il sistema educativo di istruzione e di formazione (*)

Umberto Tenuta

 

Nell’accezione più comune il termine istruzione sta ad indicare l’acquisizione di conoscenze, informazioni, nozioni.

Invece, il termine educazione viene comunemente utilizzato per indicare l’acquisizione degli atteggiamenti e delle capacità che attengono al comportamento morale (educazione morale), ma anche alle altre dimensioni della personalità (educazione sociale, educazione affettiva, educazione linguistica…).

Nella stessa accezione viene spesso utilizzato il termine formazione (formazione morale, formazione sociale, formazione affettiva, formazione linguistica, formazione cognitiva…).

 

Precisazioni terminologiche

Al contrario, nei testi normativi e pedagogici i termini istruzione, educazione e formazione vengono spesso utilizzati in modo equivoco.

 

Il termine istruzione

Il termine istruzione viene spesso utilizzato, sia per indicare l’acquisizione delle conoscenze, sia come sinonimo di educazione e di formazione, cioè di acquisizione di atteggiamenti e di capacità.

Questo equivoco è rafforzato anche dall’espressione “istruzione formativa(“istruzione educativa”), nella quale l’aggettivo formativa (educativa) viene inteso come esplicativo del termine istruzione.

Ora non v’è chi non veda che l’aggettivo formativa (educativa) non sta ad indicare la natura costitutiva dell’istruzione, ma la sua particolare finalizzazione, nel senso che l’istruzione può assumere carattere formativo (educativo). Se di per se stessa l’istruzione fosse formativa (educativa), non vi sarebbe bisogno di aggettivarla (istruzione formativa/educativa). In effetti, l’istruzione può essere formativa/educativa, ma può essere anche diseducativa o neutrale.

L’istruzione è cosa diversa dalla formazione e dall’educazione.

 

I termini educazione/formazione

Anche i termini educazione/formazione sono utilizzati in modo equivoco, come sinonimi o con significati specifici diversi.

Il termine educazione viene spesso utilizzato per indicare l’acquisizione di atteggiamenti e di capacità di ordine comportamentale (educazione morale, civile, sociale…) o di natura disciplinare (educazione linguistica, educazione matematica, educazione scientifica…).

Il termine formazione viene frequentemente utilizzato come sinonimo di educazione (formazione morale, sociale, linguistica, matematica…), ma viene anche utilizzato specificamente per indicare la formazione professionale, stabilendo l’equivalenza tra formazione e formazione professionale [1] .

Al riguardo, tuttavia, si può ritenere che in linea di massima i due termine educazione e formazione possano essere utilizzati come sinonimi e che essi possano assumere specifici significati attraverso le aggettivazioni (educazione /formazione morale, educazione/formazione linguistica…), da utilizzare anche per la formazione professionale.

Ciò che invece non può ritenersi accettabile è che i termini educazione e formazione vengano utilizzati come sinonimi di istruzione o viceversa.

Anche se è vero che l’istruzione può essere formativa/educativa ¾ma può anche non essere educativa/formativa¾ e che l’educazione/formazione presupponge anche l’acquisizione di conoscenze, tuttavia si deve riconoscere che l’istruzione consiste essenzialmente nell’acquisizione di conoscenze e che l’educazione/formazione consiste essenzialmente nell’acquisizione di atteggiamenti e di capacità.

Pertanto, è cosa diversa assegnare alla scuola compiti di istruzione oppure compiti di educazione/formazione.

Al riguardo, però, è a tutti noto che da trent’anni la scuola vive in una situazione di estrema equivocità in ordine ai suoi compiti, per cui non si sa con certezza se essa debba limitarsi ad istruire o debba anche impegnarsi a promuovere l’educazione e la formazione dei giovani o, più esplicitamente, se debba impegnarsi nell’educazione/formazione morale dei giovani [2] .

È pertanto quanto mai opportuno cercare di affrontare la questione per arrivare ad una conclusione che sia chiara e inequivocabile per tutti in ordine ai compiti di istruzione e/o di educazione/formazione della scuola.

