RIFORMA DELL’AUTONOMIA, RIFORMA DEI CICLI, RIFORMA DEI CURRICOLI: UN INGORGO!

Umberto Tenuta

 

Un ingorgo di riforme!

Si dirà che le tre riforme sono interconnesse.

Ma forse un di stanziamento tra riforma dell’autonomia e riforma dei cicli può anche risultare opportuno.

Infatti, già l’art. 13 del Regolamento dell’autonomia scolastica (RAS) prevede <<Fino alla definizione dei curricoli di cui all'articolo 8 si applicano gli attuali ordinamenti degli studi e relative sperimentazioni, nel cui ambito le istituzioni scolastiche possono contribuire a definire gli obiettivi specifici di apprendimento di cui all'articolo 8 riorganizzando i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze>>.

Si può, quindi, separare la riforma dell’autonomia, entrata in vigore già dal 1° settembre 2000, dalla riforma dei cicli e dalla riforma dei curricoli.

Al riguardo, si possono considerare almeno due motivazioni.

La prima motivazione riguarda l’esigenza prioritaria che i docenti entrino nella logica della scuola dell’autonomia, fondata sull’assunto che l’obiettivo fondamentale della scuola è essenzialmente quello di garantire a tutti gli alunni il successo formativo, inteso come piena formazione della persona umana nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni. Si tratta di un obiettivo che trova fondamento nell’art. 3 della Costituzione (<<pieno sviluppo della persona umana>> ) e che da cinquant’anni si è cercato di perseguire, seppure con gradualità, attraverso tutte le riforme via via realizzate, a cominciare dall’istituzione della scuola media unica di cui alla Legge 1859 del 1962

La seconda motivazione riguarda invece l’esigenza di far nascere dagli stessi operatori scolastici l’esigenza di una ristrutturazione dell’ordinamento scolastico al fine di creare le migliori condizioni per garantire il successo formativo a tutti gli alunni.

LA RIFORMA DELL’AUTONOMIA

Non è certamente agevole per gli operatori scolastici passare dalla logica di una scuola rimasta essenzialmente selettiva e nozionistica alla logica di una scuola effettivamente democratica e come tale formativa.

La nuova scuola richiede agli operatori scolastici competenze nuove, che né la formazione iniziale né la formazione in servizio finora hanno garantito.

Infatti, per assicurare a tutti gli alunni il successo formativo si richiede una nuova impostazione metodologicodidattica fondata, più che sui processi della trasmissione o comunicazione del sapere, sulla logica della ricerca/riscoperta/reinvenzione/ricostruzione (problem solving), nella forma del cooperative learning, la più adeguata ad assicurare l’acquisizione, non solo delle conoscenze essenziali, ma anche delle capacità e degli atteggiamenti (1) che attengono alla formazione delle diverse dimensioni della personalità. Nella prospettiva formativa della scuola dell’autonomia sono importanti, non tanto le conoscenze, quanto i processi della loro acquisizione.

Ora, non è certamente agevole passare da una secolare impostazione didattica fondata sulla lezione frontale ad un’impostazione che, anche avvalendosi delle più adeguate tecnologie educative e didattiche, comprese quelle multimediali, si incentri sui processi costruttivi dell’apprendimento auspicabilmente nella forma del lavoro di gruppo degli alunni. Occorre mettere i docenti nella condizione di acquisire, attraverso adeguate iniziative di agg, nuove competenze disciplinari, didattiche, relazionali ed organizzative.

E, tuttavia, per rendere l’impostazione metodologico-didattica funzionale al perseguimento delle finalità formative da parte di tutti gli alunni e soprattutto per assicurare la valorizzazione delle identità (personalizzazione educativa), si rende necessaria un’organizzazione educativa e didattica personalizzata, la quale richiede anch’essa specifiche competenze metodologico-didattiche ed organizzative ai docenti tutti.

Non basta sancire nel RAS che la scuola si deve impegnare a far acquisire, più che le conoscenze essenziali, le <<competenze>> e che tutti gli alunni debbono pervenire al successo formativo, per ritenere di avere realizzato la scuola dell’autonomia.

