Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Sud Africa da Nobel
(Premiati i perduti)

di  Antonio Stanca

Perché impegnato nella rappresentazione delle ancora gravi, se non drammatiche, condizioni di vita nell’Africa meridionale post-apartheid e perché accessibile al gran pubblico dei lettori, i giudici dell’Accademia di Stoccolma hanno, quest’anno, premiato col Nobel per la Letteratura lo scrittore, critico letterario e saggista sudafricano bianco di lingua inglese John Maxwell Coetzee. Nato nel 1940 a Worchester e laureatosi in Matematica e Inglese a Città del Capo, ha lavorato a Londra e negli Stati Uniti (Università di Austin e Buffalo). Nel 1971 è tornato in Sud Africa e attualmente insegna in Australia (Università di Adelaide).

Più volte premiato per i suoi romanzi, che cominciano a comparire dal 1974, non si è presentato a ritirare i riconoscimenti poiché d’indole particolarmente schiva e riservata. Il successo internazionale giunge nel 1999 col romanzo “Vergogna” che in Italia sarà edito da Einaudi. Qui, come in “Terre dell’Ovest” (1974), “Aspettando i barbari” (1980), “La vita e i tempi di Michele K.” (1983), “Età di ferro” (1990), “Gioventù - scene di vita di provincia” (2002), lo scrittore presenta personaggi inquieti, insoddisfatti, alla continua ricerca di motivi, ragioni, situazioni che possano colmare i loro bisogni. Quelli di Coetzee sono eroi solitari che pensano, agiscono tra l’incomprensione degli altri e per questo destinati a rimanere con se stessi, vittime dei propri pensieri. Le opere sono generalmente ambientate nella terra d’origine dell’autore, Africa Meridionale, con la sua compresenza di razze, lingue, culture diverse e con i gravi problemi che da ciò derivano per il singolo e la collettività. In Sud Africa s’incontrano e scontrano il passato e il presente, l’antico e il nuovo, il primitivo, il barbarico e il moderno, il civile fino al punto da non permettere ancora una chiara definizione di questa terra, una sua precisa identificazione. Con tali problemi sono spesso collegati quelli dei personaggi di Coetzee, da essi spesso derivano e grande abilità di composizione ed esposizione mostra l’autore nel saper combinare gli uni con gli altri e riuscire così naturale da non affaticare lo sviluppo dell’opera e interessare, coinvolgere il lettore. L’eroe di Coetzee cade in un vortice, in un labirinto perché cerca di realizzarsi in luoghi, tra persone ove lo ha creduto possibile e, pur non essendovi riuscito, non si stacca da quei luoghi né da quelle persone. Uniche risorse risulteranno le sue proprie e con queste egli ripartirà sempre dall’inizio, riproverà sempre a cercare una soluzione che sa impossibile. 

In “Vergogna” David Lurie, il cinquantaduenne professore protagonista, alla fine è uno scontento come all’inizio. Come all’inizio è un isolato, un incompreso, accetto solo a se stesso. La sua mente è attraversata dagli stessi pensieri di allora dopo che in tanti modi ha cercato di risolvere i propri problemi.  Espulso dall’Università di Cape Town perché denunciato da un’allieva per molestie sessuali, durante il processo si mostra passivo, non reagisce alle accuse ed alla punizione quasi si trattasse di un suo destino. Lascia l’insegnamento, che svolgeva malvolentieri, e la città per ritrovare, in campagna all’interno della Provincia del Capo, la sua unica figlia Lucy, avuta dalla prima moglie, dalla quale ha divorziato come dalla seconda. Scopre che Lucy, cresciuta, è divenuta una perfetta contadina, vive del suo lavoro e si è integrata bene nelle regole del posto che sono completamente diverse da quelle della città. Difficile si presenta il discorso tra loro soprattutto dopo che la donna subisce violenza da aggressori sconosciuti. Nessuna delle sollecitazioni del padre a prendere posizione contro di essi, a lasciare il posto per qualche tempo se non definitivamente, muove Lucy mentre David, che aveva creduto di trovare in lei una corrispondente dopo quanto gli era accaduto, si vede costretto ad abbandonare l’idea.

Nessuno dei mondi, né quello della città né l’altro della campagna, nessuna delle vite, né quella con le mogli né l’altra con l’allieva o la figlia, è per lui!

Presta aiuto in un ambulatorio di veterinaria, ha rapporti sessuali con la dirigente, fa il trasportatore di cani morti e, ridottosi in condizioni ultime, torna in città. Progetta di vendere la casa per avere di che vivere, chiede perdono ai famigliari della ragazza molestata, pensa di poterla riavere insieme alla sorella, recupera il proposito di comporre un dramma recitato e musicato “Byron in Italia”, nel quale, da molto tempo ormai e sempre inutilmente, si propone di ricostruire gli accesi amori intercorsi tra il poeta inglese e la giovanissima contessa di Ravenna Teresa Guiccioli, crede di poter identificare con la vita errabonda di lui la propria, si ritrova, come altre volte, con la seconda moglie che lo accusa di negligenza e incapacità, ritorna in campagna, rivede Lucy incinta di uno degli aggressori e disposta a sposarlo, scopre che chi avrebbe potuto proteggerla dall’aggressione ne era al corrente e potrebbe aggiungere Lucy alle altre sue due mogli, riprende ad aiutare nell’ambulatorio di veterinaria mentre, come sempre e come per tutta la narrazione, pensieri ed immagini del passato e del presente, di persone e cose, reali o immaginarie, di quel che avrebbe voluto o potuto fare e non ha fatto, di quel che vorrebbe o potrebbe fare e non fa, percorrono, simili a lampi improvvisi, la sua mente, s’incrociano, si sovrappongono, si annullano e gli fanno disperdere ogni determinazione. Come all’esterno, nel turbinoso movimento che vede, cui assiste egli è senza esserci, senza, cioè, poter intervenire, incidere poiché al confronto tutto gli sfugge, lo supera, così all’interno, nella sua anima, niente riesce a prendere forma definitiva: come si perde con gli altri così con se stesso, come all’inizio così alla fine.

E’ la vita o l’uomo a voler questo? E’ una storia o un destino quello di David Lurie?


La pagina
- Educazione&Scuola©