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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

TAVOLA ROTONDA SUL PRESENTE E FUTURO DEGLI ISTITUTI COMPRENSIVI

 

L’intervista affronta alcune questioni relative  alla conduzione  degli  Istituti  Comprensivi .

Rispondono alle domande tre Dirigenti , i quali, attraverso le  loro esperienze  maturate  in campo, ci introducono nella  vivace  realtà   della scuola in verticale.

Hanno partecipato : Vincenzo Iaia, Angelo Luppi,  Giovanni Viviani

 

1)La funzione dirigenziale. Quali sono i problemi più frequenti  e gravosi  legati alla conduzione dell'Istituto  Comprensivo e cosa potrebbe essere chiesto per alleviare  il peso della dirigenza?

Dovendo convincere un collega a passare alla dirigenza di un Comprensivo potrebbe indicare una caratteristica  che possa  qualificare   questo tipo di  Scuola come soluzione “preferibile” per il primo ciclo di istruzione ?

 

VIVIANI

R. Personalmente sono un po’ a disagio a partire, nell’affrontare una situazione nuova, dalle problematiche: visto che il nostro mestiere ci chiede l’ottimismo della ragione, mi piace iniziare dalle opportunità. Anche perché, nella mia esperienza, la trasformazione della scuola media in comprensivo ha risolto o agevolato molte questioni: miglioramento e maggiore stabilità nei rapporti con le famiglie e con le istituzioni di un territorio, in cui il comprensivo opera come partner necessario e utile in un’infinità di ambiti e progetti che dovrebbero confluire in un piano educativo integrato; avvio di un processo spontaneo di reciproco rispetto e di più stretta vicinanza fra i docenti dei diversi ordini di scuola (ma su questo aspetto non si deve aver fretta); necessità da parte del dirigente di chiedere aiuto e quindi di delegare, di creare una leadership diffusa, un tessuto di assunzione di corresponsabilità che arriva prima o poi a coprire tutti gli ambiti e le competenze. I docenti, ma anche i genitori, che vengono chiamati a rivestire ruoli di decisione (coordinatori di plesso o di dipartimento, funzioni strumentali consiglio d’istituto, ecc.), assumono più facilmente una prospettiva sistemica, attenta cioè all’intero istituto e non solo al proprio particulare e ciò facilita la piena attuazione dell’autonomia scolastica. Forse sarebbe impossibile la vita di un IC senza il regolamento per l’autonomia e senza un impegno quotidiano per mantenere attiva l’innovazione, l’autonoma progettualità delle singole sedi, di gruppi di docenti, sapendo che spetta soprattutto al dirigente scolastico far convergere il tutto in un disegno complessivo coerente: questo non è certo un compito gravoso o sgradevole ma una sempre nuova sfida culturale e gestionale.

Non riesco pertanto a individuare una specifica gravosità della dirigenza di un comprensivo, specie se considero che compito dell’istituzione scolastica, e quindi anche mio, non è di semplificare il nostro lavoro, ma quello dei nostri utenti, e ciò si può fare solo prendendosi in carico l’intero processo, cercando sinergie e intese allargate e puntando sempre su logiche e su risultati di grande impegno.

Non è neppure vero che ci sia un rilevante incremento per il dirigente (ma la cosa non vale per gli uffici, che sono chiamati a gestire un contesto molto più problematico: organici e regolamenti supplenze diversi, piano servizi dei collaboratori, carriere e fascicoli personali): con un po’ di fortuna si può riservarsi il tempo per curare gli aspetti più delicati (inserimento di disabili, gestione dei “casi” difficili, ecc.), e per costruire una proficua interazione con il territorio e le sue istituzioni.

D’altra parte la professione del dirigente scolastico si costituisce già a un secondo livello, con una scelta e un percorso di accesso problematici la loro parte: non è e non può essere il regno della tranquillità, ma lo sapevamo già dal concorso.

