Programma d'azione 
CdM 28.07.2000
(Presidenza Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Sociali)

 

Indice

1. Prevenire la disabilità

1.1 Diagnosi precoce
1.2 Prevenzione nell’ambiente di vita e di lavoro

2. Riabilitazione

3. Scuola

3.1. Una scelta irreversibile
3.2 Gli studenti universitari disabili

4. Lavoro

4.1 Per una piena integrazione

5. La disabilità in età adulta

5.1 Itinerari di integrazione
5.2 Sostegno alla famiglia e "Dopo di noi"
5.3 Residenzialità

6. Mobilità:luoghi e mezzi senza barriere

6.1 Ambienti urbani e strutture edilizie
6.2 Trasporto pubblico
6.3 Trasporto privato

7. Liberi di vivere

7.1 Maggiori opportunità nell'accesso allo sport, alle attività culturali, al turismo

8. Sistema integrato di fonti informative sull'handicap, i servizi, le soluzioni tecnico organizzative

8.1 Sistema informativo statistico
8.2 Innovazione tecnologica e servizi telematici

9. Europa

9.1 Oltre Amsterdam


 

L'adozione di un Programma di Azione per le politiche di superamento dell'handicap intende definire l’impegno del governo a favore delle persone disabili per il prossimo triennio, sulla base delle indicazioni avanzate con forza, da più parti, nel corso della prima Conferenza nazionale sull'handicap, promossa dal Ministro per la Solidarietà Sociale in attuazione dell'articolo 1 della legge 162 del 21 maggio 1998.

La Conferenza, che si è svolta a Roma dal 16 al 18 dicembre 1999, ha visto una significativa e convinta partecipazione di associazioni di disabili e di famiglie, di amministratori locali, di operatori dei servizi sanitari e sociali, della scuola, delle più importanti organizzazioni sindacali ed imprenditoriali, di pubbliche amministarzioni, di istituzioni ed enti interessati al tema quali INAIL, ISTAT, ENEA, Azienda Ferrovie dello Stato.

Nel corso dei lavori preparatori, della discussione generale e soprattutto dall'esame dei documenti conclusivi dei sette gruppi tematici nei quali si è articolato il dibattito della Conferenza con la partecipazione dei rappresentanti del Governo, sono emerse concrete indicazioni sulle iniziative e sugli indirizzi da intraprendere sia in campo legislativo che nelle scelte operative delle diverse amministrazioni per favorire un più elevato livello di integrazione ed una migliore qualità della vita per le persone disabili. L’obiettivo è quello di dare piena attuazione a quanto previsto dalla legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, ed ai principi e finalità ai quali essa si ispira.

Il Programma di azione proposto tende a realizzare i seguenti principi fondamentali:

PRINCIPIO della "NON DISCRIMINAZIONE"

Occorre tenere presente che la società è costituita da un insieme di "diversità", ciascuna delle quali porta in sé specifici valori dei quali la società stessa deve essere messa in condizione di arricchirsi culturalmente;

PRINCIPIO delle "PARI OPPORTUNITA’ "

L’azione complessiva deve rendere ad eliminare lo svantaggio derivante dalla situazione di disabilità. Essa, cioè deve tendere alla eliminazione dell’"handicap", dell’ostacolo sociale che impedisce la piena partecipazione alla vita collettiva;

PRINCIPIO delle "MAGGIORI GRAVITA’ "

L’azione è strategicamente rivolta anzitutto a risolvere le situazioni di bisogno che gravano sulle persone con "gravissima"disabilità e delle loro famiglie che le assistono. Solamente risolvendo questi problemi sarà possibile ottenere insite od analoghe soluzioni nell’intero pianete della disabilità;

PRINCIPIO della "CONCRETA INTEGRAZIONE"

L’azione dovrà essere particolarmente rivolta a rendere efficace quella legislativa, in modo da rendere effettivamente esigibili i diritti umani e sociali compressi dalle situazioni di disabilità. In tale direzione vanno potenziati i controlli inerenti l’attuazione delle leggi, i finanziamenti, l’eventuale iter giudiziario di garanzia;

Secondo le più recenti stime dell'ISTAT (Indagine multiscopo al domicilio delle famiglie, dati 1994, confermati dai primi risultati 1999), in Italia vivono al loro domicilio circa 2 milioni e settecentomila persone in età superiore ai sei anni definiti disabili a causa di limitazioni nell’espletamento delle attività nella vita quotidiana (confinamento individuale, disabilità nelle funzioni, difficoltà nel movimento, difficoltà nella vista, udito e parola). Si giunge a circa 3.000.000 di disabili se si considerano anche i bambini al di sotto dei sei anni, e, soprattutto i ricoverati in istituzioni assistenziali o sanitarie.

Fra i circa 3.000.000 di disabili si possono stimare 1.100.000 con difficoltà motorie, 350.000 ciechi totali o parziali, 800.000 persone con problemi dell’udito più o meno gravi tra cui 49.000 sordi prelinguali (sordomuti) e circa 700.000 persone con disagio mentale. Di questi, circa 1.200.000 si collocano nella fascia da 0 a 65 anni.

Soltanto in minima parte tali limitazioni vengono registrate alla nascita: infatti per il quattro per mille dei nuovi nati, circa 2.000 l'anno, vengono registrate malformazioni o malattie congenite invalidanti. La percentuale delle disabilità rilevate cresce in età scolastica quando si evidenziano in particolare le disabilità mentali. Tra gli iscritti alle scuole elementari, infatti, il tasso degli alunni in situazione di handicap sale all’1,86 per cento ed al 2,50 per cento nelle scuole medie, con una prevalenza di soggetti con insufficienze mentali.

Nella fascia adolescenziale e dell'età adulta aumenta invece il peso delle disabilità fisiche che subiscono una forte impennata dopo i 15 anni per cause prevalentemente derivanti da incidenti sul lavoro, sulle strade, nella pratica sportiva e domestici. Circa 60.000 persone sotto i 65 anni si muovono su sedia a ruote. Nella terza età assumono invece sempre maggior rilievo gli esiti di malattie involutive e degenerative che determinano negli anziani alte percentuali di grave non autosufficienza, che cresce fino al 20 per cento oltre gli 80 anni, ed una larga diffusione di forme di cecità e sordità che supera il 15 per cento.

