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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Documento di sintesi
prodotto dal gruppo di lavoro sull'educazione alla cittadinanza istituito con decreto dipartimentale 12.4.2007, n.32

di Luciano Corradini

I documenti Cultura Scuola Persona e Il curricolo nella scuola dell’autonomia, presentati dal Ministro Fioroni il 3 aprile 2007, nel convegno tenutosi alla Biblioteca nazionale, contengono parole o espressioni chiave che sono riconducibili all’educazione alla cittadinanza democratica, alla convivenza civile, alla pace/gestione dei conflitti, alla cultura delle differenze e del dialogo fra le culture, al patrimonio culturale, all’ambiente/sviluppo sostenibile, alla salute. L'elenco è volutamente aperto ad espressioni di valori che appartengono per alcuni aspetti al patrimonio tradizionale della scuola, per altri aspetti a novità introdotte da emergenze e bisogni formativi tipici del nostro tempo e della nostra società.

Senso e problematicità delle " nuove educazioni trasversali"

Tali "educazioni" (si tratta di aspetti o dimensioni dell'educazione scolastica, come i "saperi" lo sono del sapere attingibile con le discipline o materie), con una locuzione imperfetta e provvisoria ma sufficientemente chiara, vengono spesso chiamate ‘nuove educazioni trasversali’. Tale locuzione, con l'aggettivo "nuove", intende sottolineare le emergenze, le elaborazioni culturali, le leggi, le direttive, i progetti di ambito nazionale e internazionale, spesso variamente incentivati e finanziati, che sollecitano la scuola ad andare oltre i suoi compiti tradizionali, per prevenire guai personali e sociali e per promuovere consapevolezze e competenze adeguate alla mutevole e complessa realtà di oggi; con l’aggettivo ‘trasversali’, indica la loro natura di aspetti o dimensioni dell’educazione, che intersecano l'istituzione e l'organizzazione scolastica in tutti i suoi ordinamenti, saperi, discipline, persone, come pure diverse realtà dell'ambiente in cui la scuola insiste.

Le ‘educazioni nuove’, ovvero ‘di seconda generazione’, rispetto a quelle di cui parlavano per esempio i programmi della scuola media del 1979 che titolano la IV parte come "Le discipline come educazione", sono state introdotte nella scuola italiana relativamente più tardi, quasi esclusivamente come filoni ricorrenti di finalità, temi/problemi e strategie didattiche, alla luce delle quali rileggere tutti i campi di esperienza e gli ambiti disciplinari, ma senza propri orari, voti e abilitazioni.

I termini usati (anche ufficialmente) per designarle sono molti, ma questo non impedisce di raggrupparle secondo significati affini, come nel modo che segue, che ha valore puramente esemplificativo e non tassonomico:

1. educazione alle relazioni interpersonali, alla socialità e alla convivenza civile;

2. educazione alla cittadinanza (democratica, attiva, responsabile, italiana, europea, mondiale, plurale, a raggio variabile, ecc.) e alla cultura costituzionale, ai diritti umani, alle responsabilità, al volontariato, alla legalità e simili (comprese sottovoci rilevanti come l’educazione stradale);

3. educazione interculturale e alle differenze di genere e alle pari opportunità;

4. educazione alla pace e alla gestione (democratica, non violenta, creativa) dei conflitti e simili;

5. educazione all’ambiente, naturale e culturale, e allo sviluppo (umano, globale, planetario/locale/’glocale’, sostenibile ecc.);

6. educazione ai media e alle nuove tecnologie, e simili;

7. educazione alla salute (allo star bene con sé, con gli altri e con le istituzioni, come antidoti al disagio e a diverse patologie, a dipendenze, devianze e abusi, comprese sottovoci come l’educazione all'alimentazione); educazione all'affettività e alla sessualità, che implicano anche aspetti di natura relazionale e valoriale.