 

CONSIDERAZIONI DI MERITO

Al riguardo, si impongono alcune precisazioni.

La prima riguarda l’assunto che la scuola debba curarsi solo dell’istruzione.

Questo assunto può avere due motivazioni: o si assume che la persona umana sia già dotata di atteggiamenti e di capacità o si assume che la scuola non debba occuparsi dell’educazione/formazione.

La prima motivazione è la più comune, in quanto, spesso implicitamente, si parte dal presupposto che l’individuo, al momento della nascita, sia già dotato delle capacità e degli atteggiamenti, soprattutto di ordine cognitivo, per cui il compito della scuola non sarebbe quello di promuovere la formazione delle capacità (percettive, di discriminazione, di generalizzazione, di astrazione di intuizione, di analisi, di sintesi…) ma solo quello di fornire le informazioni, le conoscenze, il sapere di cui le capacità hanno bisogno per esplicarsi.

Molto spesso, troppo spesso, si lascia presupporre che le capacità siano innate (“intelligenti si nasce”) o che esse si sviluppino spontaneamente, indipendentemente da ogni azione formativa intenzionale e sistematica.

Al riguardo, è appena il caso di precisare che le ricerche più aggiornate portano a superare tale visione innatistica e riconoscono il consistente apporto delle stimolazioni socioculturali, ritenendo che la formazione delle capacità risulti dalla interazione delle possibilità genetiche con le stimolazioni socioculturali, sia che le potenzialità genetiche vengano intese come presenza di pre-capacità, pre-atteggiamenti, pre-conoscenze che hanno bisogno solo di stimoli per esplicarsi, venir fuori, svilupparsi, sia invece che, come oggi la ricerca più avanzata è orientata, si ritenga che al momento della nascita esistano solo delle “possibilità genetiche”, che possono assumere direzioni diverse, cioè formarsi a seconda delle stimolazioni socioculturali.

Comunque, si può ritenere che oggi sia prevalente la propensione a ritenere che le capacità non siano innate.

Nessuna capacità è innata, né quella di camminare, né quella di parlare, né quella di risolvere problemi, né quella di relazionarsi agli altri.

Le capacità umane, tutte le capacità che costituiscono l’uomo nella sua “umanità” debbono formarsi; diversamente non si diventa uomo, anche se si acquisiscono le conoscenze.

La formazione delle capacità può avvenire nel contesto delle esperienze spontanee di vita: molte capacità si formano così, spontaneamente.

Ma nelle esperienze spontanee la formazione delle capacità risulta aleatoria: alcune capacità non si formano, altre si formano a livelli limitati.

Si rende perciò necessario l’intervento intenzionale e sistematico della scuola.

In tal senso, nel Regolamento dell’autonomia scolastica e nella Legge di riforma dei cicli si afferma che le finalità della scuola sono costituite dall’acquisizione di capacità e competenze, oltre che di conoscenze.

La seconda motivazione che porta ad attribuire alla scuola solo compiti di istruzione si fonda sul rifiuto di riconoscere alla scuola il compito della formazione/educazione, soprattutto della formazione/educazione morale e della formazione/educazione religiosa.

Si riconosce che le capacità e gli atteggiamenti in cui consiste la formazione umana non siano innati, ma debbano essere acquisiti. Tuttavia, mentre si ritiene conforme ai compiti della scuola promuovere la formazione cognitiva, la formazione linguistica, la formazione estetica…, non si ritiene invece accettabile che essa si occupi anche della formazione morale e ancor meno della formazione religiosa.

Si tratta di una motivazione che ha il suo fondamento, oltre che nel riconoscimento della libertà degli individui, soprattutto nel rischio della catechizzazione, dell’indottrinamento, dell’ideologismo.

Al riguardo, però, si può osservare che, per quanto attiene alla formazione religiosa, resta acquisito che si tratta di scelta personale e che pertanto nella scuola essa debba essere attuata nella forma della mera istruzione (“conoscenza dei fatti religiosi”, come si afferma nei Programmi del 1985).