Il 15 per cento delle famiglie italiane è direttamente coinvolto nel fenomeno.

Il mondo della disabilità ha vissuto in Italia negli ultimi trenta anni profonde trasformazioni. E' infatti a partire dagli anni 70 che prende corpo una importante azione di rinnovamento di servizi ed interventi, che coincide con la prima fase del decentramento delle competenze dallo Stato alle Regioni. La costruzione di una rete di servizi sul territorio, in attuazione delle prime leggi regionali, prende poi ulteriore slancio dopo la riforma sanitaria del 1978 con la costituzione delle Unità Sanitarie Locali. Si manifesta in questa fase un approccio innovativo al problema, non finalizzato più al ricovero, alla istituzionalizzazione o comunque a delineare percorsi paralleli o speciali, ma, al contrario, teso a costruire una rete di sostegno e di opportunità per la persona disabile e la sua famiglia, per rendere possibile e facilitare il processo di integrazione.

Fu però la legge 104, approvata nel 1992, dopo un lungo confronto parlamentare, a delineare per la prima volta nel nostro ordinamento un quadro organico di norme che fissavano principi ed indirizzi in tutti i campi della vita sociale per la prevenzione e la riabilitazione, l'accesso ai diversi gradi di istruzione e formazione, il lavoro, la mobilità, la fruizione delle strutture sportive turistiche e ricreative, l'accesso alla informazione e alla comunicazione, il sostegno alle famiglie, il servizio di aiuto alla persona, la residenzialità. La legge quadro sull'handicap, per quanto limitata nella dotazione finanziaria, nei suoi otto anni di applicazione ha indubbiamente dato respiro alle politiche per il superamento dell'handicap, migliorando sensibilmente le condizioni di vita dei disabili e delle loro famiglie.

Il nuovo quadro legislativo, infatti, ha consentito alle Regioni di promuovere e realizzare interventi con l'obiettivo di migliorare l'assistenza, sanitaria e sociale, l'autonomia e l'integrazione sociale delle persone disabili nel contesto di vita quotidiana. Oltre ad attività finalizzate a prevenire l'handicap, si è registrata una considerevole attenzione alla predisposizione di adeguate reti territoriali di servizi in favore di disabili e delle loro famiglie. Le ASL e gli Enti Locali, in particolare, hanno promosso servizi di riabilitazione e favorito interventi di sostegno al nucleo familiare, attraverso l'assistenza domiciliare, aiuto personale, nonché, per le persone handicappate in situazione di gravità, interventi integrativi o sostitutivi del nucleo familiare come centri diurni riabilitativi e socio – educativi e strutture residenziali alternative agli istituti quali comunità alloggio e case famiglia, residenze sanitarie assistenziali, forme di affidamento.

Le politiche intraprese a livello regionale hanno concorso a raggiungere positivi risultati anche in altri settori di intervento disciplinati dalla legge quadro. In particolare le attività di formazione professionale, grazie anche all'impiego di fondi europei, hanno coinvolto un numero crescente di giovani disabili ed ampliato le opportunità di integrazione nel mondo del lavoro attraverso il collocamento mirato, interventi di sostegno alla cooperazione sociale e all'imprenditoria locale.

A livello locale si sono inoltre moltiplicate iniziative volte a migliorare la mobilità delle persone disabili, nonché l'accessibilità e la fruizione dei mezzi pubblici, sia attraverso la concessione di particolari agevolazioni che attraverso l'adeguamento dei sistemi di trasporto.

Diverse, e in taluni casi innovative, sono le iniziative in atto per favorire e migliorare l'integrazione sociale predisponendo le condizioni per una più ampia fruizione di attività del tempo libero e della pratica sportiva. Da parte degli Enti locali non sono mancati interventi per il superamento delle barriere architettoniche nelle scuole, negli edifici pubblici, nelle strutture ricreative e sportive. Molte attività sono state realizzate grazie anche a forme di collaborazione con le associazioni e le organizzazioni del privato sociale.

Occorre rilevare che a livello regionale la promozione di adeguate politiche per il superamento dell'handicap e l'attuazione della legge quadro 104/92 non si manifesta in maniera omogenea. Si riscontrano eterogeneità e situazioni diversificate sia riguardo alle produzioni normative di riferimento ma, ancora più, per quanto concerne le risorse economiche investite, la programmazione e la realizzazione di servizi territoriali.

Dall'analisi dei dati riportati nelle Relazioni al Parlamento, presentate annualmente dal Ministro per la Solidarietà Sociale si evidenzia un forte divario tra alcune regioni, soprattutto del Nord, ed altre, localizzate in particolare nel Sud. Le regioni più avanzate hanno generalmente attuato in modo soddisfacente le disposizioni della legge quadro, dispongono di articolate strutture regionali di riferimento e di sistemi informativi. Altre, pur manifestando processi di adeguamento, presentano difficoltà nel dotarsi di strumenti efficaci per una corretta ed adeguata realizzazione degli interventi previsti. E ciò limita di fatto la piena esigibilità dei diritti civili e condizioni di pari opportunità per i cittadini disabili in diverse realtà territoriali.

La rete dei servizi territoriali ha indubbiamente alleggerito il carico assistenziale per le famiglie. Così come importanti sono risultate le opportunità concesse ai lavoratori, genitori o conviventi di persone non autosufficienti, di usufruire di una serie di agevolazioni quali i permessi retribuiti per tre giorni al mese o due ore giornaliere per far fronte ad esigenze assistenziali, la possibilità di scegliere la sede di lavoro o di ottenere prioritariamente il trasferimento di sede; ciò a completamento di provvedimenti già in vigore da anni come l'indennità di accompagnamento, istituita con la legge 18 del 11 febbraio 1980, che ha garantito alle famiglie un aiuto finanziario per affrontare i costi dell'assistenza. Al 31 dicembre 1998 usufruivano dell'indennità di accompagnamento, paragonabile alla super invalidità dei grandi invalidi di guerra e del lavoro, circa 839 mila invalidi civili gravi, 50 mila ciechi assoluti. Erano invece 58 mila le indennità speciali per i ciechi parziali e 40 mila le persone sorde che beneficiavano delle indennità di comunicazione.