Tuttavia credo che, dopo l’introduzione dell’autonomia, le difficoltà siano legate soprattutto alla mancata realizzazione proprio dell’autonomia, ai tagli pesanti e sconsiderati degli organici e delle risorse economiche, all’assoluta incompetenza e irresponsabilità dei nostri vertici ministeriali (vedi questione supplenze o visite fiscali), i quali non solo tagliano risorse già investite, ma non pagano neppure le spese imposte (vedi visite fiscali e oneri esami) e lasciano in sospeso progetti pure di ampio impegno come le Sezioni Primavera. Inoltre c’è una preoccupante e crescente incomunicabilità fra mondo della scuola e ricerca e università e dintorni.

 

LUPPI

I problemi più frequenti e gravosi legati alla conduzione di un istituto comprensivo si riferiscono alla diversa cultura professionale ed alle diverse regole di lavoro e gestionali che i due gruppi di docenti di scuola primaria e di scuola secondaria e le due diverse organizzazioni di scuola portano con sé. Sensibilità professionali non coincidenti e modalità organizzative diverse portano spesso ad impostazioni di lavoro divaricate o conflittuali, da sintetizzare o mediare. Gli altri gravi e ricorrenti problemi sono legati alla casuale qualità del personale a disposizione, alla sua elevata rotazione ed alla farraginosità della ricerca del personale supplente. In alcune aree geografiche specifiche l'elevata immigrazione complica ancora di più l'attività gestionale e didattica.

Il peso della dirigenza sarebbe alleviato se si potesse disporre di collaboratori stabili (vice-dirigente e staff) su posizioni professionali di carriera, con compiti precisi e non sottoposti al ricatto del sindacalismo interno, che contrasta queste figure nella misura in cui non riesce ad condizionarle.

L'Istituto Comprensivo si contraddistingue strutturalmente per una idea implicita di continuità verticale e porta con sè la speranza di favorire la crescita educativa e culturale dei ragazzi tramite un percorso scolastico gestito con un minimo di scosse, interruzioni e fratture, con un riferimento più organico al territorio ed alle sue esigenze.

 

IAIA

Il ruolo del Dirigente è sicuramente cambiato molto in questi ultimi anni con un maggior carico di lavoro di tipo burocratico. E’ sempre più difficile trovare il tempo per andare nei plessi e per coordinare almeno alcuni aspetti della didattica. Tra i problemi provo ad indicarne alcuni: rapporti con i genitori sempre più dalla parte dei loro figli e poco attenti alle richieste della scuola; situazioni delle classi sempre più complesse (disabili, DSA, alunni stranieri, casi problematici di vario tipo, bulli o aspiranti tali); gestione ordinaria anche per la situazione economica di molte scuole; ecc.

Per alleviare il peso della dirigenza potrebbero servire delle figure intermedie (vice dirigente, persone con incarichi in settori specifici e con esoneri/semiesoneri) che possono aiutare il Dirigente nello svolgimento di una serie di compiti organizzativi e di gestione e che possono essere legati anche di più alla didattica

 

 

2)Dopo dieci anni di autonomia scolastica ,    di fatto che cosa è cambiato nella conduzione delle scuole ? Quali poteri e responsabilità hanno maturato i Dirigenti?

 

VIVIANI

Occorre premettere che sono stati dieci anni di autonomia parziale, sia per il mancato adeguamento del quadro normativo, sia per le continue interferenze e intrusioni da parte dei vertici, sia perché manca un sistema di valutazione e senza valutazione non ci può essere autonomia. Poteri e responsabilità sono cresciuti anche perché non si tratta più soltanto di rispettare norme e regolamenti, ma di interpretare e soddisfare esigenze e bisogni, spesso inespressi o non riconosciuti dagli utenti, esigenze di intensità e complessità crescenti. I poteri del dirigente scolastico, di cui qualcuno lamenta la riduzione a causa dell’invadenza degli organi collegiali, sono in realtà cresciuti, se si vogliono esercitare in modo non semplicemente formale. Il potere reale non è quello di poter decidere quello che si vuole, ma quello di vedere realizzata una propria decisione, la quale perciò deve essere ben preparata e largamente condivisa. Insomma non è il potere formale che conta, anzi: la capacità di coordinare, indirizzare, valorizzare, guidare il miglioramento e l’innovazione, di delegare e nello stesso tempo farsi carico è un potere molto più forte e incisivo della decretazione formale.

