L’INTEGRAZIONE DELLE ATTIVITÀ INTEGRATIVE
INTEGRARE LE INTEGRAZIONI

di Umberto Tenuta

 

Integrazione è parola nuova che ha cominciato ad affermarsi sulla scena scolastica sin dagli anni ’60.

È già in quegli anni che si avvertì l’inadeguatezza dei Programmi didattici ai fini della formazione integrale della persona umana e si cominciarono a promuovere specifiche attività educative e didattiche per integrare il normale curricolo.

In realtà, tale esigenza veniva avvertita più per gli alunni svantaggiati che per la generalità degli alunni.

Comunque, il discorso prese piede e agli inizi degli anni ’70 la Legge 820/1971 sanzionò sul piano giuridico le attività integrative, nella prospettiva della realizzazione della scuola a pieno tempo.

Tornarono ancora sulle attività integrative la Legge 517/1977 e soprattutto la Legge 270/1982.

Una battuta di arresto sembrava che si dovesse verificare con i Programmi del 1985 che, assorbendo nel normale curricolo tutte le attività formative, sembravano non lasciare spazio ad altre attività.

Tuttavia, il discorso sulle attività integrative è stato ripreso sul finire degli anni ’80 dai sempre più numerosi Progetti educativi che vennero via via proposti alle scuole, al fine di integrare la prevalente se non esclusiva formazione cognitiva che caratterizzava i Programmi didattici.

La prima metà degli anni ’90 ha visto l’esplosione dei Progetti educativi ed il conseguente progressivo eclissarsi dei Programmi didattici.

In effetti, le attività integrative prima si sono aggiunte, poi si sono sovrapposte ed infine si sono sostituite ai Programmi didattici.

Paradossalmente, l’integrazione si è trasformata in disintegrazione.

Infatti, le attività integrative previste dai vari Progetti educativi, anziché integrarsi in un unico, coerente, organico Progetto educativo d’istituto, molto spesso si sono poste le une accanto alle altre, quasi sempre senza integrarsi in un progetto educativo unitario.

Il risultato cui molto spesso si è pervenuti è un’attività educativa e didattica estremamente frammentata, costituita da interventi educativi e didattici che, pur validi in se stessi, non si integrano e perciò finiscono con il mettere seriamente a rischio la piena formazione della personalità.

Nate per assicurare la formazione integrale della persona umana, le attività integrative sono pervenute al risultato opposto.

E questo, non tanto per i loro contenuti, che peraltro non di rado risultano anch’essi di discutibile valenza formativa, quanto per l’estrema frammentazione degli interventi educativi e didattici che hanno prodotto, anche perché non di rado affidati anche ad insegnanti diversi da quelli curricolari.

Lo scenario educativo e didattico della scuola è oggi caratterizzato dalla estrema pluralità dei docenti e dalla non più contenibile moltiplicazione delle attività educative che si aggiungono, si sovrappongono, si sostituiscono ai Programmi didattici.

Peraltro, la sperimentazione dell’Autonomia ha incoraggiato la proliferazione dei Progetti educativi, in quanto pochissime scuole oggi riescono a resistere alla tentazione dei finanziamenti per il miglioramento e l’arricchimento dell’offerta formativa previsti dalla Legge 440/1997.

Si dirà che la complessità non poteva non entrare anche nella scuola. E, forse, è vero.

Ma la complessità va gestita. Diversamente, è messa a rischio la fondamentale istanza della persona umana, che è la sua unitarietà.

E, perciò, si impone con urgenza una riflessione attenta sulla integrazione. Occorre ritornare a riflettere sulla formazione integrale.

La prima considerazione riguarda la natura integrale della persona umana, che non è costituita dalla sola dimensione cognitiva, ma anche dalle altre dimensioni, da quella motoria a quella affettiva, sociale, morale, religiosa, estetica ecc.

Si afferma nel Documento dei saggi che la persona umana si configura come un "sistema integrato".

Innanzitutto, una molteplicità di aspetti e quindi l’esigenza di una molteplicità di obiettivi formativi.

Per troppo tempo la scuola è rimasta impegnata nel perseguimento di preminenti se non esclusivi obiettivi cognitivi. Nata dalla ideologia illuministica, la scuola moderna è rimasta e rimane fortemente ancorata al cognitivo, molto spesso nella forma del nozionismo ("i saperi essenziali").

È questo il limite che ha motivato la nascita ed il proliferare delle attività integrative che negli anni ’90 si sono concretizzati nei vari Progetti educativi.

