, commercianti, impiegati, professionisti, ceti rurali e borghesi. Abbiamo pensato che la vicinanza tra i diversi ceti sociali avesse dovuto produrre un certo scambio culturale, e quindi abbiamo ritenuto improbabile una forte differenziazione dei modelli di relazioni familiari.

ANALISI DEI DATI: L’EVOLUZIONE NEL CORSO DEL SECOLO

Dopo aver classificato ed esaminato i dati ottenuti dalle interviste abbiamo potuto rilevare che il controllo familiare e sociale sul fidanzamento e sul matrimonio diminuisce da una generazione all’altra. Alla domanda "E’ stata libera nella scelta matrimoniale " solo il 52,94% delle donne più anziane risponde di essere stata completamente libera, contro il 71,43 % delle più giovani (vedi grafico 2 ). La presenza di terzi agli incontri col fidanzato, indice di un certo controllo familiare sulla relazione, diminuisce vistosamente col procedere delle generazioni (vedi grafico 1). Parallelamente aumentano nel tempo le coppie che, subito dopo il matrimonio, hanno una residenza indipendente da quella dei genitori (vedi grafico 3). Tutto ciò può essere la conseguenza di una maggiore istruzione e di un più alto tenore di vita, che consentono un cambiamento nelle abitudini e nel costume. Il mutamento dei costumi coinvolge non solo le strutture familiari (diminuisce nel corso del secolo la percentuale di famiglie complesse e cresce la percentuale di famiglie nucleari sul totale della popolazione ) ma anche le relazioni familiari si riduce la presenza nella società del modello patriarcale di famiglia, fondato sul potere del padre e si arriva all’affermazione della famiglia coniugale intima, nella quale il potere è più distribuito tra i coniugi: infatti, alla domanda "chi comanda in famiglia ? " il 58,82% delle intervistate risponde " il padre " e solo il 32,35% afferma che erano entrambi i genitori a comandare; le proporzioni si invertono passando alle fasce di età delle più giovani (vedi grafico 5). Il fatto che col tempo il potere esclusivo del padre nell’ambito della famiglia si riduca è confermato dalla progressiva perdita di significato del posto di capotavola: le intervistate più anziane lo assegnano al padre nell’85,23% dei casi, mentre solo il 52,33% delle donne tra i 25 e i 30 anni fornisce tale risposta e ben il 61,90% di loro afferma che il posto di capotavola non ha un particolare significato (vedi grafico 7).
Per sottolineare la crescente emancipazione della donna all’interno della famiglia possiamo prendere in esame il suo ruolo nell’ambito del lavoro. Notiamo così un incremento regolare e cospicuo delle mogli che lavorano o hanno lavorato fuori casa: il 29,41% delle donne con almeno 68 anni di età, il 37,93% di quelle tra i 45 ed i 50 anni, il 47,62% di quelle tra i 25 ed i 30 anni. Le risposte relative allo svolgimento delle faccende domestiche mostrano un dato comune a tutte le generazioni di intervistate e a tutti i ceti sociali: sono sempre la madre o comunque le donne di casa ad occuparsi dei lavori domestici. Ciò indica senza dubbio che l’emancipazione della donna e la crescente parità tra i sessi non hanno scalpito alcune dimensioni della realtà domestica, ove la segregazione dei ruoli tra uomo e donna resta molto accentuata. Tuttavia, nel corso del secolo si nota una maggiore partecipazione degli uomini all’adempimento di alcuni compiti domestici. Significativa è la diminuzione del numero delle donne che pulisce le scarpe al marito; tuttora però una donna su 4 lo fa (vedi grafico 15). E’ importante osservare che il maggior coinvolgimento dei mariti riguarda la cura dei figli. Infatti il numero dei mariti impegnati ad accudire i figli cresce con il decrescere dell’età delle intervistate. Il numero sempre maggiore sono i mariti che danno da mangiare al bambino, lo lavano, lo mettono a letto, si alzano per lui la notte, lo portano a spasso (vedi tavola 1/3).
La crescente collaborazione degli uomini per quanto riguarda la cura dei figli è accompagnata da una intensificazione dei rapporti tra i coniugi; se tra le più anziane solo il 14,71% usciva spesso insieme con il marito la sera, la percentuale cresce al 17,24% tra le 45/50 enni e il 33,33% tra le 25/35 enni. L’espressione dell’affetto nei rapporti genitori-figli nel corso del tempo, diventa più libera e aumenta la percentuale di donne che afferma di aver ricevuto spesso, quando era bambina, dei baci dai genitori, specialmente dalla madre (vedi tavola 1/3).
I dati relativi agli allocutivi mostrano, col tempo, una progressiva estensione dell’uso del pronome di intimità, il "TU" , nei confronti dei genitori: mentre il 67,65% delle donne più anziane si rivolgeva al padre con il "VOI", solo il 4,76% delle donne, 25/35 enni mantiene quest’uso. Tra le donne più anziane il pronome che indica deferenza è usato di più nei confronti del padre anziché della madre; segno questo di una diversa posizione della figura paterna e materna all’interno della famiglia. Venendo ai nostri giorni, però l’uso degli allocutivi con il padre e la madre tende a uniformarsi e il "TU" prevale nella quasi totalità dei casi (vedi tavola 1/3). Una certa simmetria tra uomo e dona nell’uso degli allocutivi nelle famiglie intervistate più anziane è legata al permanere di modalità relazionali fondate sul modello patriarcale ed è osservabile anche nella relazione moglie-marito: tra le donne di almeno 68 anni infatti, il 5,88% si rivolge al coniuge con il "VOI" mentre il marito le da il "TU". Niente di simile si nota nelle generazioni più giovani. Infine tra le coppie più anziane c’è un 5,88% che per rivolgersi al coniuge usa il termine di parentela ( "moglie" " marito") invece del nome proprio; anche questo segno di una certa distanza tra i coniugi. In conclusione, l’esame dei dati da noi raccolti ci consente di confermare le ipotesi di un progressivo mutamento delle relazioni familiari nel periodo che va dall’inizio del secolo ai giorni nostri. Gli aspetti essenziali di tale mutamento sono :

