PROGRAMMAZIONE DIDATTICA MODULARE

MODULI DIDATTICI ED UNITÀ DIDATTICHE

di Umberto Tenuta

 

Le Programmazioni didattiche annuali possono presentarsi o secondo una prospettiva lineare che segue le linee della logica disciplinare o secondo una prospettiva modulare che, pur tenendo presenti le esigenze disciplinari, risulta particolarmente attenta ai vari processi apprenditivi.

H-C.A. Chang afferma che, sostanzialmente, i moduli didattici corrispondono alle unità didattiche: <<Il termine modulo (dal lat. modulus, diminutivo di modus, misura, regola, modello) nell’ambito didattico viene utilizzato di recente per indicare un insieme di esperienze di apprendimento (costruite generalmente in forma di unità didattica), riferite ad una disciplina o ad alcune discipline di studio, con l’indicazione precisa degli obiettivi da raggiungere, dei prerequisiti e della durata complessiva di svolgimento. A volte viene usato come sinonimo di unità didattica. Ogni m.d. è un micro-curricolo, quindi include, in rapporto ai soggetti alunni a cui è destinato, gli elementi essenziali costitutivi quali: obiettivi - contenuti - procedimenti/attività - mezzi - momenti e modalità della verifica. La caratteristica di un m. è la possibilità di combinarlo variamente con altri, in relazione con le competenze o qualificazioni previste: la durata dello svolgimento di un m. spesso viene a coincidere con la periodicità interna assunta (trimestre, o quadrimestre e più), si parla così di corsi o insegnamenti modulari, o di organizzazione per m. Data la diversa componibilità dei m. la modularità viene utilizzata soprattutto nell’ambito della formazione professionale ove gli utenti possono essere, in partenza, di livello diverso di preparazione e aver bisogno di uscire al termine di un m. e di rientrare per proseguire la qualificazione più elevata attraverso altri m. La realizzazione di ogni m. avviene secondo una Procedura ritenuta ormai indispensabile che si chiama algoritmo didattico la cui sequenza risulta in grandi linee: a) assicurazione dei prerequisiti (con pre-test/analisi della situazione/prove d’ingresso); b) realizzazione; c) verifica (post-test) il cui risultato determina la scelta didattica successiva, cioè o passare al successivo m., o integrare e correggere con un’unità didattica di sostegno>> ( AA.VV., Dizionario di Scienze dell’educazione, ELLE DI CI – L.A.S. . S.E.I., 1997, pp. 708-709.

 

Al riguardo, tenendo presente che l’attività programmatoria è articolata in almeno due documenti, il POF e la Programmazione didattica, è opportuno precisare che la Programmazione didattica è articolata in moduli didattici, i quali raggruppano un certo numero di unità didattiche.

L’unità didattica costituisce l’unità minima di programmazione, in quanto finalizzata al perseguimento di un obiettivo formativo specifico.

In tal senso, ad esempio, costituiscono una unità didattica le specifiche attività programmate per far acquisire agli alunni la capacità di calcolare le aree dei rettangoli, così come un’altra unità didattica potrebbe riguardare le attività per far acquisire la capacità di calcolare le aree dei triangoli, aree dei trapezi, aree dei cerchi ecc.

Rimanendo nell’esempio, tutte queste unità didattiche potrebbero essere considerate come costitutive di un modulo didattico finalizzato all’acquisizione della capacità di calcolare le aree delle figure piane (modulo didattico "aree").

Peraltro, il modulo didattico "aree", a sua volta, potrebbe far parte di un modulo didattico più ampio, quale quello della misura in generale, relativa sia alla Geometria piana che alla Geometria solida, ai fenomeni fisici, chimici, termici ecc. (modulo didattico "misure in generale"):

 

In questo senso, mentre l’unità didattica, mirata al perseguimento di obiettivi specifici (obiettivi formativi a breve termine), assume il significato di ultimo livello della programmazione didattica, cioè di microunità curricolare, il modulo didattico invece assume il significato di unità della programmazione didattica annuale, mirata al perseguimento di obiettivi a medio termine o addirittura di obiettivi a lungo termine.

In questa prospettiva, il modulo didattico dovrebbe avere per oggetto obiettivi di più ampio respiro delle unità didattiche , anche se circoscritti a determinati ambiti disciplinari o interdisciplinari e comunque costituiti da conoscenze, capacità, atteggiamenti omologhi, affini, se non equivalenti.

Il modulo didattico assume così una grande portata innovativa sul piano educativo e didattico, in quanto consente di uscire dal frammentarismo didattico, che non di rado caratterizza le attività educative e didattiche svolte quotidianamente nelle classi,nelle quali le attività spesso si susseguono senza una coerenza logica, per cui, ad esempio, alla lezione sulla Rivoluzione francese fanno seguito una lezione sui fiumi dell’Africa ed una lezione sui perissodattili.

Il modulo didattico, invece, mirato al perseguimento di un obiettivo di medio termine, assicura l’unitarietà dei singoli interventi didattici (unità didattiche) dei docenti delle singole discipline ovvero, auspicabilmente, dei docenti di discipline diverse, impegnati nel perseguimento di obiettivi interdisciplinari o transdisciplinari.

In tale prospettiva, infatti, si può pensare a una organizzazione modulare della didattica che assicuri l’unitarietà educativa e didattica all’interno delle stesse discipline e tra le diverse discipline.

 

i moduli didattici e l’unitarietà all’interno delle singole discipline

Nel passato, quando l’attenzione era rivolta ai saperi disciplinari così come risultavano sistemati nei trattati e nei manuali scolastici, le singole lezioni si susseguivano secondo una logica analitica che molto spesso risultava priva di senso per gli alunni, impegnati nell’apprendimento dei singoli aspetti della disciplina. Infatti, i capitoli si susseguivano ai capitoli o i paragrafi si susseguivano ai paragrafi della stessa disciplina; le diverse discipline si ponevano l’una di seguito all’altra, senza alcun collegamento; ogni docente seguiva la logica della propria disciplina, indipendentemente dagli altri docenti.

Le diverse discipline si svolgevano separatamente, anche quando i collegamenti erano estremamente forti. Si pensi, ad esempio, alla nascita di Gesù presentata dal docente di Religione come evento religioso, dal docente di Storia come evento storico, dal docente di Lingua italiana attraverso le poesie, dal docente di Educazione all’immagine attraverso il disegno, la plastica, la costruzione ecc.

