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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Collaborazione Scuola-Famiglia: "alleanza educativa" o rischio di ingerenza?
aspettative reciproche e difficoltà degli insegnanti

Abstract

Scuola e famiglia, due grandi sistemi, entrambi influenti sull’educazione dei bambini, hanno dovuto rivedere i loro rapporti, rispetto al passato, per andare incontro alle trasformazioni sociali di questi ultimi decenni che hanno visto cambiare queste stesse istituzioni, il mondo del lavoro, ecc..
Anche le richieste di collaborazione della recente riforma scolastica italiana, tese a favorire lo sviluppo degli apprendimenti e della personalità degli alunni, si possono inserire in questa necessità di modificare i rapporti tra i due sistemi.
Questa situazione può essere osservata da un’ottica sistemico-relazionale e secondo i principi della psicologia emotocognitiva (Baranello, M. 2004) che studia i processi di organizzazione di un sistema che agisce in funzione del proprio sviluppo e mantenimento.

Da quest’ottica si vede l’interazione tra due sistemi molto complessi e influenti nella crescita del bambino, che cercano di entrare in contatto, con tutte le difficoltà che tale relazione potenzialmente porta con sé, considerando che la scuola e la famiglia si basano su obiettivi educativi differenti. Un sistema, secondo la psicologia emotocognitiva, (o organismo) può essere un singolo individuo, una coppia, una famiglia, un’istituzione, ecc.
Ogni sistema, come la scuola, la famiglia, tenta di essere armonico, pertanto, se incontra delle difficoltà a mantenere il proprio stato di equilibrio prova a ripristinarlo e se non ci dovesse riuscire cercherà una soluzione che gli permetterà di mantenere le regole sulle quali si era strutturato prima della variazione.
Se i tentativi del sistema saranno vani dovrà cercare delle soluzioni per trasformarsi e integrarsi con altri sistemi che non può completamente ignorare.
In tal senso, scuola e famiglia, pur partendo da regole e finalità educative un pò diverse avrebbero bisogno di integrarsi, di entrare in contatto in forma serena e collaborativa per poter essere utili allo sviluppo della personalità degli alunni.
Entrambi hanno le loro regole, i loro obiettivi educativi, i loro bisogni e desideri sull’evoluzione del bambino-discente che rendono difficile la loro integrazione.
L’atteggiamento a volte intrusivo di alcune famiglie verso il lavoro degli insegnanti porta questi ultimi a percepire come una riduzione del loro campo d’azione.
Le intrusioni nel lavoro degli insegnanti possono evidenziare una certa sfiducia nella scuola
da parte della famiglia e la sua difficoltà di cambiare e provare ad integrarsi ad essa. Quando uno dei due microsistemi, rappresentati da un dato team docente e una data famiglia, non trovano un accordo per iniziare un lavoro di collaborazione, i motivi possono essere tanti, tutti spesso riconducibili alle resistenze dell’uno o dell’altro microsistema ad aprirsi ad una eventuale modifica delle proprie regole strutturali.

 
Introduzione


La riforma della scuola, entrata in vigore in Italia nel 2003 ha portato in primo piano il ruolo delle famiglie nell’iter scolastico dei propri figli, prevedendo all’art.1 una cooperazione tra scuola e famiglia e un coinvolgimento nella definizione del portfolio e dei piani personalizzati. Il tipo di integrazione delineata dalla riforma fra l’ambiente scolastico e quello familiare non si rivela poi sempre serena poiché i soggetti coinvolti sono molteplici.

La famiglia continua a mutare il suo aspetto con una costante trasformazione di ruoli, valori, dinamiche. Trasformazione che è possibile notare anche attraverso i modelli presentati dai media che ogni giorno appaiono sui teleschermi.

Nel corso del tempo la famiglia ha subito una lenta evoluzione. Si è sviluppata in forme patriarcali, matriarcali, estese o ristrette, chiuse o aperte, ad alta o bassa mobilità sociale integrandosi velocemente con gli effetti della rivoluzione industriale, le nuove forme di comunicazione e presenza virtuale.

La riforma della scuola ha avuto l’effetto di inserirsi nel processo di cambiamento storico della famiglia, modificando le dinamiche di interazione fra i luoghi dedicati alla formazione e la famiglia, proponendo nuove tipologie di integrazione tra questi due universi e cercando di aprire un ruolo più centrale alla stessa all’interno dell’iter scolastico.