Diverso il discorso sulla responsabilità: meno un dirigente se ne prende e più se ne trova sulle spalle. Il tirarsi indietro, il non farsi carico, il restare chiusi nel proprio ruolo formale, crea nodi di problemi irrisolti e col tempo insormontabili. Affrontare immediatamente, ma senza precipitazione, le questioni più spinose, chiedendo aiuto e consiglio, cercando collaborazione e condivisione, mi sembra il metodo migliore per mantenere a un livello accettabile il carico di responsabilità.

Infine credo che nella scuola, come nella vita, molto funzioni per emulazione: si insegna, si persuade, si coinvolge più con l’esempio che con la teoria.

 

 

LUPPI

Il rapporto di riferimento preciso e sequenziale nel tempo della organizzazione scolastica su uno specifico territorio comunale permette al Dirigente di agire su un quadro organizzativo molto più ampio e nel rapporto con il territorio il Dirigente ha di molto rafforzato i suoi riferimenti. Sono di molte cresciute le attese nei suoi confronti, anche alcune competenze gestionali, ma il margine di rischio è molto più ampio e sempre in agguato. Nei fatti la contraddittorietà della funzione dirigenziale cresce: non si possono sempre e contemporaneamente garantire i risultati attesi sulle contrastanti e continuamente cangianti linee di politica scolastica che i vari governi mettono in campo, assicurare il consenso di utenti e forze locali di fronte a diminuzioni di risorse ed infine produrre la pax sindacale anche a fronte di qualità professionali non sempre eccelse, mentre una obiettiva difficoltà viene indotta nelle scuole da una popolazione scolastica che sembra peggiorare di anno in anno. Con una (abusata) battuta si potrebbe dire: "è la Dirigenza, bellezza"; indietro non si torna, ma molto di meglio si potrebbe fare. Nel tempo la disponibilità del personale docente verso la portata innovativa del Regolamento sull'Autonomia si è comunque di molto dissolta nelle acquisite consuetudini. La possibilità di incidere sulla scelta del personale può essere la via di un rilancio.

 

 

IAIA

Credo che la conduzione delle scuole sia cambiata abbastanza. Io sono Dirigente da pochi anni e non ho vissuto la fase precedente (dei “vecchi” presidi e/o direttori didattici).

Le dimensioni attuali degli Istituti e le responsabilità che abbiamo su temi importanti (sicurezza, privacy, ecc..) hanno cambiato il nostro modo di gestire la scuola. Al Dirigente si chiedono competenze sempre più elevate in molti settori e ciò richiede lo sviluppo di competenze sempre più elevate.

 

3) Secondo il suo parere, qual è la  causa più frequente che ostacola lo sviluppo della qualità in un’azienda ?

 

VIVIANI

Non sono in grado di dare una risposta apprezzabile per un’azienda generica, anche se la convinzione mia è che ci voglia un intreccio di concause. Non ho nemmeno il mito dell’efficienza del privato: i recenti rovesci di ditte e multinazionali affermate mi hanno confermato che il privato soffre difficoltà di efficienza altrettanto preoccupanti del pubblico. Nella nostra esperienza di dirigenti è un incubo avere a che fare con broker, assicuratori, manutentori, compagnie telefoniche, editori, cooperative di servizi, agenzie varie.