Ora, in una scuola che si pone in una preminente prospettiva formativa, nel rispetto della concezione integrata della personalità, non si può non cercare in tutti i modi di far convergere i diversi interventi educativi e didattici al perseguimento di obiettivi formativi unitari, ricercando tutti i possibili collegamenti fra le discipline e le singole unità didattiche.

In tale prospettiva, si pongono gli obiettivi formativi trasversali, che sono comuni a diverse discipline (interdisciplinarità), come ad esempio il concetto di misura che viene trattato in Matematica e nelle Scienze, dall’altra l’esigenza di collegare i diversi obiettivi formativi in quanto mirati alla comprensione di uno stesso fenomeno da diverse angolazioni disciplinari (multidisciplinarità).

E, quindi, si pone innanzitutto l’esigenza di moduli didattici all’interno delle singole discipline, per cui ad esempio, nella Geografia, un modulo didattico può riguardare il ciclo delle acque o gli insediamenti umani oppure i fenomeni sismici. Nel campo della Lingua italiana, ad esempio, un modulo didattico può riguardare la flessione dei verbi, dei nomi e degli aggettivi; un altro l’ortografia; altri la sintassi.

Tuttavia, i moduli didattici disciplinari possono essere collegati in moduli didattici interdisciplinari, per cui l’attività didattica dei diversi docenti risulta collegata, coordinata, finalizzata al perseguimento degli stessi obiettivi formativi (obiettivi formativi trasversali).

Al riguardo, è appena il caso di evidenziare che doveva essere questa la logica dell’organizzazione modulare della scuola elementare prevista della L. 148/1990, fondata sull’assegnazione di alcune discipline agli stessi docenti sulla base delle loro affinità. Il significato del modulo didattico della L. 148/1990 discendeva, non tanto dall’aggregazione delle due/tre classi, quanto dalla ripartizione delle discipline in tre o quattro ambiti disciplinari. L’ambito disciplinare, in quanto costituito da discipline affini, avrebbe dovuto rappresentare, secondo la L. 148/1990, e dovrebbe rappresentare, secondo il Regolamento dell’autonomia scolastica (art. 4.2e), una possibilità di modularizzare l’attività educativa e didattica sulla base di obiettivi formativi comuni a più discipline (obiettivi trasversali). Si pensi, in questo senso, agli obiettivi comuni ai diversi linguaggi per l’ambito linguistico, agli obiettivi comuni alla matematica ed alle scienze per l’ambito matematico-scientifico ecc.

Tuttavia, al riguardo vanno prese in considerazione anche gli altri aspetti della modularità che riguardano l’articolazione modulare del monte ore annuale delle singole discipline e l’articolazione modulare dei raggruppamenti degli alunni.

La "modularità" in questione è collegata non solo all’affinità disciplinare degli obiettivi formativi ma soprattutto alla loro affinità didattica, in quanto mirate a soddisfare specifiche esigenze didattiche. Ad esempio, nel caso dell’articolazione modulare del monte ore annuale, si pone l’esigenza dell’articolazione del calendario scolastico in riferimento alle esigenze dei singoli alunni, che potrebbero richiedere maggiori spazi temporali in determinati periodi dell’anno scolastico (attività compensative, attività di recupero…).

Più coerentemente con la logica modulare sembra essere la prevista <<aggregazione delle discipline in aree e ambiti disciplinari>> che, come era previsto anche dalla L. 148/1990 per la scuola elementare , mira a costituire ambiti o aree disciplinari affini e quindi funzionali al perseguimento di obiettivi formativi comuni, in tutti gli ordini di scuola .

Al riguardo, appare opportuno evidenziare che non basta aggregare le discipline affini, ma ciò che importa è l’individuazione ed il perseguimento di obiettivi educativi e didattici comuni (obiettivi trasversali), attraverso la progettazione di appositi moduli didattici. L’aggregazione di più discipline consente al docente cui sono affidate di organizzare le unità didattiche, seppure distinte per discipline, nell’ambito di moduli didattici finalizzati al perseguimento degli stessi obiettivi formativi (obiettivi transdisciplinari). Ma le discipline possono restare affidate a docenti diversi, che però debbono impegnarsi a individuare gli obiettivi trasversali, i quali si configurano in una logica diversa da quella dei centri di interesse o centri di argomenti.

Non importano gli interessi per determinate attività o i contenuti, ma l’obiettivo formativo che si vuole che l’alunno persegua e che deve costituire l’oggetto del suo interesse. Ciò che deve interessare gli alunni non sono i trapezi, i triangoli, i cerchi, i fenomeni elettrici, acustici ecc., quanto la "misura", la possibilità di effettuare comparazioni, confronti, misure.

In fondo, al bambino impegnato ad approfondire la sua capacità di contare, non importano gli oggetti da contare, che possono essere le automobili che transitano sulla strada, gli alberi del viale, le caramelle, le stelle nel cielo. Agli alunni importa approfondire la capacità di contare attraverso la conta degli oggetti più diversi.

Peraltro, anche nel caso dell’articolazione modulare del monte ore annuale, finalizzato al recupero, alle attività compensative, alla funzionalità didattica in genere, ciò che caratterizza i moduli è l’affinità degli obiettivi formativi. La cosa risulta più evidente in riferimento all’articolazione modulare dei gruppi di alunni.

Gli alunni vengono raggruppati secondo una scansione modulare, cioè flessibile, articolabile secondo le esigenze specifiche dei singoli alunni.

In particolare, si può ritenere che i moduli didattici si configurano come percorsi didattici che consentono di perseguire gli obiettivi formativi a medio termine indicati nella programmazione educativa contenuta nel POF .

Poiché gli obiettivi a medio termine sono funzionali al perseguimento degli obiettivi a lungo termine che attengono alla formazione complessiva della personalità, considerata nella molteplicità integrata delle sue dimensioni costitutive, è necessario che gli interventi dei singoli docenti convergano tutti al perseguimento degli obiettivi a lungo termine secondo la loro scansione in obiettivi a medio termine relativi alle singole annualità (o altre scansioni temporali del singolo ciclo scolastico) ed alle singole discipline o attività.

Al riguardo, è opportuno evidenziare che ciò che deve prevalere, non è la logica disciplinare, ma la logica formativa, in quanto i contenuti disciplinari assumono rilevanza non in se stessi ma in quanto funzionali al perseguimento degli obiettivi formativi, in termini di conoscenze, capacità ed atteggiamenti.

Occorre impegnarsi seriamente ad operare questa inversione di prospettiva, superando la logica epistemocentrica che portava ad accentuare l’importanza dei contenuti disciplinari e privilegiando la logica formativa, attenta agli obiettivi formativi, considerati unitariamente, nella prospettiva della formazione integrale ed integrata della personalità.