La legge 53, approvata nel 2003, evidenzia uno spostamento dell’asse culturale: da scuola che offriva la stessa formazione a tutti a scuola che modella la sua offerta sul singolo. La riforma sta richiedendo una formazione continua degli insegnanti all’interno di corsi universitari e dei genitori affinché possano accrescere le loro competenze sulle modalità di approccio alla vita scolastica.
Nei confronti di questi ultimi la formazione viene richiesta per non correre il rischio di richieste individualistiche e poco rispettose dei reali bisogni del bambino, sia sulla scuola nel suo complesso perché possa davvero arricchire la sua offerta formativa.
Entrando nello specifico del rapporto famiglia-scuola, si suppone possa esserci ancora un po' di diffidenza da parte degli insegnanti nei confronti dei genitori che possono apparire a volte come intrusi, vista la richiesta della riforma di ampliare la loro partecipazione all’iter scolastico dei propri figli.

La scuola e gli insegnanti hanno un ruolo essenziale nella formazione delle future generazioni: si creano pertanto inevitabili aspettative della famiglia nei confronti della scuola e viceversa degli insegnanti nei confronti di alunni e famiglie.
Molto spesso le due ottiche sono molto differenti e genitori e insegnanti non riescono a trovare forme di “alleanza educativa”.

 
Collaborazione Scuola-Famiglia: "alleanza educativa" o rischio di ingerenze?

Nell’incontro tra i due sistemi educativi, proposti al bambino, rispettivamente rappresentati dalla scuola e dalla famiglia, diventa possibile delineare le reciproche aspettative.
L’ insegnante può conoscere meglio gli alunni soprattutto se ha la possibilità di confrontarsi con i loro genitori. Gli alunni non possono essere educati a settori ma in modo globale, così da poter crescere come  persone capaci di compiere delle scelte in un mondo che si apre ai loro occhi con una vastissima gamma di proposte e di possibilità.
Quindi tra insegnanti e genitori deve potersi sviluppare un vero patto che consenta ad entrambi di conoscere i percorsi a scuola e a casa dei ragazzi, tanto da poter costruire insieme il loro futuro.
In tal senso dovrebbe avvenire un’integrazione tra i due sistemi in questione.
Al momento dell’instaurarsi del rapporto tra i genitori degli alunni e i loro insegnanti si iniziano a delineare delle aspettative reciproche.
Il genitore che iscrive il figlio a scuola compie intanto un gesto di grande valore simbolico, quello di affidare, consegnare ad altri, il proprio figlio per la prima volta.

Questa consegna ad altri avviene cominciando dall’iscrizione del proprio figlio alla Scuola dell’infanzia. Mentre negli anni ’50 e ’60 l’affidamento alle strutture scolastiche era legato ad un “bisogno” della famiglia(soprattutto nel caso dei bambini di tre anni e nelle strutture comunali) e l’asilo era appunto un rifugio, il posto della cura,ecc.., la cultura diffusa sul ruolo della scuola si è poi andata trasformando già negli anni ’70 con una scuola d’infanzia, soprattutto nell’ultimo anno, alla quale veniva affidato il compito di favorire la socializzazione del bambino e la sua preparazione alla scuola elementare.

Cosa si aspetta il genitore dalla scuola? Lo percepisce come un luogo altro da sé in cui il figlio può avviarsi ad una crescita legata alla socializzazione?
Si suppone che il genitore sia implicitamente consapevole del fatto che suo figlio, nell’ambito scolastico riceverà varie influenze che gli saranno indispensabili per crescere, si arricchirà nel confronto con gli altri, adulti e pari.

Insomma, si suppone che il genitore riconosca suo figlio non come clone di sé stesso ma come altro da sé. Attualmente, le famiglie attribuiscono alla scuola un mandato più complesso della semplice richiesta di una istruzione adeguata e di preparazione al mondo del lavoro per i propri figli. Un’attesa di questo tipo rischia di andare delusa perché la scuola non è sempre in grado di corrispondere positivamente ad essa.
Succede allora che la comunicazione scuola-famiglia risulti spesso bloccata e sulla difensiva reciproca.
Accade invece che i genitori esprimano soddisfazione nei rapporti con la scuola quando hanno la percezione di compiere insieme agli operatori scolastici un percorso il cui senso è condiviso, quando si riescono ad esplicitare le attese e le paure reciproche, quando si riesce a collaborare, sfruttando le proprie competenze, per arrivare ad un obiettivo comune.

Le attese degli insegnanti verso la partecipazione dei genitori alla vita scolastica possono essere varie. L’insegnante ha intanto l’aspettativa di essere accettato, soprattutto per i suoi metodi di insegnamento.
Si attende di poter essere, un punto di riferimento costante per le famiglie e di poter gestire i rapporti con queste in modo sereno e con un buon livello di definizione e accettazione degli obiettivi comuni che portano entrambi ad orientare il percorso educativo dello studente.