L'insieme di queste condizioni ha in primo luogo favorito l'avvio di un processo di inserimento nel sistema scolastico, prima in modo spontaneo, poi in modo sempre più diffuso e sistematico a partire dalla legge 517 del 1977 con l’istituzione degli insegnanti di sostegno, e, successivamente, con gli accordi di programma tra scuole ed enti locali.

Nell'ultimo anno scolastico, 1998 - 1999 sono stati circa 120.000 i bambini con disabilità che hanno frequentato la scuola di tutti. L’integrazione ha interessato oltre 100.000 sezioni e classi comuni dei vari ordini e gradi d’istruzione. Ben 59 mila insegnanti di sostegno hanno rafforzato l'organico docenti. Sono dati ormai consolidati, omogenei su tutto il territorio nazionale, che dimostrano un impegno forte e determinato dell'intero sistema scolastico che ha altresì consentito ad un numero limitato ma crescente di giovani disabili di approdare agli studi universitari. Si stimano in circa 4.000 gli iscritti nell'ultimo anno accademico ai diversi atenei. L'esperienza dell'integrazione, per quanto ancora da migliorare sul piano dell'organizzazione e della qualità del servizio, non solo ha determinato una forte crescita sul piano sia culturale che sociale delle persone disabili, ma ha altresì contribuito significativamente alla diffusione in Italia della nuova cultura dell'integrazione.

A partire da quella esperienza è aumentata progressivamente tra le giovani generazioni di disabili la domanda di formazione e di lavoro e si sono creati i presupposti per i tanti risultati conseguiti, soprattutto quando i servizi formativi hanno mirato ad alti livelli di professionalizzazione o hanno costruito percorsi individualizzati tesi a realizzare un inserimento mirato, a collocare cioè il lavoratore disabile nel posto di lavoro a lui più adatto o anche quando, non rassegnandosi alle difficoltà occupazionali, si è promossa nuova imprenditorialità con la costituzione di cooperative sociali, finalizzate al collocamento dei disabili, soprattutto dopo l'approvazione della legge 381 dell’8 novembre 1991 che le ha formalmente riconosciute.

La domanda di lavoro di persone disabili negli ultimi anni è andata progressivamente crescendo. Al 30 giugno 1998 risultavano iscritti alle liste speciali del collocamento obbligatorio 264.073 disoccupati disabili. A fronte di questi si contavano 191.953 occupati nelle aziende pubbliche e private con almeno 35 addetti. Pur stimando in 15 mila i lavoratori disabili occupati in circa 3.000 cooperative sociali, e quelli impegnati nelle libere professioni e nel lavoro autonomo, il tasso di disoccupazione si colloca intorno al 55 per cento. E ciò fa rilevare un ritardo del sistema di collocamento e delle imprese a recepire i cambiamenti e la domanda di lavoro dei disabili; ritardo che deve e può essere rapidamente recuperato a partire dalla nuova legge, la n. 68 del 12 marzo 1999, entrata in vigore a regime il 18 gennaio 2000. Tale legge ha esteso il campo di applicazione del collocamento obbligatorio alle piccole imprese, ha introdotto flessibilità, incentivi per le aziende e la possibilità di costruire percorsi individualizzati per il collocamento mirato.

Il lavoro è stato indubbiamente la condizione nuova che ha consentito a molti disabili di guardare alla possibilità di vivere nuove esperienze, di usufruire di inedite possibilità e delle occasioni che la società offre per l'impiego del tempo libero nelle attività culturali o sportive, nel turismo. Numerose norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche e sull'accessibilità del sistema di trasporti, a partire dal DPR 384 del 27 aprile 1978, inoltre, hanno iniziato a rendere più agevole la mobilità delle persone non autosufficienti e limitate nelle loro funzioni motorie soprattutto nelle grandi città. E' in questo quadro che si collocano alcuni fenomeni inediti. L’aumento del numero dei disabili che viaggiano su treni ed aerei. Il forte incremento del movimento paraolimpico, che associa nella Federazione Italiana Sport Disabili circa 17 mila atleti praticanti le diverse discipline sportive. La creazione di percorsi turistici accessibili, adattati alle esigenze di chi vive disabilità motorie o sensoriali, o l'attenzione delle strutture recettive alle esigenze del turista con bisogni particolari. Sono segnali importanti che non devono però far sottovalutare che resta ancora molto da fare per migliorare i livelli di fruibilità delle sale cinematografiche, dei teatri, degli impianti sportivi, dei locali di ristoro, degli spazi pubblici ed anche per migliorare l’accessibilità del trasporto urbano e soprattutto di quello ferroviario e marittimo.

Sono quindi diversi i settori nei quali occorrerà sviluppare azioni efficaci ed innovative, e diverse le sfide che il mondo della disabilità lancia alla società. La più impegnativa sarà nei prossimi anni quella di garantire una condizione di vita integrata alle persone gravemente non autosufficienti che restano prive del sostegno del nucleo familiare. Sta infatti invecchiando la generazione di famiglie che negli anni sessanta, pur in assenza di servizi adeguati, fece la scelta di assistere in famiglia i figli con handicap grave, rifiutando la prospettiva del ricovero in istituzioni chiuse e separate. Sono le stesse famiglie che in quegli anni, riunite in associazioni, diedero vita ai primi servizi di assistenza e di riabilitazione sul territorio. Si tratta ora, attraverso una serie di misure di tutela giuridica, di natura fiscale ed assistenziale far sì che quelle esperienze di integrazione non debbano essere interrotte e che quelle persone, pur gravemente non autosufficienti, possano continuare a realizzare il loro progetto di vita anche senza il sostegno dei genitori.

Nel corso della tredicesima legislatura, Governo e Parlamento hanno riservato una notevole ed inedita attenzione ai problemi della disabilità. Sono stati approvati numerosi provvedimenti, alcuni attesi da anni ed oggetto di ripetuti dibattiti nelle precedenti legislature. Non si è però voluto ripercorrere la vecchia strada delle legislazioni quadro per ridefinire ulteriori diritti e principi. Molto più concretamente si è cercato di dare corpo e concretezza ad una serie di obiettivi già definiti dalla legge 104/92. Si è inteso soprattutto indicare nell'impiego delle risorse e nell'erogazione dei servizi la priorità dell'assistenza alle situazioni di maggiore gravità per fornire un più adeguato sostegno alle persone non autosufficienti ed alle loro famiglie. La legge 284 del 28 agosto 1997 sui ciechi pluriminorati e la legge l62 del 21 maggio 1998 sull'handicap grave hanno trasferito alle regioni nel triennio 1998 - 2000 ben 202 miliardi finalizzati al rafforzamento degli interventi di assistenza a domicilio, semiresidenziale e residenziale alla persona ed al nucleo familiare.