Ed allora, gli obiettivi formativi vanno considerati non solo nella loro accezione disciplinare ma anche nella loro prospettiva interdisciplinare e transdisciplinare.

Si esaltano così le interrelazioni, i collegamenti, i motivi della unitarietà dei diversi obiettivi all’interno delle singole discipline e tra le diverse discipline. Anche nell’ambito della stessa disciplina, è possibile coglier collegamenti e corrispondenze, connettivi unificanti, per cui è opportuno che la programmazione didattica sia effettuata, anziché in una prospettiva atomistica di specifiche unità didattiche, in una prospettiva unitaria di moduli didattici quanto più possibile multidisciplinari, interdisciplinari, transdisciplinari.

Nasce da questa esigenza la programmazione modulare degli interventi didattici dei docenti.

I moduli didattici si riferiscono ad obiettivi a medio termine relativi alla stessa o a diverse discipline e saranno poi articolati in unità didattiche.

L’attività didattica si struttura non più sulla base della logica delle singole discipline, e quindi nella forma analitica, atomistica, molecolare delle unità didattiche , ma nella forma molare dei moduli didattici.

Pertanto, la Programmazione didattica annuale può risultare articolata in moduli didattici relativi alle singole discipline (moduli didattici disciplinari) e in moduli didattici relativi alle diverse discipline (moduli didattici interdisciplinari).

Al riguardo, è opportuno evidenziare che la interdisciplinarità può essere intesa, sia nel senso della multi-pluridisciplinarità, che si riferisce al perseguimento di obiettivi formativi che richiedono il concorso di diverse discipline, sia nel senso della transdisciplinarità, che si riferisce al perseguimento di obiettivi formativi trasversali, comuni a più discipline.

In sintesi, si può ritenere che i momenti programmatori sono due, distinti ma interconnessi:

1) il primo momento riguarda la elaborazione del POF, che si correla strettamente alla elaborazione delle Programmazioni didattiche annuali, le quali si presentano come integrazione dei Piani educativi personalizzati e si articolano in moduli didattici;

2) il secondo momento riguarda l’articolazione dei moduli didattici in unità didattiche: nell’ambito dei singoli moduli didattici vengono predisposte le specifiche unità didattiche.

 

LE UNITÀ DIDATTICHE

La programmazione dei moduli didattici avviene all’inizio dell’anno scolastico, nell’ambito delle Programmazioni didattiche annuali. Ma la programmazione avrebbero scarso significato se si limitasse alla elaborazione del POF e delle Programmazioni didattiche annuali e non prevedesse anche la programmazione didattica periodica.

Nel POF e nelle Programmazioni didattiche annuali si delinea la complessiva organizzazione e attività educativa e didattica, organizzazione che poi si mette a punto continuamente nel corso dell’anno scolastico.

Si é detto che la programmazione non è un documento, ma un processo programmatorio, un’azione programmatoria, una programma¾ azione.

L’attività programmatoria si concretizza, si attua, si realizza effettivamente nella predisposizione delle unità didattiche, cioè dei percorsi didattici attraverso i quali gli alunni pervengono al conseguimento degli obiettivi formativi.

Nella scuola della lezione frontale l’esigenza della programmazione non era molto avvertita, perché l’attività non veniva svolta dagli alunni, ma dai docenti, peraltro molto spesso secondo schemi che erano quelli legati alla struttura logica delle discipline e consolidati dalla prassi didattica.

Bastava che il docente "preparasse" la lezione, approfondendone i contenuti e semmai l’articolazione della esposizione, anche con il ricorso ad eventuali supporti audiovisivi, che oggi possono essere pienamente sostituiti dalle tecnologie multimediali.

La situazione cambia radicalmente nel momento in cui si riconosce che ciò che importa sono i processi apprenditivi, i processi attraverso i quali i concetti, le idee, le teorie vengono riscoperti, ricostruiti, reinventati dai singoli alunni, per cui occorre programmare soprattutto i percorsi apprenditivi, i percorsi formativi.

In tale prospettiva, le unità didattiche si configurano come percorsi formativi.

Le unità didattiche assumono effettivo significato soprattutto se in esse vengono delineati i percorsi e le procedure più idonee per lo svolgimento dell'insegnamento, cioè le modalità concrete per mezzo delle quali conseguire gli obiettivi formativi, tenendo però presente che, in una prospettiva costruttivistica ed operativa, fondata soprattutto sul metodo della ricerca, essi vanno in modo prevalente intesi come attività che gli alunni debbono svolgere, di norma, prima a livello concreto, poi a livello iconico ed infine anche a livello simbolico.

Le unità didattiche si identificano spesso con i percorsi didattici, con gli itinerari didattici. Se i percorsi didattici e gli itinerari didattici vengono assunti nel significato generale di un percorso che ha un inizio e una meta, che segue una determinata strada e che si avvale di determinati strumenti, può valere l’identificazione.

Ma forse è opportuno distinguere tra unità didattica (o unità di lavoro) e itinerario o percorso didattico, intendendo con quest’ultimo specificamente le strategie di insegnamento/apprendimento che vengono previste ai fini del perseguimento degli obiettivi formativi.

Una volta fissate le mete (obiettivi) da perseguire ed effettuata l’analisi della situazione, occorre ricercare, individuare e mettere a punto i percorsi didattici, i percorsi di apprendimento dei singoli alunni: come i singoli alunni pervengono al conseguimento degli obiettivi?

Si tratta di un problema che molto spesso i docenti si pongono specificamente solo per gli alunni portatori di handicap, per i quali elaborano i Piani educativi personalizzati , mentre per gli altri alunni, di solito, si procede secondo la consolidata prassi didattica, prevalentemente fondata sulla lezione frontale. È infatti frequente che si contrapponga al lavoro collettivo della classe il lavoro di gruppo o individuale degli alunni portatori di handicap o svantaggiati.

Il problema dei percorsi didattici stenta a porsi. Le riviste e le guide didattiche offrono percorsi di apprendimento ma non sempre si valorizza no al massimo i processi di apprendimento degli alunni attraverso le attività di ricerca/riscoperta/ricostruzione/reinvenzione ed in forma individualizzata.

Anche quando vengono descritti i percorsi didattici, essi risultano quasi sempre collettivi, di tutta la scolaresca. Si verifica al riguardo una situazione schizofrenica. Mentre sul piano teorico si riconosce l’esigenza della personalizzazione educativa, poi sul piano pratico si continua ad avere come riferimento dell’attività educativa e didattica l’intera classe.