Per quanto attiene invece alla formazione morale, che è la più controversa, la soluzione dovrebbe essere quella individuata nei Programmi del 1985, cioè dei “valori condivisibili”, secondo gli orientamenti contenuti nella Carta costituzionale..

Tuttavia, non sembra che la scuola possa non impegnarsi anche sul piano della formazione morale, almeno per due motivi.

Da una parte, occorre prendere atto che la moralità, fondamentale dimensione costitutiva della persona umana, non è innata ma si realizza attraverso un processo formativo che si avvia nella famiglia e nella società e che però abbisogna anch’esso dell’apporto intenzionale e sistematico della scuola .

D’altra parte, occorre considerare che la formazione morale costituisce un’esigenza sociale oggi profondamente avvertita, ineludibile, indilazionabile, come peraltro testimoniano i numerosi Progetti educativi sollecitati dall’Amministrazione scolastica in risposta a pressanti richieste della società e della famiglia nell’ultimo decennio.

Al riguardo, occorre peraltro prendere atto che l’educazione sociale e soprattutto l’educazione civica, in cui si concretizza la formazione del cittadino, non può fondarsi sulla sanzione sociale, civile e penale, ma trova sicuro fondamento solo nella legge morale, anche laica, kantiana, la cui formazione però non può essere lasciata alla spontaneità dello sviluppo e della formazione informale che si attua nella famiglia e nella società, ma va intenzionalmente e sistematicamente promossa anche nella scuola, se si vuole che sia garantita la convivenza civile, democratica, umana.

Evidentemente, occorrerà assicurare che non si assumano prospettive unilaterali e di parte e si rimanga invece nell’ambito dei valori condivisibili su cui si fonda la carta costituzionale.

Dovrebbe perciò risultare acquisito che anche la formazione/educazione morale costituisce un preciso compito della scuola, soprattutto della scuola di base.

Ulteriori conferme in tal senso possono essere ritrovate nei più recenti testi normativi.

 

I testi normativi

Nella Legge di riforma dei cicli sono contenute le seguenti espressioni specificamente riferite all’educazione ed alla formazione:

·        <<Il sistema educativo di istruzione e di formazione è finalizzato alla crescita e alla valorizzazione della persona umana

·        <<La scuola dell'infanzia… concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine di età compresa tra i tre e i sei anni, promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori, concorre alla formazione integrale dei bambini.

·        <<La scuola di base …. è caratterizzata da un percorso educativo unitario e articolato in rapporto alle esigenze di sviluppo degli alunni; si raccorda da un lato alla scuola dell'infanzia e dall'altro al ciclo dell'istruzione secondaria. … persegue le seguenti finalità: acquisizione e sviluppo delle conoscenze e delle abilità di base;

·        <<La scuola secondaria … ha la finalità di consolidare, riorganizzare ed accrescere le capacità e le competenze acquisite nel ciclo primario… di arricchire la formazione culturale, umana e civile degli studenti, sostenendoli nella progressiva assunzione di responsabilità…>>.

D’altra parte, il Regolamento dell’autonomia scolastica statuisce che le istituzioni scolastiche possono riorganizzare <<i propri percorsi didattici secondo modalità fondate su obiettivi formativi e competenze>> [3] .

 Dalle indicazioni normative di cui sopra sembra emergere chiaramente che le finalità previste per la nuova scuola, in particolare per la scuola di base, non sono limitate alla sola istruzione, cioè alla mera acquisizione di conoscenze, ma comprendono anche l’educazione/formazione, cioè l’acquisizione di atteggiamenti e di capacità.

In effetti, basterebbe solo considerare che nel Regolamento dell’autonomia scolastica si parla di Piano dell’offerta formativa e nella Legge di riforma dei cicli si parla di sistema educativo di istruzione e di formazione [4] .