Di conseguenza, oggi si impone con forza l’esigenza che gli obiettivi formativi non si riducano ai soli obiettivi cognitivi.

Ai saperi occorre accompagnare, se non anteporre, il saper fare (capacità, abilità, competenze) e soprattutto il saper essere (atteggiamenti, propensioni, interessi, motivazioni).

Nulla impedisce che i "saperi essenziali" possano essere letti in questa prospettiva, che molto probabilmente ne costituisce la loro più autentica interpretazione. Non solo i saperi, intesi quali conoscenze, "nuclei concettuali fondanti", ma anche e soprattutto le capacità e gli atteggiamenti affettivi, sociali, morali ecc.

Sono questi gli obiettivi dei vari Progetti educativi che sono stati via via proposti alle scuole nell’ultimo decennio, in risposta a precise esigenze educative che la società più che la famiglia andava esprimendo per assicurare il benessere sociale, forse prima che il benessere personale dei singoli alunni.

Lo star bene era un’esigenza di sopravvivenza della società, più che degli individui.

Ma, tant’è, ciò che interessa evidenziare è che oggi alla scuola vengono poste con forza domande di educazione più che domande di istruzione, non importa a nome di chi.

Domande di educazione o, più precisamente, domande di formazione, non solo perché preminenti su quelle di istruzione, ma anche perché solo la scuola, assieme alla famiglia, può dare risposta a questo tipo di domande, mentre le domande di istruzione oggi possono più agevolmente trovare risposta attraverso le tecnologie informatiche.

Ma se le istanze formative si impongono con forza, non basta che esse vengano soddisfatte, come sembra che si possa ottenere attraverso i vari Progetti educativi.

La persona umana non consente frammentazioni, parcellizzazioni, separazioni, quali sono quelle che si sono verificate con l’esplosione dei Progetti educativi.

Se si deve riconoscere la primaria esigenza che tutte le dimensioni della personalità vengano coltivate e che pertanto la scuola promuova, non solo la formazione cognitiva, ma anche la formazione affettiva, sociale, morale, civica ecc. si deve però riconoscere che oggi la più pressante esigenza è quella di assicurare l’integrazione di queste formazioni, evitando che esse si realizzino separatamente, giustapponendosi, sovrapponendosi, susseguendosi l’una all’altra senza una prospettiva formativa organica, unitaria, integrata.

L’integrazione torna perciò ad essere l’obiettivo primario da perseguire.

Bisogna ricondurre ad unità i molteplici interventi educativi che oggi si attuano nella scuola.

Occorre integrare le attività integrative.

Gli appelli in tale direzione si fanno sempre più pressanti, anche da parte dell’Amministrazione scolastica.

Al riguardo. È appena il caso di precisare che debbono rientrare a far parte del normale curricolo scolastico, per tutti gli alunni, come istanze fondamentali della formazione umana che tutte le scuole, e non solo quelle che attuano i Progetti educativi, sono chiamate a soddisfare per assicurare la piena formazione della persona umana.

Non si può certamente consentire che solo alcune scuole provvedano alla formazione affettiva, alla formazione sociale, alla formazione morale e civica, assumendo nel proprio curricolo i Progetti educativi che attengono specificamente a tali dimensioni della persona umana.

L’esigenza di assicurare la piena formazione della persona umana impone che tutte le scuole si facciano carico della formazione di tutte le dimensioni della persona umana.

 

L’integrazione degli interventi educativi e didattici

Come può essere realizzata l’integrazione?

La prima risposta può venire dalla Programmazione.

Alle programmazioni deve sostituirsi la programmazione: ai Progetti educativi deve sostituirsi il Progetto educativo d’istituto ovvero, come oggi viene definito nel Regolamento sull’autonomia, il Piano dell’offerta formativa.

I Progetti educativi, soprattutto con la Legge 440/1997, hanno superato anche per numero ogni ragionevole limite di accettabilità. Sembra che la credibilità delle scuole si misuri ormai dal numero dei Progetti educativi che possono sbandierare. Ma lo sbandierare può anche assumere il significato dell’andare allo sbando.

Occorre perciò tornare al Progetto educativo d’istituto o Piano dell’offerta formativa, nel quale debbono integrarsi gli obiettivi relativi alla formazione delle diverse dimensioni della personalità.

La programmazione d’istituto non può continuare a configurarsi come un coacervo di interventi che si susseguono secondo una mera logica temporale. Occorre invece recuperare il significato della intenzionalità formativa cui la scuola è chiamata ad attenersi, nel momento in cui ogni suo intervento educativo e didattico deve inserirsi in un progetto formativo organicamente mirato alla formazione integrata delle diverse dimensioni della persona umana.