È pertanto opportuno porre maggiore attenzione alle due esigenze sopa richieste: i percorsi didattici e la loro personalizzazione.

Al riguardo, è opportuno tenere presente che:

1) si sa veramente solo quello che si scoperto, per cui occorre favorire la riscoperta;

2) la riscoperta favorisce la memorizzazione;

3) la riscoperta non risulta utile solo ai fini dell’acquisizione delle conoscenze ma anche ai fini della formazione delle capacità e degli atteggiamenti (finalità formative);

4) la ricerca avviene sempre secondo i ritmi e gli stili di apprendimento dei singoli alunni (individualizzazione dell’insegnamento).

Occorre perciò impegnarsi a prevedere, progettare e predisporre i percorsi formativi individualizzati.

Una volta previsti gli obiettivi, i docenti debbono individuare i percorsi didattici, le strategie di apprendimento più adeguate ai singoli alunni .

Al riguardo, non basta utilizzare gli schemi operativi routinari, consolidati dalla comune prassi didattica , perché occorre che i percorsi didattici siano adeguati alle specifiche situazioni di apprendimento dei singoli alunni, dei loro livelli, dei loro stili e dei loro ritmi di apprendimento, tenendo conto delle loro situazioni particolari.

Pertanto, occorre effettuare una vera e propria ricerca, che muova dalla definizione del problema, dalla ricognizione degli elementi che si ritiene possano essere utili e dal loro confronto per cercare di individuare quelli che si ritengono più adeguati.

Occorre impegnarsi a scegliere le strade: non si può imboccare la prima strada che si affaccia alla mente.

Forse, al riguardo, potrebbe essere utilizzata l’analogia dell’intervento chirurgico. L’intervento chirurgico viene progettato sulla base dell’analisi del quadro clinico,costituito da tutti i più diversi accertamenti diagnostici, ipotizzando le diverse modalità di intervento, per scegliere quella più adeguata.

Un chirurgo si pone il problema se è necessario amputare un arto oppure se si può intervenire solo sui muscoli, sui vasi sanguigni, sulle ossa, riducendo al minimo possibile il danno.

Forse si è portati a riconoscere legittimo un tale responsabile comportamento, trattandosi di organi del corpo, la cui amputazione peraltro potrebbe far ricadere sul chirurgo delle responsabilità ove egli operasse senza adeguata consapevolezza, adottando una soluzione inadeguata.

Ma non si considera abbastanza che i danni prodotti dall’attività educativa e didattica possono risultare molto più gravi dei danni fisici.

Non si riflette abbastanza sui danni meno vistosi, meno eclatanti, che i mancati apprendimenti possono produrre nella vita degli individui, decretandone il destino, non solo professionale, ma anche umano ed esistenziale.

Occorre perciò riflettere sulla grande responsabilità che il docente ha nel momento in cui si accinge a proporre agli alunni determinati percorsi formativi .

E perciò l’individuazione dei percorsi didattici si configura come un’attività di grande responsabilità, alla quale occorre riservare maggiore attenzione e maggiore spazio, anche temporale.

Non si vede la ragione perché le due ore della programmazione didattica siano state previste solo per i docenti della scuola elementare e non anche per i docenti della scuola dell’infanzia e della scuola secondaria. Non solo occorre estendere le due ore della programmazione didattica ai docenti delle altre scuole, ma occorre aumentarle, nella consapevolezza che l’attività programmatoria costituisce un momento non accessorio, e come tale di secondaria importanza, ma fondante dell’attività educativa e didattica. Insegnare diventa sempre più un impegno di programmazione, come d’altra parte avviene anche nel mondo della produzione industriale, nel quale la progettazione costituisce ormai l’aspetto più significativo ed impegnativo: una volta progettata, la costruzione delle macchine viene affidata agli automi.

Nell’attività educativa e didattica non è possibile affidare l’esecuzione di tutta l’attività educativa e didattica agli automi, anche se essi possono svolgere un ruolo estremamente significativo, se adeguatamente programmati.

Tuttavia, resta il fatto che l’attività di programmazione è fondamentale, decisiva.

L’intervento della scuola è intenzionale e programmatico: Solo così offre garanzie di validità, di efficacia, di qualità.

E, perciò, i docenti debbono essere messi nella condizione di studiare e di mettere a punto i percorsi didattici, le strategie di apprendimento, le attività che gli alunni debbono effettuare.

Non si tratta di preparare la lezione, (ri)studiando l’argomento, magari con grande senso di responsabilità e quindi anche con grande impegno: questo lavoro è prezioso, importante, necessario, ma non basta.

Non basta nemmeno per la lezione frontale, che va progettata in riferimento ai livelli di apprendimento della scolaresca, al particolare contesto ecc.; ma non basta soprattutto nel momento in cui si riconosce che gli interventi didattici debbono essere individualizzati e debbono fondarsi soprattutto sull’attività di ricerca/riscoperta/ricostruzione/reinvenzione da parte dei singoli alunni.

Occorre che il materiale che si offre agli alunni, sia esso costituito da parole, immagini, oggetti concreti, risulti adeguato ai loro livelli, ai loro stili ed ai loro ritmi di apprendimento, ma occorre soprattutto che gli alunni siano messi nella condizione di volerlo e di poterlo utilizzare per scoprire i concetti, le idee, le teorie.

Occorre delineare, più che i percorsi didattici del docente che insegna, i percorsi dei singoli alunni che apprendono, impegnandosi a ricercare quali possano essere gli itinerari più adeguati che ciascun di essi può seguire per perseguire gli obiettivi, per apprendere, per formarsi.

Tenendo presente il concetto che gli alunni debbono acquisire , i docenti delineano le attività che i singoli alunni debbono effettuare a livello concreto, iconico o simbolico, a seconda dei loro livelli di sviluppo, per pervenire alla scoperta, alla costruzione, alla invenzione delle conoscenze, dei concetti, delle teorie (perseguimento dell’obiettivo).

Al riguardo, è opportuno tenere presente quanto afferma Tommaso D’Aquino: la scoperta (inventio) consiste nel mettere colui che deve apprendere nelle stesse condizioni di colui che per primo ha effettuato la costruzione del concetto (la scoperta).

Qual è questa situazione? Qual è la situazione didattica più favorevole alla riscoperta/ricostruzione/reinvenzione dei concetti, delle regole, delle teorie che costituiscono l’obiettivo dell’apprendimento?

Oggi si ritiene che sia una situazione problematica, analoga a quella che all’origine ha portato all’invenzione dei concetti.

I docenti debbono creare situazioni problematiche che possano portare gli alunni alla scoperta..

