Torquato Tasso




RIME

(selezione)






Bruna sei tu ma bella


Bruna sei tu ma bella,

ed ogni bel candore,

perde col bruno tuo, giudice Amore.

Bella sei tu, ma bruna;

pur se ne cade incolto

bianco ligustro e negro fiore è colto.

Chi coglie ad una ad una

le tue lodi più elette?

chi te ne tesse in rime ghirlandette?




Amore alma è del mondo...


Amore alma è del mondo, Amore è mente

e 'n ciel per corso obiiquo il sole ei gira,

e d'altri erranti a la celesta lira

fa le danze lassù veloci o lente.

L'aria, l'acqua, la terra e il fuoco ardente

regge, misto al gran corpo, e nutre e spira;

e quinci l'uom desìa, teme e s'adira;

e speranza e diletto e doglia ei sente.

Ma, ben che tutto crei, tutto governi

e per tutto risplenda e il tutto allumi,

più spiega in noi di sua possanza Amore;

e come sian de' cerchi in ciel superni,

posta ha la reggia sua ne' dolci lumi

de' bei vostri occhi e il tempio in questo core.




O del grand'Apennino.


O del grand'Apennino

figlio picciolo sì, ma glorioso

e di nome più chiaro assai che d'onde,

fugace peregrino

a queste tue cortesi amiche sponde

per sicurezza vengo e per riposo.

L'alta Quercia che tu bagni e feconde

con dolcissimi umori, ond'ella spiega

i rami sì che i monti e i mari ingombra

mi ricopra con l'ombra.

L'ombra sacra, ospital, che altrui non niega

al suo fresco gentil riposo e sede,

entro al più denso mi raccoglia e chiuda,

sì che io celato sia da quella cruda

e cieca dea, che è cieca e pur mi vede,

ben che io da lei m'appiatti in monte o in valle,

e per soligno calle

notturno io mova e sconosciuto il piede;

e mi saetta sì che ne' miei mali

mostra tanti occhi aver quanti ella ha strali.


Oimè! dal dì che pria

trassi l'aure vitali e i lumi apersi

in questa luce a me non mai serena,

fui de l'ingiusta e ria

trastullo e segno, e di sua man soffersi

piaghe che lunga età rinsalda a pena.

Sassel la gloriosa alma sirena,

appresso al cui sepolcro ebbi la cuna;

così avuto v'avessi o tomba o fossa

a la prima percossa!

Me dal sen de la madre empia fortuna

pargoletto divelse. Ah! di quei baci,

che ella bagnò di lagrime dolenti,

con sospir mi rimembra e de gli ardenti

preghi che sen portar l'aure fugaci:

che io non dovea giunger più volto a volto

fra quelle braccia accolto

con nodi così stretti e sì tenaci.

Lasso! e seguii con mal sicure piante,

qual Ascanio o Camilla, il padre errante.

In aspro esiglio e 'n dura

povertà crebbi in quei sì mesti errori;

intempestivo senso ebbi a gli affanni:

che anzi stagion, matura

l'acerbità de' casi e de' dolori

in me rendé l'acerbità de gli anni.

L'egra spogliata sua vecchiezza e i danni

narrerò tutti. Or che non sono io tanto

ricco de' propri guai che basti solo

per materia di duolo?

Dunque altri che io da me dev'esser pianto?

Già scarsi al mio voler sono i sospiri,

e queste due d'umor sì larghe vene

non agguaglian le lagrime e le pene.

Padre, o buon padre, che dal ciel rimiri,

egro e morto ti piansi, e ben tu il sai,

e gemendo scaldai

la tomba e il letto: or che ne gli alti giri

tu godi, a te si deve ancor, non lutto:

a me versato il mio dolor sia tutto.


(Composizione incompiuta).





La vita è duro agòne...


La vita è duro agòne, in cui se il santo

favor non arma e non rinforza il core,

per sé frale ed inerme è quel valore,

cui dà gran premi il faticoso manto.

Armato io no, ma carco io di quel vanto,

che invidia move, e di dannoso onore,

contra ho fortuna e il mondo e il proprio errore,

Error mi fu, ché l'una e l'altra luce

tardi al ciel volsi: or ciò che in pace e in calma

non fei, guerra e tempesta a far m'induce.

Ma un raggio, o parmi, infin di là traluce:

a lui m'inchino, e giungo palma e palma:

oh pure ei sia per me Palla e Polluce!





Mentre è de gli anni nostri...


Mentre è de gli anni nostri il lieto maggio

in cui tutte sue gioie Amore accoglie,

godiam, Fìllide, amando in dolci voglie,

ché sol chi segue ciò che aggrada è saggio.

Ben face al mondo ed a se stesso oltraggio

chi con leggi d'onore invidia e toglie

i diletti del senso: oh, non t'invoglie

d'immaginata gloria un falso raggio!

Queste larve di bene, onde sovente

altri deluso vien, sincera e bella

luce di verità dilegui e sgombre:

nomi senza soggetto e sogni ed ombre

son queste, che virtudi il mondo appella;

e natura ciò diede ed ei noI sente.




Qual rugiada o qual pianto.


Qual rugiada o qual pianto,

quai lagrime eran quelle

che sparger vidi dal notturno manto

e dal candido volto de le stelle?

E perché seminò la bianca luna

di cristalline stelle un puro nembo

a l'erba fresca in grembo?


Perché nell'aria bruna

s'udìan, quasi dolendo, intorno intorno

gir l'aure insino al giorno?

Fur segni forse de la tua partita,

vita de la mia vita?




Ne l'aria i vaghi spirti.


Ne l'aria i vaghi spirti,

han l'onde in mar quiete,

ogni fiume è più tacito di Lete;

ima valle, alto monte o verde selva

non ode augello o belva;

sol io con vani accenti

spargo il mio duolo al cielo, a l'onde, a' venti.






Tacciono i boschi e i fiumi.


Tacciono i boschi e i fiumi,

e 'l mar senza onda giace,

ne le spelonche i venti han tregua e pace,

e ne la notte bruna

alto silenzio fa la bianca luna:

e noi tegnamo ascose

le dolcezze amorose:

amor non parli o spiri,

sien muti i baci e muti i miei sospiri.





Deh, nuvoletta...


Deh, nuvoletta, in cui m'apparve Amore

e fece a gli occhi miei candido velo,

e, se m'ascose la beltà del cielo,

mostrò la sua di cui più vago è il core!


Nuvoletta gentil, non fusti piena

di fredda pioggia, o di gelata neve

o ver di fiamme ardenti,

ma d'uno spiritel volante e leve

e di lieto color tutta serena;

e i miei lumi contenti

pareano al lampeggiar d'occhi ridenti;

e, se il vago candor sì dolce adombra,

bramo la luce di cangiar con l'ombra

e la vista del sol col mio signore.





Padre del ciel...


Padre del ciel, or che atra nube il calle

destro m'asconde, e vie fallaci io stampo

per questo paludoso instabil campo

de la terrena, lagrimosa valle,

reggi i miei torti passi, ond'io non falle,

e di tua santa grazia il dolce lampo

in me risplenda; e di sicuro scampo

mostra il sentiero a cui voltai le spalle.

Deh! pria che il verno queste chiome asperga

di bianca neve, o di sì breve giorno

còpran tenebre eterne il debil lume,

dammi che io faccia al tuo cammin ritorno,

quasi vestito di celesti piume,

Signore, e tu mi pasci e tu m'alberga.