In rapporto all'equilibrio e alla competenza degli operatori, l'impatto fra queste educazioni è risultato talora positivo, talora meno. Si è notata in certi casi una crisi di rigetto, dovuta non alla irrilevanza delle proposte, ma alla mancanza di criteri e di strumenti operativi capaci di organizzare la complessità dell'unico e unitario compito educativo della scuola, senza mutilarla e impoverirla, o all'opposto, affaticarla e ingolfarla.

Nonostante le loro alte e universali legittimazioni e i loro meriti, queste "educazioni" hanno talora alimentato la retorica dei fini e la sfiducia nella possibilità di raggiungerli. Si è rischiato di farne o altrettante discipline concorrenti nei confronti dei ridotti tempi curricolari, o pretesti per costruire progetti non sempre calibrati e correttamente gestiti, o nobili aspirazioni destinate a svaporare nel generico di compiti affidati a tutti i docenti, e in pratica a nessuno. Salvo poi lamentarsi, se dilagano utilitarismo, noia, violenza e irresponsabilità.

La solidarietà possibile fra educazioni e discipline

Eppure esiste di fatto una reciproca, verificata solidarietà fra le diverse educazioni e le diverse discipline: ciascuna delle educazioni intanto si riferisce a problemi e valori che riguardano anche le altre (come si può per esempio paralare di pace senza riferirsi ai diritti umani?), mentre le discipline, sia al loro interno sia nel corso della loro storia, hanno più volte intercettato i problemi e i valori di cui si fanno carico le educazioni, non solo come strumenti utili a realizzarne le finalità, ma anche come luoghi di approfondimento delle stesse ragioni di queste.

Ogni docente perciò ha molto da guadagnare sul piano professionale, anche in termini di efficacia e di gratificazione, a connettere dati scientifici e significati umani e a offrire un sapere che sappia parlare ai ragazzi di oggi, nella prospettiva degli uomini di domani. La scienza non perde se stessa diventando sapienza.

Occorre, in particolare, che esperti delle ‘nuove educazioni’ e disciplinaristi lavorino insieme a rendere coerente il rapporto fra finalità/competenze trasversali e obiettivi disciplinari.

Le educazioni, si riconosce, non debbono aspirare a tradursi in altrettante materie d'insegnamento, né in semplici "corsi paralleli", estranei al curricolo, proprio perché sono state pensate e introdotte, (talora con leggi, per il raggiungimento di finalità costituzionali), 1) come ambiti di integrazione e di risignificazione dei saperi scolastici, talora poco appetibili e frammentati, 2) come correttivi di saperi talora fuorvianti attinti da sedi informali e non formali, 3) come antidoti dotati di qualche efficacia nei confronti del disagio, della dispersione, di diverse patologie comportamentali.

E tuttavia l'intersecarsi e il reciproco intercettarsi di norme, di saperi, di discipline, di attività, di progetti, va in qualche modo governato, con una visione equilibrata e coerente, non improvvisata e non effimera, di principi, valori, diritti e doveri, anche in rapporto a bisogni, carenze, desideri e comportamenti, se non si vuole da un lato impoverire, dall'altro paralizzare le potenzialità educative della scuola, oggi in crisi di identità, di senso e di funzionalità.

Questa visione di fatto esiste, e si trova organicamente formulata nel più autorevole e istituzionalmente potente documento interculturale di cui disponga il nostro Paese: e cioè nella Costituzione della Repubblica Italiana, che un anno prima della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e oltre mezzo secolo prima dell'ancora imperfetto trattato istitutivo della Costituzione europea, ha fissato i termini del "patto di cittadinanza", etico e civile prima che politico e giuridico, di cui siamo da sessant'anni beneficiari e responsabili: termini o condizioni ritenuti allora, e ancora oggi, unanimemente necessari, a livello parlamentare e referendario, per uscire dalle logiche del totalitarismo e della guerra, e per consolidare le sofferte e non irreversibili conquiste della democrazia.