Sono state emanate linee guida per la riabilitazione ed è stata avviata la riorganizzazione degli istituti atipici per finalizzare nuove risorse e competenze all'integrazione scolastica. E’ stata approvata nel 1999 la legge n. 17 del 28 gennaio per sostenere ed agevolare gli studenti disabili che frequentano le università. Si sono introdotte agevolazioni fiscali ad altre forme di sostegno alle famiglie. Significative, inoltre sono state diverse disposizioni sulla disabilità inserite in normative generali, come la legge 28 agosto 1997 n. 285 sull’infanzia, che prevede interventi rivolti anche ai bambini e agli adolescenti in situazioni di handicap, sono state adottate disposizioni tese ad agevolare la vita delle persone disabili quale ad esempio l’autocertificazione dell’handicap prevista dall’art.39 della legge 448 del 23 dicembre 1998.

Particolarmente importanti sono state le norme tese a facilitare la mobilità. Tra queste il rifinanziamento per 70 miliardi della legge 13 del 9 gennaio 1989 per l'eliminazione delle barriere architettoniche anche negli edifici privati e le agevolazioni fiscali per l'acquisto di autovetture adattate per il trasporto delle persone con diverse disabilità sia fisiche che sensoriali che ne limitino l'autonomia.

Si è sostenuto lo sviluppo di nuove imprese sociali, affidando tale compito e consistenti risorse a Sviluppo Italia. Ma soprattutto è stata approvata dopo 25 anni di dibattito parlamentare la nuova legge n. 68 del 12 marzo 1999 sul collocamento obbligatorio dei disabili, che ha superato vecchie ed inadeguate procedure burocratiche e recepito le migliori esperienze di collocamento mirato condotte nel Paese.

Sono infine in fase di discussione altri provvedimenti di rilievo quali quello sull'amministratore di sostegno, che potrà ridurre i casi di ricorso a strumenti giuridici penalizzanti quali l'interdizione e l'inabilitazione. E' soprattutto in fase avanzata l'esame del disegno di legge di riforma dell'assistenza nell'ambito del quale, oltre alle risorse per rafforzare la rete dei servizi, è previsto il riordino del sistema dei trattamenti assistenziali per quelle persone con gravi disabilità che non sono in condizioni di lavorare e per le quali è necessario garantire trattamenti adeguati a condurre una vita dignitosa. Il numero delle persone che fruiscono di pensioni ed assegni di invalidità civile si è attestato nel 1998 a circa 800.000 unità, con un trattamento di circa 395.000 lire mensili.

Per rispondere a tante vecchie e nuove sfide del mondo dell'handicap la Conferenza Nazionale ha indicato obiettivi e linee di lavoro, ma soprattutto ha sollecitato le istituzioni, sia centrali che periferiche, a non limitarsi a promuovere i pur necessari provvedimenti legislativi e regolamentari, ma a definire, con il concorso delle associazioni e delle diverse amministrazioni, un vero e proprio programma di azione da attuare nel corso del triennio, da verificare nella seconda Conferenza Nazionale che dovrà essere organizzata dal Governo fra tre anni.

Il Programma, adottato dal Consiglio dei Ministri, richiederà per la sua attuazione il concorso di tutte le amministrazioni. Per questo motivo occorrerà una forte azione di coordinamento, che non può che essere affidata alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, che potrà esercitarla attraverso la Commissione Interministeriale, già istituita presso il Dipartimento degli Affari Sociali con Decreto del 16 dicembre 1996. Tale organismo, del resto, nel corso dei suoi tre anni di vita, ha già esercitato positivamente tale funzione. Ad esso infatti sono legati tanti risultati positivi che il Governo ha potuto registrare, attraverso l'azione quotidiana degli uffici preposti nelle diverse amministrazioni ed atti amministrativi finalizzati a migliorare servizi, prestazioni ed opportunità di integrazione per le persone disabili.

Le associazioni dei disabili e delle loro famiglie, che già nella fase di elaborazione del programma sono state coinvolte ed hanno potuto partecipare con proposte ed osservazioni alla sua stesura, eserciteranno un’utile azione di collaborazione operativa e di controllo attraverso la Consulta Permanente di Associazioni di Disabili e delle loro famiglie. Tale organismo, istituito con Decreto del 30 dicembre 1996 presso il Dipartimento Affari Sociali, raccoglie le più rappresentative associazioni che sono impegnate in campo nazionale sulla materia.

In riferimento alla indicazione delle modalità di finanziamento degli interventi previsti dal presente Programma, si precisa che le azioni richiamate e da attuarsi nell’ambito della legislazione vigente risultano finanziabili nei limiti degli stanziamenti previsti, mentre gli impegni assunti alla presentazione alle Camere di nuovi provvedimenti legislativi saranno condizionati al rispetto della disciplina ordinaria in tema di programmazione finanziaria.

1. Prevenire la disabilità
1.1 Ricerca e diagnosi precoce

Le cause della disabilità possono essere ricondotte a malattie, malformazioni congenite e traumi.

In generale si può affermare che la prevenzione delle cause di disabilità nell'infanzia esige come premessa necessaria la ricerca scientifica, in quanto è ancora arretrata la conoscenza di tutti i fattori che la determinano, mentre la prevenzione delle cause della disabilità nella popolazione giovanile, adulta ed anziana esige soprattutto che siano messe in pratica le conoscenze già acquisite per prevenire incidenti stradali, sul lavoro, domestici e nella pratica sportiva e per ridurre fattori di rischio e modificare stili di vita la cui pericolosità è già ampiamente accertata, come l'alcool, il fumo, l'alimentazione scorretta, la sedentarietà.

In particolare, l’età avanzata, è caratterizzata da un aumento esponenziale del rischio di malattie: cronico - degenerative ad alto contenuto invalidante, quali accidenti vascolari cerebrali e del miocardio, demenze, patologie involutive degli organi di senso, patologie dell’apparato osteo – articolare.