Al riguardo, non sembra che la “formazione” cui si fa riferimento nel Regolamento dell’autonomia scolastica e nella Legge di riforma dei cicli debba essere riferita solo alla formazione cognitiva ed alla formazione sociale, civile ecc., e non anche alla formazione morale, atteso che per la scuola dell’infanzia si afferma che essa <<concorre alla educazione e allo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e delle bambine… promuovendone le potenzialità di autonomia, creatività, apprendimento e operando per assicurare una effettiva eguaglianza delle opportunità educative nel rispetto dell'orientamento educativo dei genitori [5] , concorre alla formazione integrale [6] dei bambini e delle bambine>>.

A chi volesse osservare che tali finalità, peraltro più esplicitamente indicate negli Orientamenti educativi del 1991 come <<sviluppo etico-morale>>, <<sviluppo sociale>>, <<sviluppo affettivo ed emotivo>>, <<sviluppo di un corretto atteggiamenti nei confronti della religiosità e delle religioni e delle scelte dei non credenti>>, si riferiscono alla scuola dell’infanzia, si può osservare che, nella Legge di riforma dei cicli viene espressamente riaffermato il principio della continuità educativa e che peraltro sarebbe ben strano che l’educazione morale finisse, appena avviata, nella scuola dell’infanzia.

 

L’IMPEGNO EDUCATIVO/FORMATIVO DELLA NUOVA Scuola

Non solo le considerazioni di ordine sociopsicopedagogico, ma anche la lettura della vigente normativa sull’autonomia scolastica e sulla riforma dei cicli inducono a ritenere che la nuova scuola si caratterizza per il suo preminente impegno educativo/formativo, sia in ordine alle dimensioni cognitive, linguistiche, estetiche…, sia in ordine alle dimensioni morali, sociali, affettive… della personalità.

Riconoscere questo significa che la nuova scuola deve impegnarsi soprattutto a far maturare atteggiamenti e capacità, oltre che a far acquisire le conoscenze essenziali.

Se ci si muoverà in questa direzione, la formazione scolastica garantirà ai giovani gli atteggiamenti, le capacità e le conoscenze essenziali per la loro <<effettiva partecipazione all’organizzazione politica, economia e sociale del Paese>>, così come prevede la Carta costituzionale.

Affermare che la scuola dell’autonomia ha preminenti finalità formative significa riconoscere che essa deve mirare soprattutto alla formazione di atteggiamenti e di capacità, pur impegnandosi a far acquisire le conoscenze essenziali [7] .

Le conoscenze sono strumenti che le persone utilizzano per l’esercizio delle loro capacità, secondo i loro atteggiamenti.

Non basta conoscere le parole per saper parlare: la capacità di parlare è cosa diversa dalla conoscenza delle parole.

E, quindi, assieme all’acquisizione delle conoscenze, sono necessarie le capacità.

Le capacità sono le abilità, sono le competenze, sono il saper fare e come tali attengono a tutte le dimensioni della personalità, da quella cognitiva (capacità percettive, discriminative, di generalizzazione…) a quelle linguistiche (capacità comunicative, espressive….)…. In effetti, sembra universalmente acquisito che la scuola debba promuovere, come sua essenziale finalità, l’acquisizione della capacità di imparare

Anche in ordine alle capacità occorre però una chiarificazione.

Non basta acquisire le capacità, perché esse hanno significato solo se vengono esercitate: non basta possedere la capacità di parlare, di camminare, di leggere…per parlare, camminare, leggere…

Occorre qualcos’altro, cioè gli atteggiamenti, le disponibilità, le motivazioni, gli interessi che portano ad attivare le capacità, che inducono a camminare, a parlare, a leggere, a riflettere, a pensare, a creare, a relazionarsi agli altri.

Senza gli atteggiamenti, senza gli interessi, senza le motivazioni, senza le forze del cuore, le capacità non si attivano e le conoscenze sono inutili.

In tale prospettiva, nel Documento sui contenuti essenziali si afferma che il compito fondamentale della scuola è quello di far nascere il piacere del matematizzare (<<Sembra essenziale, a questo riguardo, che bambini e ragazzi non perdano il piacere del matematizzare>>), il piacere del leggere (la lettura va intesa e sollecitata anche come emozione immediata e bisogno-piacere inesauribile).

