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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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LA CASSAZIONE CONFERMA IL DIRITTO PRIORITARIO ALLA RISERVA NEL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO

Il diritto alla riserva di una percentuale di posti alle persone con disabilità ed agli orfani nei pubblici concorsi è stato un tema assai dibattuto, anche con esiti diversi specie nell’ultimo anno. Sino a pochi mesi fa i “ riservisti” si erano visti rifiutato di fatto il diritto alla riserva, garantito dall’art 3 L.n. 68/99.

Ora però la Sezione Lavoro della Cassazione, con la sentenza n. 19030 dell’11 Settembre 2007, ha  confermato un orientamento emerso già con una precedente sentenza a Sezioni unite, pronunciata  il 22 Febbraio 2007 col n. 4110, che  aveva ribaltato l’orientamento giurisprudenziale della stessa Sezione lavoro espresso con la Sentenza  n. 27600 del 29 Dicembre 2006.

Quindi a distanza di due mesi  (Dicembre 2006  - Febbraio 2007) si è verificato un radicale cambiamento di indirizzo, che era stato avviato  da un Parere del Consiglio di Stato del 2000 e che reggeva  inalterato da  allora.

Il problema riguardava l’interpretazione dell’art 3 l.n. 68/99 sul diritto alla riserva di una percentuale di posti a favore di persone con disabilità  nei pubblici concorsi, quando i bandi prevedono la suddivisione degli aspiranti e quindi degli idonei in diversi  successivi scaglioni, interni alla stessa graduatoria, relativi ai diversi requisiti degli aspiranti:  1. idonei in pubblici concorsi precedenti,  2. in possesso di abilitazione all’insegnamento,  3. privi di tale abilitazione. Secondo i bandi l’Amministrazione non può nominare sullo scaglione  successivo, se prima non ha esaurito i vincitori collocati nello scaglione precedente.

Sino al Febbraio 2007, Le supreme Magistrature erano dell’avviso che in sostanza l’unica graduatoria, in caso di suddivisione in scaglioni,  fosse costituita da tre distinte graduatorie , operanti in ordine cronologico successivo.

Ne conseguiva che gli insegnanti aspiranti alla riserva, collocati nella “terza fascia delle graduatorie permanenti” e quindi nel “terzo scaglione” della graduatoria concorsuale, non potessero godere del diritto alla riserva, se prima non fossero stati  esauriti  tutti i due precedenti scaglioni. In pratica gli aspiranti alla riserva, collocati in terza fascia, avrebbero visto il posto di lavoro come un “miraggio”, anziché come il  diritto all’inserimento “mirato”.

Ora il recente nuovo orientamento della Cassazione ha definitivamente reso giustizia ai “riservisti”. Infatti la cassazione non ha negato l’obbligo di attingere in successione ai diversi scaglioni; ha però precisato che, ai fini dell’applicazione delle riserve, i tre scaglioni fanno parte di un’unica graduatoria e non costituiscono tre graduatorie distinte e separate.

Ciò significa che se scatta il diritto ad un posto di riserva nella prima fascia, ma in essa ed in quella successiva mancano aspiranti al diritto alla riserva che però sono presenti nella terza fascia, il primo di essi ha diritto a quel posto, proprio perché i tre scaglioni fanno parte di una stessa graduatoria. Se ciò non fosse, osserva correttamente la Cassazione, il  diritto alla riserva, che è garantito dalla legge e dalla Costituzione, a seguito anche di numerose sentenze della Corte costituzionale,  non potrebbe essere esercitato e verrebbe quindi violato.

A ben riflettere, gli aspiranti non riservisti non possono sentirsi defraudati dai “riservisti”, poiché essi hanno partecipato ad un unico concorso, i cui aspiranti sono suddivisi in tre scaglioni per il rispetto del diverso peso dei requisiti posseduti dagli aspiranti inseriti nelle tre fasce; ma fra tutti c’è un requisito legale e costituzionale superiore a tutti che è il diritto alla riserva, che quindi passa avanti a tutti gli altri requisiti.

In conclusione però la Cassazione, vista la complessità del problema, ha deciso di compensare le spese di causa. Ciò significa che ciascuna delle parti si paga le sue spese.

Questo criterio eccezionale, previsto dal Codice, si sostituisce a quello usuale secondo il  quale la condanna alle spese di causa segue la soccombenza.

Ora se il criterio eccezionale ha un senso nelle controversie fra privati, è assai strano che venga applicato ad un privato cittadino che ha dovuto far valere un diritto “costituzionalmente protetto”, come dice la stessa Cassazione, di fronte all’ostinata pervicacia dell’Amministrazione che ha perduto tutti i gradi di giudizio. Il privato cittadino, per  i tre gradi di giudizio, ha dovuto affrontare una spesa non indifferente .

Non sembra corretto, in uno Stato di diritto con finalità sociali, costringere un cittadino a subire degli alti costi per far valere un suo diritto nei confronti dell’amministrazione.

Salvatore Nocera
Vicepresidente nazionale della F I S H
Federazione Italiana per il Superamento dell’handicap


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