Le strategie preventive differiscono secondo l’età di insorgenza, oltre che della disabilità: nel caso dell'insorgenza entro l'infanzia la disabilità è quasi sempre mentale ed è causata da malattie perinatali e patologie genetiche. Il miglioramento dell'assistenza al parto, condotto in ambienti attrezzati per poter monitorare ed intervenire immediatamente, anche chirurgicamente, ha profondamente ridotto il rischio di trauma e di asfissia, che un tempo era causa di gravi disabilità. Al tempo stesso il miglioramento dell'assistenza perinatale concorre a ridurre tanto la disabilità quanto la mortalità perinatale: una parte di coloro che sarebbero morti sopravvive con disabilità, e questo fenomeno contribuisce a mantenere invariata la frequenza dei disabili e persino ad aumentare il numero di quelli con disabilità più grave.

Esaminando l'andamento delle malformazioni, anomalie riscontrabili alla nascita, che rappresentano una piccola parte delle disabilità presenti ma non ancora evidenti, si constata che la frequenza resta stabile attorno a 4 per mille nati (3,46 per le madri fra 20 e 35 anni e 4,20 per quelle oltre i 35, secondo i dati ISTAT riferiti al 1996).

Ma per distinguere la tipologia di disabilità ad insorgenza precoce è utile rifarsi alle statistiche sulle certificazioni scolastiche, che riguardano la quasi totalità dei disabili, anche quelli gravi, poiché sempre più raro è il caso del "non scolarizzabile". Osservando i dati riferiti all'anno scolastico 1997 – ‘98 elaborati dall' Ufficio studi e programmazione del Ministero della Pubblica Istruzione sugli alunni in situazione di handicap presenti ai vari livelli della scuola dell'obbligo, si nota un progressivo aumento della percentuale dei disabili sul totale degli iscritti che nella materna rappresentano l’1,09 per cento, nelle elementari l’1,96 per cento e nella media inferiore il 2,54 per cento. Ciò consente di affermare che la diagnosi precoce delle disabilità non evidenti alla nascita presenta spazi di iniziativa notevoli.

Nel nostro Paese, ove le vaccinazioni e le cure neonatali sono avanzate e generalizzate, sulla base delle conoscenze epidemiologiche si può ben affermare che la maggior parte delle disabilità abbiano origine genetica, sia che colpiscano l'infanzia sia la terza e quarta età, anche se il contributo dell'ambiente non può mai essere trascurato. Per la prevenzione della componente genetica è anzitutto necessaria la conoscenza scientifica dei meccanismi di azione, attualmente poco studiati dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Per quanto apprezzabile, non ci si può affidare soltanto ad iniziative come "Telethon" e "Trenta ore per la vita". "Telethon" che ha finanziato attività di ricerca sulle cause della distrofia muscolare, generosamente ha esteso a tutte le malattie genetiche il suo campo d'azione, ma l'ammontare dei finanziamenti non può certo bastare. Per oltre la metà dei casi di disabilità mentale non si conosce il meccanismo di azione della noxa, che si può ragionevolmente definire come genetica soltanto sulla base delle ricerche epidemiologiche. La carenza di conoscenze sui meccanismi patogenetici della disabilità, in particolare quella mentale, limita spesso la possibilità di prevenzione, oltre che di cura e di riabilitazione. Verso la ricerca in questo settore si sono indirizzate risorse inadeguate. Appare quindi utile attivare nuovi programmi, anche attraverso protocolli o accordi con imprese private, finalizzati alla ricerca applicata, anche in campo farmaceutico.

L'art.5, lettera a, della legge n. 104 /1992, individua tra gli obiettivi da perseguire per "La rimozione delle cause invalidanti", quello di: "sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedica, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca".

E per impulso delle associazioni di disabili e di familiari di disabili mentali alla fine del 1998, in occasione dell'approvazione della legge finanziaria al Senato, è stato adottato dal Governo il seguente ordine del giorno:

"Il Senato, impegna il Governo tramite il Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, d'intesa col Ministro senza portafoglio per la Solidarietà Sociale e il Ministro della Sanità, ad attivare programmi nazionali di ricerca per l'anno 1999 aventi per oggetto attività di ricerca scientifica ed applicata finalizzata alla prevenzione delle malattie che fin dall'infanzia provocano disabilità mentale e plurima e/o deficit funzionali, nonché ad attivare programmi nazionali a valere sulla disponibilità di cui al comma 2, secondo procedure e modalità previste dalla normativa vigente in materia di gestione del Fondo speciale per la ricerca applicata".

Il Piano Sanitario Nazionale 1998 - 2000 prevede di incentivare le ricerche, che negli anni novantasette e novantotto hanno subito un rallentamento, con la conclusione dei due progetti "Genoma umano" e "Decennio del Cervello", che pure hanno portato grandi avanzamenti nella conoscenza. Ciò è importante perché già oggi le terapie genetiche sono in grado di ridurre o di annullare la disabilità connessa con alcune rare patologie, il cui numero è comunque destinato ad aumentare in connessione con il progredire delle ricerche.

Il MURST sta procedendo alla stesura del piano triennale di ricerca, all'interno del quale devono trovare giusta collocazione anche i problemi della disabilità e dell'handicap. Il Ministero della Sanità ha parzialmente recepito queste esigenze con il bando per le ricerche rivolto agli IRCCS (Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico) per il 1999.

La prevenzione secondaria, o diagnosi precoce, offre la possibilità di contrastare l'evoluzione naturale delle malattie invalidanti, come ad esempio attraverso mirati interventi di screening; ciononostante, diverse Regioni, alle quali compete l'istituzione e la realizzazione di programmi di prevenzione secondaria, non hanno ancora approvato interventi di basso costo e di sicura efficacia, come la diagnosi neonatale della fenilchetonuria, di recente regolamentata dal DPCM 9 luglio 1999, in attuazione dell’art. 6 della legge 104/92. Pochissime sono le Regioni nelle quali si attuano sistematicamente più vasti screening neonatali, ad esempio sulle centinaia di malattie metaboliche già conosciute che, per quanto rare, costituiscono, nella loro somma complessiva, un’importante causa di disabilità, che potrebbe spesso essere ridotta od annullata purché conosciuta molto precocemente. Eppure i progressi della tecnica consentono di effettuare la diagnosi di centinaia di malattie metaboliche da una sola goccia di sangue del neonato, con costi molto contenuti, che costituirebbero investimenti estremamente vantaggiosi, soprattutto se raffrontati ai costi sociali ed economici che la società e la famiglia devono sostenere per un disabile grave.

