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Senza tempo né spazio
(Il valore dei “primitivi”)

di Antonio Stanca

Cinque storie di vita vissuta, vera, contiene il recente “Una volta in Europa” del settantasettenne noto scrittore, poeta, critico, disegnatore, sceneggiatore e autore teatrale John Berger, nato a Londra  e vivente in un villaggio delle Alpi francesi. Nel volume, pubblicato da Bollati Boringhieri, i racconti si presentano ognuno con i propri personaggi e avvenimenti, le proprie premesse e conclusioni: nel primo si dice di un contadino, Felix, che, in età matura, dopo la morte della madre diventa suonatore di fisarmonica e ne fa un lavoro del quale vivere; nel secondo di un proprietario di pecore e cavalli, Boris, che diviene l’amante di una distinta signora giunta nel villaggio; nel terzo di Danielle, donna della montagna, e del taglialegna Pasquale, i quali, innamoratisi, si trasferiscono a Bergamo; nel quarto della povera Odile sposa a diciassette anni, vedova a diciotto e poi di nuovo sposa e madre; nel quinto del contadino Bruno e della farmacista Mariette che, in gita a Venezia, s’ incontrano e si amano per poi separarsi.

Nonostante le persone e le situazioni siano diverse molti sono gli elementi che uniscono soprattutto i primi quattro racconti. L’ambiente è uno di questi e così gli usi ed i costumi. Con essi Berger intende mostrare una condizione di vita diversa da quella generalmente nota, lontana dall’atmosfera dei nostri tempi, superata da questa, intende evidenziare che ancora oggi c’è gente che vive come “una volta”, comunità che traggono dal lavoro nei campi, dall’allevamento di bovini, equini, conigli o polli i mezzi di sostentamento e la possibilità di continuare.  Queste persone, isolate in piccoli villaggi  tra le Alpi francesi e italiane, sanno che oltre i monti, le valli, i fiumi, i laghi, tra i quali si  svolge la loro vita e si è svolta quella dei loro più lontani antenati, c’è un altro mondo, un’altra vita, che alcune di esse hanno conosciuto ed alcune conosceranno per motivi di lavoro o di matrimonio. Di questa vita che avviene nelle grandi città francesi, tedesche, italiane, al Berger importa solo il pensiero che i suoi personaggi hanno, l’idea che attraversa la loro mente e che rientra nel sistema, nel clima, nell’ambiente che lo scrittore vuole rappresentare. Un ambiente che, come altre volte in altre narrazioni, Berger mostra nella sua realtà antica, remota, primitiva e, tuttavia, ancora esistente. Essa è appena sfiorata dalla modernità poiché è rimasta assente alle sue strade, fabbriche, industrie, alla sua tecnologia, agli orientamenti politici, economici, culturali, al suo bisogno sfrenato di sviluppo, di progresso. Nei villaggi alpini  del Berger si vive di poco, a volte di nulla, si parla di cose semplici, naturali, si mangiano i propri prodotti, si usa la propria lingua, si crede nel proprio corpo. Non si vuole cambiare questo stato, non si tende al altro ed è questa rassegnazione, questa umiltà  ad attirare lo scrittore fino a fargli cercare, nell’opera, un impegno che superi quello del semplice documento di vita per divenire sociale, politico, per trasformarsi in un atto di denuncia, di accusa. Tramite i pensieri, i sentimenti, le azioni dei suoi personaggi Berger mostra quanto la vita e il mondo moderni hanno perso per sempre e come si sia conservato solo in qualche parte di essi: solo presso i suoi “primitivi”! Tra questi Berger vive ed ha scoperto che per loro valgono  antiche regole e che si può vivere  soltanto di esse. Oltre che una scoperta la sua vuole essere  anche la proposta di un’esistenza diversa, un rifiuto di quanto avviene in nome di quanto avveniva, una volontà di recupero, di ricostruzione di ciò che dell’uomo è stato devastato, corrotto. E’ questo il messaggio dell’opera ma spetta al lettore coglierlo dal momento che lo stile scorrevole, chiaro del Berger libera i racconti da ogni intento polemico e, insieme alla semplicità del contenuto, fa acquisire loro il tono e significato di una favola. Ad accrescere questo effetto intervengono le riflessioni, osservazioni, pause, i momenti di saggezza che percorrono i racconti qualunque sia il loro tema: i personaggi del Berger s’interrogano sulla vita, sulla morte, sull’esistenza di Dio, sull’eternità del tempo, sul significato dell’amore, dell’odio, su ognuno dei temi che da sempre hanno impegnato l’uomo ed ogni volta sanno rispondere, sanno risolvere il problema, ogni volta sanno indicare un rimedio, sanno istruire, proprio come nelle favole.

Ancor più grande ne esce lo scrittore poiché molto ha  realizzato, l’impegno dell’uomo e il fascino del narratore, e soprattutto perché ha trasferito una realtà concreta in una dimensione ideale, ha fatto di una vita una storia senza tempo né spazio.


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