Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

BERLINGUER-DE MAURO-MORATTI

LA VERA RIFORMA
migliorare i processi di insegnamento e di apprendimento
per assicurare il successo formativo a tutti gli alunni

Umberto Tenuta

Da trent’anni l’attenzione è rivolta alle riforme di struttura della scuola: riforme necessarie, ma secondarie al Progetto educativo (formativo) che la scuola deve portare avanti.

Le riforme degli ordinamenti dovrebbero nascere dal Progetto educativo.

Qual è il ruolo dell’educazione nel processo di formazione della persona umana?

E qual è il ruolo dell’educazione familiare, dell’educazione scolastica, dell’educazione extrascolastica?

Il grosso nodo da sciogliere, sotteso a tutte le riforme, che riaffiora con estrema crudezza nel Rapporto Bertagna, riguarda lo spazio che viene riconosciuto all’educazione e quindi alla relazione tra ereditarietà (patrimonio genetico) ed ambiente (educazione).

La formazione della personalità dipende essenzialmente dai fattori genetici, per cui all’educazione familiare, scolastica ed extrascolastica resta ben poco spazio?

Se così stanno le cose, non resta che dare ragione a Menenio Agrippa, prendendo atto che, diversamente da come ritenevano i Ragazzi di Barbiana, il Signore ha fatto gli uomini diseguali.

Se invece i fattori ambientali hanno un ruolo, e anche consistente, allora occorre porsi un’ulteriore interrogativo: i fattori socioculturali agiscono soprattutto nei primissimi anni di vita e già all’ingresso nella scuola dell’infanzia i giochi formativi sono in gran parte fatti, per cui alla scuola resta pochissimo spazio d’intervento oppure, comunque, alla scuola resta uno spazio consistente, significativo, a qualsiasi livello di età?

Appare acquisito che i primi anni di vita siano estremamente incisivi nel processo di formazione della personalità, per cui sembra urgente l’esigenza di intervenire soprattutto nei contesti sociofamiliari per rimuovere <<gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana>>.

Tuttavia, inspiegabilmente, nel mentre le ricerche scientifiche evidenziano sempre più il ruolo incisivo nel processo di formazione della personalità dei primi anni di vita, come peraltro già la Montessori, e non solo essa (1), aveva evidenziato, in effetti troppe scarse sono ancora le attenzioni educative che si rivolgono ai primi anni di vita e, in particolare, di valorizzazione dell’azione educativa della famiglia, alla quale non si offrono adeguati supporti.

Peraltro, ancora più incomprensibile risulta la scarsa considerazione che, malgrado le reboanti affermazioni di principio, si rivolgono alla scuola dell’infanzia, tenuta fuori dal discorso della scuola per la formazione di base: se, come si afferma, la scuola dell’infanzia è la più incisiva nel processo di formazione della personalità, anche come occasione di decondizionamento socioculturale, dovrebbe apparire scontato che l’obbligo scolastico debba cominciare, non a 6 anni, ma a 3 anni!

O si accetta l’istituto dell’obbligo scolastico e lo si attua sin da quando può risultare efficace oppure lo Stato rinuncia a questo suo controllo sociale, dopo che i giochi sono in gran parte fatti, come qualcuno ritiene, già al momento dell’ingresso nella scuola elementare.

Che poi le cose stiano effettivamente così e dopo i 6 anni non resti che prendere atto dei condizionamenti sociofamiliari, cominciando ad operare le selezioni già nella prima adolescenza, appare arrischiato, stante la estrema apertura della natura umana, che qualcuno qualifica in termini di libertà, mai soggetta a condizionamenti deterministici.

Seppure importantissimi e meritevoli di molta più consistente attenzione, i primi anni di vita non sembrano i soli anni in cui si decide del processo di formazione della persona umana.

Se grande attenzione deve essere riservata ai primi anni, non minore attenzione deve essere rivolta agli anni successivi.

