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I PROGETTI NELLA SCUOLA DEL TERRITORIO

Salvatore Bini

 

Il senso di questo breve intervento [1] vorrebbe consistere in una essenziale messa a punto di due nodi focali, particolarmente importanti nella dimensionalità nuova che le Istituzioni scolastiche, in situazione di autonomia, vanno assumendo o che sono obbligate ad assumere:

a)      cercare di definire i significati politici ed educativi che possono essere attribuiti alla “progettualità” organizzativa e didattica, connessa anche alla ricerca dei supporti concreti che ad essa sono necessari per potersi realizzare;

b)      configurare al meglio il concetto di “territorio”, inteso non soltanto come spazio geo-antropologico determinato e circoscritto, ma anche e soprattutto come campo culturale dai confini elastici e dalle molteplici possibili interfacce, proprio come esso va delineandosi nelle politiche di sviluppo socioeconomico e culturale e nell’impostazione degli interventi educativi, soprattutto da parte della scuola pubblica, sia statale che dell’Ente Regione, cui, peraltro, sarà devoluta interamente la competenza nel campo della formazione professionale...

Progettualità e Territorialità sono le due importanti referenzialità, necessarie per poter aiutare le scuole a costruire un nuovo corso, segnato dai paletti dell’autonomia, della flessibilità, della qualità, dell’efficienza e dell’efficacia, tanto per utilizzare un linguaggio oggi molto diffuso, e caratterizzato da un più marcato taglio didattico-organizzativo che non deve, però, ignorare l’anima pedagogica e culturale che a tale dimensione dà senso e significato.   

Partendo da un punto di vista valoriale e con l’intenzione di mettere a fuoco soltanto alcuni elementi preliminari rispetto ad un impianto curricolare multidimensionale e pluriprospettico, per così dire, come la scuola di oggi lo richiede,   vorrei brevemente accennare a tre considerazioni chiarificatrici dei concetti in esame.

La prima: - La progettazione in campo pedagogico-didattico, come prefigurazione ragionata dei percorsi di formazione, e  la territorialità come struttura reticolare che richiede e radica, nello stesso tempo, in un contesto in cui si intrecciano in maniera complessa culture, modelli, valori, risorse, esigenze e problemi, tra di loro molto diversi, rappresentano, prima ancora che strategie e strumenti empirici, tecnico-operativi, due logiche e due parametri metodologici necessari per poter affrontare i problemi, in questo caso i problemi dell’educazione e dell’istruzione.

 Il cambiamento di logica e di mentalità in campo scolastico vuol dire soprattutto non seguire più la logica del servizio scolastico unico di Stato, dell’uniformità e della rigidità dei Programmi ministeriali, del piatto unico e tipico dell’offerta formativa oltre il quale non è possibile andare, ma costruire quella logica che si sviluppa tra più richieste e più offerte, tra la possibilità delle risorse e la loro conversione in proposte che soddisfino l’utenza, tra l’attività di ricerca e l’utilizzazione dei suoi risultati.

Una scuola che pone come suo punto di partenza l’analisi, possibilmente critica e creativa,  strutturata tra la progettazione e la territorialità è una scuola che si preoccupa di storicizzare e di razionalizzare i suoi interventi e di contribuire, in tal modo, allo sviluppo coerente del patrimonio umano e culturale di cui deve, soprattutto moralmente, rispondere.

Esaurite, ormai, le fasi del primo approccio alla programmazione dell’azione educativa e dell’attività didattica  e di quelle successive, in verità più confuse e frenetiche, relative alla produzione dei tanti progetti assistiti o “suggeriti”, credo che dobbiamo concettualmente e strumentalmente attrezzarci nella scuola per gestire la  fase della progettualità, caratterizzata da una logica nuova che ci consenta di connettere tra di loro, in termini realistici e funzionali, le esigenze e le offerte formative, concretamente configurabili nella realtà socio-politica, economica e storico-culturale del territorio in cui operiamo.  

È questo uno dei significati più interessanti dei cambiamenti e delle trasformazioni oggi in atto nella scuola italiana!     

La seconda considerazione che vorrei esprimere è questa: - La progettazione e il territorio, oltre che esprimere due logiche tipiche della società ipercomplessa, a legame ricorsivo e non più lineare, come ci ricorda Edgar Morin, rappresentano due essenziali riferimenti procedurali da cui non è possibile prescindere da parte di chi voglia esaminare, per cercare di capirlo, i difficili meccanismi e gli intrecci operanti nel “pianeta scuola”. 

Qui i riferimenti concettuali sono due:

q       da un lato, facciamo riferimento al modello-concetto di “curriculum” delle Istituzioni scolastiche, che finalmente, con l’autonomia, ci fa superare tutte quelle contraddizioni che insorgevano al suo richiamo, quando, come faceva tra gli anni settanta e ottanta Cesare Scurati, si era costretti necessariamente a coniugarlo con i Programmi unici nazionali dei vari ordini di scuola;

q       da un altro lato ci riferiamo alla necessità della diversificazione dell’attività formativa ed all’esigenza del conseguente decentramento dell’organizzazione scolastica, su di un territorio omogeneo, la cui configurazione a livello comprensoriale o sub-provinciale non dovrà in alcun modo comportare chiusure  o limitazioni, ma, paradossalmente, espansioni ed amplificazioni dei suoi tratti, entro le dimensioni nazionali ed internazionali, nel rispetto della propria identità culturale. 

