Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

Monitoraggi Osservatori Autoanalisi Autovalutazione

di Umberto Landi

 

Alcuni mesi fa, su queste stesse pagine, facevo alcune riflessioni sui tanti monitoraggi che, negli ultimi anni, in applicazione di norme legislative o contrattuali, vengono effettuati sui vari aspetti del sistema scolastico e del suo funzionamento.

La questione era stata già posta precedentemente ( me ne sono accorto dopo) dal curatore di questa Rivista, il collega Tenuta, il quale aveva giustamente evidenziato la proliferazione dei monitoraggi e la loro scarsissima rilevanza sulla qualità dell’azione educativa e delle attività didattiche che si svolgono nelle scuole.

Il recente contratto integrativo del 1° agosto 2001 non poteva non prevedere, all’art. 5, ‘ Azioni di monitoraggio e valutazione’ precisando che le stesse saranno realizzate ‘considerando le indicazioni dell’Osservatorio nazionale di orientamento e monitoraggio’ La Direzione generale per la formazione, subentrata al Coordinamento per la formazione degli insegnanti, ha avviato un monitoraggio regionale dei servizi territoriali per gli insegnanti. La stessa Direzione ne ha avviato anche uno nazionale e uno locale sulle attività del Progetto Lingue 2000. E si potrebbe continuare per parecchio.

La maggior parte di tali monitoraggi vedono impegnati innanzitutto l’INDIRE e/o altri organismi a livello nazionale, gli Istituti regionali e gli ispettori tecnici, a livello periferico. E quasi sempre suscitano notevoli interessi tra il personale testè citato e anche tra molti Dirigenti scolastici desiderosi che le loro scuole siano monitorate.

In quale misura tali e tanti monitoraggi incidano sul concreto ‘fare scuola’ non è dato sapere. Umberto Tenuta è laconico ‘ essi non svolgono alcuna funzione di feed back’.

Viene perciò da chiedersi se non ci sia bisogno, urgente, di un monitoraggio dei monitoraggi ossia di un punto o momento di osservazione di sintesi come riflessione/decisione - di competenza dei livelli di massima responsabilità del ‘sistema scuola’ - per valutare innanzitutto l’utilità e l’efficacia - in termini di ‘ricaduta’ di tali iniziative. Non va trascurato infatti che solitamente esse sono anche abbastanza costose, per il notevole impegno di risorse finanziarie e di personale che richiedono.

Quello che quasi sempre fa difetto in queste iniziative è innanzitutto il tempo di ‘restituzione’ dei risultati alle istituzioni interessate che della conoscenza di tali dati dovrebbero avvalersi per adottare tempestive e congruenti decisioni di aggiustamento/miglioramento dei criteri e dei modi del loro funzionamento. Evito di citare casi specifici ma molto spesso - ad onta dell’affidamento ad agenzie specializzate - i tempi di conclusione dei monitoraggi sono decisamente lunghi.

Gli esperti di queste problematiche conoscono bene la differenza tra ‘dati di stock’ e dati di flusso. In un sistema scolastico centralistico-burocratico - che procedeva a ritmo lento e a variabilità debole - potevano andare benissimo rilevazioni periodiche da ‘acquisire agli atti’ o da tener presenti per modiche complessive di ordinamento o di indirizzo.

In un sistema autonomistico e a forte variabilità la conoscenza dei dati di flusso è condizione imprescindibile per adottare decisioni tempestive ed efficaci nel macro e nel micro.

Sembrano considerazioni ovvie e esigenze condivisibili. Eppure da questi problemi non si esce facilmente. Non ci sono ricette facili ma qualche possibilità diversa c’è e viene anche qua e là praticata. Mi riferisco alle iniziative di autoanalisi e di autovalutazione che da oltre dieci anni vanno diffondendosi in molte istituzioni scolastiche ma non senza difficoltà.

La loro diffusione appare chiaramente correlata ai processi di attuazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e alla ricerca di livelli sempre più elevati e verificabili di efficacia e di qualità delle prestazioni erogate.