IL CONFRONTO TRA LE FAMIGLIE IN RELAZIONE AL LIVELLO DI ISTRUZIONE DEL PADRE

Il campione su cui sono state effettuate le interviste non è certo cospicuo, ma permette di individuare alcune regolarità. Il controllo sul fidanzamento e sul matrimonio è maggiore nelle famiglie in cui il padre ha un livello d’istruzione più basso ed è minore nelle famiglie in cui il padre ha un’istruzione superiore o una laurea. Nella fascia d’età dai 68 anni in su, la percentuale di donne che affermano di essere state libere nella scelta matrimoniale è del 100% nelle famiglie con il padre laureato, per scendere al 50% nelle famiglie con padre analfabeta. Anche nelle fasce d’età 45/50 anni e 25/35 anni la libertà nella scelta matrimoniale cresce con il livello d’istruzione del padre ( vedi tavole 2-4).
Colpiscono i dati relativi all’uso degli allocutivi nelle fasce d’età delle donne più anziane: si nota che l’uso del "VOI" rivolgendosi al padre, che denota distanza e deferenza, aumenta con il decrescere del livello d’istruzione del capo famiglia, per raggiungere l’87,50% tra le donne il cui padre non è mai andato a scuola (fasce d’età oltre i 68 anni) ( vedi tavola 2). In genere alla madre ci si rivolge con il pronome d’intimità, il "TU", più facilmente che al padre. Ciò corrisponde a quanto emerge dalla ricerca di Barbagli sull’Italia Centro-Settentrionale.
Per quanto riguarda le faccende domestiche, sono in genere la madre e le donne di casa, talvolta con l’aiuto dei figli a occuparsene. La distinzione dei ruoli, in questo caso, è molto netta e costante in tutti i livelli d’istruzione. L’esiguità delle interviste relative a ogni singola categoria professionale non permette di utilizzare proficuamente quella parte del lavoro di ricerca finalizzata al confronto tra i diversi ceti sociali, che comunque riportiamo alle tavole (5-7).

 

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