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Alla ricerca della vita
(Neorealismo italiano)

di Antonio Stanca

Nel 1997 in occasione del XXXIX Corso Internazionale di Alta Cultura tenutosi a Venezia presso la Fondazione Cini e intitolato "Precipitare la fine, anticipare l’inizio: Succisa virescit", l’allora settantaseienne scrittore vicentino Mario Rigoni Stern presentò un intervento che riassumeva le sue vicende di militare iniziate con l’arruolamento a diciassette anni e continuate, durante la seconda guerra mondiale, con la partecipazione alle campagne di Grecia, Albania e Russia.

Ora, presso Einaudi, è uscito "L’ultima partita a carte" dove il Rigoni ha ampliato quell’intervento trasformandolo in una narrazione pari alle sue precedenti, a quelle che ne hanno fatto uno dei maggiori autori del nostro neorealismo.

Di tale movimento culturale e artistico, verificatosi in Italia negli anni immediatamente seguenti la seconda guerra mondiale, la produzione narrativa rappresentò l’espressione maggiore, la più sentita e cercata dagli autori del momento. Sarà successo perché la prosa, più degli altri generi letterari, riesce meglio quando si tratta di evidenziare, analizzare la realtà oppure perché soprattutto della produzione in prosa esisteva in Italia una tradizione che, con contenuti e modi diversi, riportava al più vicino verismo o al più lontano romanticismo e costituiva un riferimento, un esempio possibile da modificare, sviluppare, utilizzare. Le altre espressioni d’arte, poetica, teatrale, figurativa, rimasero in ombra dal momento che il loro carattere sintetico non le faceva idonee a rendere l’atmosfera del momento e poche erano le indicazioni che potevano venire in soccorso dal passato vicino o lontano.

Il romanzo, il racconto furono, pertanto, i generi che caratterizzarono il neorealismo italiano ed espressero il diffuso clima di ripresa, speranza per quel che ci si aspettava dal futuro e di accusa, denuncia per quanto era avvenuto. Nello spirito di adesione alla vita, alla realtà, nella volontà di comunicare, partecipare delle sorti proprie ed altrui, di costruire un avvenire per le persone e le cose, gli scrittori neorealisti si distinsero dai precedenti veristi che distaccati, lontani da quanto rappresentato erano rimasti poiché altro era stato il loro ambiente, cultura, condizione. Per i neorealisti scrivere era sentire, vivere: fu una tendenza, una corrente alla quale aderirono tutti gli autori allora in Italia giacché per tutti valevano la stessa realtà, i suoi problemi ed impegni.

Ma come in ogni corrente letteraria anche in quella avvenne che alcuni autori partecipassero a loro modo, che rimanessero sospesi, incerti tra realtà ed evasione e non fosse possibile per loro una collocazione precisa, definitiva poiché, pur accettando le regole del movimento e facendo dell’esterno l’ambito delle loro opere, non rinunciarono a quanto avveniva nella loro interiorità. Tra questi va inserito Mario Rigoni Stern, la cui produzione si mostra impegnata sia nella rappresentazione della propria terra, ambienti, costumi, figure, vicende dell’altopiano di Asiago (i racconti de "Il bosco degli urogalli" e "Uomini, boschi e api", i romanzi "Storia di Tönle", "L’anno della vittoria", "Amore di confine") sia in quella della personale esperienza in guerra ("Il sergente nella neve", "Quota Albania", "Ritorno sul Don"). Tra quest’ultime opere rientra la suddetta "L’ultima partita a carte", nella quale l’autore ripercorre le precedenti nello stile sobrio, essenziale, immediato che gli è proprio e che avvince il lettore anche perché lo riporta a principi, valori diversi da quelli delle situazioni reali presentate. Pure in quest’opera che, dichiaratamente, si propone come un semplice documento, un diario, il Rigoni riesce ad evitare l’aridità di tali generi ed a trasformare la storia narrata in una confessione, a far risaltare in essa stati d’animo, pensieri, sentimenti che si richiamano, si collegano fino a costituire una trama sotterranea che esiste pur tra gli orrori di cui il libro è testimonianza. E’ un viaggio lunghissimo quello compiuto dallo scrittore-protagonista, un percorso che lo conduce in Grecia, Albania, due volte in Russia e due in Italia per concludersi in un campo di concentramento tedesco dopo essere passato tra interminabili situazioni di paura, spavento, terrore, stanchezza, freddo, fame, morte, desolazione; è la seconda guerra mondiale, dagli inizi allo sviluppo alla conclusione, che si svolge in tale percorso. Di questa il narratore vive alcune esperienze, in particolare la campagna di Russia, nella quale forze dell’esercito italiano collaborano con quelle degli alleati tedeschi per la conquista dell’immenso territorio sovietico. Questa non avverrà, l’impresa si rivelerà impossibile e costerà agli alleati ed ai russi immense perdite.

Una catastrofe per tutti!

Ma per quali motivi? Perché la guerra? Perché uccidere o morire per essa? Perché ubbidire agli ordini di uno o più capi, che lontani dalle operazioni militari, hanno concepito progetti di dominio per sé e di morte e distruzione per gli altri? Perché una "guerra per l’esistenza" dei soli che l’hanno dichiarata e che, convinti di doverla vincere, non esitano ad essere crudeli, spietati, feroci verso tutto ciò che non è loro?

Tra queste domande il sergente Rigoni ripercorre, nel libro, tramite quanto vissuto direttamente o saputo da fonti ufficiali o inedite o orali, tutto il tempo della seconda guerra mondiale fino agli anni della gravissima situazione finale che essa comportò in Italia. Ovunque e sempre c’è violenza, crudeltà, morte ma ovunque e sempre c’è un uomo incline a ripiegarsi su se stesso, a ritrovarsi, a pensare ad altro anche se non può impedire quanto avviene. Egli è rimasto fedele a valori semplicemente umani pur quando sembravano essere annullati dalla ferocia dei tempi, ha sempre sperato in un loro recupero e affermazione. Sarà questa fiducia a fargli cercare, nelle pause della guerra, le pagine di qualche buon libro che aveva portato con sé, l’incontro, durante i vari percorsi, con parenti lontani, il discorso su momenti della vita passata, il ricordo di care persone estinte: sarà una trama segreta, s’è detto, di pensieri ed azioni che percorrerà l’opera e giungerà al lettore come un messaggio diverso dal contesto, una ricerca d’altro, un’ennesima prova del procedimento narrativo del Rigoni che trasferisce quanto presentato in un tempo lontano dal reale, gli procura la dimensione della favola e pur una situazione così estesa e grave come la guerra mondiale riduce alla misura dell’uomo, pur in tempi di morte rende possibile la vita.


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