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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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ATTEGGIAMENTI CAPACITÀ CONOSCENZE

Umberto Tenuta

 

Meraviglia l’assenza di spirito critico con cui si accetta come magnifica sorte e progressiva la “società della conoscenza”.

Quasi che la “conoscenza” non sia stata l’arma del Diavolo tentatore che tante pene ha arrecato ai figli di Eva.

Se è vero che la conoscenza esprime la potenza dell’uomo (“saper è potere”, diceva Bacone), è anche vero cha la conoscenza è un’arma a doppio taglio: il Pentagono e Bin Laden ne sono l’emblema.

Le conoscenze di Bin Laden sembrano reggere il confronto con quelle del Pentagono e dell’intero mondo occidentale, in quanto ad avanzamento.

 

Ogni esaltazione illuministica della conoscenza deve fare i conti con l’uso che gli uomini ne fanno.

Se Bin Laden è l’emblema odierno dell’uso perverso che della conoscenza si può fare, non bisogna dimenticare né Hiroshima, né la clonazione umana.

Il fuoco rubato agli dei non ha certamente reso felice l’uomo. Né i lumi della Ragione, finiti nel Terrore!

 

Non è sicuro che le cose vadano meglio con la “società della conoscenza”.

 

Ma la conoscenza vi renderà liberi, dice l’Apostolo Giovanni [1] .

 

Questo, non per demonizzare le conoscenze, come secoli di oscurantismo hanno cercato di fare, ma nemmeno per osannarle come i lumi delle magnifiche sorti e progressive.

 

La conoscenza è neutrale: è il filo del coltello che affonda nel cuore ed è il taglio del bisturi che ridona la vita!

 

Le conoscenze sono le protesi di cui l’homo sapiens si è arricchito, protesi potenti, abissalmente più potenti degli artigli delle fiere, delle fauci degli squali, dei veleni dei serpenti, ma anche delle mani dell’uomo.

Amplificatori, protesi, strumenti: quanto più sofisticati, tanto più potenti.

Nel Bene e nel Male: l’Angelo del Bene e l’Angelo del Male!

Il Pentagono e Bin Laden.

 

Delle conoscenze non è possibile fare a meno.

Non ne può fare a meno soprattutto l’uomo, creatura sprovvista di istinti, che tutto deve apprendere. <<La bestia è già resa perfetta dall'istinto... L'uomo invece... non possiede un istinto e deve quindi formulare da sé il piano del proprio modo di agire... La specie umana deve esprimere con le sue forze e da se stessa le doti proprie dell'umanità. Una generazione educa l'altra... L'uomo può diventare tale solo con l'educazione>> [2] .

 

Homo sapiens sapiens!

Occorre arricchire le menti di conoscenze.

Oggi più che mai occorre acquisirne e attrezzarsi ad acquisirne sempre di nuove, stanti il loro vertiginoso moltiplicarsi e la loro rapida obsolescenza.

 

In ciò la loro prima dèfaillance!

Se fino a ieri si riteneva di poter pervenire alle conoscenze, alle regole ed alle leggi certe, almeno della natura, oggi questa aspirazione risulta definitivamente infondata.

Siamo alla ricerca continua, incessante, perenne di un sapere che si rivela sempre fallace, caduco, falsificabile.

Le nuove conoscenze uccidono le vecchie conoscenze.

Le conoscenze muoiono con ritmo direttamente proporzionale a quelle che nascono, alle nuove, più numerose, più vaste conoscenze.

Occorre attrezzarsi, non tanto delle conoscenze, quanto delle capacità per acquisirle.

Occorre fare tesoro del Proverbio cinese; <<Se dai un pesce ad un affamato lo sfami per un giorno; se gli insegni a pescare lo nutri per una vita>>.

Nessun docente è così sciocco da imporre l’acquisizione del repertorio odierno delle conoscenze geografiche, sapendo bene che i confini delle nazioni saranno ridisegnati appena domani, prima che gli alunni della scuola elementare si affaccino all’età adulta!

Imparare ad imparare”: è questo il nuovo slogan.

 

Acquisire la capacità di imparare.

