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Fuggire per ritrovarsi
(Da bambina a scrittrice)
 

di Antonio Stanca

Una storia tragica, disperata, una vicenda di sesso e droga, amore e morte, è quella presentata in “Domicilio sconosciuto”(ed. Adelphi) dalla scrittrice Natasha Radojčić. Questa, d’origine iugoslava, vive negli Stati Uniti ed è alla seconda prova narrativa. Nella precedente, “Ritorno a casa”(Adelphi, 2002), aveva detto delle gravi situazioni verificatesi in Iugoslavia dopo la guerra civile e l’opera le era valso il Superpremio Grinzane Cavour 2004. In “Domicilio sconosciuto” narra ancora di avvenimenti storici, di fenomeni sociali, politici (la Iugoslavia di e dopo Tito, la Cuba di Fidel Castro, la Grecia di Papandreu, la New York dei primi tempi) ma narra soprattutto di sé, della sua vita, delle esperienze che l’hanno caratterizzata prima che diventasse una scrittrice. In uno stile generalmente paratattico e che procede per immagini rapide ed incisive il romanzo si articola intorno alla figura della protagonista-autrice,   Alexandra o Saša, la giovanissima ragazza che non è soddisfatta di quanto la circonda, famiglia, scuola, amici, compagni, è irrequieta, ribelle, finisce sempre nei guai. Giungerà a fuggire dalla sua casa, dal suo ambiente, dalla sua nazione. La prima fuga, a Cuba, sembrerà una vacanza perché compiuta con la madre e per raggiungere parenti lontani. In verità anche la madre fuggiva delusa dopo la separazione dal marito e afflitta dalla grave malattia dell’altra figlia nonché dalle prime manifestazioni della propria, dei problemi respiratori, cioè, che da lì a poco l’avrebbero condotta alla morte. Era stata un’insegnante ed aveva sempre pensato al futuro di Alexandra come a quello di una donna felicemente sposata, di una signora distinta. Aveva cercato di educarla, formarla a quest’idea anche perché preoccupata dello stato d’inquietudine della figlia, del suo continuo atteggiamento di protesta. Inoltre avrebbe voluto vedere realizzato, con Alexandra, quanto a lei era mancato dal momento che il marito si era rivelato un impostore e la loro separazione tendeva a considerare come la causa di alcuni aspetti del carattere della figlia. Non era, però, riuscita a fare di questa la donna che voleva e Alexandra, al ritorno da Cuba e poi dalla Bosnia, dove era stata mandata dai familiari presso “la nonna demente” perché non si cacciasse in altri problemi a casa o a scuola, fuggirà da sola e non ancora ventenne prima in Grecia ed in seguito in America. Non avrà più un domicilio fisso, unico, pur in questi altri luoghi si sposterà in continuazione, cambierà sempre sede, amici, amanti, lavoro. Nel contempo moriranno la madre e la sorella ed a queste sofferenze altre aggiungerà la sua vita errabonda. Ogni volta che avrà creduto o sperato in una situazione, in un luogo, in una persona, uomo o donna, rimarrà delusa. Niente la solleverà dallo stato d’insoddisfazione che l’aveva mossa a fuggire ed anzi questo risulterà aggravato dall’uso di alcool e droga che adesso è sopravvenuto. Non smarrirà mai, tuttavia, tra tanti nuovi pensieri, quello della madre, della dolcezza con la quale l’aveva trattata, dei sentimenti che aveva cercato di trasmetterle. L’immagine materna ritornerà sempre nella sua mente nonostante conduca una vita completamente diversa da come lei avrebbe voluto. Su questa via giungerà a scoprire i valori dello spirito, dell’anima che prima in casa, con la madre, aveva rifiutato per inseguire quelli della materia, del corpo. Alexandra continuerà a vivere da fuggiasca ma ormai altri pensieri l’attraggono, altre aspirazioni l’animano. Saranno questi pensieri, queste aspirazioni a salvarla, a riportarla in superficie, a farla riemergere dagli abissi nei quali era precipitata: ha dovuto perdersi per ritrovarsi! Le è stata necessaria quella vita per scoprire l’altra!

Se si pensa che è un romanzo autobiografico, che Alexandra è la proiezione di chi scrive, si vede accresciuto il significato della scoperta finale giacchè non è servita soltanto a dimostrare alla protagonista-autrice l’importanza di certi principi ma anche ad orientarla verso un avvenire da scrittrice. Era stato pure questo un sogno della bambina Alexandra, diventare una scrittrice: l’aveva detto alla madre ma non poteva pensare che sarebbe servita tanta pena per trasformarsi in Natasha Radojčić.


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