La Costituzione come fonte di legittimazione dell'ordinamento e come "mappa del tesoro" dell'educazione

Che questo supremo codice di comportamento personale e sociale esista e abbia a che fare anche con la scuola, non è certo una novità, dati i continui richiami rituali, intenzionalmente impegnativi, che ad esso sono stati fatti in epigrafe ad ogni atto normativo importante, dalle leggi ai programmi, nella storia della Repubblica. E' però altrettanto vero che questo testo risulta per lo più sconosciuto, incompreso e non valorizzato come sfondo integratore e luce orientante, nel concreto della trama organizzativa della scuola, della cultura professionale dei docenti, della elaborazione dei curricoli e dei progetti educativi d'istituto, e dell'utilizzazione delle risorse umane e materiali della scuola stessa.

E' per molti stupefacente scoprire che tutte le citate "educazioni", avvertite spesso come novità contingenti e aggiuntive o opzionali, sono in realtà contenute con chiarezza, e per lo più in modo esplicito, in quella sorta di "mappa del tesoro" di principi, valori, diritti, doveri che costituiscono i fondamenti del progetto costituzionale.

Questo progetto, scritto nelle scarne formule di un testo esemplare per chiarezza e densità, è trasversale nei riguardi delle persone, della società civile, delle istituzioni, di tutti gli enti educativi e in particolare della scuola. Va ripensato dunque all'inizio del discorso sulla scuola, là dove s'incontrano il risvolto culturale e politico e il risvolto pedagogico del progetto costituzionale. E' a questo punto che si pone il problema del raccordo fra i saperi, le attività e le competenze di cui c'è bisogno, per aiutare i giovani a riconoscere la loro fragile dignità e a crescere come persone, cittadini e lavoratori di una repubblica democratica.

La logica costituzionale risulta inclusiva e valorizzante nei riguardi delle educazioni citate, ma anche chiara nel ripudiare atteggiamenti e comportamenti non rispettosi dei valori di dignità, libertà, uguaglianza, giustizia, solidarietà, partecipazione, autonomia, cultura e ricerca, tutela dell'ambiente, pace e nonviolenza, salute, responsabilità: valori indissociabili dall'educazione alla legalità, se si vuole combattere l'illegalismo senza cadere nel legalismo. Per questo si ritiene giusto considerare la locuzione cultura costituzionale come denotativa di una sintesi esponenziale di valori, di educazioni, di saperi che vengono al suo interno previsti e legittimati al più alto livello giuridico e politico, e non come una delle tante locuzioni, magari suggestive e aggiornate, che trovano consenso in questa o quella riunione di esperti.

La proposta dell'educazione alla cittadinanza e alla cultura costituzionale

Circa la necessità di scegliere un'espressione sintetica per nominare il complesso dei valori e dei compiti fondamentali su cui impegnare la scuola oggi, il gruppo ha ricordato in primo luogo che la legge 53/2007 parla all'art. 2f di "educazione ai principi fondamentali della convivenza civile", e che in sede internazionale appartiene ad un lessico accreditato sul piano normativo e sul piano della ricerca la locuzione "educazione alla cittadinanza" (democratica, attiva, italiana, europea, mondiale, senza dimenticare ambiti più ristretti, come quello familiare e quello scolastico…). Il gruppo, dopo diverse discussioni, in cui si è anche sostenuta la particolare rilevanza dell'educazione interculturale, ritiene che, se si deve concentrare in un titolo sintetico ed esponenziale il complesso dei valori e dei compiti istituzionali da affidarsi alla scuola di oggi, sia opportuno utilizzare la locuzione alta e polivalente "educazione alla cittadinanza e alla cultura costituzionale".

Il tentativo fatto dalle Indicazioni nazionali attualmente in vigore in virtù del DL 59/2004, di prevedere, entro il termine della V classe della scuola primaria e della III classe della secondaria di primo grado, d'aver organizzato attività educative e didattiche relative a sei "dimensioni" dell'educazione alla convivenza civile, ciascuna finalizzata a promuovere conoscenze e abilità, in vista di successive competenze, si è rivelato per più aspetti difficile da legittimare in quei termini e da praticare nella scuola. La scelta compiuta dal gruppo di lavoro prevede da un lato di non rattrappire nell'ambito delle sei dimensioni citate, non tutte strategiche e tassonomicamente bilanciate, né sempre coerenti con le indicazioni relative alle discipline, il più ampio quadro delle dimensioni educative e dei valori rilevanti per la formazione dei ragazzi; dall'altro di ipotizzare una "cabina di regia" in cui si possano monitorare i bisogni, gli atteggiamenti e i comportamenti dei ragazzi, in riferimento ad una tavola di valori che trovi riferimenti cognitivi e operativi nell'ambito del menu ipertestuale, fornito dalla Costituzione e dalla concettualizzazione internazionale sulla cittadinanza democratica, attiva e plurima, che vanno anche assunte come guide di ampio riferimento per la redazione del POF.