Nel quadro delle iniziative di prevenzione secondaria previste dal Piano Sanitario Nazionale saranno pertanto programmate:

1.1.1 in accordo con la Conferenza Stato Regioni, modalità per l'attuazione di screening per la prevenzione della disabilità su tutti i nuovi nati;

1.1.2 nell'ambito del piano triennale e delle attività degli IRCCS iniziative di ricerca sulle cause che determinano disabilità mentali e plurime.

1.2 Prevenzione nell’ambiente di vita e di lavoro

La disabilità conseguente a traumi generici ed a quelli del traffico in particolare è molto elevata. Si deve ricordare che (F. Taggi et AA, "Aspetti sanitari della sicurezza stradale", Istituto Superiore della Sanità, giugno 1999) gli incidenti stradali rappresentano la causa di morte più frequente sotto i quaranta anni di età. Il numero dei morti per incidenti stradali negli ultimi tre decenni del secolo si è andato riducendo: attualmente siamo a circa 8 mila casi l’anno; considerando che ad ogni morte si può stimare che corrispondano circa 2 disabili gravi, ne deriva che i nuovi casi di disabili siano ventimila per anno, di cui 16 mila gravi. I dispositivi di sicurezza montati sull'automobile ed il casco hanno, quindi, contribuito notevolmente a ridurre gli incidenti ed i loro esiti invalidanti. L’entrata in vigore delle nuove norme sull’obbligatorietà del casco e le nuove disposizioni in materia di sicurezza all’esame del Governo e del Parlamento potranno migliorare questi risultati. Ma ci sono altri fattori di cui tenere conto: in particolare l'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti sembra rivestire grande importanza nel favorire incidenti nei giovani.

Nell'area degli incidenti casalinghi si deve tenere presente che essi concernono sia l'abitazione in sé (ad esempio norme antincendio) che le attrezzature e le apparecchiature usate nella stessa. Negli ultimi anni interventi del legislatore hanno obbligato al rispetto di norme di sicurezza per gli impianti elettrici e quelli di riscaldamento: sia pure con approssimazioni successive si è imposto un netto miglioramento dei fattori di sicurezza, talvolta imponendo oneri consistenti rispetto ai costi di realizzazione. Tuttavia non si deve dimenticare che la maggior parte degli incidenti gravi avvengono in quelle situazioni di marginalità nelle quali molto più difficile è trovare il rispetto delle norme vigenti: nelle abitazioni più precarie, come roulottes o abitazioni improprie, si determinano molti dei drammi che conducono a morte o a disabilità permanente.

Gli elettrodomestici sono sottoposti a norme sempre più severe, il cui rispetto viene controllato lungo tutta la catena di produzione e di vendita e sanzionato in modo sempre più pesante. Gli stessi giocattoli sono sottoposti a normativa abbastanza severa e calibrati secondo l'età dell'utilizzatore.

Gli esiti invalidanti da traumi da sport e da attività ginnica all'interno della scuola costituiscono una quota ridotta del fenomeno. Mentre mantengono caratteri di gravità e drammaticità i dati sugli incidenti e la sicurezza sul lavoro. Dall’andamento del fenomeno degli infortuni sul lavoro, infatti, emerge che ogni anno, mediamente, il 5 per cento dei lavoratori subisce un incidente sul lavoro – oltre 1.000.000 di casi – con conseguenze che provocano oltre 30.000 invalidità permanenti e circa 1.200 morti.

Purtroppo, l’andamento del fenomeno non è positivo, dopo il lieve calo degli ultimi anni – dovuto principalmente alla diminuzione delle ore lavorate conseguente alla crisi occupazionale, che ha colpito anche i settori tradizionalmente più a rischio e cioè la metalmeccanica e l’edilizia – con la ripresa produttiva si registra nuovamente una crescita degli infortuni sul lavoro.

Per arginare questo fenomeno negli ultimi anni sono stati adottati provvedimenti legislativi e concrete iniziative, prima fra tutti il decreto legislativo 626 del 1994 e il 242 del 1996.

Il Piano Sanitario Nazionale prevede l’obiettivo della riduzione del 10 per cento del numero degli incidenti sul lavoro e sono in corso di definizione da parte del Ministero della Sanità le procedure per la ripartizione alle strutture territoriali di risorse economiche finalizzate ad incentivare l’attività di prevenzione e di controllo nei luoghi di lavoro.

A seguito della legge - delega n.144 del 1999 il Governo ha già ricevuto il parere favorevole delle Commissioni parlamentari su uno schema di decreto legislativo che, tra l’altro, prevede la destinazione da parte dell’INAIL di risorse economiche dirette a sostenere e finanziare programmi di adeguamento delle strutture e delle organizzazione delle piccole e medie imprese e dei settori agricolo e artigianale alle normative di sicurezza ed igiene del lavoro:

Il Ministro del Lavoro con la Conferenza Nazionale per la sicurezza sul lavoro ha lanciato il programma "Carta 2000" e, coerentemente, ha già fissato i criteri per la riorganizzazione ed il potenziamento degli Ispettorati del Lavoro, avviando, nel contempo, le prime iniziative per l’istituzione della figura dell’ispettore unico, quale momento di coordinamento tra gli enti che svolgono attività ispettiva sui luoghi di lavoro, mentre sta definendo, in collaborazione con gli altri ministeri interessati, la costituzione dell’agenzia per la formazione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.