Non si tratta di proporre rigidi procedimenti esecutivi, ma vere e proprie situazioni problematiche nelle loro linee essenziali (modelli di situazioni problematiche).

 

La struttura delle unità didattiche

L’unità didattica può essere fatta corrispondere alla scansione degli obiettivi formativi da far perseguire agli alunni.

Il concetto di unità didattica è stato introdotto soprattutto nell’ambito del Piano di Winnetka (1919) ed è stato poi precisato dal Bloom nell’ambito della teoria del Mastery learning.

La predisposizione delle unità didattiche è stata gradualmente introdotta nelle scuole, anche in riferimento all’affermarsi dell’Istruzione Programmata.

Un particolare impulso, almeno a livello di scuola elementare, alla elaborazione delle unità didattiche è venuto dalla programmazione didattica prevista dalla Legge 148/1990, la quale, non solo ha disciplinato la <<programmazione dell'attività didattica>>, affermando, in particolare, che essa si propone <<il perseguimento degli obiettivi stabiliti dai programmi vigenti predisponendo un'organizzazione didattica adeguata alle effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni>>, ma ha assegnato due ore dell'orario settimanale di insegnamento alla elaborazione della <<programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti di ciascun modulo, in tempi non coincidenti con l'orario delle lezioni>>.

La programmazione didattica periodica è stata così finalmente definita nei suoi compiti e nei suoi tempi: accanto alla programmazione educativa ed alla programmazione didattica annuale si colloca la programmazione didattica periodica che delinea i percorsi e le procedure più idonee dell'attività educativa e didattica, cioè le unità didattiche.

Tale orientamento troverà poi piena conferma nella Relazione Zoso e negli Orientamenti per la scuola materna del 1991 che conservano il loro valore di documenti pedagogici. Anche se nel testo degli Orientamenti del 1991 non si ritrova più la precisa affermazione, contenuta nella precedente Relazione Zoso, che la scuola deve <<divenire luogo educativamente pregnante, dove nulla è lasciato alla casualità ed all'improvvisazione, ma tutto è predisposto in modo flessibile con intelligenza educativa>>, tuttavia le sottolineature dell'importanza di una puntuale programmazione didattica ritornano insistenti. Innanzitutto, si afferma che <<L'approccio intenzionale e programmatico alle finalità e allo sviluppo dei campi di esperienza propri della scuola materna richiede una organizzazione didattica intesa come predisposizione di un accogliente e motivante ambiente di vita, di relazioni e di apprendimenti che, escludendo impostazioni precocemente disciplinaristiche e trasmissive, favorisca una pratica basata sulla articolazione di attività, sia strutturate che libere, differenziate, progressive e mediate>>. Poi, nel mentre si fa preciso riferimento alla <<elaborazione di itinerari di lavoro>> e si afferma che <<Le esperienze formative... sebbene possano essere stimolate dal gioco, dalle attività ricorrenti oppure prendere spunto da eventi occasionali, vanno adeguatamente previste>>, si arriva perfino a prevedere una opportuna disciplina delle attività ludiche: <<L'insegnante svolgerà compiti di regia educativa, predisponendo ambienti stimolanti e ricchi di opportunità diversificate di esercizio; inoltre programmerà con cura la scelta, l'ordine di successione e le modalità di svolgimento dei giochi di regole>>.

Comunque, per fugare ogni dubbio sul riconoscimento della necessità della programmazione didattica periodica, anche nella forma delle unità didattiche, basti riflettere sulla circostanza che la L. 148/1990, anche se limitatamente alla scuola elementare, ha destinato due ore dell'orario settimanale di insegnamento alla elaborazione della <<programmazione didattica>>: non sembra sia necessario evidenziare che le due ore settimanali non sono destinate all'adeguamento o alla regolazione continua della programmazione didattica annuale, ma alla elaborazione della programmazione didattica periodica.

Evidentemente, così come si precisa nei Programmi didattici del 1985, la programmazione didattica prevista dalla L. 148/1990 deve delineare <<i percorsi e le procedure più idonee per lo svolgimento dell'insegnamento>>, cioè le <<modalità concrete per mezzo delle quali conseguire le mete fissate dal programma>>.

In tal senso si sono mossi gli insegnanti della scuola elementare , che nelle due ore settimanali destinate alla programmazione didattica si sono impegnati ad elaborare gli itinerari dell'attività educativa e didattica (unità didattiche), dando ad essi la scansione ritenuta più opportuna, settimanale o quindicinale.

In siffatto impegno dei docenti si invera il valore della loro attività programmatoria, che, ove si limitasse all'elaborazione del POF e della programmazione didattica annuale, avrebbe scarso significato. Anche se l’attività programmatoria annuale costituisce la premessa indispensabile della programmazione didattica periodica, che senza quella finirebbe col fare assumere carattere di episodicità all'attività educativa e didattica, tuttavia la programmazione didattica periodica costituisce momento fondante dell'attività programmatoria.

Diverse possono essere le forme in cui può tradursi la programmazione didattica periodica. Comunque, in linea di massima, si può ritenere che essa possa consistere nella predisposizione di unità didattiche, cioè di momenti di attività educativa e didattica che, pur collegandosi ai momenti precedenti ed a quelli successivi, senza necessariamente assumere sempre carattere esaustivo, tuttavia delineano un complesso unitario di interventi finalizzato al perseguimento di precisi obiettivi educativi e didattici, in termini di primo approccio oppure di pieno conseguimento, di consolidamento oppure di approfondimento.

Così come nella Programmazione didattica annuale si integrano i Piani educativi personalizzati, anche la programmazione didattica periodica deve tradursi nella elaborazione di percorsi formativi ed apprenditivi che debbono essere sempre personalizzati, cioè adeguati ai livelli di sviluppo e di apprendimento, oltre che ai ritmi ed agli stili di apprendimento dei singoli alunni, anche se realizzati attraverso momenti comuni all’intera scolaresca e momenti specifici di lavoro di gruppo e/o di lavoro individuale.

Così come i Piani educativi personalizzati, anche le unità didattiche debbono essere personalizzate.

Se si vuole assicurare il successo dei singoli alunni nei processi di apprendimento nei quali vengono impegnati, occorre che questi siano adeguati ai livelli di sviluppo e di apprendimento , oltre che ai ritmi ed agli stili di apprendimento dei singoli alunni.

Questa esigenza va tenuta effettivamente presente eliminando finalmente dalla scuola gli interventi didattici uguali per tutti gli alunni, i quali, mentre mortificano le possibilità apprenditive di alcuni alunni, rendono impossibile ad altri l’apprendimento, in quanto le attività didattiche non risultano adeguate alle loro caratteristiche personali.

