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Goethe: la misura dell’uomo
(Una modernità annunciata)

 

Dal 28 Agosto a Roma ha preso l’avvio una serie di programmi culturali volti a commemorare il 250simo anniversario della nascita del poeta, scrittore, drammaturgo tedesco Johann Wolfgang Goehte (1749 – 1832). Roma era stata considerata da questi "patria d’elezione", vi aveva soggiornato più a lungo che in altre città durante il viaggio in Italia (1786 – 88) ed era stato tanto impressionato dal suo passato, dalla visione di quanto ancora lo testimoniava, dal contatto con i suoi resti da averne risentito profondamente nelle proprie inclinazioni ed attività.

Goethe è uno di quegli artisti che ritornano sulle proprie opere, le riprendono nel contenuto e modificano nella forma sicché molto tempo trascorre, a volte, tra l’inizio, la stesura e il completamento definitivo e molto esse risentono di quel che intanto è avvenuto nella vita e nell’anima dell’autore, nel complesso delle sue esperienze concrete e dei loro riflessi spirituali. Tale continuo movimento esteriore ed interiore, di vita e pensiero, azione e meditazione fa sì che la produzione proceda, si evolva come la vita dell’autore e che un’esperienza particolare, come quella italiana nel caso di Goehte, possa diventare determinante, rappresentare l’inizio di una svolta nello sviluppo della personalità umana ed artistica. Fino a quell’avvenimento Goehte era stato l’uomo e l’autore dello "Sturm und Drang", il fenomeno culturale e artistico promosso, alla fine del ‘700, da un gruppo di autori tedeschi che, risentendo di influenze francesi e inglesi e contrapponendosi alla tradizione del razionalismo illuministico, inneggiavano alla rivolta contro le convenzioni sociali, alla libertà di pensiero ed espressione, alla forza del sentimento, alla rivalutazione della natura e dell’arte popolare poiché sinonimi di spontaneità e immediatezza, alla superiorità ed unicità dello spirito rispettoa alla materia, dell’idea rispetto alla realtà, alla potenza del genio, dell’arte, al titanismo, al superomismo. Le opere, nelle quali Goethe aveva espresso tanta e tale passionalità e che si collocano nel periodo degli anni universitari e della prima permanenza a Weimar, erano state, oltre a ballate, inni e liriche ispirategli dai frequenti innamoramenti, i drammi "Gö tz von Berlichingen", "Clavigo", "Stella", i frammenti del "Prometeo" e del "Maometto" mai compiuti, la prima versione del "Faust", detta "Urfaust", e del romanzo di "Wilhelm Meister" e soprattutto il romanzo epistolare "I dolori del giovane Werther", che gli aveva procurato un immenso successo e lo aveva fatto conoscere in tutti gli ambienti culturali europei. Soprattutto tramite questo personaggio Goethe aveva rappresentato i suoi tormenti dovuti all'impossibilità di conciliare l’esplosione dei propri ardori con le regole del vivere quotidiano, l’esuberanza del suo spirito con la dilagante mediocrità, la sua prepotente soggettività e idealità con la comune oggettività. Questa tensione spirituale attraversa anche le altre suddette opere, in particolare " Gö tz" e "Urfaust", e ovunque porta la vicenda o situazione ad esiti estremi quali l’accettazione o la ricerca della sofferenza o della morte pur di non rinunciare alle proprie idee ed aspirazioni.