In tale prospettiva, la prima esigenza del Progetto educativo d’istituto o Piano dell’offerta formativa è la individuazione degli obiettivi che la scuola deve perseguire in ordine alla formazione motoria, affettiva, sociale, linguistica, cognitiva ecc.

È opportuno, anzi necessario che nel Piano dell’offerta formativa si definisca il quadro complessivo delle finalità formative che la scuola deve perseguire per tutti gli alunni o per determinate categorie di essi. Non pare opportuno che le finalità formative vengano individuate in modo estemporaneo, disorganico, magari solo sotto lo stimolo di determinati incentivi economici.

Soltanto in presenza di un quadro organico, coerente, integrato di obiettivi relativi alla formazione delle diverse dimensioni della personalità, è possibile poi individuare gli interventi educativi che meglio ne possano promuovere il perseguimento.

Ma il Piano dell’offerta formativa non basta.

Da una parte, occorre che il Piano dell’offerta formativa che le singole scuole predispongono si integri con i molteplici progetti delle varie agenzie educative, a cominciare dalla famiglia.

Dall’altra, occorre che l’attuazione del Piano dell’offerta formativa sia realizzata attraverso l’integrazione degli interventi educativi e didattici, anche se curati da docenti diversi.

 

Integrazione e continuità educativa

Si impone con forza l’esigenza della continuità educativa che può essere realizzata innanzitutto assicurando la coerenza degli interventi educativi promossi dalla scuola, dalla famiglia e dalle altre agenzie educative.

Occorre ritornare al discorso sulla continuità educativa che, avviato dalla C.M. 339 ed annesso D.M. del 16.11.1992, non ha avuto l’attenzione che meritava. Opportunamente oggi si torna a parlare di fascicolo personale dell’alunno, che dovrebbe costituire uno strumento essenziale della continuità educativa.

In particolare, occorre ricercare la continuità educativa tra la scuola e la famiglia, attraverso una sempre più consistente, sostanziale, organica partecipazione delle famiglie alla programmazione educativa e didattica della scuola. Ma occorre, nel contempo, che le famiglie siano sempre più sensibilizzate in ordine alla problematiche formative, in modo che anch’esse assicurino la coerenza dei loro interventi formativi con quelli della scuola.

I Progetti educativi personalizzati, nei quali si deve tradurre il Piano dell’offerta formativa, sia per gli alunni portatori di handicap che per gli altri alunni, non debbono riguardare solo gli interventi della scuola, ma anche gli interventi delle famiglie e delle altre agenzie educative.

In tale prospettiva di coerenza formativa si pone tutto il discorso intorno agli interventi aggiuntivi attuati dalla scuola o dalle altre agenzie educative.

Occorre rispettare il diritto di ogni giovane ad un percorso formativo unitario, coerente, integrato che scuola, famiglia ed altre agenzie educative dovrebbero avvertire la responsabilità di mettere a punto attraverso una fattiva collaborazione.

In tal senso, anche le attività aggiuntive della scuola non dovrebbero configurarsi come una mera aggiunta, ma come un’integrazione degli obiettivi curricolari. Seppure rispondenti a specifiche esigenze del contesto socioculturale, le attività aggiuntive dovrebbero anch’esse integrarsi in una prospettiva formativa che muova da una visione organica delle esigenze formative dei singoli alunni.

E, pertanto, la programmazione dovrebbe seguire la seguente linea di elaborazione.

Innanzitutto, dovrebbe muovere dalla ricerca degli obiettivi che possano soddisfare le esigenze della formazione dell’uomo e del cittadino (obiettivi generali).

Assieme a questi obiettivi, la programmazione dovrebbe individuare gli obiettivi che possano assicurare il rispetto delle identità personali, sociali, culturali ed economiche.

Occorre primariamente muovere dalla individuazione delle esigenze legate alla formazione dell’uomo e del cittadino ed al rispetto delle identità dei singoli alunni.

Una volta precisati gli obiettivi formativi che possano soddisfare tali esigenze, è possibile poi individuare le attività ed i contenuti educativi che ne possano meglio assicurare il perseguimento.

 

L'integrazione dei percorsi formativi

Nella prospettiva che è stata delineata, occorre superare l’impostazione più ricorrente dell’attività educativa e didattica che vede impegnati gli alunni in processi apprenditivi che non sempre risultano consapevolmente ed organicamente mirati al perseguimento di obiettivi formativi chiaramente definiti nel Piano dell’offerta formativa. L’attività educativa e didattica non può essere costituita da un susseguirsi di contenuti disciplinari e non disciplinari che vengono proposti come se avessero valore in se stessi.