Tutti i discorsi sulla individualizzazione dell’insegnamento, sulla personalizzazione educativa, sui ritmi e sugli stili di apprendimento acquistano senso solo nella misura in cui risulta personalizzata la concreta attività didattica che si svolge quotidianamente nelle aule.

Tuttavia, ciò non significa che ogni alunno debba procedere individualmente, perché nelle singole classi sono sempre presenti gruppi di alunni che hanno analoghi livelli di sviluppo e di apprendimento, analoghi stili e ritmi di apprendimento, per cui essi possono lavorare assieme.

Peraltro, occorre tenere presente che a volte risulta opportuno anche una certa eterogeneità di gruppi di lavoro.

Inoltre, l’individualizzazione dell’insegnamento va riferita ai diversi momenti in cui si articola l’attuazione delle singole unità didattiche, momenti che in linea di massima sono i seguenti:

In linea di massima, ogni unità didattica:

1. muove dall'analisi della situazione, cioè <<dalle effettive capacità ed esigenze di apprendimento degli alunni>>.

2. precisa gli obiettivi, cioè gli atteggiamenti, le capacità e le conoscenze che gli alunni debbono perseguire;

3. delinea <<i percorsi e le procedure più idonee>>, cioè le <<modalità concrete>> delle attività che, secondo un'impostazione didattica prevalentemente fondata sulla ricerca, gli alunni sono chiamati a svolgere, collettivamente, in gruppo o individualmente;

4. indica le tecnologie educative da utilizzare, assicurando adeguato spazio, sia all'utilizzazione di materiali concreti, comuni e strutturati, sia alle <<tecnologie innovative>>;

5. stabilisce i criteri e gli strumenti di valutazione dei risultati conseguiti, considerando la valutazione come strumento per la continua regolazione della programmazione, cioè per introdurre per tempo quelle modificazioni o integrazioni che risultassero opportune.

 

L'analisi della situazione

Perché risulti efficace, l'azione educativa e didattica deve essere, non solo ispirata a validi criteri metodologico-didattici , ma anche personalizzata, cioè adeguata alle esigenze formative ed alle <<caratteristiche personali>>( ritmi, stili, livelli di sviluppo e di apprendimento) dei singoli alunni.

La ricerca sociopsicopedagogica ha confermato, come era stato già intuito dai grandi pedagogisti del passato, dal Rousseau al Claparède, che i fanciulli sono diversi l'uno dall'altro per le loro caratteristiche non solo fisiche ma anche cognitive ed affettive. Essi hanno stili e ritmi di apprendimento diversi, che occorre tener ben presenti nell'impostazione dell'azione educativa e didattica, come viene in modo particolare sottolineato dalla metodologia del Mastery learning.

Come si afferma nella relazione fassino, che conserva il valore di documento pedagogico, <<ciascun fanciullo viene a scuola con un patrimonio variamente sviluppato di esperienze, che possono avere sollecitato in misura pur varia le sue capacità... La scuola deve prendere atto di queste diversità e inserirle in un programma didattico che tenga conto dei diversi punti di partenza, delle diverse capacità di trar profitto dalla scuola, dei diversi stili di apprendimento>>.

Oltre che per gli stili ed i ritmi di apprendimento, i fanciulli si diversificano per i livelli di sviluppo e di apprendimento, per le motivazioni (atteggiamenti, interessi, predilezioni…) ecc. Come si legge nella bozza dei Programmi didattici del 1985, di cui alcune indicazioni metodologico-didattiche posso essere assunte come valide anche per gli altri ordini di scuola, <<per assicurare la continuità dello sviluppo individuale in rapporto alle esperienze educative precedenti, la scuola elementare, anche in assenza degli auspicati raccordi istituzionali, si propone in primo luogo di conoscere e valorizzare le esperienze che ciascun bambino ha fatto e continua a fare al di fuori della scuola, le conoscenze che ha già acquisito (anche attraverso i mezzi di comunicazione di massa) e le sicurezze raggiunte sul piano affettivo e sociale>>.

Poiché gli alunni possono essere produttivamente impegnati in un'attività di apprendimento solo se possiedono i relativi prerequisiti cognitivi ed affettivi, gli insegnanti debbono individuare, sia le conoscenze, le abilità e le capacità, sia le motivazioni specifiche, che gli alunni possiedono in riferimento agli obiettivi da perseguire.

In effetti, l'elaborazione delle unità didattiche deve realizzare un opportuno equilibrio tra la struttura logica delle discipline, che richiede il rispetto della progressione degli obiettivi e dei contenuti, e le caratteristiche evolutive degli alunni, le quali non vanno misconosciute, ma sollecitate, stimolate, promosse, nella prospettiva del raggiungimento di più avanzati livelli di sviluppo e di apprendimento.

Ove dovessero accertare carenze nello sviluppo e mancato possesso dei prerequisiti, gli insegnanti debbono programmare ed attuare appositi interventi compensativi e di recupero, al fine di assicurarne comunque il possesso da parte di tutti gli alunni all'inizio delle attività di apprendimento relativi ai singoli obiettivi programmati.

 

La specificazione e la definizione degli obiettivi

Nelle unità didattiche gli obiettivi formativi a medio termine della Programmazione didattica annuale vengono specificati e definiti, per quanto possibile, in termini di obiettivi a breve termine.

Nella individuazione di tali obiettivi occorre sempre tener presente l'orientamento formativo che, in prospettiva educativa e culturale, emerge chiaramente dal Regolamento dell’autonomia scolastica.

Pertanto, è necessario che nella predisposizione delle specifiche unità didattiche vengano di volta in volta esplicitati, sia gli obiettivi disciplinari specifici (linguaggi, quadri concettuali, modalità di indagine delle singole discipline), sia gli obiettivi formativi relativi formazione complessiva della personalità (formazione cognitiva, affettiva, sociale, morale ecc.).

Al riguardo, si ritiene estremamente utile evidenziare che in ogni unità didattica, in ogni processo di apprendimento, si perseguono molteplici obiettivi formativi. Anche se mirata al perseguimento di uno specifico obiettivo disciplinare, le attività svolte dagli alunni consentono di perseguire obiettivi formativi relativi a diverse dimensioni della personalità. In particolare, è opportuno evidenziare che gli obiettivi che di fatto vengono conseguiti si riferiscono, non solo a conoscenze ed a capacità, ma anche ad atteggiamenti. A volte questo avviene involontariamente, anche se non previsto dai docenti, come capita spesso, quando, ad esempio, costretti ad apprendere determinate discipline, gli alunni maturano atteggiamenti negativi nei confronti di tali discipline.