Va ricordato che il Regolamento, posto alla base dell’autonomia delle Istituzioni scolastiche ed adottato con il DPR 8 marzo 1999, n° 275,  declina il curricolo in termini sì di territorialità, ma anche di flessibilità e di espansibilità e struttura il curricolo obbligatorio secondo una quota nazionale ed una locale, prevedendo, ove necessario, compensazioni ed integrazioni ed introducendo un curricolo aggiuntivo «definito - precisa il comma cinque dell’articolo otto – anche attraverso un’integrazione tra sistemi formativi, sulla base di accordi con le regioni e gli enti locali…», ma anche con le famiglie, le associazioni e gli enti sia del territorio che nazionali ed internazionali.

Le possibilità operative che il curricolo integrato  offre sono di portata notevole e fanno prefigurare interessanti, ulteriori sviluppi.

In particolare, se ne possono evidenziare almeno tre fondamentali:

1.            la convergenza di obiettivi formativi e  di strategie didattiche  con i modelli che stanno alla base delle relazioni umane e sociali e che comunemente vengono adottati nel contesto socioculturale; il che vuol affermare la garanzia a che i contenuti dell’insegnamento siano rispondenti ai valori condivisi nel ”sistema simbolico culturale”,  in un determinato tempo e spazio;

2.            il superamento della chiusura e dell’autoreferenzialità che ogni sistema scolastico tende, suo malgrado, a realizzare, quando in esso la territorialità, che pure è un valore, si restringe troppo, perdendo in estensione più globalizzante;

3.            il potenziamento – qualitativo ed intensivo – della comunicazione e della interazione tra le parti, dal momento che la messa in azione di un curricolo integrato comporta necessariamente un infittimento della rete di relazionalità tra i soggetti che gestiscono la formazione e tra le diverse agenzie del sociale, favorendo, ma anche talvolta rallentando, gli stessi scambi socio-produttivi in una comunità sempre più on line.

Entro queste particolari dimensioni la nostra scuola è ancora tutta da costruire!

Con la terza  considerazione vorrei richiamare nel discorso progettuale l’impianto dei valori socio-culturali e delle “grandi” finalità educative del nostro tempo: la progettualità e la territorialità possono diventare, senza troppa enfasi, due riferimenti assiologici e valoriali, indispensabili per poter organizzare il nostro modo di concepire l’educazione dell’uomo.

 In questo senso i due riferimenti – progettualità e territorialità - assumono una rilevante e ben chiara valenza formativa  perché si connettono, sul piano dei fini, a due significati che debbono caratterizzare ogni Piano di offerta formativa, che le Istituzioni scolastiche ormai vanno predisponendo con sempre maggiori competenza ed efficacia, tenendo conto delle logiche prima richiamate.

I due significati sono : il più delimitabile e verificabile successo scolastico e il più generale e complesso – o forse ridondante - successo formativo. Entrambi i “successi”, tra di loro strettamente interconnessi, sono da garantire a tutti  e a ciascun allievo o studente e sono da considerare come la vera finalità cui va rapportata e  su cui va verificata la funzione autonoma delle scuole.

Tradurre questi significati in comportamenti concreti da parte dei docenti ed in significativi interventi didattici vorrà dire, in particolare :

a)            considerare tutte le dimensioni e le potenzialità del soggetto in formazione, ritenendole, tutte e ciascuna, fondamentali per il suo pieno ed armonico sviluppo; per tale motivo entrerebbero in gioco nei processi formativi non soltanto la dimensione cognitiva, ma anche l’emotività, la relazionalità ,  il linguaggio corporeo, la motivazione ad apprendere e ad agire insieme agli altri;

b)            apprezzare come valori arricchenti la diversità, l’autenticità e la specificità della singola situazione esistenziale della persona (il da-sein direbbe Martin Heidegger!), come vissuta da ciascun soggetto in relazione con le altre persone, piuttosto che preferire comportamenti standardizzati secondo modelli di personalità inautentiche o eterodirette, a seconda delle false convenienze e dei gravi rischi che l’educare ad  «essere gregge», sotto qualsiasi aspetto antico o moderno del termine, necessariamente comporta;

c)            tenere legati tra di loro – secondo una logica circolare e ricorsiva – i tre elementi che configurano ogni discorso di formazione e di acculturazione, vale a dire il soggetto che apprende, l’oggetto culturale ovvero i contenuti dell’apprendimento ed i mediatori didattici, che favoriscono e facilitano i rapporti tra i prime due  e che trovano la loro più alta espressione nella funzione dei docenti;

d)            considerare sempre che il primo elemento della triade prima espressa – il soggetto che apprende – è “persona umana” che già San Tommaso definiva come “id quod est perfectissimum in tota natura” e,  pertanto, pregna dei più alti valori e degna del massimo rispetto.

A queste condizioni e con queste premesse la progettualità e la territorialità, applicate all’educazione ed alla didattica, perdono molto di tecnicismo e di pragmatismo, colorandosi, però, di significati che orientano e che garantiscono il successo e la qualità degli interventi formativi che, nelle nostre scuole, si mettono in atto.

 

 

[1]  Si tratta della presentazione del testo “Calliope… dalla bella parola”  dell’Associazione Filomena Gerbaso (Buccino – Istituto Comprensivo – 1 febbario 2002).


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