In questo quadro, per contribuire ad una più rigorosa applicazione delle norme vigenti e ad una più diffusa cultura della prevenzione e della sicurezza saranno altresì attivati:

1.2.1 con il concorso dell’INAIL, iniziative premianti per le aziende rispetto alle applicazioni delle norme di sicurezza e sostegno finanziario ai datori di lavoro in difficoltà rispetto ai costi di adeguamento degli impianti; iniziative per la formazione dei lavoratori e dei rappresentanti dei lavoratori;

1.2.5 campagne di sensibilizzazione ed informazione sui rischi domestici, nella pratica sportiva, sulla strada da promuovere, in attuazione dell’art.5, lettera i) della legge 104/92;

2. Riabilitazione:
2.1 Rafforzare la rete

Il sistema dei servizi di riabilitazione si è sviluppato nel Paese in fasi successive attraverso un percorso non programmato. Vede quindi convivere in modo non sempre integrato servizi pubblici sia di tipo ospedaliero che territoriale, con centri privati convenzionati, ex articolo 26 legge 833/78, che assistono generalmente disabili con bisogni riabilitativi complessi, ma soprattutto presenta ritardi e forti squilibri. L'indice di posti letto, fissata dalla programmazione sanitaria in 1 per mille abitanti, è ancora disatteso, nonostante le regioni abbiano avviato processi di riconversione. In particolare, vanno recuperati ritardi in alcune aree del centro sud, che registrano insufficienze anche in materia di servizi territoriali e dotazione di personale specifico, e dove il ruolo dei servizi pubblici è carente. Un particolare problema è inoltre costituito dalla non sempre adeguata qualità delle prestazioni riabilitative con servizi in cui è presente ed in alcuni casi prevale l'aspetto assistenziale, se non custodialistico. In tali condizioni aumenta notevolmente la parcellizzazione delle risposte senza verifica di efficacia e con aumento di spesa. Possono trovare altresì terreno la diffusione di tecniche improprie, se non dannose.

Le linee guida, adottate dal Ministero della Sanità con Decreto 7 maggio 1998 tracciano direttive che consentono alle Regioni ed alle ASL, nelle specifiche e rispettive responsabilità, di programmare e costruire una rete di servizi, anche ad alta specializzazione, sia territoriale che a domicilio, che affrontino le fasi acuta, intensiva ed estensiva, assicurando una serie complessa di interventi, dalla diagnosi alla riabilitazione precoce, agli interventi di mantenimento, ed integrata nel distretto con gli altri servizi sociali, educativi e formativi del territorio e con i servizi per l’accertamento dell’handicap.

La necessità di tenere conto della specificità della riabilitazione in età evolutiva è indicata nelle linee guida per le attività di riabilitazione. E' necessario che la riabilitazione in questa fascia di età sia mantenuta nell'ambito di servizi che integrino competenze preventive, diagnostiche, terapeutiche e riabilitative per i disturbi dello sviluppo neuromotorio, cognitivo, neuropsicologico e psicologico per l’età 0 - 18. Il modello organizzativo delineato nelle Linee Guida dovrà pertanto essere realizzato sottolineando, per quanto riguarda l’età evolutiva, gli aspetti relativi a: centralità dell'intervento territoriale, che mantenga il bambino nel suo ambiente naturale di vita; ricorso a strutture di ricovero che deve avvenire solo in condizioni particolari, con obiettivi definiti e per periodi strettamente limitati; presa in carico anche prolungata nelle patologie a maggiore complessità clinica in età evolutiva, nelle quali prevalgano condizioni di disabilità di origine congenita o neonatale e siano meno definibili le delimitazioni temporali delle diverse fasi dell'intervento (riabilitazione intensiva, estensiva, mantenimento); strutture con caratteristiche logistiche ed operative in grado di garantire la peculiarità dei bisogni dei soggetti in età evolutiva; definizione del progetto riabilitativo individualizzato, al quale concorrono le diverse figure della équipe multiprofessionale, con il coinvolgimento della famiglia, con l’indicazione degli obiettivi e dei tempi dell'intervento, integrato negli aspetti educativi, e socio – assistenziali, e verificato a breve, medio e lungo termine. L'interconnessione tra riabilitazione funzionale e psico - sociale è particolarmente stretta in età evolutiva, ed è quindi fondamentale che gli interventi sulla disabilità non siano diretti solo all'abilitazione di singole funzioni, ma abbiano sempre come obiettivo la globalità dello sviluppo.

Per quel che riguarda gli adulti sarebbe opportuno istituire in ogni ASL un'Area Funzionale Omogenea "AREA DISABILITA’ STABILIZZATA o AREA DISABILITA’ ADULTI" che realizzi interventi di prevenzione secondaria e terziaria, cura, riabilitazione secondo quanto definito dall’art. 7 della legge quadro 104 del 1992 e dalle linee guida del Ministero della Sanità per le attività di riabilitazione.

Le Unità Operative devono comunque garantire la presa in carico e gli interventi necessari agli utenti residenti nella ASL di appartenenza al fine di assicurare il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, funzionale, sociale ed emozionale, con la minor restrizione possibile delle loro scelte di vita.

Tra le lesioni acquisite che producono gravi disabilità vanno annoverati gli eventi traumatici vertebro - midollari. Sia per la popolazione interessata, prevalentemente al di sotto dei 40 anni, sia per i costi sociali enormi, sia per l'incidenza, che riguarda circa 800/1000 nuovi casi l'anno in Italia, si dovrà dare seguito agli indirizzi contenuti nelle linee guida per le attività di riabilitazione per l'attivazione delle Unità Spinali Unipolari (USU). E' urgente promuovere una rete di USU che copra tutto il territorio nazionale, in particolare con priorità nel centro - sud. Attualmente nelle regioni meridionali non vi sono USU operative e gli abitanti di queste regioni quindi non possono usufruire di:

adeguato soccorso e trattamenti nella fase di emergenza,

appropriata continuazione delle cure nella successiva fase di acuzie,

efficace ed appropriata assistenza anche dopo la dimissione per la gestione di eventuali complicanze.

Le USU si collocano all'interno delle alte Specialità Riabilitative in stretto raccordo con i dipartimenti di emergenza e quelli di riabilitazione; accolgono il paziente dalla fase dell'emergenza e l’accompagnamento in tutto l'iter riabilitativo, fino al reinserimento familiare e sociale; per tale motivo garantiscono con i distretti ed il territorio la continuità terapeutica necessaria al completamento del progetto riabilitativo.

Le USU sono strutture di riferimento regionale e sovraregionale, in particolare per il coordinamento dell'attività riabilitativa di tutti i pazienti mielolesi residenti nel territorio di competenza, anche tramite l'elaborazione e l'attivazione di percorsi diagnostico terapeutici.

Le USU promuovono l'attività scientifica, di ricerca e di sperimentazione per il miglioramento delle procedure diagnostiche e terapeutico riabilitative sulle para - tetraplegie.