Occorre un impegno consistente da parte degli operatori scolastici volto ad utilizzare gli strumenti della ricerca, della sperimentazione e dell’aggiornamento, anche attraverso la costituzione di reti di scuole (artt. 6, 7 e 14, RAS). Occorre abbandonare il modello di aggiornamento che per 25 anni, contro ogni logica, è stato gestito in forma burocratica, per fare spazio ad un aggiornamento autonomamente gestito dagli operatori scolastici.

In tale prospettiva, occorre creare nuove competenze e soprattutto nuovi atteggiamenti che vedano i Dirigenti scolastici, i docenti ed il personale ATA impegnati, prima a individuare le loro specifiche esigenze di aggiornamento , e poi a progettare ed a gestire le più adeguate iniziative di aggiornamento, avvalendosi di risorse professionali che non indulgano più alla trentennale logica della retorica sociologica, pedagogica, programmatoria e soprattutto organizzativa, ma che siano effettivamente a migliorare la concreta azione educativa e didattica che si svolge quotidianamente nelle aule.

Un impegno, questo, che non può essere sottovalutato e che richiede risorse e tempi adeguati.

È l’impegno dell’attuazione della scuola dell’autonomia che dovrebbe risultare prioritario.

Solo successivamente si potrà affrontare anche l’impegno della riforma dei cicli e dei curricoli.

Riforma dei cicli e dei curricoli

Il problema della riforma dei cicli è stato eccessivamente enfatizzato, inopportunamente associato a quello della riforma dell’autonomia, creando non poca confusione, per cui oggi non è agevole distinguere la riforma dell’autonomia dalla riforma dei cicli e dalla riforma dei curricoli.

Occorre invece che le tre riforme siano considerate separatamente, anche se non possono essere trascurate le loro interconnessioni.

Si è già detto dei motivi che dovrebbero indurre a dare valenza prioritaria all’attuazione della riforma dell’autonomia.

Dall’impegno volto all’attuazione di questa riforma dovrebbe nascere negli stessi operatori scolastici la consapevolezza dell’esigenza della riforma dei cicli e dei curricoli.

Le norme non possono mai cadere dall’alto, trovando impreparati e soprattutto mal disposti coloro che le debbono attuare. La norma deve nascere da esigenze già maturate nella realtà sociale, culturale, educativa.

Nel momento in cui gli operatori scolastici siano effettivamente impegnati a realizzare una scuola capace di assicurare a tutti gli alunni il perseguimento di obiettivi formativi che attengano alla piena, integrale ed originale formazione della loro personalità, evidentemente emergerà anche l’esigenza di un ordinamento scolastico più adeguato a tale compito rispetto a quello attuale.

Nessuno finora ha illustrato le motivazioni che hanno portato al nuovo modello organizzativo, che vede a sé stante la scuola dell’infanzia di tre anni, separata dalla successiva scuola primaria di 7 anni, e poi una scuola secondaria segmentata in un biennio dell’obbligo ed in un triennio che ha due alternative.

Occorre individuare prima le esigenze formative, le esigenze educative, le esigenze pedagogiche alle quali gli ordinamenti scolastici debbono risultare funzionali, e non procedere all’inverso.

Ora, chi non vede che tra le esigenze pedagogiche è dominante quella della continuità educativa, una continuità educativa che reclama innanzitutto un maggior raccordo della scuola con la famiglia, titolare del diritto all'educazione ed all'istruzione dei propri figli?

Il sistema formativo integrato tale deve essere innanzitutto nei confronti della famiglia, prima che con il contesto socioculturale. Famiglia e scuola sono le agenzie formative che debbono essere privilegiate.

Ma la continuità educativa va realizzata anche nell’ambito del sistema scolastico. A cominciare dal raccordo della scuola dell’infanzia con la scuola successiva (scuola primaria o altro che sia).

Purtroppo, nella legge 30/2000 il raccordo tra scuola dell’infanzia e scuola primaria viene enunciato ma non realizzato. Non viene realizzato perché la scuola dell’infanzia rimane assurdamente tagliata fuori dalla scuola per la formazione di base, nella quale pure l’avevano collocata il discorso pedagogico degli ultimi 50 anni e soprattutto la collocano le più recenti ricerche sul piano della formazione della personalità. Ove non fossero bastati il Froebel, il Freud, la Montessori, le sorelle Agazzi, il Piaget, il Wygotsky ecc., oggi le neuroscienze evidenziano senza ombra di dubio che la personalità si struttura soprattutto nei primi anni di vita. Peraltro, già la ricerca in ordine a particolari tipologie di handicap, quali quella della sordità, avevano evidenziato quanto fosse importante intervenire precocemente, nella famiglia e soprattutto nella scuola dell’infanzia.

