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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Una realtà da favola

di Antonio Stanca

La professoressa genovese Milena Agus, che vive e lavora a Cagliari, ha pubblicato ora, presso Nottetempo, la sua terza prova narrativa dal titolo “Ali di babbo”. Come nelle due precedenti, “Mentre dorme il pescecane”(2005) e “Mal di pietre” (2006), anche in questa l’Agus mostra la tendenza ad una scrittura sospesa tra impegno ed evasione, realtà e fantasia, racconto e favola.

In “Ali di babbo” la scrittrice fa parlare, per tutta l’opera, una bambina di quattordici anni che, nella Sardegna dei nostri giorni, dopo i problemi sopraggiunti nella sua famiglia abbandonata dal padre, ha dovuto lasciare la casa in città e rifugiarsi, insieme alla madre, le sorelle ed i nonni, in un alloggio di periferia di proprietà di madame, una donna matura ed ancora signorina. Questa possiede pure il vasto terreno che dall’abitazione degrada verso il mare tra rocce, sentieri, piante di ogni genere e che, a differenza dei proprietari confinanti, non vuole vendere ai costruttori che da anni glielo chiedono e lo trasformerebbero in un villaggio turistico. Vendendo diventerebbe ricca ma madame rinuncia a questa prospettiva e preferisce vivere modestamente se non poveramente poiché ridotti sono i guadagni che le provengono dagli inquilini di una casa non molto grande né intende chiedere loro di più dal momento che rappresentano l’unico modo per non rimanere sola in un posto lontano dai centri abitati. Per questo giunge pure a servirli, a far loro dei regali, ad interessarsi dei loro problemi ed a concedere ad alcuni di essi il proprio corpo, ancora bello ed attraente. Sfoga così la sua carica sessuale, passa da un amante all’altro ed intanto cerca quell’amore che arriverà solo dopo molto tempo. Diventerà la moglie dell’uomo che si è innamorato di lei ma non le sarà facile convincersi che sia giunta la sua felicità e la rifiuterà. Tornerà sola, preferirà i suoi problemi pur avendo, per anni, aspirato a risolverli e collaborato alla soluzione di quelli delle due famiglie che alloggiano nella sua casa. Madame non lascerà la sua Sardegna primitiva, la sua vita nei campi, la sua condizione lontana dal progresso, i suoi vestiti ricavati da vecchie coperte o tovaglie. Tanto a lungo sono durati questi modi per lei che le sembreranno necessari, inevitabili, le sembrerà di appartenere ad essi ed ai luoghi che li hanno visti nascere,  crederà di essere una loro creatura.

E’ madame, tra le tante altre figure che compaiono nel romanzo ed esprimono tante maniere di pensare e vivere, la vera protagonista di esso, la vera interprete dell’ambiente sardo nel quale gli elementi particolari della natura stanno insieme a quelli passionali, sensuali, misteriosi della vita, i più semplici accanto ai più complessi. Ed è la bambina quattordicenne di una di quelle famiglie a dire di lei, di tutta la sua vita passata e presente, di quanto è avvenuto e avviene all’interno e all’esterno della casa. La sua è la voce narrante e poiché di una bambina soddisfa, nel migliore dei modi, il bisogno della scrittrice di rimanere tra realtà e sogno, verità e immaginazione, il suo desiderio di non giungere mai ad una situazione definitiva e lasciarla sempre aperta, incerta. Prima da sola, nella realtà della casa e della campagna, poi insieme al babbo lontano o morto, nella fantasia dei viaggi compiuti sulle sue “ali”, la bambina si muoverà e dirà di tutto ciò che ha visto, sentito, toccato, sognato, testimonierà delle persone intorno a sé, della loro vita vecchia e nuova, della suggestione, del fascino del paesaggio sardo, delle sue montagne, dei suoi alberi, delle sue acque, dei suoi colori, degli amori, delle magie di madame, ne vedrà il riflesso naturale di quei posti, non distinguerà tra realtà e favola, il suo diventerà il pensiero della scrittrice, i suoi racconti il contenuto dell’opera, la sua espressione lo stile semplice, chiaro di questa.


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