Per quel che riguarda la scuola, e in genere i servizi pubblici, la causa principale di inefficienza mi sembra la scarsa consapevolezza del compito proprio dell’istituzione e quindi del tipo di impegno e di responsabilità richiesto agli operatori a tutti i livelli per realizzare la mission. Serve insomma una coscienza civica diffusa, tale da creare un clima positivo coinvolgente che obblighi, vorrei dire moralmente, il dipendente a fare il proprio dovere in nome della propria dignità, dell’alto profilo umano e sociale ricoperto dall’istituzione di cui fa parte, dell’importanza del suo specifico lavoro per il raggiungimento degli obiettivi comuni: nella scuola, ma anche nella società, così come nel mondo produttivo avanzato, da soli non si combina niente o molto poco, serve lavorare in gruppo, integrando compiti e sinergie, più che distinguendo ruoli e responsabilità. Ritengo che queste condizioni possano essere raggiunte anche da una sola istituzione, ma se si opera in un contesto, territoriale o culturale, motivante e ben disposto, le cose sono molto più facili.

In conclusione credo che una buona dose di qualità, così come, ma siamo su un altro piano, di felicità, consista nel cercarla, nel vederla presente, nel costruirla, nel cercare di migliorarla senza affanni ed eccessi, ma con un minimo di fondate ragioni.

 

 

IAIA

La scuola odierna fa fatica ancora oggi ad accettare la valutazione e sembra quasi che la stessa possa essere una interferenza sul proprio lavoro e che vada a toccare il principio della libertà d’insegnamento.

Credo sia importante condividere il percorso di ricerca della qualità con il personale e condividere la responsabilità per una crescita comune. Infatti il raggiungimento di determinati risultati torna a vantaggio sia dell’azienda (scuola) sia del personale, con miglioramenti anche sulle modalità di lavoro.

E’ un percorso non facile ma che deve essere tentato anche perché non accettare l’idea di miglioramento non aiuta le scuole e non rende visibili gli sforzi che si fanno per offrire un servizio scolastico adeguato.

Il mio Istituto ha la certificazione di qualità, raggiunta prima del mio arrivo. A distanza di 3 anni i risultati sono apprezzabili, anche se è stato faticoso far accettare la logica del sistema, visto come qualcosa di esterno e di tipo formale/burocratico

 

 

 4)  Nella gestione della qualità quale  dei seguenti aspetti incide maggiormente nello sviluppo della qualità:

-la formazione  del personale

-le strutture

- l’organizzazione

-…..altro

 

IAIA

Aspetti importanti ritengo siano la formazione del personale e l’organizzazione

 

Quanto incidono i premi e le sanzioni individuali nel miglioramento di un’ azienda?

 

VIVIANI

Come dicevo prima, credo che sia difficile fare una graduatoria se non partendo dal principio che fruizione e miglioramento delle strutture, articolazione e miglioramento dell’organizzazione dipendono dal personale, dall’elemento umano e professionale. Ritengo che oggi il migliore impianto organizzativo non sia quello che riesce a funzionare indipendentemente dalle persone, ma quello che si articola secondo le persone, che sfrutta le loro peculiarità. Cetera sequentur. Una scuola che funziona o che tenta di funzionare al meglio, induce il personale a mettere in gioco la propria professionalità, a curare la propria formazione, motiva le amministrazioni e i privati a investire sulle scuole e sulle loro attrezzature, trova più agevolmente risorse e sinergie.

Sulla nostra scuola di questi anni si sono riversate disfunzionalità e distorsioni, che da tempo, ahimè, penalizzano l’intero paese: l’occupazione del potere a fini personali o di categorie, la rinuncia a un ruolo propulsivo dell’amministrazione pubblica, il disinvestimento su scuola e cultura. È difficile perciò stabilire delle graduatorie fra vari aspetti: quel che è certo è che una professione impegnativa e complessa come quella del docente, o quella del dirigente, non può stare in piedi senza una persistente e consistente formazione; che a scuola e cultura non possono essere assegnate risorse residuali e precarie; che la sicurezza e la funzionalità delle strutture scolastiche (ma la cosa vale in uguale misura per la sanità) sono o dovrebbero essere il primo indicatore del livello di civiltà raggiunto da una comunità.