Non tanto i saperi, quanto il saper imparare, la capacità di imparare.

È questo che importa|

Forse è stato sempre così, perché l’istruzione è stata sempre vista nella sua funzione formativa (istruzione educativa di Herbart).

Ma oggi il quadro è più chiaro.

Occorre imparare ad imparare: occorre acquisire capacità (competenze)!

Riaffiorano le conoscenze, i saperi essenziali, la “società della conoscenza”, ma poi ci si affretta a precisare che, in fondo, importano soprattutto le competenze.

Si parla sempre più in termini di <<obiettivi formativi e competenze>> e di <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>> (Regolamento dell’autonomia scolastica).

A cominciare dai Programmi didattici del 1985, ma anche nei Piani di studio della Commissione Brocca, gli obiettivi delle discipline sono espressi prevalentemente in termini di capacità. Anche ella ex Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) si prevedevano gli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>.

 

Le capacità si sostituiscono sempre più alle conoscenze.

Almeno per due motivi.

Il primo è quello che abbiamo delineato: occorre acquisire la capacità di imparare. Occorre imparare ad imparare.

Importano le competenze più che le conoscenze.

Ma c’è un motivo ancora più profondo, anche se tende a rimanere implicito.

Sembra che negli ultimi decenni, sotto la spinta di un revival neoilluministico, le conoscenze abbiano offuscato il progetto della scuola per la formazione di base.

La scuola per la formazione di base, che negli anni ’60 veniva prospettata come la scuola della piena formazione, secondo una concezione personalistica che trova conferma nella Carta costituzionale (<<pieno sviluppo della persona umana>>), è stata messa in ombra: non più la scuola per la formazione di base, ma al più la scuola di base, la scuola dell’obbligo.

 

 Tuttavia, si deve prendere atto che oggi il Regolamento dell’autonomia scolastica è un inno alla formazione (<<obiettivi formativi… percorsi formativi… Piano dell’offerta formativa…>>).

La scuola, soprattutto la scuola dell’autonomia, non può che essere scuola formativa, scuola degli obiettivi formativi, scuola delle competenze.

Ci sono anche le conoscenze essenziali: non possono non esserci. Ma con molta parsimonia, operando una loro essenzializzazione, privilegiando i nuclei concettuali fondanti.

Occorre che gli esperti disciplinari individuino i nuclei concettuali fondanti, le strutture delle discipline, i quadri concettuali. Non si acquisiscono tanto le mappe concettuali quanto i nuclei concettuali fondanti, le strutture delle discipline, le conoscenze essenziali.

 

Ma conoscenze essenziali e capacità non bastano.

Bin Laden le possiede. Bin Laden è dotato di conoscenze e di capacità elevate, e così gli uomini di cui è circondato. Anche gli uomini che hanno guidato i due aerei a schiantarsi sulle due torri!

Conoscenze e capacità, purtroppo avanzate, avanzatissime, di altissimo livello scientifico!

 

Non vorremmo dare l’impressione di propugnare l’oscurantismo, la beata ignoranza, l’analfabetismo!

Sono necessarie, indispensabili, ineliminabili le conoscenze essenziali.

Ma non bastano!

E non bastano nemmeno le capacità.

 

Anche qui, per almeno due ragioni.

La prima ragione è che le conoscenze e le capacità non verrebbero acquisite se mancasse la voglia di acquisirle.

Alla base di ogni apprendimento v'è la motivazione: l’apprendimento è direttamente proporzionale, più che alle capacità cognitive, alla volontà di apprendere, come sostiene anche il Bruner [3] .

Peraltro, se occorre continuare ad apprendere per tutto il corso della vita (lifelong learning), ciò che maggiormente necessita coltivare sono gli atteggiamenti positivi verso l’apprendimento, verso gli apprendimenti, verso le singole discipline.

Non si tratta di ottenere, non importa con quali mezzi, che gli alunni apprendano comunque, perché quello che maggiormente importa è che gli alunni continuino a voler imparare per tutto il corso della loro vita.

Sembra perciò che siano proprio nel vero i Programmi didattici del 1955 nell’affermare che <<Scopo essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé, perché ne conservi l'abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita>>.

