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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Tra padri e figli

di Antonio Stanca

Ha trentadue anni, vive a Roma, è giornalista con interessi particolari per il cinema, ha viaggiato molto col marito esperto di arte e gallerista, ha esordito nel 2004 con il racconto “Saro e Sara”, ha poi pubblicato due romanzi, “Tu non c’entri”(2005) e “La vita in comune”(2007) ed ora, con i due racconti compresi in “La casa madre” (Adelphi), è alla sua più recente opera narrativa: si tratta di Letizia Muratori, una scrittrice sempre più affermata per lo stile chiaro, scorrevole e soprattutto per i contenuti quanto mai attuali delle sue narrazioni. Ne “La casa madre” ritornano alcuni temi dei romanzi precedenti come quello dei figli per la donna d’oggi, per le nuove madri, per la famiglia. Si possono conciliare col lavoro, la carriera dei genitori? Come, dove deve avvenire la loro formazione? Come, cosa deve essere per loro la famiglia? Si può pensare di rinunciare ad essi?

E’ un problema che ha iniziato a manifestarsi negli ultimi decenni del secolo scorso contemporaneamente al fenomeno dell’emancipazione femminile, del femminismo, e che si è andato accentuando col tempo fino a portare all’attuale tendenza a ridurre le nascite.

Dagli sviluppi, dalle conseguenze di tale realtà la Muratori attinge per le sue opere maggiori: in “Tu non c’entri” ci sono i problemi della quindicenne Elena che, in età di formazione, si trova esposta alle voglie sessuali dei suoi coetanei, ne “La vita in comune” tra tante situazioni si dice in particolare di un caso di adozione, nei due racconti de “La casa madre” vengono rappresentati due bambini, Irene e Luca, in età di scuola elementare ed alle prese con le loro fantasie, la loro immaginazione, il difficile rapporto con i genitori, le loro delusioni. Come altre volte nella Muratori ritornano la dimensione fiabesca, il tono ironico, senza, però, prevalere sul problema principale che, in questi racconti, è quello della formazione dei bambini, di come avviene, della distanza tra il loro mondo e il mondo degli adulti, della quasi impossibilità di una loro conciliazione, del dramma riservato al bambino quando scopre la vita adulta.

Irene e le sue compagne di scuola giocano con le loro bambole, attribuiscono a queste una vera e propria vita con i suoi bisogni materiali e spirituali, lottano per difenderle dalle contrarietà delle insegnanti e dei genitori. Il loro è un incantesimo del quale sono convinte e che non vogliono sia minimamente guastato.

Pure Luca vive una favola popolata da maghi, streghe e fate. Anche lui crede che quella della fantasia sia l’unica realtà, anche lui la protegge dai pericoli esterni. Tra questi ci sono il mondo, la vita degli adulti che si scontrano con quelli dei bambini. Qui il vero tema dell’opera, il motivo principale che la Muratori vuole evidenziare. Anche se ambientati in tempi e luoghi diversi, ma sempre moderni, i due racconti dicono del problema della distanza tra genitori e figli senza proporsi di scoprire la causa o indicare la soluzione. Non è colpa di nessuno, né dei genitori né dei figli, ed intanto così avviene, così si vive, gli uni fuggono dagli altri, non vogliono, non possono incontrarsi. E’ triste doverlo ammettere ma anche un rapporto tanto antico col tempo si è rovinato ed ancor più grave è dover riconoscere l’impossibilità di recuperarlo. Niente può servire né il ricordo di quanto, nel passato, sia stato importante né la speranza che in futuro avvengano modifiche circa la situazione, gli ambienti che lo hanno messo in crisi.

E’ un problema destinato a rimanere sospeso e tale rimane nella scrittura della Muratori, che degna di nota è anche per aver saputo rendere una situazione così indefinita.


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