Per quel che riguarda premi e sanzioni ho l’impressione che siano utilizzati e utili, più che per migliorare la qualità, per ridare la perduta credibilità a una leadership dirigista e verticista: “Do premi e castighi e quindi sono io che comando”. Magari nel segno di “Divide et impera!”. La minuziosa calibratura di premi, pure di miserevole portata, ha creato spesso e volentieri nelle pubbliche amministrazioni divisioni e frustrazioni più che gratificazione. Credo che anche per la distribuzione dei premi bisognerebbe ragionare in termini di circoli di qualità, gruppi di ricerca – azione, compiti di realtà, ecc.

Per quanto riguarda le sanzioni l’importante, e la cosa vale pure per gli studenti, sarebbe non averne bisogno e cioè riuscire a prevenire, ridurre, recuperare i comportamenti sanzionabili: la sanzione si porta dietro una componente di irreversibilità e di esplosività che non aiuta certo né il clima né l’organizzazione.

 

LUPPI

 


Entro questo quadro il problema più gravoso della conduzione di qualità dell'Istituto è legato al basso potere di indirizzo e di governo dell'istituzione legato ad una conformazione della dirigenza che molto può "proclamare" od "esortare", ma poco può premiare o rendere vincolante ai demotivati o refrattari, anche in un quadro di scelte apparentemente collegiali e condivise. Il sorriso ed il rimbrotto già ce li mettiamo, servono ora più possibilità di contribuire, anche tangibilmente, alla soddisfazione professionale e di carriera ed economica dei docenti ed anche una reale capacità di intervenire radicalmente sulle situazioni di bassa professionalità che talvolta si sviluppano nelle classi. I docenti migliori sono già pronti per queste sfide.

 

 

5) Considerazioni sul presente e futuro degli Istituti Comprensivi

 

LUPPI

Nell'ottica di una visione attenta ai processi di crescita personali, sociali e culturali dei ragazzi l'Istituto Comprensivo merita di essere stabilizzato nell'ordinamento scolastico come scuola-tipo per la fascia di età di riferimento. Rendendo più elastiche e flessibili le indicazioni di lavoro didattico da perseguire in esso e superando, anche normativamente, il salto ancora netto ed evidente fra Primaria e Secondaria di primo grado, si potrebbero raggiungere risultati assai più consistenti. Occorre tuttavia considerare che le difficoltà maggiori oggi si vanno spostando ed evidenziando nel raccordo con le scuole superiori, dove l'impatto dei percorsi di scolarizzazione della scuola dell'obbligo spesso manifesta evidenti criticità. Questo è un ambito d'intervento da gestire con urgenza ed attenzione.

 

IAIA

Come Preside sono nato dirigendo da incaricato un istituto comprensivo. Ritengo che l’esperienza dei comprensivi sia assolutamente positiva. C’è la possibilità di sfruttare al meglio tutte le risorse e le competenze presenti in una scuola, con un indubbio ritorno positivo. Si è fatta, e in parte ancora si fa, un po’ di fatica nel far sentire le diverse anime della scuola come un tutt’uno. Ma i risultati quando si supera questa fase sono positivi.

Credo che il futuro possa essere degli istituti comprensivi, anzi auspico che si possa creare anche delle forme di raccordo almeno con il biennio dell’obbligo delle superiori per realizzare progetti di continuità, a tutto vantaggio degli alunni e del successo formativo.

 

 

Hanno partecipato alla tavola rotonda :

 

- Dott. Vincenzo Iaia

IC Cantù 3 - Via Pitagora 12

22063 Vighizzolo di Cantù (CO)

http://www.comprensivocantu3.it/

 

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-Dott. Angelo Luppi

IC Martinengo e Ghisalba BG

http://www.icmartinengo.it/

http://www.icmartinengo.it/istitutocomprensivo/istitutocomprensivo.htm

 

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- Dott. Giovanni Viviani

Istituto Comprensivo Bartolomeo Lorenzi
di Fumane
via Pio Brugnoli, 36 - 37022 Fumane (Verona)

http://www.fumanescuola.it/

 

 

 

L’intervista è stata condotta da Marisa Bracaloni

p.c. di  Comprensivi -Edscuola

 

Ottobre 2009

 


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