Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

INCONTRO CON MARIA FALCONE

Maria Falcone ha tenuto tempo fa un incontro con docenti ed alunni della Campania a Napoli, in via Monte di Dio, anche per presentare il suo libro: “Io e tu: la società”.

Mi era capitato di vederla in televisione e leggere qualche suo articolo, ma incontrarla da vicino e parlarle ha significato invece vivere un pezzo di storia non comune, e non solo perché fonte autorevolissima e preziosa di fatti del “libro nero” d’Italia, ma soprattutto per la chiarezza comunicativa e la carica emotiva positiva che è capace di donare.

Ho intervistato tanti c.d. testimoni privilegiati, ma ritornata a casa con quella bobina, mi sembrava di stringere tra le mani un piccolo gioiello.

Ho riascoltato molte volte il suo intervento e l’ho condiviso spesso con gli alunni; le parole di seguito riportate sono una piccola parte di ciò che lei ha realmente comunicato con il suo sguardo, l’enfasi della voce, le movenze, la postura.

Non lascia spazio ad equivoci: lo Stato e le sue istituzioni, non altri, devono essere il riferimento per ogni cittadino e studente!

E’ di stamane, 23 giugno 2009, un articolo su Italia Oggi, a pag. 12, che porta di nuovo in primo piano all’attenzione degli operatori scolastici, più che i “punteggi” degli esami di stato, la mancanza di un sentire comune intorno alle regole della scuola e della società, tema troppe volte volutamente glissato perché, forse, scomodo.

 

D.– La sua esperienza a contatto con le scuole di tutta Italia che fotografia le ha offerto circa la coscienza della legalità presente nelle istituzioni scolastiche?

R. – Dovunque vada trovo tanti insegnanti attenti e partecipi; sono loro che mi chiamano. C’è una grande attenzione alle problematiche della legalità. Sembra assurdo, ma questa attenzione cresce più ora rispetto agli anni immediatamente successivi alle stragi terribili del 1992: un desiderio di legalità, un desiderio di punti di riferimento forti che testimoniano determinati valori in cui i ragazzi credono, debbono credere.

 

D – E’ una fotografia omogenea o a macchia di leopardo?

R – Devo dire che agli inizi, sempre dopo le stragi del 1992, l’attenzione di docenti e studenti era più intensa al nord, ora, man mano che passa il tempo si sta diffondendo in maniera più omogenea in tutte le zone di Italia.

 

D –Ssecondo lei quali sono i comportamenti più demolitori di una coscienza della legalità in una scuola?

R – Ce ne sono tanti che non è possibile nemmeno elencarli: si va dalla piccola mancanza di osservazione delle regole (spesso poste dalla stessa istituzione scolastica) in su con una progressione crescente di comportamenti contro la legalità. Questo è il vero problema.

 

D – La sua esperienza personale è molto particolare. Lei che idea ha di legalità, lei che certamente l’avrà più densa, più intensa di quella di un cittadino comune.

R – Sono stata educata in una famiglia che ci ha messo nella posizione di dover rispettare gli altri e di credere nello Stato, nei suoi valori, tanto che Giovanni era dai giornali chiamato l’”anomalia siciliana”, per quel senso dello Stato che al sud non esiste, forse perché siamo stati terra di conquiste e lo Stato non lo abbiamo mai visto come qualcosa che sta dalla nostra parte. La mia esperienza di educazione alla legalità nasce negli anni ‘80, con l’inizio della stagione stragista di Cosa nostra, quando Giovanni iniziò a lavorare a Palermo, e sia in qualità di docente di diritto, che di sorella di Giovanni, era normale che mi occupassi di educazione alla legalità nelle scuole. C’è un lunghissimo elenco di morti eccellenti che lavoravano nelle istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, etc.. tutti uccisi ad opera della mafia. Non ricordo delle morti analoghe quando si parla di camorra. Poi, dopo la tragedia di quel luglio tremendo del 1992, che fu l’ultima di una serie; ricordando i discorsi che Giovanni faceva in casa, che la mafia sarebbe stata sconfitta solo con la creazione di una società diversa, creando il senso della regola ed il senso dell’altro, e ricordando quanto disse in una delle sue ultime interviste, che gli uomini passano, ma le loro idee continuano a camminare sulle gambe di altri uomini, mi sono posta l’interrogativo di cosa potessi fare, di quale fosse la mia parte.

Credo moltissimo nell’esempio, soprattutto quello che si apprende durante l’infanzia. Imparare a far capire ai ragazzi quanto sia importante il rispetto delle regole e la convenienza di questa scelta di appartenenza. Bisogna far capire che le regole nascono per cercare di conciliare interessi contrastanti, l’interesse mio e l’interesse tuo. Nelle nostre zone abbiamo un ordinamento in cui le regole sono poste dall’organizzazione criminale e spesso il malvivente viene visto come vittima della legge. E’ una lettura distorta della realtà da cui bisogna uscire. E peggio ancora, se il cittadino deve vedere nell’organizzazione criminale la possibilità di un futuro, allora è tutto inutile, compreso il mio libro!.

 

Eliana Flores

 


La pagina
- Educazione&Scuola©