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Un regalo di “primavera”
Sezioni primavera. Commento alla Nota Ministeriale e all’accordo in Conferenza unificata Stato Regioni

L’accordo in Conferenza unificata Stato Regioni del 14 giugno e la successiva nota ministeriale Prot. 235 sull’avvio della sperimentazione delle “sezioni aggregate” rappresenta un regalo al settore privato e paritario e l’ennesimo colpo (ormai non si contano più) alla scuola dell’infanzia statale.

Ed è l’ennesimo segnale sbagliato, l’ultimo indicatore della mancanza di serietà e di senso di responsabilità dimostrate in questi anni da chi della scuola si dovrebbe prendere cura, da chi ha il dovere istituzionale di farla funzionare al meglio per concorrere al progresso di questo paese. Non si tratta di una guerra tra poveri (in cui, comunque, le scuole statali sono più povere delle altre). Non si tratta di una guerra ideologica tra pubblico e privato. È qualcosa di più grave e più profondo. È il rincorrere le emergenze tamponando le falle a casaccio senza la voglia e la capacità di guardare la realtà per quello che è. Senza una prospettiva alta in grado di guidare le scelte. Ed è la piccolezza di chi pensa ad accontentare il “cliente di turno” e non si accorge (ma sarà poi vero, che sono in buona fede?) del danno che provoca al sistema.

La sostanza dell’accordo sta nella presenza di fondi per l’attivazione di un servizio integrativo. Se questi fondi ci sono (in qualche modo sembra siano stati reperiti) perché non utilizzarli per aprire nuove sezioni di nido e di scuola dell’infanzia? L’ANCI “manifesta interesse ad iniziare quanto prima la sperimentazione, per realizzare l’espansione della rete degli asili nido e la completa generalizzazione della Scuola dell’Infanzia”. Poco dopo si ribadisce che la priorità è la generalizzazione della Scuola dell’Infanzia e l’estensione del servizio per i Nidi d’Infanzia che rimangono i due soggetti qualificati per la cura e l’educazione della fascia d’età 0-6.

E allora perché attivare questo pasticcio?

Perché di un pasticcio, si tratta. La forma sperimentale, la presenza di condizioni così importanti, sono solo lo zuccherino per addolcire una medicina troppo amara da poter mandar giù. Perché dove c’erano le condizioni (culturali, pedagogiche, organizzative, finanziarie), le sezioni primavera già ci sono. E dove non ci sono, non spunteranno per generazione spontanea grazie all’elargizione di una mancia. Uno Stato serio ha il dovere di crearle, quelle condizioni. Erogare fondi senza garanzie può solo andare incontro agli appetiti (tutt’altro che pedagogici) dei privati.

Dove sarà possibile aprire sezioni aggregate omogenee per età? In pochissime realtà. E allora? Allora si ricorrerà alle deroghe.

Sì perché ci sono due scenari: il primo vede la gestione del servizio completamente in mano ai privati. Loro sono pronti: possono procurarsi in tempi bevi le iscrizioni, il personale, le strutture. Ma saranno strutture adeguate? Basta dichiarare di averle? Lo Stato delega in toto ai comuni: non autorizza, non controlla, ma eroga. E i comuni non sanno e non vogliono controllare; basta vedere cosa succede con le convenzioni con i privati per i nidi.

Ma la scuola statale può rinunciare senza fare niente? E cosa può fare? Perché noi non abbiamo i bambini. Riapriremo le iscrizioni entro il 10 di luglio? Noi non abbiamo il personale. Verranno riaperte le contrattazioni per gli organici? E la specifica preparazione? Possiamo attivare dei corsi in agosto? Quale scuola statale può dimostrare di avere, oggi, le condizioni per dare avvio al progetto a settembre? Nessuna. E allora? Allora si opterà per la soluzione più semplice (ma anche più sbagliata). Si andranno a riprendere le iscrizioni, quelle dei bambini anticipatari, accettate con riserva a gennaio. E siccome, per i piccoli comuni (che, insieme ai gestori privati, sono i destinatari veri dell’iniziativa) le condizioni di qualità valgono meno, possono essere sperimentate in una forma “più sperimentale”, si inseriranno quei bambini nelle sezioni di scuola dell’Infanzia già presenti sul territorio. Con buona pace di tutti: delle famiglie, che vedranno accolta la loro pressante richiesta; dei comuni, che non dovranno più scervellarsi a cercare soluzioni per quei pochi bambini; delle insegnanti, che finalmente avranno la certezza del mantenimento della sezione, sempre in bilico e a rischio chiusura; del ministero, che vede magicamente innalzarsi il numero di bambini da 0 a 3 anni che frequentano istituzioni educative, avvicinandosi ai parametri europei. Olè! E l’anticipo è servito, ma questa volta senza proteste, senza manifestazioni. Del resto lo si dice anche nella bozza delle Nuove Indicazioni: “La Scuola dell’Infanzia….. si esprime in una pluralità di modelli istituzionali e organizzativi gestiti da soggetti diversi:

  • la scuola promossa da ordini religiosi e comunità parrocchiali, come esempio qualificato di sussidiarietà orizzontale e di risposta a specifici orientamenti valoriali delle famiglie;

  • la scuola nata per iniziativa degli Enti locali, come terreno di ricerca e di innovazione pedagogica, anche mediante la sperimentazione di forme di partecipazione sociale dei genitori;

  • la scuola statale come manifestazione della volontà dello Stato di estendere a tutti i bambini il diritto di frequentarla, anche nei territori più difficili.”

Ed è così che va intesa anche la sperimentazione delle sezioni primavera:

  • la scuola paritaria/privata prenderà i fondi e risponderà a pieno alle esigenze di assistenza delle famiglie;

  • le scuole comunali continueranno (anche grazie ai fondi erogati) nella loro azione di ricerca e innovazione di modelli pedagogici e organizzativi qualificati e qualificanti la continuità nidi – infanzia;

  • la scuola statale farà fronte alle emergenze senza avere gli strumenti per farlo presa nella morsa da un lato del ricatto (se non li prendiamo noi vanno nella scuola privata) e dall’altro del senso di colpa (dobbiamo dimostrare di essere all’altezza di rispondere anche a questa sfida).

Non sarebbe stato meglio procedere, entro il 10 di luglio, ad un monitoraggio delle strutture esistenti e attivare tavoli di confronto territoriali per verificare la fattibilità dell’iniziativa? Non sarebbe stato più serio aprire le iscrizioni a gennaio prossimo dando alle famiglie informazioni e certezze? Non sarebbe stato opportuno avviare nell’anno scolastico 2007/08 un progetto vero di formazione per il personale coinvolto nella sperimentazione? In un mondo perfetto, forse. In un mondo che non c’è. Quello che c’è e si vede è ancora una volta lo spettacolo triste di piccoli e grandi interessi parziali, settoriali, che sopravanzano qualunque considerazione di buon senso prima ancora che di ordine valoriale.

In tutto questo dov’è la scuola? Che fine fanno i diritti dei bambini ad un ambiente qualificato, attento ai loro bisogni e alle loro esigenze e al loro diritto alla crescita e all’apprendimento?

La scuola non c’è più. Bisogna rassegnarsi.

Paola Conti


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