La Costituzione repubblicana ha affermato solennemente che occorre <<rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana>>, della persona di ogni essere umano.

Si tratta dell’affermazione dei diritti, non solo del cittadino e del lavoratore, ma soprattutto della persona umana.

Il discorso costituzionale dovrebbe stare a cuore in particolare a quanti sono assertori del valore della persona umana, non accettando discriminazioni tra gli esseri umani, discriminazioni sociali, di nascita, di censo, di classe, come peraltro la tradizione umanistico-cristiana ha sempre propugnato.

Una società che non solo si qualifica democratica, ma che rivendica la sua profonda, radicata, genuina tradizione umanistico-cristiana, non può che rifiutare ogni pur minima forma di discriminazione personale, familiare, sociale, nel riconoscimento dell’uguaglianza delle persone umane, uguaglianza che si pone soprattutto come diritto alla piena formazione, alla formazione integrale, originale, ottimale di ogni persona umana, di ogni figlio di donna.

Appaiono quanto meno strane, incomprensibili, inaccettabili tutte le riserve che si fanno sulle possibilità formative dei giovani.

Non che difficoltà, ostacoli, problemi non si riscontrino, a qualsiasi livello di età, ma questa constatazione dovrebbe semmai indurre ad accrescere l’impegno volto a combattere tutte le cause dei condizionamenti fisici, psichici, culturali, familiari, sociali, scolastici.

Non si possono sostenere le ragioni della persona umana, quale che sia l’ideologia, la filosofia o la religione che si assume, ed accettare poi come ineluttabili le ineguaglianze, senza impegnarsi a combatterle, come dovere civico, politico, sociale, ideologico, religioso.

Forse quella dell’educazione è la cartina di tornasole dell’autenticità degli uomini politici, degli uomini di cultura, degli uomini di scuola .

Comunque, anche se dovessero venire meno tutte le ragioni personali, ideologiche, religiose ecc., resta ineludibile il precetto costituzionale che << È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese>>(art. 3 Cost.).

Il che significa che la Repubblica e, per essa, tutte le istituzioni educative debbono impegnarsi a rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e quindi debbono creare creare tutte le condizioni che possano rendere possibile il <<pieno sviluppo>> , la piena formazione della persona umana, il successo formativo.

In tal senso, il Regolamento dell’autonomia scolastica non fa che realizzare l’impegno formativo che la Carta costituzionale ha assegnato alla Repubblica: attraverso le istituzioni educative del sistema formativo integrato la Repubblica assicura il successo formativo a tutti i giovani.

Non si tratta di adempimenti formali: non basta creare strutture, ordinamenti, programmi ecc., ma occorre garantire il successo formativo.

La Repubblica non può limitarsi a creare l’uguaglianza delle opportunità, ma deve garantire il successo formativo, deve creare le condizioni perché tutti realizzino il <<pieno sviluppo della persona umana>>.

Non basta che la scuola sia aperta a tutti e che siano eliminati gli ostacoli di ordine economico, per assicurare il diritto all'educazione ed all'istruzione.

Purtroppo, da cinquant’anni il diritto all'educazione ed all'istruzione viene inteso come insieme di interventi, soprattutto economici, che rendano possibile la frequenza della scuola .

Il diritto all'educazione ed all'istruzione è qualcosa di più sostanziale, perché si concretizza nel <<pieno sviluppo della persona umana>>, nella piena formazione della persona umana, nel successo formativo.

Non si è assicurato il diritto all'educazione ed all'istruzione fino a quando non si sono messi i giovani nella condizione di autorealizzarsi, di attuare la loro piena umanizzazione, la loro piena formazione umana .

Per ottenere questo risultato, per assicurare il successo formativo a tutti gli alunni, non bastano le riforme delle strutture, degli ordinamenti, dei Programmi didattici.

Il Regolamento dell’autonomia scolastica pone esplicitamente in relazione il successo formativo con <<l'esigenza di migliorare l'efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento>> e con <<l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie innovative>>.