Nell’organizzazione didattica tradizionale il docente seguiva la logica della disciplina di studio, alla quale gli alunni dovevano adeguarsi. Chi non ci riusciva "restava indietro" ed era lasciata a lui la responsabilità di "recuperare" il gap, di "mettersi al passo", fuori della scuola .

Nella scuola dell’autonomia, l’attività educativa e didattica deve essere personalizzata. Il che significa che anche gli obiettivi formativi debbono essere sempre personalizzati.

La personalizzazione degli obiettivi formativi significa che:

Pertanto, le unità didattiche possono riguardare sia obiettivi generali o standard che obiettivi formativi integrativi e gli eventuali obiettivi formativi aggiuntivi.

Nell’un caso e nell’altro, gli obiettivi formativi vanno commisurati ai livelli di sviluppo e di apprendimento dei singoli alunni , nel senso che si possono prevedere diversi livelli di conseguimento, sia degli obiettivi formativi generali o standard che degli obiettivi integrativi.

Pertanto, precisare gli obiettivi formativi significa anche individuare i livelli di conseguimento per i singoli alunni o per gruppi di alunni.

In tale prospettiva, pur essendo tutti gli alunni impegnati nel perseguimento dello stesso obiettivo formativo, vengono previsti livelli diversi di perseguimento e quindi anche itinerari diversificati.

È comunque opportuno che gli obiettivi formativi siano precisati in termini quanto più possibile puntuali e chiari, accessibili ai singoli alunni, in modo che essi sappiano precisamente quali siano precisamente le conoscenze, le capacità e gli atteggiamenti da perseguire.

In una prospettiva didattica metacognitiva, la conoscenza degli obiettivi, cioè delle mete, costituisce un utile strumento per governare i processi apprenditivi, per controllare se ci si sta movendo o meno nella loro direzione.

Al riguardo, è opportuno che siano precisati, definiti e descritti, non solo gli obiettivi a breve termine, ma anche gli obiettivi a medio termine che si intendono perseguire relativamente alle singole discipline e alle singole dimensioni della personalità.

Si è già detto che attraverso le singole unità didattiche si perseguono obiettivi formativi diversi, anche se uno risulta dominante.

È opportuno che gli alunni conoscano, non solo l’obiettivo specifico, ma anche quelli correlati. Ciò che importa non sono solo le cognizioni ma anche le metacognizioni.

È altresì opportuno che di ogni obiettivo vengano esplicitate sia le conoscenze che le capacità e gli atteggiamenti.

 

Le metodologie e tecnologie

Le unità didattiche assumono effettivo significato soprattutto se in esse vengono delineati i percorsi e le procedure più idonee, cioè le modalità concrete per mezzo delle quali conseguire gli obiettivi formativi, tenendo però presente che, in una prospettiva costruttivistica ed operativa, fondata soprattutto sul metodo della ricerca/riscoperta/ricostruzione/reinvenzione, essi vanno in modo prevalente intesi come attività che gli alunni debbono svolgere, a seconda del loro livello di sviluppo, in forma operativa concreta, iconica o simbolica, sempre relativamente alla soluzione di situazioni problematiche concrete.

Mentre, a livello di scuola dell’infanzia e di scuola primaria, è sempre opportuno che si muova dal livello operativo concreto passando poi al livello operativo iconico ed infine al livello operativo simbolico, nelle scuole successive è possibile che gli alunni possano operare solo a livello iconico o, addirittura, solo a livello simbolico. Al riguardo, però, è opportuno tenere presente che gli alunni possono operare a livello simbolico solo se hanno già realizzato le corrispondenti operazioni concrete ed iconiche, perché, come afferma Piaget, <<L'intelligenza è un sistema di operazioni... L'operazione non è altro che azione: un'azione reale, ma interiorizzata, divenuta reversibile. Perché il bambino giunga a combinare delle operazioni, si tratti di operazioni numeriche o di operazioni spaziali, è necessario che abbia manipolato, è necessario che abbia agito, sperimentato non solo su disegni ma su un materiale reale, su oggetti fisici>>( PIAGET J., Avviamento al calcolo, la Nuova Italia, Firenze, 1956, p. 31)..

Pertanto, anche a livello di scuola secondaria, quando gli alunni non abbiano già una sufficiente base di esperienze concrete, è opportuno muovere da esse. Questa precisazione è quanto mai opportuna oggi, nel momento in cui si fa sempre maggiore spazio all’utilizzazione delle tecnologie multimediali. Le esperienze realizzate a livello iconico, nella realtà virtuale, debbono fondarsi su precedenti esperienze concrete realizzate dagli alunni nei vari laboratori fisici, chimici, elettronici, musicali, pittorici, matematici ecc.

Pertanto, la previsione degli itinerari didattici non può evidentemente prescindere dall'individuazione e dalla indicazione degli strumenti didattici, dei materiali comuni e strutturati, delle apparecchiature, delle tecnologie anche multimediali, di cui gli alunni debbono potersi avvalere nei diversi momenti delle loro attività apprenditive .

Nel momento in cui alla lezione espositiva, largamente fondata sulla parola orale e scritta dell'insegnante, con qualche generosa concessione alle illustrazioni dei cartelloni e degli audiovisivi, si sostituisce la didattica costruttivistica e l'operatività degli alunni, da quella concreta a quella iconica e simbolica, si pone in modo pressante un cambiamento di prospettiva. Dopo tanti discorsi sulle tecnologie educative, occorre finalmente che nella scuola acquisiscano piena e concreta cittadinanza i sussidi didattici, non solo simbolici ed iconici, quali i libri di testo, i libri delle biblioteche scolastiche, i libri complementari, le schede, i cartelloni, ma anche i materiali concreti, comuni e strutturati, recuperando così anche l'impostazione didattica delle "cianfrusaglie" agazziane e dei materiali strutturati montessoriani.

Se la scuola si deve configurare come ambiente di apprendimento educativo, non si può più accettare che in esse si ritrovino solo i banchi, la cattedra, la lavagna ed i cartelloni, strumenti esemplari della scuola della lezione espositiva: le aule debbono presentarsi come laboratori opportunamente attrezzati.

Occorre attrezzare le aule e gli altri locali della scuola come contesti apprenditivi e formativi, come ambienti di apprendimento, come laboratori nei quali gli alunni, lavorando assieme, secondo le metodologie del lavoro di gruppo, possano procedere alla riscoperta/reinvenzione/ricostruzione dei concetti, delle teorie, delle procedure.

