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RIFORMA MORATTI 1

Umberto Tenuta

Non più Rapporto Bertagna!

Ormai siamo alla riforma moratti, seppure ancora in progress, come d’altra parte è giusto che sia, perché, come abbiamo scritto altrove, a rigore non si dovrebbe mai parlare di riforma (ri-forma, nuova forma), ma di processo innovativo: continuo, permanente!

Comunque, le linee della nuova scuola si intravedono già.

Innanzitutto, si può prendere atto con soddisfazione dell’anticipo della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.

Nel nostro commento Rapporto Bertagna 3 avevamo auspicato che il credito formativo per la frequenza della scuola dell’infanzia fosse utilizzato all’inizio della scuola primaria e che quindi si traducesse in un anticipo della classe Prima a 5 anni.

È quello che si prevede nella Bozza di riforma moratti.

La scuola primaria comincia a cinque anni ed a sei anni gli alunni sono già in seconda classe, come già oggi si verifica per gran parte dei bambini.

Si superano così le ingiustizie e le incresciose situazioni delle scuole dell’infanzia che al terzo anno si trasformano di fatto in "primine".

Con la riforma moratti, tutti i bambini hanno la possibilità di iniziare la scuola primaria a cinque anni: hanno la possibilità, non l’obbligo, perché sono i genitori a decidere, evidentemente d’intesa con i docenti.

L’inizio della scuola primaria (scuola elementare) a sei anni era stata decisa un secolo e mezzo fa, nell’ambito di una società caratterizzata da un’economia prevalentemente agricola e povera di stimolazioni socioculturali.

Ora la società è cambiata nella sua struttura e si sono diffusi i Mass media; avanza la Rivoluzione informatica dei Pc e dei Internet.

I bambini hanno la possibilità di svilupparsi più rapidamente: non precocemente, ma prima. Si pensi soltanto che ancora mezzo secolo fa i bambini di sei anni dovevano riempire pagine e pagine di astine per maturare le abilità neuromuscolari che consentissero di scrivere le lettere dell’alfabeto, mentre oggi già a due anni i bambini scarabocchiano con matita e penna (penne e matite!) ed arrivano alla scuola elementare che sanno già scrivere, almeno sul piano grafico.

Ma lo sviluppo si realizza prima, senza forzature, su tutti i piani, anche sul piano percettivo, anche sul piano logico, anche sul piano linguistico ecc.

Avviene prima, non solo perché la quasi totalità dei bambini frequenta la scuola dell’infanzia, ma avviene prima anche nelle famiglie perché sono aumentate le opportunità di sviluppo, di maturazione, di apprendimento, per cui è possibile, è auspicabile anche l’anticipazione della scuola dell’infanzia che di fatto già si attua. Moltissimi bambini già frequentano l’asilo nido e la gran maggioranza dei bambini chiede la frequenza della scuola dell’infanzia prima dei tre anni, soprattutto nelle scuole private.

Risulta perciò quanto mai opportuno antipare l’inizio della scuola dell’infanzia e della scuola primaria, ratificando una situazione di fatto.

A coloro che si oppongono all’anticipo si potrebbe provocatoriamente proporre di vietare severamente ogni forma di anticipo della frequenza della scuola dell’infanzia e soprattutto l’abolizione della possibilità di sostenere esami di idoneità alla classe seconda da parte dei bambini che non abbiano compiuto i sette anni di età e che oggi frequentano soprattutto le scuole private.

Ma, detto questo, non si può non esprimere l’amarezza di non vedere riconosciuta la scuola dell’infanzia nell’ambito della scuola per la formazione di base, anzi di non vedere affatto riconosciuto l’istituto di scuola per la formazione di base.

Dicevamo nel commento Rapporto Bertagna 3 che la maggiore difficoltà della riforma nasce dai retaggi di un passato che ormai dovrebbe essere superato sul piano della consapevolezza pedagogica e politica, soprattutto in una società democratica.

Eppure sono questi retaggi, anacronistici, di casta e di categoria, poco democratici e poco rispettosi dei diritti dei bambini ad un percorso formativo unitario, all’insegna della solo conclamata continuità educativa, a lasciare sopravvivere ancora le eredità storiche di una scuola dell’infanzia che, se non dichiarata scuola della mera "socializzazione", non si vede riconosciuta l’appartenenza di diritto alla scuola per la formazione di base che la sociologia dell’educazione, la psicologia dell’educazione e la pedagogia ormai da un secolo pienamente le riconoscono.

E sono questi i retaggi, anacronistici, di casta e di categoria, poco democratici e poco rispettosi dei diritti dei bambini, che hanno costretto a ricorrere a tutti gli escamotaggi, compreso quello dell’abolizione dell’esame di licenza elementare, ma senza pervenire ad una scuola per la formazione di base unitaria, non solo sin dall’inizio della scuola dell’infanzia, ma nemmeno comprensiva della scuola elementare e della scuola media, vanificando peraltro l’esperienza tanto decantata degli istituti comprensivi.