Si rivela estremamente effimero, aleatorio, scarsamente produttivo ogni progetto educativo che non punti soprattutto a rafforzare la volontà di apprendere.

Occorre far nascere atteggiamenti positivi nei confronti dell’apprendere, come peraltro si prevedeva anche nel Documento dei saggi sui saperi essenziali (<<Ma la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile, come scoperta di un libro che stimola la ricerca di altri libri… piacere del matematizzare>>).

In particolare, nei Piani di studio Brocca si esplicitava che le finalità da perseguire sono costituite, oltre che da conoscenze e da capacità, anche da atteggiamenti (<<le finalità da 1 a 3 riguardano la promozione di atteggiamenti e di comportamenti, le finalità da 4 a 7 lo sviluppo di capacità operative mentali e manuali, le finalità da 8 a 10 l’acquisizione di conoscenze>>.

 

In effetti, negli ultimi decenni si è sviluppato un ampio dibattito intorno all’intelligenza affettiva ed emotiva [4] .

Va sempre più maturando la consapevolezza che le finalità formative comprendono, assieme alle conoscenze essenziali ed alle capacità, anche gli atteggiamenti, come peraltro si può riscontrare anche nella ex Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo), nei quali agli atteggiamenti si dedica notevole spazio.

Nuove finalità formative si impongono, sia per assicurare l’efficacia dei processi apprenditivi e formativi, sia per creare le condizioni che rendano possibile l’educazione permanente.

Non si possono dimenticare gli atteggiamenti. Anzi occorre dare la priorità agli atteggiamenti.

Se per imparare, l’alunno matura atteggiamenti negativi, è meglio che non impari. Ad una scuola del sapere imposto, che fa nascere l’avversione per il sapere, è preferibile l’analfabetismo. L’evasione scolastica può essere meno dannosa dell’obbligo di imparare.

Oggi si sta prendendo consapevolezza di questa esigenza e si insiste sempre più sulla gioia dell’imparare [5] .

Non per rendere facile l’apprendimento, ma per motivarlo.

Sono due cose diverse la fatica dell’apprendere e la pena dello studio. Come dice il Pascoli, i bambini restano impegnati nel gioco come in un lavoro, avvertendone tutta la fatica, ma vivendola con gioia (<<Nel gioco, serio al pari d’un lavoro…>>).

 

Ma l’attenzione riservata agli atteggiamenti ha un’altra più profonda motivazione.

L’uomo di cui la scuola concorre a promuovere la formazione è un “sistema integrato [6] . Non è solo intelligenza, non è solo il “bambino della ragione” che negli anni ’80 si voleva imporre, prevaricando sulla prospettiva della concezione integrale della persona umana (Maritain [7] ).

È anche corpo (res cogitans e res extensa).

Il bambino va a scuola anche con il corpo [8] ed il corpo se lo porta appresso anche fuori della scuola, anzi è il corpo che porta il bambino!

Negli anni ’70 c’è stato un exploit dell’educazione psicomotoria [9] , che poi è stata soffocata dall’affermazione della ragione cartesiana, neoilluministica, ad opera dei pedagogisti di turno!

E con il corpo, l’uomo si porta i sentimenti, le emozioni, le passioni.

 

Oggi si riscopre l’intelligenza emotiva ed affettiva.

Occorre coltivare l’uomo intero, come sistema integrato, in una prospettiva olistica. Occorre coltivare la dimensione emotiva, la dimensione affettiva, la dimensione sociale…

Ma anche la dimensione morale dell’uomo.

Occorre che maturino, non solo ragionamenti, ma anche atteggiamenti etici.

Il bene che l’intelletto apprende, il cuore sente e l’opera manifesta. Ma lo manifesta solo se il cuore lo sente.

Ed <<il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce>> afferma Pascal [10] .

La differenza tra Ben Laden ed il Pentagono non sta nelle conoscenze e nelle capacità, ma nel cuore, nei sentimenti, negli atteggiamenti.

Atteggiamenti di rispetto nei confronti delle donne, degli altri esseri umani, della vita.

 

La scuola deve educare alla solidarietà umana, a superare l’istinto belluino della prevaricazione, dell’egoismo, dell’individualismo.

