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Pamuk al varco (*)

di Antonio Stanca

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? ( Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende…)
                               E. Montale

Scritto negli anni dal 1992 al 1994,  pubblicato in Turchia nel 1994 col titolo “Yeni Hayat”, comparso la prima volta in Italia nel 2000 per i tipi della Einaudi ed ora ristampato per conto della stessa Casa Editrice: è il romanzo “La nuova vita” del cinquantacinquenne scrittore turco Orhan Pamuk insignito, nel 2006, del Premio Nobel per la Letteratura. Pamuk è nato e vive ad Istanbul, qui ha studiato prima Architettura poi Giornalismo e qui è rientrato dopo essere stato impegnato per alcuni anni in America presso centri universitari. Quest’opera fa parte della seconda fase dell’attività letteraria dell’autore, quella che registra romanzi quali “Il libro nero”, “Il mio nome è rosso”, “Neve” e che segue una precedente interessata a narrazioni di carattere storico oltre che a libri di memorie e sceneggiature per il cinema. Inoltre Pamuk è l’intellettuale, il saggista, il giornalista che da anni rivendica i diritti civili di quelle fasce della popolazione turca che ne sono prive, discute i problemi da secoli sofferti dalla sua nazione a causa degli inevitabili contrasti derivati da una collocazione geografica divisa tra Europa ed Asia, Occidente ed Oriente. Dalla sua cultura, dal suo impegno intellettuale questo motivo è passato alla sua scrittura, ne è divenuto centrale, ha segnato i suoi contenuti. In essi l’Occidente è il simbolo della modernità e, quindi, della razionalità, del tempo finito, calcolato, del luogo stabilito, dei costumi americanizzati, l’Oriente è rimasto, invece, a significare l’antichità, la tradizione, la spiritualità diffusa oltre i limiti del tempo e dello spazio, la particolarità degli ambienti. Quelle occidentali si riveleranno, nei suoi libri, una storia, una cultura, una religione completamente diverse dalle orientali e tra le due parti Pamuk tenterà una conciliazione, la cercherà nell’uomo, penserà ad un’umanità nuova, più ampia di quella conosciuta perché comprensiva di entrambe le condizioni. La sua, però, sarà un’aspirazione, una ricerca che non si concluderà e sospeso resterà il suo uomo tra quanto avrebbe voluto e quanto deve accettare.

Così l’Osman de “La nuova vita”, lo studente d’Ingegneria ad Istambul nel quale Pamuk avrà voluto trasferire la sua giovanile condizione di studente di Architettura, le sue tendenze. Osman sarà presentato dallo scrittore come mosso, dopo la lettura di un libro, ad intraprendere un viaggio all’interno della Turchia alla ricerca del luogo dove avvenga quella “nuova vita” nella quale le differenze, le distanze siano annullate, i valori dello spirito estesi anche alla materia, continuati negli oggetti, il tempo sia senza fine, lo spazio senza limiti, la condizione simile a quella degli angeli, la vita eterna. Il viaggio di Osman diventerà interminabile, lo accompagnerà una ragazza, Canan, della quale egli è innamorato ma non corrisposto poiché lei ama Mehmet anche se da tempo non ne ha notizie. Prima di Osman anch’essi avevano letto il libro ispiratore, anch’essi avevano cercato una “nuova vita” ma ormai non ci credevano più. Intanto Osman e Canan viaggiano insieme per tanto tempo su tanti pullman anche se per motivi diversi, lui cerca la “nuova vita”, lei il suo uomo. Non troveranno niente di tutto ciò e dopo un lungo percorso si perderanno di vista. Osman continuerà da solo, il suo viaggio si svolgerà tra innumerevoli ostacoli, continui pericoli, tra persone, luoghi, tempi che, pur moltissimi e lontanissimi, mostreranno di avere numerose corrispondenze, di ritrovarsi, ripetersi, continuarsi fino ad identificarsi, a far pensare, come spesso in Pamuk, all’azione di elementi nascosti, invisibili, segreti, a far ritenere valida la credenza, la superstizione, a creare situazioni altamente suggestive, magiche se non di tensione. Tanta Turchia, antica e moderna, reale e immaginaria, farà vedere Pamuk tramite il viaggio compiuto dal suo Osman alla ricerca del varco che permetta di accedere alla “nuova vita”. Lo mostrerà molte volte vicino ad esso, sul punto di compiere il passaggio ma dopo tanti fallimenti dovrà fargli accettare l’idea che non è possibile, che una vera e propria guerra esiste tra gli elementi che dovrebbero comporre quella vita, che una loro combinazione non può avvenire come lui aveva sperato. Non gli rimane che abbandonare la ricerca e rientrare nella condizione di tutti, quella di un’esistenza condotta tra luoghi comuni.

Di nuovo il problema della vita nuova perché totale è rimasto irrisolto e questa volta nonostante l’ampiezza dei mezzi impiegati, di nuovo Pamuk ha fatto scrittura, letteratura della vita, della storia del suo paese, di nuovo è riuscito avvincente grazie ad un linguaggio così fluido e carico d’immagini da tradurre la lettura in una visione continua.

(*) in "Segni e comprensione"- Università del Salento - sett. - dic.2007


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