Quando i due sistemi non riescono a collaborare subentrano dei problemi che portano ad alcune forme di stress il personale docente.
Come si sa, in tutti gli ambiti lavorativi ci possono essere situazioni stressanti, di burn out. Anche la categoria degli insegnanti può essere soggetta a situazioni di stress che rendono pesante e difficile la continuazione serena dell’esperienza lavorativa, in quei contesti dove sono difficili i rapporti con l’utenza.
Nei contesti in cui, per qualche motivo viene a mancare la collaborazione dei genitori, gli insegnanti trovano maggiore difficoltà a superare i possibili disagi (gestione della classe, difficoltà di apprendimento,ecc..).

Nel mondo della scuola esistono numerose fonti di stress, difficili da gestire. Alunni, genitori, programmi,ecc.. esercitano tutti una propria pressione sull’insegnante, che la fronteggerà secondo il proprio stile e le proprie risorse personali.
Il lavoro dell’insegnante, viene spesso sottovalutato da chi non lavora nella scuola.  Può essere invece molto stressante, per le competenze professionali, psicologiche e organizzative che implica.
Il fenomeno del disagio degli insegnanti ha assunto una massa critica tale da avere il diritto di ricevere una nuova adeguata attenzione.
I cambiamenti che in questi ultimi anni hanno caratterizzato l’organizzazione scolastica nel nostro Paese hanno reso l’insegnante più vulnerabile.
Questa categoria, può aver bisogno di un momento di riflessione e di un percorso di crescita che le consenta di acquisire strategie d prevenzione e di gestione attiva dello stress. A riguardo stanno fiorendo vari corsi per sviluppare nell’insegnante un percorso di  autoconsapevolezza e di autocontrollo che può permettere al singolo docente di apprendere a gestire in modo efficace le situazioni più difficili nell’ambito della propria attività professionale.
In questi corsi, il primo momento è di autovalutazione, al quale segue, in sintesi, l’apprendimento di  specifiche procedure per il superamento di emozioni negative, il miglioramento dell’autostima, la conduzione efficace della classe, il miglioramento del proprio stile di comunicazione.


Conclusione

Eventuali disaccordi tra i due microsistemi (team docente – famiglia) determinano piccole questioni irrisolte. Le incomprensioni sul piano educativo, quando ci sono, possono essere legate alla pretesa di entrambe le parti di essere nel giusto a tutti i costi, pena il dover ammettere di aver commesso qualche errore.
In sostanza, ognuno dei due sistemi sembra voler lottare per non modificarsi. Lo psicopedagogista di quella data scuola, lavorerà con loro attraverso la riflessione e il ripensamento su atteggiamenti e comportamenti spesso consolidati e cronicizzati.
Potrebbe progettare di riportare l’ordine nei rispettivi ruoli, facendoli ridefinire insieme per poi stabilire fino a che punto possono essere ammessi i suggerimenti rivolti ai docenti e in che modo.
Entrambi i microsistemi dovrebbero essere aiutati a cercare strategie anche per favorire il proseguimento tranquillo della vita di classe.
Potrebbero essere cercate anche opportune soluzioni all’esterno della scuola per lavorare con le difficoltà dei due microsistemi.
Ad esempio attraverso la frequenza di corsi in cui i genitori possano apprendere modalità di  approccio non intrusivi al mondo della scuola e gli insegnanti possano rielaborare i propri vissuti stressanti per affrontarli diversamente.
Non sempre si incontra la disponibilità delle famiglie a farsi aiutare, ad aprirsi ad una visione meno negativa della scuola, a lavorare sulle proprie resistenze, ma occorre l’aiuto della famiglia quando l’alunno ha delle difficoltà (apprendimento, relazionali,ecc..), se si vuole pensare di risolverle, anche per questo si punta a favorire la collaborazione tra i due microsistemi.

Nei casi in cui il disaccordo non consente la collaborazione, le due parti potrebbero seguire insieme un percorso mediativo finalizzato ad evitare loro la creazione di meccanismi di strumentalizzazione e colpevolizzazione perché non ci siano né vincitori, né vinti ma protagonisti alla pari che superano le controversie attraverso il dialogo e il confronto, l’osservazione e la valutazione delle emozioni.
 

riferimento bibliografico per citare questa fonte:

Scorpiniti, M. (2006)
Collaborazione scuola-famiglia:
"alleanza educativa" o rischio di ingerenza?
Aspettative reciproche e difficoltà.
SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).
Roma, 19 gennaio 2007.


Bibliografia di Riferimento

Baranello, M. (2004) Principi base della psicologia emotocognitiva. SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org). Roma, 09 maggio 2004.

Lamanna, F. (2003) Il burn-out in sanità: sindrome da stress o malattia professionale? SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org). Roma, 11 settembre 2003.

Meloni, E. (2005) Enzo Meloni sul rapporto scuola-famiglia. (www.indire.it)

Nava, A. (2005) Quando cambia la scuola. (www.indire.it)


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