Il compito del docente non è tanto quello di fare lezione, di esporre, di dimostrare, ma è soprattutto quello di di approntare le condizioni che possano consentire agli alunni di riscoprire i concetti.

In tale prospettiva, nella predisposizione delle unità didattiche vanno individuati ed indicati i materiali didattici, anche multimediali, da approntare per il lavoro di gruppo ed individuale degli alunni.

In effetti, la delineazione degli itinerari didattici consiste nella descrizione delle attività che gli alunni debbono effettuare mediante l'utilizzazione di determinati materiali didattici.

Nelle unità didattiche vanno precisati i percorsi di apprendimento degli alunni, indicando le tecnologie educative e didattiche da utilizzare nelle singole fasi della motivazione, della ricerca vera e propria, del consolidamento, dell’approfondimento e dell’arricchimento, relativamente ai singoli alunni o ai gruppi di alunni costituiti sulla base dei loro livelli di sviluppo o di apprendimento. Dei loro stili e dei loro ritmi di apprendimento. Per ciascun gruppo di alunni vanno indicati le tecnologie educative e didattiche, e le modalità di reperimento e soprattutto le modalità di utilizzazione.

Ciò che maggiormente importa nelle unità didattiche è la ricerca e la ipotizzazione degli itinerari didattici, dei percorsi didattici, delle procedure (metodi) che i singoli alunni debbono percorrere da soli o in gruppi più o meno numerosi. È difficile ,anche se possibile, che possano camminare sempre assieme.

Nella lezione frontale stavano sempre assieme, anche se non camminavano sempre assieme, perché, pur vicini gli uni agli altri, ognuno procedeva per la sua strada, anche quando ascoltava o seguiva la stessa lezione.

Era qui una delle ragioni fondamentali delle difficoltà e quindi degli insuccessi della lezione frontale.

Nella scuola della ricerca ogni alunno deve poter seguire la sua strada, che può corrispondere, in tutto o in parte, a quella di molti o di pochi altri compagni.

 

Criteri e strumenti di valutazione

La valutazione assume valenza formativa, ponendosi come strumento per la continua regolazione della programmazione, cioè per introdurre per tempo quelle modificazioni o integrazioni che risultassero opportune.

Le verifiche da effettuare al termine di ogni unità didattica debbono consentire agli insegnanti di accertare se tutti gli alunni hanno conseguito o meno le mete perseguite attraverso le specifiche attività svolte, al fine di attivare immediatamente gli eventuali interventi compensativi o di recupero che si rendessero necessari per determinati alunni.

La valutazione deve essere utilizzata quasi esclusivamente in tale prospettiva, al fine di favorire la realizzazione di attività di apprendimento quanto più possibile produttive di risultati positivi.

In quanto consente di mantenere i processi di apprendimento dei singoli alunni sempre sotto controllo e quindi di adeguare le situazioni di apprendimento alle effettive capacità ed esigenze degli alunni, la valutazione si pone come strumento essenziale per rendere possibile la concreta attuazione del diritto all'educazione ed all'istruzione.

Nelle singole unità didattiche vanno specificate, non solo le modalità della valutazione (criteri, tempi ecc.), ma anche gli strumenti da utilizzare: prove oggettive, ma anche altre forme meno formalizzate di verifica .

È opportuno precisare che anche le verifiche debbono risultare personalizzate, in quanto debbono tenere presenti i possibili livelli di perseguimento degli obiettivi formativi da parte dei singoli alunni, formulati anche sulla base dei livelli di partenza.

I momenti delle unità didattiche

Ogni unità didattica deve comprendere, sia il percorso relativo alla riscoperta dei concetti, sia i percorsi relativi alle eventuali attività di recupero e di approfondimento, che peraltro vanno meglio definiti dopo le verifiche relative ai percorsi di riscoperta.

LA PERSONALIZZAZIONE DELLE UNITÀ DIDATTICHE

Le unità didattiche non vanno concepite come attività educative e didattiche comuni a tutti gli alunni, ma come percorsi formativi personalizzati, finalizzati al perseguimento degli stessi obiettivi formativi da parte dei singoli alunni.

Precisato l’ obiettivo formativo che gli alunni debbono perseguire, si mettono a punto i diversi, articolati e diversificati percorsi formativi che possano consentire ai singoli alunni di perseguirli.

Al riguardo, è opportuno tener presente che, non solo sono diversi i livelli di partenza degli alunni ed i percorsi formativi, ma anche gli obiettivi formativi vengono raggiunti a diversi livelli: chi si fermerà al primo livello (globale, generale…), chi invece perverrà al livello successivo, chi ancora perverrà ai più alti livelli di approfondimento e addirittura di arricchimento.

Quindi, il primo impegno dei docenti nell’approntare le unità didattiche è quello di sottoporre ad un preliminare esame i singoli alunni in riferimento allo specifico obiettivo formativo per individuare quali sono i loro livelli di sviluppo e di apprendimento (pre-conoscenze, pre-capacità…), i loro ritmi e stili di apprendimento, le loro in ordine allo specifico obiettivo formativo. Questa preliminare verifica dei prerequisiti cognitivi ed affettivi, consentirà ai docenti di "tarare" gli obiettivi formativi, ipotizzando per i singoli alunni quali possano essere i livelli di perseguimento degli obiettivi formativi e quali i percorsi formativi da predisporre.

Su tale base i docenti individuano i "contenuti" disciplinari da offrire ai singoli alunni perché essi possano perseguire l’obiettivo formativo.

Tali contenuti sono, in linea di massima, i contenuti delle singole discipline relative all’obiettivo formativo.

Anche i contenuti vanno scelti in riferimento ai livelli di sviluppo e di apprendimento, oltre che degli stili e dei ritmi di apprendimento dei singoli alunni.

Sulla base degli obiettivi formativi e dei contenuti disciplinari, i docenti individuano i metodi, le strategie di approccio a tali contenuti, cioè le specifiche attività che gli alunni dovranno effettuare.

Le attività degli alunni vanno programmate tenendo conto della possibilità che alcune di essa possano essere effettuate collettivamente dagli alunni e che altre invece debbano essere effettuate in gruppo oppure individualmente.

In tale prospettiva, possono essere previsti almeno tre tipologie di percorsi formativi: percorsi formativi articolati, percorsi formativi differenziati e percorsi formativi integrativi (Tali percorsi formativi riprendono gli analoghi percorsi di apprendimento già descritti nel volume: UMBERTO TENUTA, Individualizzazione – Autonomia e flessibilità dell’azione educativa e didattica, La Scuola, Brescia, 1998).