Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

L’Italia dei problemi
(In crisi anche la lingua)

di Antonio Stanca

Nei suoi interventi settimanali su “L’espresso” l’ottaquattrenne noto giornalista ed autore di libri-inchiesta, Giorgio Bocca, si sofferma generalmente sulle condizioni politiche, economiche, sociali del nostro paese, sulle cause della crisi che da anni attraversano, attacca la classe dirigente accusandola dei problemi dell’Italia d’oggi e rileva quanto avviene nel mondo, guerra, terrorismo, americanizzazione, con evidente intenzione di rapportare l’estero all’Italia, di segnalare  in questa i riflessi di quello e individuare le responsabilità di fronte a gravi e pericolosi coinvolgimenti. Bocca è stato uomo della Resistenza, ha continuato a credere nel valore e nella funzione delle idee di giustizia e libertà, uguaglianza e democrazia, pace e progresso. Dagli anni ’50 ha iniziato a collaborare con quotidiani e periodici e si è distinto per un linguaggio  libero da convenzioni e censure. Anche nei libri-inchiesta lo stile e la lingua sono uguali ed anche qui gli argomenti  riguardano i problemi della nostra nazione negli ultimi cinquant’anni. La posizione del Bocca è quella del giudice severo, intransigente tanto da procurargli il nome di “antitaliano” e da far intitolare così la rubrica de  “ L’espresso”.

Pure di costume dice, naturalmente, Bocca nel suo giornalismo ed in particolare di quello dei cittadini italiani. In uno dei più recenti servizi, contenuti da tale rubrica, rileva come  nell’Italia dei nostri giorni si cerchi, in ogni ambiente di vita e lavoro, di liberarsi dal passato senza avere idee chiare sull’avvenire, come non siano più seguite delle ideologie né da chi governa né da chi è governato poiché per entrambi vale la logica del profitto, come dalle “confessioni” dei cittadini, dalla posta dei lettori, trapelino “una miseria esistenziale disperante”, una condizione di “povertà economica e sentimentale”. Ed ancora dice della lingua italiana che “sta scomparendo”, sta lasciando il posto ad un linguaggio misto d’italiano ed inglese  derivato dall’azione di grossi gruppi finanziari e dagli sviluppi della tecnologia. Questo, usato ormai dai mezzi di comunicazione di massa, giornali, televisione, risulta difficile e quasi incomprensibile per la maggioranza degli italiani, non è la loro lingua, non vi si riconoscono.

Ci sarebbe d’aggiungere che tale stato di confusione è reso ancor più grave dalla vasta operazione di recupero delle tradizioni culturali e linguistiche che sta avvenendo in tutte le zone della penisola. In ogni parte d’Italia sono sorte istituzioni legalizzate e finalizzate a rivalutare quanto nella storia, nella vita, nel costume, nella cultura, nella lingua è avvenuto nel passato più prossimo o più remoto. Regionalismi, provincialismi, municipalismi insorgono ovunque ad ogni livello e condizione sociale tanto che diffusa è ormai l’opinione di essere dei protagonisti solo perché inseriti in tale movimento di riscoperta. Si tende a riscoprire come ci si vestiva, cosa si mangiava, come si scriveva, come si parlava negli anni addietro, quale dialetto, greco, albanese, spagnolo, si usava ed il fenomeno non è rimasto limitato entro uno spazio proprio ma si è esteso in ogni direzione, ha dato luogo a iniziative di ogni genere, ha fatto il suo ingresso nella scuola. E’ questo un altro grave pericolo per la lingua italiana: anche gli organi preposti ad insegnarla, sostenerla e diffonderla hanno accolto e favorito, nei loro programmi, quanto linguisticamente avveniva prima di essa, prima che rappresentasse uno degli elementi fondamentali, distintivi dell’unità nazionale. In Italia, si sa, il problema della lingua è stato lungo e difficile  e per ottenerla, unica e uguale su tutto il territorio, è stato necessario superare le molte diversità che esistevano tra le varie regioni. E quando, ai nostri giorni, si pensava di aver colmato tante differenze, ci si è mossi per recuperarle anche tramite la scuola che, per prima, dovrebbe correggerle ed eliminarle. Se si pensa, inoltre,  che la tecnologia, di cui parla Bocca, determina ormai i mezzi e sistemi scolastici d’istruzione e formazione con la conseguenza che, come quello dei mass-media, anche il linguaggio dei giovani in età scolare è diventato un impasto di neologismi di varia origine e provenienza, si deduce quanto sia difficile parlare oggi in Italia di lingua italiana ed intenderla come lingua nazionale.


La pagina
- Educazione&Scuola©