In un momento simile la rivelazione, a Roma, della classicità attraverso i monumenti, gli autori, le opere dell’antichità latina si era identificata, per Goethe, con un senso di compostezza, di equilibrio, con quella misura che gli mancava e dalla quale ora si sentiva attratto. S’inizierà un processo volto, tranne qualche ricaduta, non più a detestare, rifiutare, escludere la quotidianità o realtà ma a comprenderla, accoglierla poiché ritenuta inevitabile ed a comporla, combinarla con l’idea. Questa si mostrerà disposta a rinunciare ad alcune delle sue esigenze od urgenze per far posto a quelle provenienti dall’esterno, cercherà di armonizzarsi, di completarsi con esse, ridurrà le proprie punte estreme e tenderà ad una dimensione più vicina a quella umana. Il dramma "Ifigenia in Tauride", le modifiche apportate all’ "Egmont", il rifacimento del "Torquato Tasso", la ripresa, rielaborazione e ultimazione del "Faust" e del "Wilhem Meister", l’idillio in esametri "Arminio e Dorotea", i drammi "La figlia naturale" e "Pandora", il romanzo "Le affinità elettive" ed altre opere in prosa e in versi testimoniano della nuova direzione intrapresa da Goethe e in lui rafforzata, una volta rientrato a Weimar, dalla lunga collaborazione con lo Schiller. Quella precedente separazione tra spirito e materia, idea e realtà, singolo e comunità che necessariamente era diventata tra bene e male, virtù e vizio, affermazione e negazione, infinito e finito tendeva ora a comporsi in una sintesi comprensiva di tali opposti. L’uomo di Goethe non era più l’eroe unico, il titano che campeggiava solitario sulla scena della storia, lo spregiatore di tutto ciò che non fosse suo ma quello che aveva acquisito coscienza della necessità dell’altro, del diverso da sé, che si sentiva composto anche di questo come di ogni elemento o aspetto dell’esistenza e che in questa interezza riconosceva la possibilità di quell’armonia, di quell’equilibrio necessari per vivere, sentire, essere. La varietà e la diversità erano state ed erano, del resto, nel destino dell’uomo ed accettarle significava riconoscere l’ineluttabilità di questo, ammetterlo regolato da leggi proprie come quelle del mondo vegetale o animale che in un’infinità di forme e modi trova la sua ragione d’essere, significava pensare l’uomo come totalità e farne motivo d’arte.

Se si tiene conto che quella dell’ "uomo totale" sarà un’acquisizione alla quale perverrà il contemporaneo neoumanesimo con autori quali Camus o Borges, per dire dei più noti, si deduce quanto sia da ritenere moderna o precorritrice di modernità la posizione di Goethe. A questa egli era giunto dopo un certo percorso di vita, cultura ed arte ed essa gli aveva comportato infiniti rifacimenti e revisioni del contenuto e della forma di opere precedenti o in corsi di svolgimento sicchè della sua produzione definitiva si può dire come di una sola immensa opera e vedervi identificata la vastità delle sue esperienze e dei suoi interessi. Oltre che artista Goethe è stato uomo tra gli uomini, si è interessato di scienze soprattutto naturali, di arte figurativa, di architettura, di cultura popolare, si è proposto, in molte opere finalità didattiche, è stato attivista culturale, uomo di corte, precettore e amministratore, amante, marito, padre: la sua è una figura dalla straripante vitalità, versatilità ed applicazione ed è difficile comprenderla, esaurirla in una definizione unica, ricondurla ad un solo denominatore. Soltanto seguendo l’uomo, le sue azioni ed i suoi pensieri, si possono scoprire gli umori e gli intenti dell’artista giacchè ogni particolare biografico aveva trovato espressione nelle opere, era stato trasfigurato in una loro vicenda o personaggio. Soltanto la conoscenza della vita può aiutare, quindi, a tracciare una linea di sviluppo tra tanta complessità, a spiegare come le contraddizioni in essa rilevabili sono proprie di una condizione umana cercata e vissuta al naturale, cioè istintivamente, senza alcun artificio ed in molteplici situazioni materiali e morali. Una vita lunga e intensa quella di Goethe ed un’attività artistica estesa, varia e profonda poiché da quella determinata e promossa e come quella esposta a sviluppi, maturazioni, cambiamenti, come quella passata dall’inquietudine e insofferenza della giovinezza alla saggezza e rassegnazione della maturità.

 

Antonio Stanca

 

Espresso Sud – Novembre 1999


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