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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Contributo al cammino del Movimento di Volontariato Italiano

di Armando Mirabella

 

1. L’amore ai tempi del colera

La democrazia non si costituisce con un patto tra singoli individui da un lato ed il popolo dall'altro, ma con un mutuo patto tra l'uomo singolo e tutti gli altri”.(1) Quando si è costretti a recuperare la lezione del XVII secolo di uno dei padri dei concetti di reciprocità e cittadinanza come Thomas Hobbes, vuol dire che lo stato di salute di quella democrazia è compromesso e che l'unica terapia possibile è quella d'urto che incide sul muscolo involontario della convivenza civile. Sul cuore: sulla politica.

Ecco “Il più tremendo risultato di un'opera di diseducazione o di educazione negativa, che ha martellato per vent'anni da ogni lato(…).Quello della <<sporcizia>> della politica...(2) Queste parole di Giacomo Ulivi, studente partigiano diciannovenne fucilato nel 1944, scattano un fotogramma che potrebbe essere sviluppato ai giorni nostri senza apparire una foto sbiadita della realtà che viviamo. Se la devastazione economica prodotta dai cinque anni del governo guidato da Silvio Berlusconi è misurabile già solo con parametri macro-economici classici cfr. (3), irreparabile per questa generazione, forse, è il danno al tessuto sociale di questo paese, ai motivi dello stare insieme, alla convivenza civile. “Il peggiore periodo da sessant'anni a questa parte” ha recentemente commentato uno dei padri costituenti, l'ex presidente della Repubblica Scalfaro.

L'Italia, carissimi, esce da un altro quinquennio tremendo, da un'altra guerra dove sono stati attaccati ed in qualche caso rasi al suolo alcuni obiettivi democratici strategici.

Una riflessione sul volontariato italiano del 2006 deve tenere conto di questo quadro se vuole spendersi come soggetto credibile di cambiamento, di progettualità, anticipatore e sperimentatore di soluzioni nuove, se vuole tornare ad occupare “i posti di frontiera” come li definisce Garcia Roca(4).

 


 

2. Cosa pubblica e legalità ampia

C’è da ricostruire un paese. Bisogna ricostruire i motivi dello stare insieme. Frasi come “Con la mafia bisogna convivere”, o “è lecito evadere le tasse” o ancora l’invito a trovarsi un lavoretto pronunciate dal Ministro delle infrastrutture e trasporti e dal Presidente del consiglio dei ministri hanno legittimato una visione dello stato, della cosa pubblica, della cosa di tutti che, purtroppo, in questo paese ha radici antiche (5). Ciò impone alla nostra agenda due temi strettamente collegati:

1) Il recupero del senso di appartenenza collettiva della cosa pubblica

2) La battaglia per una legalità ampia, strumento di sostegno anche decisamente finanziario del welfare: non solo lotta alle mafie, quindi, ma anche all’evasione fiscale.

Tali priorità debbono essere affrontate attraverso due livelli di azione contemporanea.

Uno pedagogico che deve essere assolto rivolgendosi alle scuole, alle giovani generazioni. Un altro con dei laboratori che creino welfare locale.

 

3. I temi di una nuova educazione

Rispetto all’azione pedagogica al Mo.V.I. le risorse non mancano. Ovviamente decine sono le nostre realtà che operano con i minori, o che, meglio, sono attive all’interno di reti che promuovono percorsi educativi con i giovani. Porre al centro di questa azione la convivenza civile, la coesione sociale e la legalità ampia deve divenire la base del processo di ricostruzione di una nuova cittadinanza condivisa. In questo senso strategico è il rapporto con gli enti locali che, come i recenti esempi emersi da comuni quali Belluno e  Bologna ci insegnano (atti convegno Legautonomie(6)), sono impegnate in un raccordo tra giovani, luoghi di democrazia diffusa, quali le associazioni di volontariato e luoghi di prossimità istituzionale e di servizi come comuni, province e regioni.

Obbligatorio è, quindi, recuperare il patrimonio della Rete delle ragazze e dei ragazzi del sud. Non basterà rilanciarla: il Mo.V.I. in questa esperienza dovrà identificarsi perché in essa c’è il Mo.V.I.: c’è la nuova educazione, la partecipazione, la legalità ampia e la presenza attiva nella società del mezzogiorno. Una presenza, agente di autopromozione delle comunità.

