Educazione ed Etica ambientale

di Dario Cillo

 

1. Uomo e Ambiente

Il punto dal quale occorre partire per effettuare un’analisi - che è di per se stessa tanto ampia e variegata – è certamente quello di natura etimologica.

Il lemma ecologia giunge a noi dal tedesco oekologie (termine coniato dal biologo E. Haeckel nel 1866), a sua volta derivato dal greco oikos (casa, dimora) e logos (studio, discorso).

Ne possiamo dedurre, quindi, che l’ecologia è la scienza che studia i rapporti che legano l’uomo, gli altri organismi viventi e l’ambiente in cui essi vivono.

Esiste, in altre parole, una strettissima relazione tra l’ambiente e gli esseri viventi (nella loro totalità) che in esso si muovono, nascono, crescono, si riproducono e muoiono, secondo un ciclo ininterrotto che costituisce la storia del nostro pianeta.

L’ambiente interagisce con l’uomo e con le altre creature viventi: agisce su di esse e, a sua volta, ne subisce le azioni in una eterna tensione all’equilibrio (omeostasi).

Tale rapporto, tra uomo, esseri viventi e ambiente in cui vivono, è riuscito solo raramente a mantenersi in uno stato di equilibrio nel corso della storia del nostro pianeta e dei suoi abitanti.

In passato, la natura, che obbedisce a leggi darwiniane atte a privilegiare il più adatto alla sopravvivenza, creò non pochi ostacoli allo sviluppo ed al perdurare della specie umana.

L’uomo, meno forte e difeso rispetto agli altri animali, dovette far fronte, con la cultura ed il linguaggio, allo strapotere del mondo che lo circondava.

Finì addirittura con l’attribuire alla natura un premeditato progetto di distruzione nei suoi confronti, leggendola come il nemico per eccellenza dei suoi ideali e delle sue passioni.

Nel nostro secolo la situazione si è capovolta.

La spregiudicata industrializzazione, l’abuso edilizio, l’uso indiscriminato di idrocarburi e di sostanze non biodegradabili, la sovrapproduzione di rifiuti organici e non, ha definitivamente interrotto il già fortemente provato equilibrio omeostatico.

Per ovviare a questa situazione anche il ruolo dell’uomo in questo rapporto deve oggi subire una forte inversione di tendenza.

Da una posizione di attacco egli dovrà porsi in difesa della natura stessa, nel tentativo, seppur tardivo, di ristabilire il predetto equilibrio.

Né può essere trascurato un altro aspetto sostanziale.

Fino ad oggi il problema ecologico è stato posto sul piano scientifico, come rapporto tra una sorta di analisi dello stato "fisiologico della natura" (1) correlato e saldato sempre e comunque all’uomo.

Si è così trascurato il fatto che, nella sua interrelazione con la natura, l’uomo ha agito su di essa, attraverso il linguaggio e al cultura, le sue armi di sopravvivenza, trasformandola nel vano tentativo di ordinarla.

Da tale intervento dell’uomo sono derivate tutte le grandi opere, le tradizioni culturali, di carattere artistico, architettonico, musicale, letterario, storico, folklorico, etc., che sono oggi, a tutti gli effetti, espressioni dirette, facendone parte integrante, dell’ambiente in cui viviamo.

E’ possibile quindi proporre il problema in maniera diversa, considerando rapporti ed influenze ecosistemiche anche in campo culturale ed arrivando così ad una visione, in termini più ampi e variegati, del fenomeno ambientale che, oggi, non può che essere direttamente legato a quello dei beni culturali, intesi come tutto quanto abbia interesse archeologico, architettonico, storico, artistico, archivistico, librario, audiovisivo, ambientale, naturale, demoantropologico che rappresenti, sia individualmente che in aggregazioni, manifestazione significativa della creatività, della conoscenza, del costume, del lavoro dell’uomo, dell’ambiente naturalistico, storico, geologico e paleontologico.

Solo partendo da questa visione integrale dell’ambiente si possono definire efficacemente strumenti idonei di intervento.

 

2. Etica ambientale

Per ottenere una reale ed integrale azione ecologica di lotta al degrado e di recupero dei beni culturali occorre molto più della buona volontà dei singoli.

Risulta necessario un globale capovolgimento e riequilibrio ecosistemico prima di ogni cosa a livello mentale.

Il discorso si sposta quindi da un piano puramente speculativo, per suo stessa natura particolaristico, ad uno più propriamente etico ed educativo, che abbia cioè sostanziali finalità collettive ed universali.

Coloro che si sono interessati più o meno attivamente dell’ambiente hanno per lo più applicato a questo problema una visione tradizionale dell’etica che è sostanzialmente "(…) antropocentrica nel senso che al natura è apprezzata solo nella misura in cui è strumentalmente preziosa per l’uomo – senza considerare che – (…) nei sistemi naturali vi sono, anzitutto, innumerevoli rapporti utilitaristici indipendenti da ogni possibile valore utilitaristico per l’uomo, e questi (o simili) valori utilitaristici non antropocentrici esisterebbero indipendentemente dall’evoluzione dell’uomo e continueranno a esistere quando l’uomo sarà estinto, finché vi sarà vita." (2)

Bisogna, quindi, costruire oggi, per l’uomo del futuro, un’etica ambientale che trasporti i valori utilitaristici, pragmatici ed economici, fondamentali nella nostra cultura, da una sfera pretenziosamente antropocentrica ad una più organicamente ecocentrica.

