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Dio e la scienza
(Cosa pensare?)

di Antonio Stanca

Del filosofo e teologo tedesco Hans Jonas (1903-1993) è stato recentemente pubblicato, nelle edizioni "Il Melangolo", il breve volume "La domanda senza risposta" (Alcune riflessioni su scienza, ateismo e la nozione di Dio). L’opera comprende il testo di una conferenza tenuta da Jonas il 5 Marzo 1970 alla "Columbia University" ed un’introduzione di Emidio Spinelli, nella quale vengono percorse le fasi principali dell’attività del pensatore e le opere nelle quali hanno trovato espressione che sono, inoltre, raffrontate con quelle di altri filosofi contemporanei o precedenti.

Nella conferenza Jonas tratta di un problema che ha interessato il pensiero filosofico dal suo inizio, quello di Dio, della sua esistenza, della sua funzione nel mondo, nella storia, nella vita individuale e collettiva nonché nell’attuale età della scienza e della tecnica. Dopo aver esposto brevemente e, tuttavia, in maniera molto chiara la storia del pensiero relativa al problema, Jonas giunge all’età dell’Illuminismo ed a quanto del divino pensava l’astronomo e matematico francese Pierre-Simon de Laplace: "…un’ipotesi di cui non c’è bisogno…". Il suo sistema scientifico si mostrava, infatti, capace di spiegare anche i temi generalmente connessi con quelli di Dio, cioè l’origine del mondo, della vita in esso ed il loro procedere nel tempo. Del Dio creatore e direttore o signore del mondo non c’era bisogno per Laplace e prima di lui l’avrebbero potuto dire il filosofo olandese Spinoza e lo scienziato inglese Newton perché erano già giunti a concepire l’origine e lo sviluppo della terra e della vita come fenomeni soltanto meccanici, prodottisi insieme a tanti altri nell’universo e privi di qualsiasi causa trascendente. Erano anche fenomeni reversibili, destinati, cioè, ad esaurirsi, concludersi e promuovere altri essendo determinati da pure leggi di movimento, energia, massa, atomi, particelle, molecole. In età più moderna e nella contemporanea con la termodinamica quello del mondo sarà visto, invece, come un processo irreversibile, in grado di avanzare fino alla dissipazione di ogni energia, fino alla sua fine.

Quanto più si è proceduto nel tempo tanto più ci si è riferiti alla scienza per spiegare il mondo e la vita e tanto più Dio è stato privato di ciò che tradizionalmente gli veniva attribuito, la loro creazione e signoria. Altri ostacoli a tale concezione erano sopravvenuti in seguito alla constatazione del male esistente nella vita, specie dopo Auschwitz, e della sua inconciliabilità con la proclamata, infinita bontà divina.

La scienza e la storia avrebbero, quindi, consegnato a noi oggi un mondo senza Dio e Jonas, nel suo intervento, mostra di non aver molto da obiettare al riguardo. Tuttavia neanche di fronte all’inconfutabilità di certe tesi il filosofo si ferma definitivamente giacché, secondo lui, ci sarebbe ancora da valutare quanto di non meccanico fa parte della vita dell’uomo, i suoi sentimenti, affetti, entusiasmi, emozioni, ideali, ripensamenti, dubbi e tutto ciò che sfugge al rigore di qualunque legge o regola perché imprevedibile, incontrollabile essendo manifestazione interiore, dello spirito. Anche la ragione, dice Jonas, compresa quella che nega in maniera assoluta ogni sentimentalità o moralità e che si trova alla base di teorie quali il materialismo o l’ateismo, è mossa da spirito dal momento che produce idee, pensieri. E sin quando l’uomo penserà, amerà, ambirà, sognerà, soffrirà, progetterà, creerà ci si potrà chiedere perché o in nome di chi o di cosa questo è sempre avvenuto ed ancora avviene, ci si potrà porre la domanda se Dio esiste poiché solo a lui si può pensare per quanto nella vita rimane inspiegato dalla scienza. Sarà sempre "una domanda senza risposta" definitiva dato il problema non scientifico cui si riferisce e, tuttavia, avrà sempre il diritto d’esistere, d’essere formulata. Così conclude la conferenza Jonas e lascia gli spettatori allora, i lettori adesso in uno stato di sospensione che se da una parte imbarazza dall’altra affascina e coinvolge.


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