Va invece promossa con forza una impostazione didattica che muova dagli obiettivi formativi per andare a individuare le attività ed i contenuti che meglio ne possano assicurare il perseguimento.

È questo il significato dell’affermazione che l’intervento della scuola è <<intenzionale e programmatico>> ovvero <<intenzionale e sistematico>>.

Se si vogliono rispettare i diritti dell’infanzia e dell’uomo, occorre muovere dalle esigenze formative dei singoli alunni.

Le proposte e le richieste di interventi integrativi e aggiuntivi possono trovare ascolto solo se si pongono come risposte a precise esigenze in ordine alla formazione dell’uomo e del cittadino, nel rispetto delle identità personali e socioculturali dei singoli alunni.

Ma se l’individuazione degli obiettivi formativi costituisce un’esigenza primaria, occorre però assicurare anche che il loro perseguimento sia realizzato secondo la logica della continuità educativa.

I responsabili della formazione dei giovani debbono assicurare la coerenza non solo degli obiettivi formativi ma anche degli interventi educativi.

Se è opportuno che gli obiettivi formativi siano individuati secondo una prospettiva di integrazione, anche gli interventi educativi debbono porsi in tale prospettiva. Alla integrazione degli obiettivi formativi dovrebbe corrispondere la integrazione degli interventi educativi e didattici.

In tale prospettiva, la programmazione dovrebbe essere delineata in forma estremamente chiara, in modo da consentire che la sua attuazione possa essere realizzata non importa da quanti e quali docenti.

Forse si è esagerato nell’indicare la pluralità dei docenti come la causa principale, se non esclusiva, della frammentazione educativa e didattica.

La continuità educativa non si realizza riducendo il numero dei docenti, ma assicurando la coerenza degli interventi dei docenti, quale che sia il loro numero.

Lo stesso docente unico non assicurava la integrazione dei suoi interventi perché li svolgeva tutti, ma soltanto nella misura in cui egli muoveva dalla consapevolezza del quadro unitario degli obiettivi formativi ed organizzava i suoi interventi in modo coerente al loro perseguimento. Se i suoi interventi si succedevano secondo la logica della divisione delle discipline e della successione sistematica dei contenuti, egli non si poneva in una condizione migliore di quella di un gruppo di tre o più docenti che procedono ciascuno per la sua strada.

Alla frammentazione degli obiettivi e degli interventi educativi e didattici occorre sostituire la integrazione degli obiettivi formativi e l’integrazione degli interventi, non importa da quanti e da quali docenti attuati.

Integrare gli obiettivi ed integrare gli interventi significa avere sempre come riferimento i singoli alunni, considerati nelle loro specifiche identità.

La personalizzazione educativa e didattica che costituisce la fondamentale istanza della scuola dell’autonomia, si attua quando gli alunni, ciascuno dei venticinque alunni di una classe, finisce di essere un nome segnato sul registro ed un volto senza fisionomia e viene riconosciuto nella sua inconfondibile, irripetibile, singolare identità, individuandone le specifiche esigenze formative.

La scuola promuove la formazione della persona umana nella misura in cui riconosce le persone, ciascuna nella sua inconfondibile unicità.

Il fondamentale diritto di ogni bambino è costituito dal riconoscimento della sua identità personale e socioculturale.

Come affermava Hellen Key all’inizio del secolo XX, questo sarebbe stato il secolo del bambino nella misura in cui l’insegnante avesse visto in ognuno dei suoi venticinque alunni il figlio del Principe.

L’integrazione non è un’operazione astratta che si può affrontare a tavolino, ma una operazione che si attua nel concreto dei processi apprenditivi e formativi che ogni alunno realizza.

L’integrazione, perciò, si realizza quando i vari insegnanti programmano ed attuano i loro interventi tenendo presenti i processi apprenditivi e formativi che ciascun alunno attua. Non vi sono obiettivi, saperi, contenuti integrati, ma obiettivi, saperi, contenuti che si integrano nell’irripetibile processo apprenditivo e formativo di ogni alunno.

Se la frammentazione nasceva dal riconoscimento della centralità delle discipline e dei contenuti, l’integrazione si fonda sul riconoscimento della centralità del soggetto che apprende e si forma

Al di là di ogni sempre possibile retorica, è questo il significato della centralità degli alunni, che si afferma nel Regolamento sull’autonomia, nello Statuto degli studenti, nelle Carte internazionali dei diritti del bambino.