Per raggiungere questo fine, per riottenere un solido equilibrio tra ambiente e uomo, "(…) lo Stato democratico deve educare i cittadini a quei valori ambientali che sono necessari sia per l’azione etica sia per quella politica." (3)

 

3. Educazione Ambientale

Rimane da considerare la non semplice difficoltà di come affrontare, in ambio didattico-educativo, un problema tanto articolato e variegato.

I beni culturali, secondo la definizione prima esposta, devono essere intesi nella doppia accezione di:

a) beni paesaggistici, e, in questo senso, la chiave di lettura, anche se non esclusiva, risulta essere prevalentemente quella scientifico-naturalistica;

b) beni storico-artistici, intesi come tutti quei beni, archeologici, artistico-architettonici, storico-antropologici, linguistici e musicali, che sono ormai parte integrante del nostro ambiente culturale, non solo a livello nazionale, regionale e locale, ma anche, e più propriamente, europeo e mondiale.

Un’educazione ambientale, che sia, al tempo stesso, ispirata ai principi di un’ecologia integrale e che voglia proporsi come strumento di formazione nei futuri cittadini di saldi principi di etica ambientale, preparandoli, nella teoria come nella pratica, alla tutela dell’ecosistema in cui vivono, deve quindi:

1. muoversi, nella maniera più articolata possibile, cercando di analizzare ciascuno dei settori sopra indicati, seguendo una logica interdisciplinare e trasversale, senza cadere nei limiti derivanti dalla creazione di una disciplina autonoma dedicata a tale argomento (4);

2. partire dal vissuto dei discenti, fornendo strumenti diretti di analisi e di confronto che permettano loro una migliore convivenza col proprio mondo;

3. considerare quella nelle scuole superiori, come l’ultima tappa di un processo organico e costante che contempli tutto il potenziale percorso svolto e/o da svolgersi attraverso l’intero arco dei cicli scolastici;

4. operare, infine, secondo una duplice azione didattica, che sia informativa e pratico-operativa al tempo stesso, perché "(…) è impossibile avviare a una sensibilità ambientale, a una comprensione dell’ambiente, senza offrire anche metodologie di intervento opportune e consapevoli." (5)

 

4. Conclusioni

"La società occidentale può presentare e varare una legge che protegga il bello naturale semplicemente perché è un bene.

Nel 1928, in Austria è stata emanata una legge in base alla quale tutte le caverne che venivano scoperte dovevano essere valutate ai fini di una loro possibile inclusione fra i monumenti nazionali (Legge nazionale del 26 luglio 1928 per la protezione delle caverne naturali, Bundesgesetzblatt 169).

Da allora, ai proprietari di cave, ad esempio, è stato chiesto di interrompere ogni operazione finché l’ente per i monumenti nazionali non avesse completato le sue valutazioni.

Nei casi in cui è stato accertato che le cave avevano un particolare valore estetico o scientifico, in base a criteri che nulla hanno a che fare con l’economia, esse sono state dichiarate monumenti nazionali e sono state chiuse.

Quando avremo una politica pubblica nei confronti della natura in genere che rifletta questo tipo di approccio, saremo una società fiera dell’esistenza della natura, indipendentemente dai piaceri egoistici che può ricavarne o dal denaro che può ottenere dal suo sfruttamento e dalla sua distruzione – in breve, saremo una società che vive in armonia con un’etica ambientale." (6)

Quando i principi educativi ed etici, su cui poggia questo scritto, riusciranno a creare un concreto e stabile sistema di valori ecocentrico, forse tutto questo sarà più dell’utopia e della speranza che, fin da oggi, ci sentiamo di sottoscrivere.


Note:

(1) James Lovelock, in Gaia, nuove idee sull’ecologia e in Le nuove età di Gaia, propone una nuova interpretazione del pianeta Terra visto come un gigantesco organismo vivente, malato, che si muove nello spazio. Al suo capezzale una nuova disciplina, la geofisiologia, in cui si cumulano le esperienze scientifiche di geologia, biologia, meteorologia, scienze della terra e fisica.

(2) Eugene C. Hargrove, Foundations of Environmental Ehics, 1989, Prentice-Hall Inc.; traduzione italiana di D. Schmid, Eugene C. Hargrove, Fondamenti di Etica ambientale, 1990, Padova, Franco Muzzio Editore, p. 12)

(3) E. C. Hargrove, Op. Cit., p. 280

(4) si veda in tal senso anche l’accordo, firmato il 21 febbraio 1991, dal Ministro della Pubblica istruzione e da quello dell’Ambiente (già auspicato dalla CM 24 febbraio 1989, n. 49, formulata dalla Commissione Paritetica dei medesimi ministeri, in occasione delle celebrazioni per il 40° anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo) che ratifica l’introduzione dell’Ecologia, non come materia a se stante, ma come argomento trasversale comune a tutte le discipline e presente lungo tutto l’arco educativo.

(5) Gian Luigi Zucchini, Educare all’ambiente, 1990, Firenze, La Nuova Italia, p. 5

(6) E. C. Hargrove, Op. Cit., p. 289