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La presente storia fantastica è stata scritta dalla scrittrice Silvia Di Natale (premio Bagutta 2001 con il romanzo “Kuraj”) in omaggio ai bambini dell’Istituto Comprensivo di Sestino e Badia Tedalda che l’hanno accolta a scuola per conoscerla e leggere insieme a lei alcuni brani del suo oramai famoso libro.

Silvia, che risiede in Germania nella città di Ratisbona, ha recentemente acquistato a S.Donato di Sestino una casa ove sta progettando di creare un centro culturale “Kuraj” per l’insegnamento dell’italiano ad adulti tedeschi e la produzione di favole per bambini.


 

 

Cari bambini,

mi ha fatto molto piacere conoscervi in occasione della giornata della lettura.

Vorrei salutarvi con una delle storie di Naja (bambina protagonista del romanzo Kuraj). Come già sapete, Naja abitava sulle rive del grande fiume che attraversa le steppe e i deserti dell'Asia: l' Amu Darja. Di sera, seduta nella sua jurta - le jurte sono le tende cilindriche ricoperte di feltro dei nomadi dell' Asia centrale - Naja interrogava il nonno Bairqan. Quella che segue è una delle sue storie.

Buona lettura e arrivederci alla prossima storia.

Silvia Di Natale

Sestino, 6 giugno 2003


L'arang e il grande fiume

 "Da dove viene il grande fiume, nonno Bairqan?"

"Là in alto" e il nonno mi indicava col braccio le cime lontane e altissime dell' Hindukush, "là, proprio sulla neve, siedono gli spiriti del monte, gli arang. Siedono sulla neve, ma non hanno freddo: gli  spiriti dell'Hindukush hanno una folta pelliccia.

Ma un giorno un giovane arang si stancò di stare sempre seduto sulla neve e non vedere intorno che l'argento dei ghiacciai e le cime imbiancate dei monti sotto il cielo azzurro.

‘Cosa c'è in basso?’ chiese allora a una lepre della montagna. ‘Ci sono valli profonde,’ rispose la lepre, ‘poi c'è una pianura verde, poi un pianura bruna, poi una pianura gialla.’

L'arang si incuriosì. Non aveva mai visto una pianura. ‘Che cos'è una pianura?’ chiese ancora alla lepre. ‘Una pianura è come una montagna su cui sia caduta addosso la luna,’ rispose la lepre.

L'arang continuava a non capire. Chiese spiegazioni agli altri spiriti del monte.

‘Neppure noi abbiamo mai visto una pianura, ma sappiamo che a farla è il ruscello che scorre sotto i i nostri piedi,’ risposero.

Allora l'arang guardò in basso e vide che scorreva un ruscelletto. Era proprio una povera cosa, nient'altro che un rivoletto d'acqua che si scavava a fatica una strada tra la neve.

‘Come fa quest'acqua a fare una pianura, anzi tante pianure, una verde, una bruna e una gialla?’ si chiese l'arang. Si mise ad osservare e si accorse che quando il sole brillava alto sulle cime dell'Hindukush ghiaccio e neve si scioglievano un poco e il ruscello si faceva più arzillo.

‘Se l'aiuto io, col mio fiato caldo,’ pensò allora l'arang, ‘forse cresce prima.’ Provò, ma da solo non ci riusciva. Chiese allora agli altri spiriti del monte di aiutarlo e tutti si misero a soffiare con foga sulla neve. Soffia, soffia e soffia, il ghiacciaio incominciò a sciogliersi e il ruscello a ingrossarsi e a tumultuare, smanioso di raggiungere la valle. Il giovane arang allora ci si mise dentro e scivolò con la corrente verso il piano.

E soffia, soffia e soffia, l'acqua precipitava giù per il monte, correva, galoppava come un cavallo scatenato e le rive del fiume, a valle, già non ce la facevano più a contenerla. Presto non ci furono più guadi, né traghetti per attraversare l'Amu Darja e il fiume si portava via tutto quello che trovava sulla sua strada. Invano gli abitanti delle due rive facevano offerte agli spiriti del fiume e a quelli del monte: l'acqua implacabilmente aumentava.

L'arang intanto, a cavalcioni di un tronco, scivolava allegro sulla corrente. Giunto a valle si stupì di trovare, al posto della pianura che si aspettava, un grande lago. Ancor più si stupì che dall'acqua spuntassero dei tetti e che sui tetti fossero accoccolate tante persone.

‘Strano,’ pensò. ‘In questo paese la gente non abita dentro le case, ma sopra di esse!’

Poi anche i tetti scomparvero e l'arang non vide altro che acqua e cielo.

Il fiume aveva ormai rallentato la sua corsa ed era giunto a un lago vastissimo: il lago di Aral. E proprio lì, nel mezzo, mentre cercava di capire come mai le nubi passeggiassero sull'acqua, l'arang precipitò. Inutilmente cercò di stare a galla - gli spiriti del monte non sanno nuotare! - : la corrente lo trascinava sempre più in basso. Stava per annegare, quando sentì che si era impigliato in qualcosa e che veniva tirato su con forza. Si stupì non poco di trovarsi in compagnia di pesci, ma ancor più si stupirono i pescatori quando tra le maglie della rete trovarono un arang.

Andò a finire che, per farsi liberare, l'arang raccontò tutta la storia.

Fu mandato come messaggero un falco bianco che di lì a poco atterrò sull' Hindukush, dove gli spiriti del monte continuavano a soffiare sul ghiaccio, e li convinse a smettere. La neve allora si rassodò, il ghiacciaio smise di liquefarsi e il fiume ritornò a scorrere tra le sue rive.

 Quando, aggrappato al dorso del falco, l'arang ritornò alle cime dei suoi monti, vide finalmente sotto di sé le tre pianure che aveva cercato: quella gialla del deserto, quella bruna della steppa e quella verde dei campi. Poi, sopra le valli profonde dell' Hindukush, ritrovò l'argento dei ghiacciai, dove si specchia la luna.


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