E' senz'altro proponibile e formulabile, in sede di Indicazioni nazionali, un sobrio elenco di conoscenze e di competenze, indicate con nomi e verbi pertinenti alla formazione della persona e del cittadino italiano ed europeo, aperto alla dimensione della mondialità. L'importante è che si trovi lo spazio curricolare per: a) assicurare ai ragazzi l'insegnamento/apprendimento non libresco né mnemonistico, con diversi approcci e approfondimenti in rapporto alle diverse età, del testo costituzionale e delle sue valenze per la vita delle persone, dei cittadini e dei lavoratori, con tempi e voti distinti; b) assicurare ai consigli dei docenti, sulla base del contributo di colleghi preparati e disponibili, la possibilità di partecipare unitariamente alla traduzione in termini educativi e didattici dei valori costituzionali nella vita della classe, ciascuno sulla base delle proprie risorse disciplinari, didattiche e personali.

L'insegnamento/apprendimento della Costituzione non deve risolversi, com'è spesso accaduto, nel farne pubblicare il testo come allegato appendicolare del libro di storia, ma nel riscoprire ogni giorno, fra docenti, studenti e genitori, come "ricordo attualizzante e programmatico", le formule contenute in quei sobri ed essenziali articoli, che indicano le condizioni necessarie per continuare a vivere come cittadini di uno stato che si vuole sempre più libero e giusto, in un mondo sempre più interdipendente e caratterizzato, a livello micro e macro, da inedite minacce alla sopravvivenza e da impreviste potenzialità di sviluppo.

L'educazione personale e sociale

L'obiettivo è quello di realizzare un'educazione personale e sociale, sia in termini di trasversalità, sia in termini di offerta di un insegnamento specifico, curricolarmente distinto, e di una specifica organizzazione collegiale del lavoro, perché la scuola dell'autonomia possa prendersi veramente cura di bambini e ragazzi spesso assai problematici, a cui assicurare "il pieno successo formativo"(dpr 275/1999), nella direzione del costituzionale "pieno sviluppo della persona umana": il tutto con riferimento alla costruzione delle conoscenze, degli atteggiamenti e delle competenze di cittadinanza, di cui tutta la scuola è chiamata a farsi carico.

Si ritiene pertinente in proposito, oltre ai documenti citati in apertura, il riferimento al documento europeo già approvato dalla Commissione e dal Parlamento europeo, dal titolo "Competenze chiave per il lifelong learning" (in particolare i punti 6A, relativo alle competenze interpersonali, interculturali e sociali, e 6B, relativo alla competenza civica), nonché al documento prodotto dalla Commissione Allulli per il biennio secondario superiore.

Segnaliamo poi, a questo proposito, l'esistenza di problemi delicati e cruciali, su cui occorre incentivare il più possibile la ricerca, tanto nella scuola quanto nell'università. Essi sono relativi: a) all'identificazione delle competenze in termini sufficientemente ampi, tali da valorizzare il contributo che ne viene da tutte le discipline e da tutte le attività, anche da quelle riconoscibili dalla scuola in termini di crediti educativi, b) alla messa a punto di affidabili modalità di valutazione di queste competenze.

Ricordando che le competenze sono combinazioni di conoscenze, abilità e atteggiamenti, e che dal punto di vista educativo sono importanti anche i comportamenti, si deve ritenere rilevante, ma non in termini troppo minuti e ossessivi, il controllo dei comportamenti personali relativi alle tematiche anche trasversali affrontate. La legge 53/2003 parla in proposito di "valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e del comportamento degli studenti" (art. 3 a). Potrebbero confluire nella valutazione sintetica e collegiale di questo comportamento le osservazioni relative ai risvolti comportamentali delle diverse "educazioni".