Tutto l’insieme delle azioni e delle iniziative progettuali e organizzative - e della cultura ad esse sottesa - sembra portare in tale direzione. Ma nonostante i buoni propositi e le buone intenzioni spesso anche su questo fronte non si registrano successi palesi e risultati apprezzabili.

I processi di autoanalisi e di autovalutazione, si sa, hanno nemici insidiosi di cui il più forte e più diffuso è il rischio di non uscire dalle sabbie mobili dell’autoreferenzialità. E solo nei casi meglio impostati e portati avanti si riesce ad attingere i livelli della autoregolazione e del miglioramento come strategia continua e credibile, nell’interesse prioritario degli utenti dei servizi scolastici e del loro diritto al ‘successo formativo’. In molti altri, purtroppo, non si va oltre operazioni rituali e di routine.

Un dato paradossale - o apparentemente tale - sembra la diffusa disponibilità e aspirazione delle istituzioni scolastiche ad essere ‘ monitorate’ o a chiedere la ‘certificazione di qualità’ rispetto a quelle che si incamminano invece in progetti/processi di autoanalisi e autovalutazione.

Cosa pensare di questo fenomeno ? Certamente c’è un gran numero di scuole i cui operatori - i dirigenti più che i docenti - hanno interesse a che il loro lavoro e il loro ‘prodotto’ sia sottoposto a ‘valutazione esterna’ ( Talvolta savoir faire e faire savoir si incontrano). Così come ce ne sono tante altre che non lo desiderano affatto.

Ma perché l’autovalutazione non incontra ancora una attenzione diffusa e non estemporanea ?

Qualcosa intanto va cambiando nella normativa. Dai ‘nuclei di valutazione’ previsti dal D.L,vo n. 29/93 e mai attivati, alle recenti proposte di revisione degli Organi collegiali (Proposta di legge n 2010 del 21.11.01) qualcosa si è mosso e sembra ormai imminente la istituzione di Organi preposti ai processi di valutazione interna in ciascuna istituzione scolastica. ‘Esercitarsi’ perciò in esperienze di autovalutazione, correttamente impostate e portate avanti, sembra utile ed opportuno non solo per elevare i livelli di consapevolezza e di responsabilità degli operatori scolastici e la qualità dei servizi erogati ma può essere anche un modo concreto ed efficace per predisporsi ad una autonomia sempre più sostanziale all’interno della quale la valutazione di istituto diventa una funzione essenziale della gestione e della ricerca del miglioramento.

Mentre si va facendo un ulteriore tentativo di dare vita ad un Servizio nazionale di valutazione del sistema scolastico, (cfr. Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione ) c’è da augurarsi - e da impegnarsi - perché la cultura dell’autoanalisi e dell’autovalutazione faccia qualche passo avanti sul cammino della prassi organizzativa e gestionale delle scuole autonome. Ne va della loro credibilità e forse della stessa autonomia che in molte scuole è ancora più octroyée che conquistata e vissuta da tutti i suoi protagonisti.

Non si tratta di intraprendere qualche iniziativa specifica o isolata perché occorre un’azione progettuale - programmata, condivisa e partecipata - orientata a far evolvere il clima organizzativo e il sistema delle relazioni interne alle scuole verso un’idea - o un ‘modello’ possibile - di comunità organizzata di professionisti dell’educazione e dell’istruzione che - all’interno di regole e vincoli definiti a livello nazionale - interagiscono responsabilmente per realizzare una scuola capace di onorare nei diversi contesti le finalità formative e sociali che le competono.

E per professionisti intendo quelli cui fa cenno Schon ( Il professionista riflessivo, Dedalo editore) capace cioè di ‘riflessione nel corso dell’azione’ e/o di ‘conversazione riflessiva con la situazione’ atteggiamenti praticati in altri campi e ‘sperimentabili’, se si vuole, anche nelle istituzioni scolastiche autonome.


La pagina
- Educazione&Scuola©