Perciò occorre che la scuola promuova la formazione di capacità, ma soprattutto occorre che la scuola promuova la formazione di atteggiamenti, di motivazioni, di interessi, di disponibilità ad apprendere, ad operare, ad agire.

Innanzitutto, atteggiamenti nei confronti di se stessi (accettazione, autostima, fiducia); poi, atteggiamenti nei confronti degli altri (socievolezza, solidarietà…); infine, atteggiamenti nei confronti dei saperi (piacere di imparare, di apprendere) [8] .

Al riguardo, è appena il caso di precisare che, se il fine della scuola è quello di predisporre all’educazione permanente, ciò che maggiormente importa è l’acquisizione della capacità e soprattutto della motivazione ad imparare per tutto il corso della vita.

In tal senso, con una felicissima espressione, nei Programmi didattici del 1955 si affermava che <<scopo essenziale della scuola non è tanto quello di impartire un complesso determinato di nozioni, quanto di comunicare al fanciullo la gioia ed il gusto di imparare e di fare da sé, perché ne conservi l'abito oltre i confini della scuola, per tutta la vita>>.

Peraltro, oltre che nel Documento dei Saggi, questo invito si ritrova nei più recenti Programmi didattici, come quelli del 1985 (<<Il programma… mira ad aiu­tare l'alunno, impegnato a soddisfare il suo bisogno di conoscere e di comprendere, a possedere unitariamente la cul­tura che apprende ed elabo­ra>>).

La preminente importanza da assegnare all’acquisizione degli atteggiamenti e delle capacità non significa però che la scuola non debba impegnarsi a far acquisire anche le conoscenze, ma le conoscenze essenziali, i nuclei concettuali fondanti, le strutture delle discipline, bandendo finalmente dalla scuola il nozionismo.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

In conclusione, si può ritenere che la scuola dell’autonomia, la scuola della Riforma dei cicli, non è la scuola della mera istruzione, ma è la scuola della formazione integrale, la scuola che assicura il successo formativo, evidentemente inteso nell’accezione costituzionale di <<pieno sviluppo della persona umana>>, cioè di piena formazione dell’uomo nella integralità delle sue dimensioni costitutive (<<sistema integrato>> [9] ), che comprendono e vedono interconnesse ed interagenti la dimensione motoria, la dimensione cognitiva, la dimensione estetica, la dimensione linguistica, la dimensione musicale, la dimensione sociale, la dimensione civica, la dimensione morale ecc.

Questa esigenza acquista particolare rilevanza soprattutto oggi, nel momento in cui si parla di intelligenza affettiva, di educazione psicomotoria ecc.

L’uomo non può essere diviso (uomo ad una sola dimensione) e, pertanto, non si può pensare di formare l’uomo e di formare il cittadino occupandosi solo della formazione cognitiva o, peggio, della sola istruzione.

Il Regolamento dell’autonomia scolastica e la Legge di riforma dei cicli restituiscono alla scuola il compito della piena formazione della persona umana, dando finalmente attuazione al dettato costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>>.

Evidentemente, la formazione cognitiva, la formazione affettiva, la formazione sociale, la formazione morale vanno promosse evitando ogni impostazione unilaterale, nello spirito del pluralismo culturale che è proprio della Carta costituzionale, pluralismo che non significa agnosticismo ma prospettiva democratica, cioè non misconoscimento ma valorizzazione delle diverse concezioni.

È auspicabile che ci si muova concretamente in tale prospettiva, precisando, nel syllabus nazionale degli obiettivi formativi, non solo gli obiettivi formativi disciplinari, ma anche gli obiettivi formativi attinenti alla formazione morale, sociale, affettiva…

Solo così la nuova scuola non si limiterà ad istruire, lasciando all’aleatorietà dei processi formativi non intenzionali della famiglia e dei contesti sociali la formazione delle capacità e degli atteggiamenti che assicurano la piena formazione umana e quindi l’effettiva uguaglianza dei cittadini, secondo il dettato della Carta costituzionale.