Condizioni per un buon funzionamento della proposta

Certo la proposta di uno specifico insegnamento di educazione alla cittadinanza e alla cultura costituzionale potrà avere rilevanza culturale ed efficacia maggiore, se si rinforzeranno l'insegnamento della storia, con particolare riferimento alla storia contemporanea e, nella scuola primaria, anche degli studi sociali, nella prospettiva di un curricolo continuo, fino al primo biennio della secondaria di secondo grado.

Inoltre bisogna ricordare che la cittadinanza non solo la si studia, ma la si vive, come ambiente democratico di apprendimento, anche attraverso l'organizzazione scolastica e l'incentivazione della partecipazione e del protagonismo dei bambini e dei ragazzi. L'idea è antica, ma non ha perduto di valore.

Fin dal decreto sull'educazione civica del 13 giugno 1958 n. 585 (firmato dal Ministro Aldo Moro) si ritenne che l’educazione civica della scuola della Repubblica, espressione utilizzata per designare il complesso di valori culturali, politici, etici e spirituali da trasmettere e da alimentare nelle nuove generazioni, andava pensata 1) sia come “presente in ogni insegnamento”, 2) sia nella “stessa organizzazione della vita scolastica come viva esperienza di rapporti sociali e pratico esercizio di diritti e di doveri”, 3) sia infine come nucleo di argomenti etico giuridico politici, che andavano affidati “all’insegnante di storia”, in due ore mensili. La storia veniva ridenominata come "Storia ed educazione civica": ma il voto era unico, sicché i contenuti di educazione civica, pur previsti entro un contenitore curricolare “forte”, scivolarono lentamente nella marginalità, tanto da assumere quasi il carattere di appendice facoltativa, ininfluente sul profitto degli studenti.

Il ripensamento del ruolo fondante della Costituzione su tutto l'ordinamento potrebbe dare a queste idee la forza che non hanno avuto finora. In particolare ci sembra necessario, oltre ad una collocazione adeguata dell'educazione alla cittadinanza e alla cultura costituzionale nelle Indicazioni nazionali, nella prospettiva di un curricolo continuo per la formazione del cittadino, pensare ad un illuminato governo della fase contrattuale, e ad un programma adeguatamente finanziato per la formazione dei docenti in servizio e per la ricerca anche universitaria in proposito, in sede di formazione dei futuri docenti..

Il gruppo di lavoro, presieduto dal direttore generale Mario G. Dutto e per sua delega da Luciano Corradini, (docente di Educazione degli adulti, Università di Roma La Sapienza), era composto anche da Anna Cammalleri (dirigente USP, Taranto), Piero Cattaneo (dirigente scuola media e docente Università Cattolica), Sandra Chistolini (ordinario di Pedagogia, Università di Roma Tre) Angelo Di Dio (dirigente scuola media, Enna), Paolo Giuntella (giornalista quirinalista),Maurizio Gusso (presidente IRIS, Istituto ricerca interdisciplinare sulla storia), Bruno Losito (associato di pedagogia sperimentale, Università di Roma Tre), Pasquale Moliterni (associato di didattica e pedagogia speciale, Istituto superiore di scienze motorie, Roma), Raimondo Murano (ispettore tecnico, Roma), Stefano Pierantoni (dirigente scuola paritaria, Lecco), Andrea Porcarelli (docente liceo, Bologna e Università di Roma La Sapienza), Milena Santerini (ordinario di pedagogia generale, Università Cattolica di Milano), Annapaola Tantucci, presidente di Ecole Instrument de Paix, Italia.