Eppure, nella Legge 30/200 la scuola dell’infanzia non fa parte della scuola per la formazione di base!

Nella revisione della riforma di cui alla Legge 30/2000, occorre prioritariamente rivedere la collocazione della scuola dell’infanzia, che oggi più mai vede giustificata la sua denominazione di scuola materna.

Resta cruciale il discorso relativo alla ristrutturazione della scuola elementare, della scuola media e della scuola secondaria.

Ma questo discorso dovrebbe fondarsi sulla considerazione della finalità di fondo della scuola dell’autonomia, che è il successo formativo, la piena formazione dell’uomo, del cittadino e del lavoratore nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni.

Occorre, cioè, individuare un ordinamento scolastico che sia effettivamente capace di assicurare la continuità del processo della piena formazione della personalità dei giovani, promovendone l’identità personale, prima che sociale, culturale e professionale.

La scuola è effettivamente democratica solo quando si impegna a promuovere la formazione dei giovani nella pienezza delle loro possibilità formative, nella integralità delle dimensioni costitutive della personalità e nel rispetto delle loro identità personali, sociali, culturali e professionali, che occorre promuovere e valorizzare, più che verificare e riconoscere.

Si tratta di realizzare un sistema scolastico che si configuri come sistema educativo o, meglio come sistema formativo, più che come sistema di istruzione.

Il nuovo ordinamento scolastico dovrebbe chiaramente caratterizzarsi per la sua finalizzazione eminentemente formativa, educativa.

La scuola tutta, dalla scuola materna alla scuola secondaria, deve essere impegnata, non tanto a scoprire, quanto a promuovere la formazione delle capacità e degli atteggiamenti motori, sociali, affettivi, cognitivi, linguistici, estetici, matematici ecc.

La formazione delle capacità e degli atteggiamenti (<<competenze>>) deve risultare prioritaria rispetto all’acquisizione delle conoscenze (istruzione), che sono pur esse necessarie, indispensabili, ma a condizione che siano viste come strumenti di cui possano avvalersi le capacità e gli atteggiamenti acquisiti dai singoli alunni.

Come afferma E. Morin (2), l’obiettivo fondamentale della scuola è la mente ben fatta, anziché la mente ben piena.

In particolare, occorre porre maggiore attenzione all’integralità della formazione, valorizzando tutte le dimensioni della personalità, non solo quelle cognitive, ma anche quelle motorie, affettive, sociali, musicali, linguistiche ecc.

In tale prospettiva, l’articolazione dei cicli non dovrebbe essere vista come contrapposizione di scuole che si succedono l’una all’altra, ma come articolazione funzionale di un sistema formativo unitario, complessivamente finalizzato ad assicurare la piena formazione, nel rispetto delle identità che, ai livelli terminali, si approfondiscono ancor più sul piano dell’orientamento professionale.

Ma anche la formazione professionale dovrebbe essere riconsiderata in una prospettiva eminentemente formativa, atteso che oggi anche nel mondo del lavoro si richiedono, più che conoscenze, competenze e soprattutto atteggiamenti (3).

Le riforme debbono avere un’idea ispiratrice, se si vuole, un’anima.

Questa idea è quella che la Costituzione indica come <<pieno sviluppo della persona umana>>.

Ciò che importa non è fare le riforme ma farle in modo che esse rispondano ad una prospettiva formativa che sia coerente con il dettato costituzionale e soprattutto con le esigenze formative che sono proprie della persona umana.

Vale la pena soffermarsi a riflettere ed a discutere sulla "filosofia" delle riforme.

Non è tempo perduto!


Note

1 UMBERTO TENUTA, I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5

2MORIN E., La testa ben fatta – Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000.

3 GOLEMAN D., Lavorare con l’intelligenza emotiva, come inventare un nuovo rapporto con il lavoro, RIZZOLI, MILANO, 2000.