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De Filippo: l’uomo e l’attore
(Un continuo divenire)

di Antonio Stanca

Con Toni Servillo, direttore e interprete, e gli attori Anna Bonaiuto, Betty Pedrazzi, Francesco Silvestri, Gigio Mozza, ha preso l’avvio, in Italia, la tournée impegnata nella rappresentazione di "Sabato, domenica e lunedì", nota commedia di Eduardo De Filippo (1900 – 1984), scritta nel 1959 ed incentrata su tre difficili giorni trascorsi dalla famiglia Priore tra incomprensioni, disagi, sospetti, gelosie, rivalità fino al ritrovato equilibrio finale. L’evento ha richiamato l’attenzione sull’autore napoletano e sul processo da lui attraversato prima di raggiungere gli esiti umani e artistici di questa ed altre opere, nelle quali situazioni comuni assurgono a significati estendibili oltre ogni limite perché propri dell’uomo, della sua vita ovunque si verifichi.

De Filippo ha iniziato nell’ambito del teatro dialettale, varietà e rivista, ha fatto parte di molte compagnie, poi, insieme ai fratelli Peppino e Titina, ha formato una propria abbandonata dopo alcuni anni da Peppino e dopo altri da Titina. L’altra sua compagnia avrebbe avuto sede stabile a Napoli nel teatro San Ferdinando intorno agli anni ’50 quando era ormai noto come attore, autore e regista. I suoi primi lavori risalgono agli anni ’20, "Uomo e galantuomo", "Ditegli sempre di sì", "Sik-Sik, l’artefice magico". In questi, oltre ai temi e modi della farsa, si nota pure la volontà di superare le forme della tradizionale comicità napoletana e pervenire alla costruzione di un personaggio essenziale, di una figura d’eroe buono, generoso, disponibile ma sfortunato, perseguitato dalle avversità della vita.

L’incontro con Pirandello, avvenuto nel 1936 per motivi di lavoro, aveva inciso su una sensibilità in fermento, aveva mosso Eduardo a chiarirsi con se stesso e il suo personaggio. Questo, pur desumendo aspetti da quello pirandelliano, non diviene completamente negativo, non perde l’innata spontaneità, fiducia, generosità che gli fanno accettare le più gravi disgrazie. Per lui la vita è un dramma perché la scopre dominata dall’avidità, dall’inganno ma non si sente mai definitivamente sconfitto, trova sempre in sé la possibilità di resistere, continuare, si adatta, spera e il male diviene minore perché ridotto dall’idea di un bene futuro anche se molto lontano. Sono i tratti distintivi del protagonista delle commedie principali di De Filippo, dei suoi capolavori, comparsi negli anni ’40, quali "Natale in casa Cupiello", "Napoli milionaria", "Filumena Maturano", "Questi fantasmi", "Le voci di dentro". Qui l’autore ha pienamente maturato il suo personaggio: è un eroe positivo, un "puro", un "umano" che accetta di vivere pur in una situazione, individuale e sociale, priva di "umanità", in un mondo non più a misura d’uomo. Il bene non si separa, non si isola dal male ma gli rimane vicino e quella di Eduardo non diventa mai una tragedia essendo sempre percorsa da un ottimismo, un umorismo che, pur adombrati, non scompaiono.

Così il personaggio e così l’uomo De Filippo, quello che non si era mai rassegnato a quanto di avverso si era abbattuto sulla sua vita, alla mancanza di una famiglia, alla separazione tra fratelli, alla crisi dei valori morali, al sopraggiungere di interessi materiali pur in ambito artistico, alla perdita di ogni punto di riferimento, alla confusione tra principi, persone, azioni. Per questi motivi egli era stato l’autore, il regista e soprattutto l’interprete del suo teatro né sarebbe potuto essere diversamente: erano tanto urgenti in lui i problemi vissuti da non fargli pensare ad un teatro diverso dalla vita o senza la sua presenza. E questo spiega pure come il suo eroe si sia venuto sempre più distaccando dal contesto napoletano, dal quale aveva preso le mosse, come la lingua dialettale da lui ancora usata sia da considerare un semplice strumento per dire di situazioni che ne avevano esteso la figura e il significato fino a permettergli di raggiungere, negli anni ’60, l’ampiezza espressa da lavori quali il suddetto "Sabato, domenica e lunedì" o "Il sindaco di Rione Sanità", e di liberarsi, nelle opere finali come "L’arte della commedia" e "Gli esami non finiscono mai", di qualunque connotazione ambientale e linguistica propriamente napoletana perché assurto ad una dimensione superiore ad ogni contingenza.

De Filippo ha rappresentato un fenomeno importante per lo sviluppo della tradizione teatrale italiana in dialetto giunta fino a lui dall’ ‘800, il suo è stato un processo continuo di crescita e ampliamento: dalla semplicità di Sik-Sik è giunto ad una complessa figura d’eroe, dall’uomo napoletano è approdato all’uomo d’ogni luogo, ambiente, cultura, lingua, da un’umanità è giunto all’umanità, dalla vita all’arte.


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