4. Le comunità locali

E proprio le comunità locali rappresentano il secondo nodo dell’azione futura del Movimento.

La improvvisa e prepotente comparsa del blocco sociale dei precari aggiunge una categoria alle già numerose presenti nel bacino di carenaggio delle città. Tra coloro che vedono la propria cittadinanza all’asciutto per riparazione troviamo neoassunti, precari ormai al 49,8% (Banca D'Italia (7)), immigrati, pensionati, famiglie monoreddito, giovani coppie: almeno 7,5 milioni di persone, secondo l’Istat, il cui numero e le cui necessità erano assolutamente inattese solo dieci anni fa. Ma proprio in un momento in cui queste necessità obbligherebbero i sistemi di welfare ad una maggiore propulsione registriamo, attraverso il taglio dei trasferimenti agli enti locali, un crollo dell’energia disponibile. Assumersi la responsabilità di raccogliere questi nuovi bisogni provenienti dalle nostre città, formulare delle proposte di soluzione, verificarne la sostenibilità, interloquire su queste ipotesi con istituzioni ed enti locali spetta al volontariato italiano.

Non siamo all’anno zero. E non a caso.

La modalità sperimentata nella concertazione per i piani di zona non rende affatto irrealistica la necessità di far sorgere in ogni città dei laboratori per la creazione di welfare locale. Laboratori in cui dobbiamo far convergere tutte le agenzie di un territorio per produrre “pezzetti di welfare” e che, poi, insegnino l’arte di questa produzione ai cittadini: “Chi si propone di interpretare gli abitanti di un territorio - associazioni, sindacati, gruppi intermedi - deve però impegnarsi anche a restituire competenza sociale agli abitanti stessi”. (“Il volontariato che sognamo (8) ).


 

5. Gli strumenti

Per non rendere velleitario o addirittura controproducente questo sforzo di raccolta ed elaborazione, il volontariato moderno deve dotarsi di diversi strumenti. Intanto “vanno considerate, le responsabilità e la preparazione necessarie per fare politica, per esercitare la partecipazione, con competenza, puntualità e in termini propositivi” (“Il volontariato che sognamo (8)). Questa preparazione sarà, in prima battuta, uno degli strumenti che permetterà al Mo.V.I. di incontrare, bene attrezzati, il piccolo volontariato che non si sente rappresentato dalle grandi organizzazioni, coordinamenti, federazioni e forum nazionali. Questo permetterà di stabilire un clima di fiducia attraverso il quale il Mo.V.I. può stabilire relazione con le altre realtà associative del territorio. Questo della relazione, nelle realtà dove si fa Mo.V.I., è uno degli strumenti indispensabili e uno degli obiettivi irrinunciabili. Assolutamente necessaria, a questo punto, appare una Scuola di Formazione dei quadri del Movimento di Volontariato Italiano. Una scuola che almeno due volte l’anno apra le sue porte 3 giorni per scambiare in modo organico buone prassi, aggiornare le conoscenze legislative locali, nazionali e comunitarie, confrontarsi con altre realtà italiane ed europee.

 

6. Balzo culturale

E proprio il richiamo alla realtà europea ed internazionale deve farci compiere un grosso balzo culturale. “L’azione transnazionale dei cittadini, che ha il sostegno nelle radici locali, è la plusvalenza del volontariato maturo in tempi di globalizzazione(4). Con queste parole Garcia Roca ci indica la direzione di un salto culturale di cui il Movimento ha bisogno. E per il quale è necessario un confronto sistematico con realtà che da tempo operano in questo ambito della promozione della cittadinanza globale. Accanto a queste, non più rinviabile, invece, è la necessità di perseguire con determinazione un accreditamento del Movimento presso reti (CEV European Volonteer Center, ad esempio) ed Istituzioni europee, in cui i contatti col volontariato spagnolo e quello russo, sono solo un primissimo passo iniziale.

Il legame con il territorio è stato il nostro tratto caratteristico, oggi, però, con la complessità introdotta dalla globalizzazione dei mercati, questo legame rischia di essere un ancoraggio, un vincolo che ci incatena impedendoci di fare tutta la strada del percorso che conduce alla rimozione delle cause della povertà e dell’esclusione sociale.