Gli alunni che frequentano la scuola hanno diritto, non tanto all’acquisizione delle conoscenze, cui peraltro oggi possono accedere più agevolmente attraverso i canali delle tecnologie multimediali, quanto alla formazione delle loro capacità e dei loro atteggiamenti, non solo cognitivi, linguistici, matematici…, ma anche morali, sociali, affettivi…perché sia assicurata loro <<l’effettiva partecipazione… all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>.

Al riguardo, è opportuno precisare che, mentre la scuola dell’istruzione si limita a prendere atto delle disuguaglianze prodotte dai condizionamenti socioculturali, solo una scuola formativa può assicurare l’uguaglianza dei cittadini, fondamento di una società democratica.

A tale conclusione dovrebbe peraltro indurre anche e definitivamente la considerazione che, se la nuova scuola deve essere la scuola di una società democratica, essa deve superare l’impostazione classista della scuola dell’istruzione, fondata sull’assunto che le capacità e gli atteggiamenti sono innati e non si formano invece attraverso i processi educativi informali e formali, per cui spetta precipuamente alla scuola, non solo il compito di offrire il suo qualificato contributo alla loro formazione, ma anche di impegnarsi alla eliminazione dei condizionamenti socioculturali che hanno portato, non solo e non tanto ad una povertà di conoscenze, quanto al limitato sviluppo delle capacità e degli atteggiamenti cognitivi, linguistici, affettivi… affettivi, sociali, morali, che, se da una parte non possono assicurare l’uguale partecipazione alla vita sociale, politica ed economica, dall’altra creano profonde difficoltà alla convivenza democratica.

Ed è questa, la convivenza democratica ¾ che non può non essere fondata sui valori morali¾ il problema più urgente delle società multietniche, multireligiose e multiculturali del villaggio globale.

Ritenere ancora che la scuola abbia solo compiti di istruzione e, al più, anche compiti di formazione cognitiva, sociale ed affettiva, significa, non solo disattendere l’impegno costituzionale del <<pieno sviluppo della persona umana>>, ma anche e soprattutto non preparare i giovani a vivere responsabilmente nella difficile società del 2000.

 

 

 

 

 

 

(*) da Scuola Italiana Moderna



[1] Quando si parla di formazione, spesso si intende specificamente formazione professionale.

[2] In effetti, nessuno mostra difficoltà a riconoscere che la scuola ha fini formativi sul piano cognitivo e disciplinare, in quanto si dà per scontato che la scuola debba promuovere la formazione di capacità e di atteggiamenti cognitivi, linguistici, scientifici, storici, matematici…Le incertezze nascono in ordine alla formazione affettiva, sociale civile e soprattutto alla formazione morale e religiosa.

[3] Negli altri articoli del Regolamento dell’autonomia scolastica si fa riferimento ad <<obiettivi formativi ..offerta formativa…. Interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana…>>.

[4] L’espressione sistema educativo di istruzione e di formazione risulta incomprensibile, sia perché si avrebbe un sistema educativo di istruzione, sia perché l’espressione sistema educativo di formazione è quanto meno ripetitiva. Forse l’interpretazione autentica sta nell’aggiunta di una o due virgole: sistema educativo, di istruzione e di formazione (sistema educativo, di istruzione, di formazione). Almeno questa dovrebbe essere la lettura.

[5] L’orientamento educativo dei genitori ha significato soprattutto se riferito alle scelte morali.

[6] Se le parole hanno un significato, la formazione integrale comprende tutte le dimensioni della personalità, quindi anche la dimensione morale.

[7] In merito cfr. UMBERTO TENUTA, I contenuti essenziali per la formazione di base: homo patiens, habilis, sapiens, in RIVISTA DELL’ISTRUZIONE, MAGGIOLI, RIMINI, 1998, N. 5

[8] <<atteggiamento positivo verso questa meravigliosa attività del pensiero umano>>, come si afferma nei Programmi del 1985 a proposito dell’educazione matematica.

[9] Cfr. Documento dei saggi sui contenuti essenziali.


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