Restano distinte la scuola elementare e la scuola media.

Resta la scuola elementare ribattezzata come "scuola primaria", una denominazione falsa perché "primaria" è semmai la scuola dell’infanzia (<<primo segmento del sistema scolastico>>).

Resta la scuola media, riconfermata nel blasone della secondarietà che, stando al significato etimologico non dovrebbe essere lusinghiero, e che peraltro è anch’essa una denominazione falsa, in quanto semmai si tratta di scuola "terziaria".

Altrove abbiamo scritto che, se si voleva essere coerenti, si dovevano utilizzare le espressioni scuola dell’infanzia, scuola della fanciullezza, scuola dell’adolescenza e scuola della giovinezza.

Ma, soprattutto, andava espresso il significato della continuità educativa per tutta la durata dell’età evolutiva con l’istituto della scuola per la formazione di base, comprensiva della scuola dell’infanzia e della scuola dell’obbligo.

Ma, anche se nomina sunt numina, quello che conta sono i contenuti.

Ed anche qui, anche sul piano della forma , che poi è sostanza, ci sarebbe molto da modificare nella Bozza di riforma moratti.

Restano, nell’indicazione delle finalità generali di cui all’art. 1, le incertezze in ordine alle "capacità", alle "competenze", alle "abilità", alle "conoscenze", quando l’art. 3 della Costituzione repubblicana offre una chiara indicazione in ordine a quello che dovrebbe essere la finalità formativa del "sistema educativo di istruzione e di formazione", precisando che la Repubblica promuove il <<pieno sviluppo della persona umana>>, da intendere in linguaggio pedagogico aggiornato come piena formazione della persona umana, come formazione integrale, che non è compito specifico della sola scuola dell’infanzia, ma di tutta la scuola per la formazione di base e che va realizzata nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali dei singoli alunni.

Il concetto di formazione integrale, che si ritrova non solo esplicitamente riportato ma anche analiticamente presentato per la scuola dell’infanzia laddove si precisa che essa <<concorre all’educazione ed allo sviluppo affettivo, psicomotorio, cognitivo e sociale…>>, diventa poi nebuloso quando si definiscono le finalità della scuola primaria, ove peraltro manca l’espresso riferimento alla dimensione emotivo-affettiva, che pure oggi viene riconosciuta come componente essenziale della personalità (1) e della stessa formazione professionale (2).

Ancora più vago è il discorso per la scuola media, per la quale sul piano formativo restano solo le indicazioni relative alle <<abilità>>, allo <<sviluppo della personalità dell’allievo>>, riferite però solo all’impostazione didattica e metodologica e restano le indicazioni relative alla <<competenze>> ed alle <<capacità>> di scelta individuali.

Resta pure il riferimento alla <<crescita educativa>>, assieme a quella <<culturale e professionale>> dei giovani, da realizzare attraverso <<il sapere, il fare e l’agire>>.

Si dirà che <<l’agire>> è anche "l’essere". Ma non era preferibile essere espliciti, precisando che la scuola mira alla formazione integrale, intesa come piena formazione della persona umana nel rispetto delle identità personali, sociali, culturali e professionali, promovendo così l’orientamento.

Si dirà che il tutto è implicito nella <<autonoma capacità di giudizio>> e nell’<<esercizio della responsabilità personale e sociali>>.

Un’ulteriore notazione riguarda l’orientamento. Non sembra compatibile con il rispetto della persona umana la <<indicazione orientativa>> seppure <<non vincolante per la successiva scelta di istruzione e di formazione>> che deve emergere dagli esami di Stato.

Basti ricordare l’effetto demoralizzante che tale indicazione ha avuto nel giovane napoletano cui fa riferimento Piero Romei (3).

Semmai, a cominciare dalla scuola dell’infanzia, occorre impegnarsi a promuovere la formazione della capacità di orientarsi ed occorre promuovere organicamente, sistematicamente, efficacemente, in continuità con le altre istituzioni educative, la formazione integrale, tutte le possibilità formative, perché ogni alunno sia messo nella condizione di decidere del suo destino di vita personale, sociale e professionale, sulla base delle capacità che egli è stato effettivamente messo nella condizione di sviluppare.

Al riguardo, ci sembrano ancora equivoci i riferimenti alle <<attitudini>>, a meno che queste non siano considerate come risultati dei processi formativi, e non come eredità genetica, secondo la concezione classista dei <<capaci e meritevoli>> che pure si ritrova nella Carta costituzionale repubblicana e che solo pochi hanno avuto il coraggio di contestare.

Infine, un’ultima notazione critica riguarda la preminenza assegnata all’Università anche nel campo della formazione in servizio, laddove si prevede che <<le università definiscono nei regolamenti didattici di ateneo l’organizzazione di appositi servizi per la formazione degli insegnanti>>, sebbene apparentemente mitigata dalla precisazione che questo esse effettuano <<sulla base di convenzioni stipulate con le istituzioni scolastiche>>, che sembra poi annullata dall’indicazione che <<i servizi di cui al comma 5 curano anche la formazione in servizio degli insegnanti interessati ad assumere funzioni di supporto, di tutorato, di coordinamento dell’attività educativa, didattica e gestionale delle istituzioni scolastiche e formative>>.

