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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Donne d’Irlanda

di Antonio Stanca

 

Ad Aprile di quest’anno è comparsa, nella serie Tascabili della Casa Editrice E/O di Roma, l’ottava ristampa del romanzo La ragazza dagli occhi verdi (pagg. 228, € 10,00) dell’ottantantunenne scrittrice irlandese Edna O’Brien. La traduzione dall’inglese è di Franca Cavagnoli. L’opera, nella versione originale, risale al 1962 ed è la seconda della trilogia con la quale la O’Brien fece il suo esordio letterario. La prima, del 1960, fu il romanzo Ragazze di campagna e la terza, del 1964, il romanzo Ragazze nella felicità coniugale. Protagoniste delle tre narrazioni sono Kate e Baba, due ragazze diverse perché sognatrice, romantica la prima, concreta, decisa la seconda. Entrambe si sentono limitate dall’ambiente della provincia irlandese dove sono nate e cresciute, si vedono impedite nelle loro aspirazioni, nei loro progetti da un posto dove la famiglia, la religione, la scuola hanno un’importanza fondamentale e annullano ogni ambizione diversa da principi e regole di vecchia costituzione. Entrambe fuggono in cerca di una vita libera da vincoli di altri tempi, di emozioni, sensazioni, avventure, amore, piacere, di quanto due belle ragazze hanno bisogno per essere felici nell’anima e nel corpo. Diversi saranno i loro destini perché diverse sono esse e le loro aspirazioni. Le esperienze vissute serviranno, tuttavia, per la maturazione, la formazione di una loro coscienza, per l’acquisizione, almeno a livello psicologico, dell’indipendenza rispetto all’uomo, che dominava incontrastato nell’ambiente, ed a sistemi di vita rimasti inalterati nonostante i tempi nuovi.

Questi delle opere d’esordio saranno i temi ricorrenti nell’intera, ampia produzione della O’Brien che oltre a romanzi comprenderà racconti, commedie, sceneggiature televisive e cinematografiche, saggi. Delle donne irlandesi, della loro difficile condizione l’autrice scriverà sempre e tramite esse dirà di lei, della sua vita. Nata nel 1930 a Tuamgraney, nella contea di Clare dell’Irlanda occidentale, era stata l’unica figlia di una famiglia molto severa. Questa e le scuole, dove aveva ricevuto la prima istruzione, avevano reso la sua infanzia “soffocante”. Trasferitasi a Dublino nel 1950 aveva studiato presso l’Università, poi aveva lavorato come farmacista. Nel 1954 si era sposata e col marito si erano trasferiti a Londra. Qui aveva avuto ed allevato due figli. Nel 1964 si era separata dal marito. Ora, a ottantunanni, vive ancora a Londra dopo essersi divisa tra questa città e New York dove è stata docente di scrittura creativa presso il City College della City University.

Da ragazza ha letto autori quali Tolstoj, Thackeray e F. Scott Fitzgerald ma ha sempre sostenuto che è stato il romanzo Ritratto dell’artista da giovane di James Joyce a farle scoprire la sua passione per la letteratura, a farle capire, cioè, che come il Joyce di quell’opera lo scrittore poteva attingere alla propria vita, la scrittura poteva essere autobiografica. E di sè, delle aspirazioni nutrite, delle delusioni sofferte a causa della famiglia, della religione, dell’ambiente, la O’Brien avrebbe scritto. In ogni donna protagonista delle sue opere, nei suoi problemi, sarebbe stato possibile rintracciare momenti, problemi della vita dell’autrice. Dietro tante donne che soffrono nel privato e nel pubblico, non scambiano, non comunicano con gli uomini, subiscono il loro potere siano essi padri, mariti, innamorati, amanti, protestano in nome dei propri diritti, si ribellano anche senza riuscire negli intenti, si sarebbe potuta riconoscere la O’Brien, dietro la scrittrice ci sarebbe stata la donna, la donna che soffre e si ribella. Erano stati i suoi due atteggiamenti e saranno quelli che farà interpretare alle sue protagoniste.

Nella trilogia con la quale esordisce Kate e Baba, anche se in maniera diversa, soffrono e si ribellano e nel suddetto secondo volume, La ragazza dagli occhi verdi, Kate occupa quasi per intero lo spazio dell’opera. Baba comparirà solo poche volte e più attenta sarà la scrittrice a seguire il lungo sviluppo del rapporto tra la ventunenne Kate e il maturo Eugene. «Non riuscivo a prendere una decisione; non avevo preso una sola decisione in tutta la mia vita. Altri avevano sempre deciso che vestiti comprarmi, che cosa dovevo mangiare…», dice di sé Kate mentre Baba, più sicura, più capace di scegliere e decidere, riuscirà prima ma correrà pericoli maggiori e per fortuna si salverà. Kate, più lenta, più incerta, attenderà molto per vedere realizzati i suoi sogni. Ma anche questi finiranno e lei non si rassegnerà all’idea, non crederà di essere stata ingannata dall’uomo che le aveva dichiarato il suo amore, penserà sempre di essere da lui cercata, seguita. Anche quando sarà stata lasciata in maniera definitiva, evidente, considererà quella trascorsa un’esperienza importante, utile a farle sapere, capire di più.

Pure Baba, per altre vie, era giunta a conoscere meglio il mondo. Per entrambe la sconfitta era stata una conquista e di questo ha voluto scrivere la O’Brien, di donne che hanno osato, hanno lottato perché diverse si sentivano dal loro ambiente familiare e sociale ed anche se non sono riuscite nell’impresa hanno mostrato che questa è possibile, che va continuata, che serve perché bisogna cambiare modo di pensare, di vivere. Il vecchio deve essere combattuto in nome del nuovo, un processo deve essere avviato e condotto anche se in modi diversi. Di queste, di tante altre situazioni, di un popolo intero, della sua parte più povera e più limitata, dei suoi costumi, dei suoi problemi quotidiani, della sua società, dei suoi tanti aspetti scrive la O’Brien del romanzo. Completa, totale è la visione che riesce ad ottenere senza scadere mai nel documento, nella cronaca perché sempre capace di tradurre la storia in letteratura, di procurare alla realtà una trasposizione, di narrarla e con naturalezza. Facile, semplice è il linguaggio della scrittrice, piano scorre a dire di una vita che piano avviene. Tanto ammirati si rimane dello stile da non saper stabilire quale, tra esso e il contenuto, valga di più.


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