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Tempi di crisi

di Antonio Stanca

Quando in una nazione, che pure ha avuto un passato importante, valido sia per la società che per la cultura, sia per la politica che per la letteratura, la scienza, l’arte, si verifica uno stato di decadenza dei valori non solo morali, religiosi ma anche civili, sociali, dei principi che dovrebbero reggere il sistema di vita del singolo e della collettività, significa che le sue istituzioni sono entrate in crisi, che a niente di unico, d’inalterabile è possibile riferirsi. Così in Italia dove ormai da tempo non esiste un servizio d’ordine, un governo che controlli l’operato dei cittadini. Non c’è una scuola che formi, prepari alla vita, al lavoro, all’inserimento nel sociale anche perché non si sa più cosa intendere per questo; non c’è una famiglia che collabori nella formazione dei giovani. Manca pure una cultura nella quale riconoscersi   e soprattutto manca l’atmosfera che serve perché si assista alla comparsa di grossi  personaggi, di opere, di creazioni importanti. Eppure l’Italia è stata terra di autori, artisti, scienziati e questo fino a metà del secolo scorso ed oltre. Dopo si è andati sempre più cadendo finché si è giunti oggi ad  attribuire le cause della crisi alla politica, alla famiglia, alla scuola. Sono questi ormai i discorsi che ricorrono nel nostro Paese, i temi che tornano quando si commentano gli infiniti e spesso gravi episodi di cronaca che si verificano e dei quali i mass-media offrono notizia quasi continua. Diffuso è il pensiero, il desiderio di recuperare vecchie condizioni di vita, di sentirsi più sicuri essendo divenuta precaria, incerta, instabile ogni situazione. Modernità da noi ha  significato soprattutto confusione, disordine, perdita se non paura e pericolo. Anche i valori religiosi hanno visto ridotte la loro presenza e funzione nonostante le vaste operazioni di sensibilizzazione compiute dalla chiesa. Allarmante è divenuto constatare lo stato d’indifferenza verso ogni impegno nel quale vivono i giovani d’oggi, l’attrazione,il richiamo che su di essi riescono ad esercitare il malcostume, la volgarità, che spesso si trasformano in violenza.

I nuovi sistemi di educazione, le nuove pedagogie si sono rivelate sbagliate: volendo correggere i vecchi errori ne hanno causato altri più gravi, da un eccesso si è passati ad un altro e per rimediare non ci sono azioni individuali o collettive che possano farlo. Serve rispettare le regole, le norme. Quella che si svolge ora è una vita che ha perso le sue regole e non è facile tornare a sentirle, a viverle. Per questo serve la coscienza, serve formarla. La famiglia, la scuola, la chiesa ne hanno sempre assunto e svolto l’impegno ma ora, s’è detto, sono in crisi e non s’intravedono possibilità diverse né si può pensare di continuare così.

Sospesi, pertanto, bisogna accettare di rimanere tra come si vive e come si vorrebbe vivere!


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