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Eco, un classico che vive

di Antonio Stanca

Nel 1980 il saggista e scrittore italiano Umberto Eco raggiunse la fama internazionale col romanzo “Il nome della rosa” dove, nella cornice di un convento medioevale e tramite una vicenda da thriller, rappresentò complessi problemi ideologici. Dopo ha scritto altri romanzi ma senza ottenere l’esito di allora. Ha scritto pure, prima e dopo quella data, molte opere di saggistica e suoi temi preferiti sono risultati la storia dell’estetica, l’avanguardia letteraria in Italia, la cultura e comunicazione di massa. E’ docente universitario di semiotica presso l’Università di Bologna, ha settantadue anni ed è sempre presente in convegni di studio italiani e stranieri, su giornali e riviste, sempre attento a quanto accade nella società, nel costume, è inserito nell’attuale dibattito culturale.

Ascoltandolo, leggendolo in questi impegni si ha, però, la sensazione di non trovarsi di fronte all’autore di un romanzo che, poco più di vent’anni fa, attirò l’attenzione degli ambienti culturali ed artistici del mondo intero. D’allora sembra siano passati secoli, lontano sembra Eco da quell’opera,”Il nome della rosa”, che gli ha procurato tanta fama da renderlo un classico, un autore, cioè, che costituisce un riferimento sicuro, definitivo, inalterabile poichè universalmente valido e  fissato, per sempre e per tutti, nella sua funzione di esempio assoluto, collocato nella storia della letteratura. Lontano da quel momento, estraneo Eco sembra pure quando scherza, e non succede poche volte, nella ormai nota rubrica “La bustina di Minerva” da lui tenuta sul settimanale “L’espresso”. Sta vivendo, egli, una situazione particolare, quella di sapersi un autore per eccellenza, di avere una fama consacrata, di  far parte della storia di pochi e intanto rimanere nella vita di tutti, di essere divenuto immortale  e vivere da mortale, da professore, da esperto di molti problemi antichi e moderni, di storia, cultura, arte, lingua passate e presenti. Lo stesso romanzo del 1980 sembrava uno studio tra i tanti che egli conduce, una ricostruzione di storia antica ed il successo lo avrà sorpreso non avendo egli previsto quanto bisogno c’era, in un’atmosfera culturale quale la contemporanea, così carica di autori ed opere e così confusa tra i contenuti e le forme di queste, di una narrazione che risultasse precisa, determinata nell’espressione, nella costruzione, negli ambienti, nei significati. Ma qualunque sia stato il motivo del successo Eco è divenuto, col suo “Il nome della rosa”, un classico in tempi nei quali per “classici” s’intendono solo autori dei secoli scorsi se non remoti e tale è rimasto fino ad oggi. A favorire la situazione è servito pure che egli non sia riuscito ad avere, con i romanzi successivi, la fortuna di allora. In tal modo un’epoca intera sembra sia trascorsa da quel famoso 1980 e questo sembra diventato così lontano da riuscire irraggiungibile allo stesso autore, da trasformarsi, anche per lui, in un evento da citare come si fa per ogni  grandezza passata, per ogni classico appunto.


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