Alla frammentazione dei Progetti educativi occorre, perciò, opporre l’integrazione dei Piani educativi personalizzati, che costituiscono il diritto di ogni alunno portatore di handicap, ma anche degli altri alunni, quali che siano le loro potenzialità apprenditive e formative, che vanno tutte promosse, per assicurare il <<pieno sviluppo della persona umana>> cui inderogabilmente chiama la Carta costituzionale.

Non più, quindi, una molteplicità di Progetti educativi relativi alle più diverse attività, aggiuntive o integrative che esse siano, ma un solo ed organico Piano dell’offerta formativa, nel quale siano analiticamente precisati gli obiettivi relativi alla formazione delle diverse dimensioni della personalità dei singoli alunni e le conseguenti attività educative e didattiche da promuovere.

Al riguardo, è opportuno ribadire che il Piano dell’offerta formativa nasce, non da un’astratta considerazione delle esigenze formative delle scolaresche, ma da una puntuale individuazione delle esigenze formative che i singoli alunni esprimono in ordine alla loro formazione umana.

In effetti, il Piano dell’offerta formativa si pone quale integrazione dei Piani educativi personalizzati dei singoli alunni.

Non si tratta di adeguare i Programmi agli alunni, ma di integrare nel Piano dell’offerta formativa i piani educativi personalizzati costruiti in risposta alle esigenze formative dei singoli alunni.

La personalizzazione educativa e didattica ha significato nella misura in cui il Piano dell’offerta formativa si costruisce muovendo dalla ricognizione delle esigenze formative dei singoli alunni.

Queste esigenze vanno ricondotte in un unico Piano dell’offerta formativa, che non è più la raccolta di una molteplicità di Progetti educativi irrelati, ma l’integrazione dei Piani educativi personalizzati dei singoli alunni.

Alla frantumazione dell’attività educativa e didattica che nasceva dall’intento di dare risposte alle esigenze formative via via emergenti dalla società, occorre sostituire l’integrazione dei Piani educativi personalizzati costruiti a misura delle esigenze che i singoli alunni esprimono nella prospettiva di una formazione dell’uomo e del cittadino che sia rispettosa delle loro identità personali, sociali e culturali.

In tale prospettiva, nel Piano dell’offerta formativa saranno precisati gli obiettivi e gli interventi comuni a tutti gli alunni e quelli specifici per i gruppi o i singoli alunni.

 

Integrazione e Piano dell’offerta formativa

Nella prospettiva sopradelineata, i docenti muovono dalla consapevolezza delle finalità che attengono alla formazione dell’uomo e del cittadino e dalla ricognizione delle esigenze formative espresse dai singoli alunni e dal contesto sociale, culturale ed economico, per precisare nel Piano dell’offerta formativa, sia gli obiettivi formativi generali, comuni a tutti gli alunni, in quanto mirati alla formazione integrata delle diverse dimensioni della personalità, da quella motoria a quella affettiva, sociale, morale, linguistica ecc., sia gli obiettivi formativi personalizzati per i gruppi ed i singoli alunni, in quanto mirati alla promozione delle loro identità personali, sociali e culturali.

Al quadro analitico degli obiettivi generali e degli obiettivi personalizzati fa seguito la delineazione degli interventi educativi e didattici comuni a tutti gli alunni e degli interventi educativi e didattici personalizzati, in risposta alle esigenze espresse dai gruppi e dai singoli alunni.

Alla frantumazione delle attività educative e didattiche si sostituisce una prospettiva di integrazione sia degli obiettivi che degli interventi educativi e didattici, che è tale nella misura in cui muove dalle esigenze formative generali e personali e le riconduce in un quadro unitario cui corrisponde un’organizzazione educativa e didattica flessibile, articolata in momenti comuni a tutti gli alunni ed in momenti differenziati per i gruppi in cui si suddividono le classi, in una prospettiva di individualizzazione dell’insegnamento o di personalizzazione educativa che riguarda tutti gli alunni, e non soltanto gli alunni con difficoltà di apprendimento.

La scuola dell’autonomia è la scuola che sa dare risposte adeguate alla formazione dell’uomo e del cittadino nel rispetto delle identità personali e socioculturali dei singoli alunni.

Questo impegno la scuola dell’autonomia assolve secondo una prospettiva di integrazione sia delle finalità che degli interventi formativi, superando l’attuale stato di estrema e non più sostenibile frantumazione dell’azione educativa e didattica.

 



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