È questa la vera Riforma della scuola, la riforma sostanziale, la riforma che occorre realizzare.

Necessita che la scuola, e tutte le istituzioni educative, diventino effettivamente capaci di assicurare il successo formativo.

Per garantire il successo formativo, la scuola deve migliorare i suoi ordinamenti, ma deve innanzitutto e soprattutto migliorare i processi di insegnamento/apprendimento, anche attraverso l'introduzione e l'utilizzazione di tecnologie innovative.

Il primo impegno di chi si accinge a varare la Riforma della scuola deve essere quello di migliorare i processi di insegnamento/apprendimento.

Si è detto che la Didattica costituisce il "cuore dell’autonomia" (2).

Occorre occuparsi della didattica e dell’utilizzazione delle tecnologie nella didattica.

Purtroppo, al rinnovamento didattico e tecnologico della scuola non si presta adeguata attenzione .

Forse si deve prendere atto che l’unico processo innovativo sul piano didattico e tecnologico è quello che i docenti hanno realizzato da soli, senza sostegni e senza conforti.

Il problema dell’efficacia dell’attività educativa e didattica non viene affrontato né sul piano dell’innovazione metodologico-didattica né sul piano dell’innovazione tecnologica.

Quale attenzione è stata riservata al monitoraggio delle metodologie educative e didattiche utilizzate nella scuola?

Quale attenzione è stata riservata all’utilizzazione delle tecnologie educative, multimediali e non multimediali, nella didattica delle singole discipline?

Si è rilevato quanto spazio è assicurato alla metodologia della riscoperta (problem solving) e del cooperative learning, alla valutazione formativa, all’impiego delle tecnologie educative?

Basterebbe prendere conoscenza degli strumenti didattici utilizzati nelle aule, oltre ai libru di testo.

Non c’è stata una politica del libro e non c’è stata una politica delle tecnologie educative, strutturate e non strutturate, oltre che multimediali.

Si è fatta la retorica della scuola come ambiente educativo e di apprendimento, ma nel colossale spreco di risorse per i mille progetti educativi quali tecnologie sono state assicurate ai docenti delle singole discipline, perché gli alunni, a cominciare dalla scuola dell’infanzia, apprendano, scoprano, costruiscano i concetti, come pure una eletta minoranza di docenti ha disperatamente tentato di fare a livello personale, tra il generale disinteresse dell’amministrazione scolastica?

Tanto per semplificare, i numeri in colore, i B.A.M. del Dienes, le bilance matematiche, i geopiani ecc. non sono entrati nelle aule come strumenti didattici normali, ma solo là dove i singoli docenti, con proprie iniziative e, a volte, a proprie spese, se ne sono fatto carico.

Anche la politica del libro si è tradotta nella creazione di surrogati delle biblioteche pubbliche, lasciando insoddisfatte le esigenze didattiche delle blibliotechine di classe o di plesso, certamente più utili sul piano didattico.

Forse l’esempio più significativo è rappresentato dalle Tecnologie multimediali, per le quali è mancato un impegno specifico, mirato, organico, rivolto ad assicurarne l’impiego nella concreta attività didattica, non tanto per far lezione, quanto per mettere gli alunni, tutti gli alunni, nelle condizioni di riscoprire/costruire/inventare i concetti.

La scarsa o mancata attenzione alla didattica ed alle tecnologie educative si è tradotta nell’inefficacia dell’azione educativa e didattica, nel fallimento della scuola, proprio laddove era maggiormente impegnata, nella lotta ai condizionamenti socioculturali e formativi, oltre che all’handicap ed allo svantaggio socioculturale.

Si pensi, in particolare, a tutta la problematica dell’individualizzazione dell’insegnamento ovvero della personalizzazione educativa, che non è stata affrontata in modo sistematico nemmeno per realizzare l’integrazione degli alunni in situazione di handicap e la lotta allo svantaggio socioculturale.