Considerazioni utilizzabili in sede di Premessa generale

La Repubblica italiana, secondo i primi articoli della Costituzione, non solo riconosce e garantisce la dignità inviolabile dell'uomo come singolo e come membro delle formazioni sociali in cui questi svolge la sua personalità, ma anche richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica economica e sociale (art.2). Precisato che "ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società" (art.4), la Costituzione impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la partecipazione di tutti i lavoratori alla costruzione di un'organizzazione politica economica e sociale di persone pienamente sviluppate, di cittadini liberi ed eguali, di lavoratori partecipi: ossia alla realizzazione di una repubblica democratica (art.3).

Le scuole istituite dalla Repubblica, e quelle regolate dalle sue norme generali, sono pertanto istituzioni che concorrono da un lato a rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale e culturale, dall'altro a promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la sua partecipazione alla vita del Paese. Tale pieno sviluppo si presenta sia come compito istituzionale (della "Repubblica"), sia come compito personale, di ogni singolo soggetto operante nella scuola: la quale dunque non è solo ambiente strumentale, volto a formare futuri lavoratori, ma anche formazione sociale in cui discenti e docenti svolgono la loro personalità (art. 2) e cioè vivono già ora da cittadini dotati di diritti e doveri, in rapporto alle funzioni e ai ruoli che esercitano. La legge vede la scuola come comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica1.

Le metafore costituzionali dello sviluppo e dello svolgimento, lette in rapporto alla scuola, implicano non solo la trasmissione e l'elaborazione della cultura2, intesa come conoscenza della realtà e dei modi per trasformarla, ma anche la promozione di tutte le fondamentali competenze, nelle quali si manifesta la maturità dell’essere umano, nelle fondamentali e correlative dimensioni della persona (essere), del cittadino (interagire) e del lavoratore (fare). Queste dimensioni sono distinte ma interconnesse e possono svilupparsi armonicamente non solo nella vita adulta, a cui la scuola prepara, ma nella stessa vicenda scolastica, intesa come ambito di esperienza cognitiva, espressiva, sociale, lavorativa.

Una scuola così intesa ha il compito di istruire e di educare, di orientare e di formare, coniugando promozione dell’eccellenza, tutela dei deboli e rispetto per tutti, attraverso la valorizzazione delle relazioni, delle discipline e delle attività, che costituiscono tutte insieme il suo patrimonio formativo. Questi verbi si riferiscono a tutte le funzioni senza le quali non si diventa persone consapevoli, cittadini responsabili, lavoratori competenti.

Il disegno costituzionale coglie dunque le nervature essenziali di una Repubblica, che si afferma e si costruisce per i diritti che riconosce e tutela, per i servizi che rende, per i doveri che richiede e per gli impegni che sollecita: l’educazione e la scuola sono insieme la condizione e il frutto di una Repubblica democratica, che non può affermarsi e conservarsi senza rischiarsi anzitutto nel dialogo educativo e nell’insegnamento/apprendimento tipico dell’esperienza scolastica.

Il docente, a cui si riconosce una libertà caratterizzata dal rispetto della coscienza e dall'impegno di promozione della personalità degli studenti, nell'esercizio delle sue funzioni è Repubblica che rimuove e promuove, che cioè Repubblica che si costruisce mentre serve i suoi cittadini. E dunque non deve limitarsi ad insegnare una disciplina: deve, in certo senso, anche attraverso la sua testimonianza, impegnarsi perché si realizzino l'insegnamento e l'apprendimento della dignità umana.

Senza conoscenze e motivazioni elevate non c'è partecipazione; senza partecipazione non c'è democrazia e senza democrazia prima o poi anche la Repubblica entra in crisi e scompare. La storia mostra il ripetersi di questo ciclo storico, che però non è determinato da forze immutabili come i cicli dalla natura. La scuola e la cultura servono non tanto a capire e a rassegnarsi quanto a capire e a mobilitarsi, per far sì che accada ciò che vogliamo che accada. Ricordando Croce, possiamo dire che la storia non è solo pensiero di ciò che è successo, ma anche azione volta a far succedere quello che si vuole, quello che si ritiene giusto che succeda.

Note

1 Cfr. D. l.vo n. 297 del 16-4-1994, artt.1-3.

2 Ivi, art. 395.


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