Gli uomini non sopravvivranno alla potenza distruttrice delle loro conoscenze, se il cuore non riprenderà a far sentire la sua voce.

Il precetto più grande resta quello di Cristo: “Ama il prossimo tuo come te stesso”.

 

È già una grande conquista l’educazione alla convivenza democratica, la quale, peraltro, non può fondarsi solo sulle conoscenze. Come affermano i Programmi didattici del 1985, <<Il fanciullo sarà portato a rendersi conto che "tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza di­stinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni poli­tiche, di condizioni personali e sociali" (art. 3 Cost.). La scuola è impegnata ad operare perché questo fondamentale principio della convivenza democratica non venga inteso come passiva indifferenza e sollecita gli alunni a divenire consapevoli delle proprie idee e re­sponsabili delle proprie azioni, alla luce di criteri di condotta chiari e coerenti che attuino valori riconosciuti….In relazione alle complessive finalità educative la scuola deve ope­rare perché il fanciullo:…sia sensibile ai problemi della salute e dell'igiene personale, del rispetto dell'ambiente naturale e del corretto atteggiamento verso gli esseri viventi…>>.

Può aiutare, ma non basta l’utilitarismo etico alla Geremia Benthan ed alla Stuart Mill.

Occorre un supplemento. E il supplemento sono i sentimenti, sono gli atteggiamenti.

Assieme alla ragione, occorre coltivare il cuore.

Perché qualunque cosa faccia, l’uomo è sempre mosso dai sentimenti. <<Ogni essere che agisce, agisce per un fine. Ora, per ogni essere, il fine è il bene che si desidera e si ama. Da ciò è manifesto che ogni essere che agisce, qualunque sia questo essere, compie ogni sua azione, qualunque sia questa sua azione, mosso da qualche amore>> [11] .

Senza il cuore, né la mano, né la mente si attivano.

 

Non si può fare a meno del cuore.

In fondo, anche Ben Laden è mosso dai sentimenti.

Ma da quali sentimenti?

Vi sono ragionamenti corretti e ragionamenti sbagliati. Vi sono conoscenze valide e conoscenze errate.

Vi sono atteggiamenti positivi ed atteggiamenti negativi.

Occorre educare anche i sentimenti; occorre che gli alunni siano aiutati a maturare atteggiamenti positivi, atteggiamenti positivi nei confronti del mondo umano, naturale ed artificiale: atteggiamenti positivi soprattutto nei confronti di se stessi e degli altri esseri umani.

In tal senso, nel Progetto formativo della scuola, gli atteggiamenti acquistano un ruolo essenziale, fondamentale, preminente.

La società educante, il sistema formativo integrato, la scuola non può limitarsi a far acquisire conoscenze, né a far acquisire capacità, ma deve occuparsi e preoccuparsi soprattutto di far maturare atteggiamenti, atteggiamenti etici, atteggiamenti religiosi, atteggiamenti estetici, atteggiamenti linguistici, atteggiamenti matematici…

I Programmi didattici vanno riscritti, tenendo presente la tripartizione conoscenze essenziali capacità atteggiamenti.

Nella Bozza dei Nuovi Curricoli (Indirizzi per l’attuazione del curricolo) ci si era avviati su questa strada, sia perché in tutto il documento erano presenti significativi riferimenti agli atteggiamenti, sia perché tra gli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>> relativi alle singole discipline, erano presenti obiettivi specifici rivolti all’acquisizione di atteggiamenti.

Ma il discorso va ripreso ed approfondito.

 

Se il ragionamento che abbiamo abbozzato è fondato, se non basta far acquisire conoscenze e capacità, perché la vita emotiva ed affettiva è a fondamento della natura umana, allora occorre che negli obiettivi generali e negli <<obiettivi specifici di apprendimento relativi alle competenze degli alunni>>, stabiliti dal Ministro della pubblica istruzione e dalle singole scuole, siano presenti anche gli atteggiamenti.

 

Occorre finalmente fare chiarezza intorno alle finalità che la scuola deve perseguire.