Non è necessario ricorrere a Pasolini per rendersi conto di quanto la civiltà dei consumi abbia scavato nella percezione della realtà della nostra generazione. Sarà quindi particolarmente arduo e frustrante per il volontariato di oggi agire nella direzione della regolazione del consumo. Grande complessità, assenza di risultati immediati, scarsa tangibilità della propria azione sulle comunità in cui l’associazione o il gruppo opera, lontananza dai luoghi della decisione, sono gli elementi che possono far imboccare la scorciatoia del ripiegarsi sul solo lavoro sul territorio. Ben più appagante. Ma il momento in cui il conto economico e quello ambientale e, quindi, sociale di questo irrefrenabile processo di consumo rischia di presentarsi prima del previsto. Industria-mutamento climatico-desertificazione-immigrazione-esplosione periferie, ad esempio, rischiano di manifestare i propri effetti nelle nostre comunità molto più velocemente di circuiti già ben conosciuti da tutti noi come quello delocalizzazione-disoccupazione-povertà.

Nei citati laboratori di welfare locale assumono, quindi, una altissima priorità anche attività che, ad esempio, educhino, promuovano e che creino prassi di risparmio energetico e uso e produzione di energie alternative, di utilizzo di alimenti e manufatti prodotti in modo sostenibile sia ambientalmente che socialmente, di sostegno della diversità biologica, di difesa della proprietà pubblica dell’acqua. 

Anche nel rapporto con i sud del mondo emerge, per il volontariato maturo, la necessità di trasferire competenze per evitare dipendenze. Questo meccanismo di autopromozione delle comunità locali, ha nel microcredito uno strumento esemplare. Uno strumento che crea sviluppo locale, la cui gestione sostanzialmente femminile, sperimenta pacificamente meccanismi di democrazia dal basso, non imposti da rastrellamenti e bombardamenti compiuti da quella parte di mondo autoproclamatosi civile.

 


 

7. Conclusione

Accanto a quelli appena sfiorati da questa relazione molti saranno i temi che certamente verranno toccati in questi giorni. Tematiche così ampie e intrecciate ci assegnano la responsabilità di continuare ad esportare nei territori, arricchendolo, il nostro modello di relazione e di azione. Un modello fondato su di un confronto partecipato, su di un’analisi politica, su di una  sintesi concreta e su di una prassi innovativa.

Grazie.
Note:

(1)Thomas Hobbes “Teoria del sapere e scienza della politica”, Le Monnier

(2)“Lettere dei Condannati a morte della Resistenza italiana”, Einaudi Tascabili

(3)“Il Pil (...) è rimasto immobile come già lo era stato nel 2003. I consumi sono addirittura andati indietro dello 0,1 per cento sull'anno precedente. L'avanzo primario, che il centrosinistra lasciò al 5,6 del Pil, è sceso allo 0,6 e nei primi due mesi dell'anno in corso è andato sotto zero. La produzione industriale è ferma o recede. L'occupazione stabile è diminuita di centomila unità. La bilancia commerciale registra un vistoso passivo. Il fabbisogno di cassa è in aumento e infatti il debito pubblico cresce per la prima volta dal 1993. Siamo di nuovo al 108 per cento sul Pil e il trend prevede quota 110 per la fine dell'anno.” E. Scalfari, la Repubblica 5/3/2006

(4)”Un Futuro per il volontariato nell'emancipazione dei poveri” J. Garcia Roca

(5)Riferendosi al 1861: “Invece di riconoscere la necessità di pagare le tasse, si pensava generalmente che se un gruppo di persone aveva scoperto un proficuo mezzo di evasione fiscale, gli altri facevano meglio a pensare ai fatti loro” D. Mack Smith “Storia d'Italia 1861-1969” – Laterza, 1969

(6)“Il volontariato: una risorsa per le comunità locali” atti del VII convegno nazionale biennale Enti Locali e volontariato – Legautonomie

(7)Banca D'Italia - Bollettino Economico - n. 46, Marzo 2006

(8) “Il volontariato che sognamo” Documento preparatorio a “Riscriviamo il lessico della solidarietà” Vitinia 25,26 marzo 2006 – Mo.V.I.


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