Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Cicerone oggi

di Antonio Stanca

Il cinque Maggio scorso a L’Aquila durante la Settimana della Cultura Classica, nel “Certamen Sallustianum”, sezione per testi teatrali prodotti da alunni delle scuole d’Italia, il primo premio è stato assegnato dal Centro Studi Sallustiani al breve dramma “Cicero seu de anima” scritto, in italiano, dagli allievi di un corso PON dedicato al “Certamen” e svoltosi presso il Liceo Scientifico Statale “Giulio Cesare Vanini” di Casarano, in provincia di Lecce. I ragazzi, nel lavoro, sono stati guidati dalla prof.ssa Patrizia Morciano che, oltre a vigilare sulle operazioni richieste dalla stesura dell’opera, ha pure stimolato la fantasia degli alunni, ha suggerito i percorsi da compiere, ha controllato gli esiti finali. Il testo si compone di quattro scene e l’importante riconoscimento ottenuto in ambito nazionale testimonia delle sue qualità di contenuto e di forma. Questa è di una tale chiarezza e linearità da rendere accessibili ad ogni lettore temi così complessi quali quelli trattati. E sono soprattutto i temi a sorprendere ed interessare: si tratta delle ultime ore di vita per il noto oratore, scrittore e uomo politico romano Marco Tullio Cicerone (Arpino 106-Formia 43 a.C.). In apertura egli viene mostrato nella sua villa di Tuscolo mentre tristi pensieri lo turbano. Ricorre, quel giorno, il secondo anniversario della morte della figlia Tullia e Cicerone smette di scrivere perché preso dal ricordo e perché arriva l’amico Attico, al quale si aggiungeranno, in ordine di apparizione, il fratello Quinto, l’altro amico Tirone, due servi e due sicari. Prima che si giunga alla fine, al momento, cioè, della fuga e della morte del protagonista avvenuta per mano dei sicari inviati da Antonio (scena terza), degno di nota è il dialogo che si svolge, nelle due scene precedenti, tra Cicerone, Attico e Quinto. Naturalmente si tratta di un libero rifacimento ricavato dalla conoscenza della figura e delle opere, in particolare quelle filosofiche, di Cicerone e compiuto dagli alunni consigliati dalla professoressa.

E che sia una creazione, un’invenzione, sorprende più d’ogni altra cosa!

E’ difficile, infatti, spiegarsi come gli autori siano riusciti a fare di Cicerone, vissuto prima di Cristo, un personaggio moderno, esposto ai dubbi, alle ossessioni di un intellettuale dei nostri tempi. Il suo dialogo con Attico e Quinto sembra quello che tante volte avviene tra gli attori dei film del famoso regista svedese Ingmar Bergman (1918-2007). Il tema di Dio, della morte, è ricorrente nel cinema di Bergman e il Cicerone del “Cicero seu de anima” assomiglia ad uno dei suoi protagonisti smarriti tra i difficili, insolubili problemi del senso e del significato della vita di fronte alla morte, dell’esistenza di un’altra vita dopo la morte, dell’esistenza di Dio e del suo valore, della sua funzione nella vita degli uomini. Cicerone è in pena perché ricorda la figlia morta e perché quel ricordo lo muove a pensare al destino dell’anima. A differenza dei suoi interlocutori non ha più un pensiero definitivo a questo riguardo e, nonostante essi cerchino di procurarglielo richiamandolo a quanto da lui scritto in opere precedenti o adducendo le proprie convinzioni, egli si dichiara sempre incerto, confuso circa ciò che può avvenire all’anima dell’estinto. La circostanza della perdita della figlia, dell’impossibilità di vederla, sentirla, lo fa ormai dubitare anche di quelle che erano state sue precise convinzioni quali l’esistenza della divinità, il suo interesse alle cose del mondo, alla vita degli uomini, alla formazione della loro morale, l’esistenza dell’anima, i doveri da questa richiesti durante la vita, la sua continuazione dopo la morte, il rapporto di corrispondenza tra vivi e defunti. Di niente di tutto questo Cicerone è ora sicuro anzi gli sembra che si debba parlare solo di materia, di realtà, che tutto finisca con la morte e vano sia continuare a credere nei valori dello spirito, dell’idea, quelli che assicurano una continuazione, fanno pensare all’eternità. Platone, Epicuro, Lucrezio, la Nuova Accademia sono i riferimenti principali citati nel corso del dialogo ma senza che Cicerone riesca mai ad approdare alle certezze che Attico e Quinto hanno o a recuperare le proprie del passato. E’ il segnale che il suo è un pensiero più complesso, proviene da una maggiore sensibilità, da una più ricca spiritualità. Questi gli aspetti che, insieme al conseguente stato di disorientamento, caratterizzano la figura del protagonista di tanta moderna e contemporanea produzione letteraria, teatrale, cinematografica. Il pensatore tormentato, vittima di molti dubbi è il personaggio che dal periodo del decadentismo ai nostri giorni non ha mai smesso di comparire in ambito culturale ed artistico. E che, tramite il “Cicero seu de anima”, ci si sia collegati a tale atmosfera estende il significato dell’opera, annulla i suoi confini di tempo e spazio e la riconosce capace di rinnovare il passato e farlo ancora valere.


La pagina
- Educazione&Scuola©