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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Scrittori dell’anima

di Antonio Stanca

A lungo sconosciuto in patria e solo dopo molto tempo pubblicato all’estero Sándor Márai, scrittore ungherese, è nato a Kassa (Slovacchia) nel 1900 ed è morto suicida a San Diego(California) nel 1989. Oltre che in Ungheria è vissuto ed ha lavorato in molti paesi, Germania, Francia, Svizzera, Italia ed infine Stati Uniti dove si è tolto la vita ad ottantanove anni dopo aver perso la moglie e due figli, dei quali uno adottivo. Márai ha iniziato come giornalista, poi è stato poeta, saggista e soprattutto scrittore. La sua fama è legata ai romanzi “Le braci” e “L’eredità di Eszter” comparsi in Italia rispettivamente nel 1998 e nel 1999. Ha scritto la maggior parte delle sue opere a Budapest quando vi era rientrato dopo essere stato in Francia, a Parigi. Ha sempre usato la lingua ungherese anche quando scriveva lontano dalla patria. Ora la casa editrice Adelphi si sta impegnando nella pubblicazione di tutti i suoi scritti e recentemente è comparso il romanzo “Liberazione” tradotto da Laura Sgarioto. L’opera risale al 1945 ma fino al 2001 è rimasta inedita. Come “L’isola”, pubblicato in Italia l’anno scorso pure da Adelphi, anche “Liberazione” è tra i primi lavori del Márai, è un’altra testimonianza del lungo silenzio gravato sullo scrittore anche perché contrario a fenomeni quali il nazismo, il comunismo, che in quegli anni si verificavano nel suo ed in altri paesi europei contemporaneamente e dopo la seconda guerra mondiale.

Prima che in italiano le sue opere sono state tradotte in francese, inglese, tedesco ed altre lingue e solo in tempi recenti Márai è stato scoperto come uno dei maggiori autori della letteratura mitteleuropea moderna. Il suo nome è stato accostato a quello di famosi scrittori quali Thomas Mann, Robert Musil, Thomas Bernhard e il più vicino Milan Kundera, la sua maniera è stata riconosciuta in una sorprendente capacità d’indagare fino in fondo i più complessi e misteriosi stati d’animo, il suo stile in una scrittura semplice, chiara nonostante l’intrico dei contenuti. Il Márai maturo, quello dei romanzi maggiori e più noti, mostrerà di aver approfondito questi aspetti delle sue narrazioni ma non si può negare che c’erano già agli inizi, che già in “Liberazione” il contenuto e la forma sono quelli che distingueranno sempre l’autore.

Una giovane donna, di venticinque anni, Erzsébet, ha assunto altra identità ed è in fuga nella Budapest del 1944 quando i russi stanno per raggiungere la città occupata dai tedeschi in ritirata e dagli alleati ungheresi detti “ croci frecciate”. Erzsébet cerca un nascondiglio per suo padre, celebre scienziato braccato dai nazisti. Riesce a trovarlo, lo fa murare, insieme ad altre cinque persone, in uno spazio molto ridotto mentre lei si rifugia nello scantinato del palazzo vicino dove si sono ricoverate molte persone di diversa origine, provenienza, condizione sociale. Lo scantinato funge per tutti da soggiorno, dormitorio, mensa, servizio igienico ed in poco tempo diviene un posto maleodorante e diviso in tante piccole parti quanti sono gli occupanti. Questi, pur separati, rimarranno insieme per quattro settimane, il tempo necessario perché i russi, dopo aver assediato la città, vi entrino e combattano con i tedeschi e le “croci frecciate” a distanza sempre più ravvicinata fino a vincere. All’esterno dello scantinato la guerra continua e si conclude, all’interno vive nascosta quell’umanità varia presso la quale ha trovato posto Erzsébet. La donna assisterà a gravi comportamenti, vedrà fare dall’uomo quanto non aveva neanche sospettato, lo scoprirà degradato, ridotto ad una condotta ignobile ma, poiché sa che devono avvenire la “liberazione” della città ad opera dei russi e la fine della guerra, sopporterà quanto accade convinta che in un momento non molto lontano finirà. Questo, invece, non avviene: giunta la “liberazione” non ci sarà quel cambiamento totale e definitivo da Erzsébet tanto atteso, molte delle vecchie cose continueranno perché sono dell’uomo, della sua natura, della sua vita. Erzsébet avrà difficoltà ad adattarsi ma dovrà farlo, dovrà accettare che la sua idea, la sua speranza di un’altra, nuova maniera di stare, vivere, essere non è possibile, che la storia si continua anche se alcune cose di essa cambiano, che pur in situazioni diverse l’uomo conserva le sue tendenze, i suoi appetiti, i suoi istinti. Delusa, confusa rimarrà, nei più remoti pensieri e sentimenti verrà presentata, da soli essi costituiranno l’intera trama dell’opera. Quella di Erzsébet è la dimensione spirituale con la quale la realtà non può conciliarsi, la sua storia è un altro esempio del conflitto tra ideale e reale che Márai mostrerà sempre nelle sue opere. Sarà un percorso lungo ed anche se rimarrà sospeso permetterà allo scrittore di portare alla luce quelle verità dell’anima che soprattutto nei contrasti emergono e che sempre sono risultate superiori ai loro tempi e luoghi, proverà come egli alla loro ricerca si sia mosso e di esse abbia fatto la sua opera.


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