Il problema degli obiettivi formativi è preliminare ad ogni discorso relativo alla scuola ed occorre affrontarlo precisando quelli che sono gli obiettivi formativi dell’intero percorso formativo, almeno nell’ambito della scuola per la formazione di base o della scuola dell’obbligo (obiettivi formativi a lungo termine).

Resterebbe vuoto, mero esercizio retorico, ogni discorso in ordine alla continuità educativa, se non si precisassero gli obiettivi formativi a lungo termine, le mete formative finali alle quali debbono convergere le azioni formative dei singoli segmenti scolastici.

Ma, nel delineare gli obiettivi formativi a lungo termine e, poi, nel desumere da questi gli obiettivi formativi a breve termine dei singoli ordini di scuola e gli obiettivi formativi a breve termine dei singoli moduli didattici e delle unità didattiche, occorre aver cura di precisare gli obiettivi formativi in termini di atteggiamenti, capacità e conoscenze essenziali.

Da una parte, occorre superare la prospettiva nozionistica, che riaffiora con forza quando si parla della società della conoscenza”.

Dall’altra, nel riconoscere il carattere eminentemente formativo della scuola dell’autonomia e nel privilegiare quindi le capacità, occorre tenere presente che non bastano né le capacità né le conoscenze essenziali.

Assieme alle capacità ed alle conoscenze essenziali, occorre fare spazio agli atteggiamenti, relativamente a tutte le dimensioni della persona umana: atteggiamenti motori, atteggiamenti sociali, atteggiamenti morali, atteggiamenti linguistici, atteggiamenti cognitivi ecc.

 

In molti POF la delineazione degli obiettivi formativi in termini di conoscenze essenziali, di capacità e di atteggiamenti è stata già avviata, ma va meglio approfondita e soprattutto meglio esplicitata soprattutto in riferimento agli atteggiamenti, come peraltro è possibile riscontrare già in qualche documento programmatorio [12] .

La formazione che la scuola deve contribuire a promuovere non può non riguardare l’uomo nella sua interezza (<<pieno sviluppo della persona umana>>) e configurarsi come formazione integrale.

 

 Gli obiettivi formativi che la scuola deve perseguire non possono che essere indicati in termini di atteggiamenti, capacità e conoscenze essenziali.



[1] Conoscerete e la verità vi farà liberi (Gio­vanni 8:32).

[2] KANT E., Pedagogia, O.D.C.U., Rimini, 1953, pp.25-27.

[3] Bruner J. S., Verso una teoria dell’istruzione, Armando, Roma, 1967.

[4] In merito cfr.: MONTUSCHI F., L'intelligenza affettiva, La Scuola, Brescia, 1974; MONTUSCHI F., Vita affettiva e percorsi dell'intelligenza, La Scuola, Brescia, 1983; Goleman d., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1997; GOLEMAN D., Lavorare con l’intelligenza emotiva, come inventare un nuovo rapporto con il lavoro, Rizzoli, Milano, 2000; GARDNER H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità dele intelligenze, Feltrinelli, Milano, 1987; GARDNER H, Intelligenze multiple, Anabasi, Milano, 1993; Di Pietro, M., L'Educazione Razionale Emotiva. Edizioni Erickson. Trento, 1998; D’Urso V., Trentin R., Introduzione alla psicologia delle emozioni, Laterza, Roma- Bari, 1998.

[6] <<idea di persona come sistema integrato>> (Documento dei saggi sui saperi essenziali).

[7] MARITAIN J., Umanesimo integrale, Borla, Torino, 1963.

[8] In merito cfr.: VAYER P., DESTROPER J., Il corpo nella dinamica educativa, Emme Edizioni, Milano, 1976..

[9] In merito cfr.: VAYER P., Educazione psicomotoria nell’età scolastica, Armando, Roma, 1977; MAIGRE A., DESTROPERE J., L’educazione psicomotoria , Ed. Paoline, Bari, 1978.

[10] PASCAL B., Pensieri, 177 B.

[11] Bastien H., Psicologia dell’apprendimento, La Scuola, Brescia, 1954, p. 102.

[12] In merito cfr.: Programma quadro per la maturità professionale dell’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia di Berna


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