Sarebbe dovuto apparire ovvio che l’organizzazione educativa e didattica uniforme della scuola non era la più idonea a creare le migliori opportunità educative per tutti gli alunni, quali che fossero le loro caratteristiche personali.

La scuola del diritto all'educazione ed all'istruzione è la scuola su misura di tutti gli alunni, è la scuola che si fonda, non sull’uniformità della sua organizzazione e della sua azione educativa e didattica, ma sulla personalizzazione educativa e didattica (unicuique suum).

Nella scuola dell’uniformità si consuma lo sperpero delle potenzialità formative che non vengono recuperate e delle potenzialità formative che vengono sperperate.

La dispersione scolastica riguarda gli alunni che abbandonano la scuola, ma riguarda anche gli alunni che traggono scarso profitto, e traggono scarso profitto sia gli alunni che non raggiungono la sufficienza, sia gli alunni che non raggiungono l’eccellenza. Un 8 che non diventa 10 è uno spreco non inferiore ad un 4 che non diventa un 6.

Sarebbe dovuto apparire scontato che l’organizzazione di una scuola di massa pone dei problemi che la scuola di èlites non poneva e che non possono essere affrontati mantenendo in vita l’organizzazione educativa e didattica della scuola di èlites.

In effetti, anche con l’istituzione della scuola media unificata nel 1962, la scuola ha mantenuto la sua organizzazione educativa e didattica uniforme, prevedendo solo interventi correttivi, attraverso le attività compensative, integrative, di recupero ecc.

Ora, queste attività stanno proprio a significare l’inadeguatezza della scuola.

La scuola è costretta a recuperare, compensare ed integrare solo quando non si organizza in modo da assicurare il successo formativo, quando non crea le condizioni perché tutti gli alunni possano apprendere con successo, muovendo dai propri livelli di sviluppo e di apprendimento. seguendo i propri ritmi ed i propri stili apprenditivi.

Si mantiene un’organizzazione uniforme, su livelli medi, ai quali vengono sacrificati gli alunni con difficoltà di apprendimento, ma vengono sacrificati anche gli alunni più dotati.

Il Regolamento dell’autonomia scolastica lascia intravedere un modello di scuola personalizzata attraverso lo strumento della flessibilità, ma sulla quale incombe il rischio che non sia intesa come personalizzazione educativa ma come adeguamento alle realtà locali, e quindi ancora una volta come organizzazione uniforme, sebbene a livello locale.

Ci si sarebbe aspettati, ieri come oggi, una maggiore attenzione ai diritti, sempre misconosciuti, delle persone umane, diritti molteplici, ma soprattutto diritto al sostegno nel processo di autorealizzazione, diritto ad una scuola che sia a misura delle caratteristiche e delle esigenze formative personali: una scuola a misura delle persone umane.

La riforma della scuola non sarà una riforma effettiva fino a quando non creerà le condizioni perché ogni giovane possa trovare almeno nella scuola le migliori opportunità per esprimere al massimo le proprie possibilità formative.

Evidentemente, la riforma dovrà riguardare gli ordinamenti, le metodologie e le tecnologie educative e didattiche, ma queste non si possono realizzare se difettano le risorse professionali.

La chiave di volta della riforma è costituita dagli ordinamenti, dalle strutture edilizie, dalle risorse tecnologiche, ma è costituita soprattutto dalle risorse professionali, in termini di competenze disciplinari, didattiche, relazionali ed organizzative di tutti gli operatori scolastici.

In tale prospettiva va visto il problema della formazione iniziale e il problema della formazione in servizio.

L’una e l’altra debbono assicurare le quattro competenze che ormai si ritrovano indicate in tutte le direttive dell’aggiornamento.

Se Gentile privilegiava le discipline e se l’Attivismo pedagogico privilegiava gli aspetti metodologico-didattici, il problema non lo si risolve sacrificando le une o gli altri, ma assicurando che i docenti possiedano tutt’e due le competenze.

Innanzitutto, le competenze disciplinari, indispensabili sin dalla scuola dell’infanzia.