Invece , uno degli elementi estremamente positivi è la forte sottolineatura dell’esigenza della personalizzazione educativa, peraltro estremamente coerente con i principi affermati dal Regolamento dell’autonomia scolastica di cui al D.P.R. 275/1999. Afferma, infatti, l’art. 3.3 del Progetto di riforma moratti che la scuola secondaria <<è caratterizzata dalla diversificazione didattica e metodologica in relazione allo sviluppo della personalità dell’allievo>>, così come l’art. 1 sancisce che <<il sistema di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita ed alla valorizzazione della persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età evolutiva e dell’identità di ciascuno>>.

Nei nostri precedenti Commenti al Rapporto Bertagna (Rapporto Bertagna 1; Rapporto Bertagna 2; Rapporto Bertagna 3), così come in altra sede (4), abbiamo evidenziato che la prospettiva di ogni sistema educativo o formativo non può che muovere nella direzione della personalizzazione educativa.

Con il Regolamento dell’autonomia scolastica si supera l’impostazione organizzativa e metodologico-didattica uniforme della scuola e ci si avvia verso la realizzazione di un sistema educativo personalizzato negli obiettivi formativi e nei percorsi apprenditivi, come condizione ineludibile per assicurare a tutti i giovani il riconoscimento della loro identità personale, sociale, culturale e professionale (<<le istituzioni scolastiche… riconoscono e valorizzano le diversità>>) e soprattutto per mettere tutti i giovani messi nell’effettiva situazione di perseguire e conseguire il <<successo formativo>>, procedendo nell’apprendimento secondo i propri livelli di sviluppo e di apprendimento, oltre che secondo i propri ritmi ed i propri stili apprenditivi.

La scuola del Regolamento dell’autonomia scolastica e della Riforma dei cicli dovrebbe configurarsi sempre più come una "scuola su misura", come una scuola nongraded, come una scuola personalizzata.

Il forte richiamo alla persona umana contenuto nell’art. 1 del Progetto di riforma moratti si muove in tale prospettiva, nel momento in cui fa esplicito riferimento ai <<ritmi dell’età evolutiva>>, alle <<differenze>>, alle <<identità di ciascuno>>, alle <<scelte personali>>.

Non si farebbe alcun guadagno educativo se alle esigenze dello Stato si sostituissero le esigenze delle realtà locali, e non invece le esigenze delle persone umane, in nome delle quali spesso si parla.

Ci auguriamo che non si resti fermi alla retorica personalistica e si dia invece una forte caratterizzazione personalistica al nuovo sistema formativo integrato, anche attraverso una effettiva <<cooperazione tra scuola e genitori>> e una sempre maggiore centralità degli alunni nell’organizzazione e nell’impostazione metodologico-didattica della scuola che gli operatori scolastici sono chiamati a costruire per assicurare a tutti i singoli alunni il loro inalienabile diritto alla piena formazione della loro personalità, nel rispetto delle loro identità personali, sociali, culturali e professionali, diritto che la Costituzione garantisce nel momento in cui afferma <<È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>(art. 3 Cost.).

 

P.S.

Avevamo scritto questa nota al momento della presentazione del Progetto di legge Moratti, esprimendo un nostro complessivo compiacimento.

Oggi, con accresciuta amarezza, prendiamo atto che i retaggi del passato e forse soprattutto gli interessi di parte rischiano ancora una volta di fare passare in secondo piano gli interessi dei giovani a un sostegno formativo che sia quanto più tempestivo possibile, nel rispetto dei loro ritmi di crescita e nell’intento di contrastare quanto più efficacemente possibile ogni forma di condizionamento sociofamiliare.

Tuttavia, ci ostiniamo a sperare che i diritti delle persone umane, quali sono anche i bambini, abbiano a prevalere!

Note

1 In merito cfr.: Goleman d., Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano, 1997; Di Pietro, M., L'Educazione Razionale-Emotiva. Edizioni Erickson, Trento,1998; MONTUSCHI F., Vita affettiva e percorsi dell'intelligenza, La Scuola, Brescia, 1983; MONTUSCHI F., L'intelligenza affettiva, La Scuola, Brescia, 1974.

2 TORNAR C., Dimensioni cognitive e affettive del processo di orientamento, Università degli studi di Roma Tre, Roma, 1996.

3 ROMEI P., Guarire dal mal di scuola, La Nuova Italia, Scandicci (Firenze), 2000.

4 TENUTA U., Il Piano dell’offerta formativa ¾ Moduli e unità didattiche – La programmazione nella scuola dell’autonomia, ANICIA, Roma, 2001, con CD-ROM; TENUTA U., La flessibilità nella scuola e la centralità degli alunni, ANICIA, Roma, (in corso di pubblicazione).


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