Ma poi, occorre pure le competenze didattiche.

Sarebbe dovuto apparire assurdo che i docenti, impegnati nella didattica, siano privi delle competenze specifiche sul piano psicologico, pedagogico, sociologico, metodologico-didattico.

E poi occorrono anche le competenze relazionali e le competenze organizzative.

È inaccettabile che si debbano attendere le nuove generazioni di docenti usciti dai Corsi universitari di formazione, quasi che le attuali generazioni non abbiano anch’essi diritto ad una scuola di qualità.

Dovrebbe apparire evidente che il problema della formazione professionale dei docenti va affrontato a livello di formazione iniziale, ma va affrontato anche e soprattutto a livello di formazione in servizio.

Eppure, da trent’anni nella scuola non si fa aggiornamento (aggiornamento disciplinare, aggiornamento didattico, aggiornamento relazionale , aggiornamento organizzativo).

Basterebbe la più rudimentale indagine per rilevare quanto scarse siano le competenze disciplinari, didattiche, relazionali ed organizzative che ai docenti sono state assicurate attraverso la burocratizzazione dell’aggiornamento, che pure i Decreti delegati del 1974 avevano attribuito alle competenze dei collegi dei docenti.

L’autonomia richiede che l’aggiornamento sia gestito dalle singole scuole, ma non isolatamente, perché nessuna scuola può curare l’aggiornamento dei diversi docenti : dei docenti di Matematica, dei docenti di Storia, dei docenti di Musica, dei docenti di Educazione fisica ecc.

Occorre promuovere la costituzione di reti di scuole, del tipo FORMANET (3): ogni scuola della rete cura un ambito tematico costituendosi come laboratorio di aggiornamento specifico, al quale accedono tutti i docenti interessati di tutte le scuole della rete.

Al riguardo, occorre anche saper resistere alla tentazione di una nuova burocratizzazione centralistica dell’aggiornamento attuato attraverso le vie telematiche.

All’Amministrazione scolastica compete il compito di offrire risorse ma non di organizzare e di gestire ancora una volta l’aggiornamento.

Solo le singole istituzioni scolastiche possono promuoverlo secondo le esigenze via via espresse dai singoli docenti, usufruendo di tutte le risorse delle reti locali, regionali, nazionali, mondiali.

Tuttavia, questo impegno che deve nascere dentro le singole istituzioni scolastiche va sostenuto dalle Università e dai Centri di ricerca attraverso l’offerta di risorse, consulenza, di coordinamento, di promozione.

Al docente impegnato a migliorare i processi di insegnamento/apprendimento relativamente alle singole discipline oggi la Rete non offre molto.

Occorre promuovere e coordinare le iniziative esistenti.

Ma occorre soprattutto mettere le istituzioni scolastiche nella condizione di rilevare le esigenze di aggiornamento disciplinare, didattico, relazionale ed organizzativo dei singoli docenti e di organizzare i supporti necessari per soddisfarle.

Questo non avverrà fino a quando sarà consentito pensare che capaci e meritevoli si nasce nei contesti sociofamiliari e che il piombo di cui si è costruiti non può essere cambiato in oro.

Era questa la concezione pagana della natura umana.

La Costituzione repubblicana del 1948 si pone in una prospettiva personalistica, che è anche quella dell’Umanesimo cristiano.

Noi, almeno con B. Croce, non possiamo non dirci cristiani!

 

Note

1 Mazzetti R., Scoperta dell’infanzia e nuove prospettive dello sviluppo dell’uomo, Edizioni Beta, Salerno, 1970

2 TENUTA U., Didattica: Cuore dell'Autonomia in DIDATTICA@EDSCUOLA.COM

3 FORMANET, RETE PER LA FORMAZIONE: si tratta di un sistema di formazione in servizio avviato nella provincia di Salerno (http://www.uff-studi.starnet.it/Formanet/menu.htm).


La pagina
- Educazione&Scuola©