Iniziative da promuovere:

2.1.1 indagine conoscitiva, tramite studi epidemiologici, sull'incidenza e prevalenza delle diverse disabilità, sulla entità della domanda e dell’offerta riabilitativa, per avere gli elementi di base per una programmazione dei servizi;

2.1.2 realizzazione su tutto il territorio nazionale delle "Linee guida per le attività di riabilitazione" e raggiungimento dello standard di posti letto: 1 per mille;

2.1.3 attivazione di Unità Spinali Unipolari, nelle regioni sprovviste;

2.1.4 contrastare l’evoluzione delle disabilità mediante l’istituzione in ogni Azienda Sanitaria Locale del territorio nazionale di servizi di neuropsichiatria infantile per la presa in carico e la riabilitazione precoce, in integrazione con le unità operative di riabilitazione territoriale previste nelle Linee Guida. I servizi dovranno garantire, mediante una équipe multidisciplinare con specifiche competenze per l'età evolutiva in grado di offrire interventi di riabilitazione neuro - psicomotoria, cognitiva, del linguaggio e dell'apprendimento, la presa in carico globale e continuativa, integrata negli aspetti sanitari, sociali, educativi;

2.1.5 istituzione in ogni azienda Sanitaria Locale del territorio nazionale di un’Area della disabilità stabilizzata, o Area disabili adulti, che garantisca mediante équipes pluriprofessionali, la presa in carico e gli interventi necessari per garantire ai disabili il miglior livello possibile di vita sul piano fisico, funzionale, sociale, ed emozionale;

2.1. integrazione nella rete dei servizi pubblici e di quelli accreditati e definizione di criteri di accreditamento, basati su indicatori di qualità e di efficacia;

2.1.7 indirizzare le risorse ed una specifica attenzione verso l’area del ritardo mentale e delle gravi patologie della comunicazione, con interventi precoci e continuativi, a forte integrazione socio sanitaria, considerato che questa è l’area a maggiore rischio di limitazioni nelle autonomia personale e sociale, con importanti ripercussioni nella vita familiare;

2.1.8 elaborazione, da parte del Ministero della Sanità, di concerto con il Dipartimento per

gli Affari Sociali, di un protocollo per il programma riabilitativo individualizzato per il disabile in età evolutiva che preveda il coinvolgimento della famiglia ed indichi i riferimenti essenziali delle varie metodiche riabilitative utilizzate ed i parametri per la verifica dell’efficacia;

ogni servizio, pubblico o accreditato, per la riabilitazione deve essere tenuto all’adozione di una cartella riabilitativa che indichi il progetto riabilitativo individuale e il programma riabilitativo così come indicato nelle Linee Guida per la riabilitazione Punto 1.1 e 1.2. Tale impegno riabilitativo deve essere indicato come uno dei criteri indispensabili per l'accreditamento. Deve inoltre essere sottolineata la necessità di un metodologia del lavoro riabilitativo, attraverso le procedure indicate nelle Linee guida per la riabilitazione: identificare/valutare/trattare/misurare i risultati;

2.1.10 avviare l’istituzione delle Unità per le disabilità gravi in età evolutiva, come indicato nelle Linee Guida punto 2.3, 4.3;

2.1.11 rendere organiche le norme che regolano l’accertamento dell’invalidità civile e l’accertamento dell’handicap riconducendo alla legge quadro 104/92, l’esclusivo riferimento normativo e concettuale, ed attribuendo alle commissioni previste dall’art. 4, il compito di diagnosticare la menomazione, cioè il deficit funzionale / invalidità, indicare la disabilità che ne deriva, le capacità globali e le potenzialità di recupero anche in relazione ai percorsi di inserimento e all’impiego di ausili e tecnologie. L’accertamento diventa la base per delineare il progetto di vita, consistente negli articolati interventi (prevenzione, cura, inserimento scolastico, lavorativo e sociale) sanciti dalla legge 104/92;

2.1.12 introdurre pertanto nuovi sistemi di accertamento delle disabilità, basati su parametri che evidenzino le abilità funzionali psicofisiche, il livello di partecipazione sociale e le possibilità di relazione interpersonale e sociale, secondo i principi ICIDH-2 indicati dall'OMS, e definizione della situazione di gravità (art.3 comma 3 legge 104/92); riordino della medicina legale al livello di formazione per l’esercizio dell’attività della medicina legale di base;

2.1.13 incoraggiare nel settore della riabilitazione sperimentazioni gestionali come descritto dall'art. 9 bis del decreto 502 /92 e confermata dall'art. 10 del recente decreto legislativo di riforma del SSN;

2.1.14 programmare i bisogni formativi, attraverso una puntuale indagine ricognitiva delle figure professionali che operano nel settore della riabilitazione, evidenziando i casi di "abusivismo professionale" (operatori non qualificati). Definire le professionalità necessarie in rapporto alle specifiche disabilità (differenziando, anche per l’eta evolutiva e l’età adulta). Determinare il fabbisogno per programmare correttamente l’accesso ai corsi di formazione universitaria;

2.1.15 implementare gli insegnamenti universitari in Medicina, Fisica e Riabilitazione ed i posti a disposizione per gli specializzandi in Medicina, Fisica e Riabilitazione. Nei corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia andranno altresì previsti adeguati programmi di insegnamento sulla prevenzione, cura e riabilitazione delle più diffuse patologie disabilitanti, nonché appropriata informazione sulle politiche sociali riferibili all'handicap ed al suo superamento.

2.16 promuovere, anche con il concorso dell’INAIL, iniziative per migliorare la qualità della produzione e la fornitura delle protesi riabilitative e degli ausili per l’autonomia, anche alfine di informare e documentare gli operatori e gli utenti sulle soluzioni tecniche disponibili.

3. Scuola.
3.1. Una scelta irreversibile

La scelta della piena integrazione scolastica è stata avviata, in Italia, all’inizio degli anni Settanta, prima in forma spontanea, poi dal legislatore e dal potere esecutivo. Nell’anno scolastico 1997/98, (ultimi dati ufficiali Ministero della Pubblica Istruzione) gli alunni con disabilità inseriti nei vari ordini di scuola ammontavano, su un totale di 7.589.395 alunni, a 117.643 unità. Erano 10.045 nella scuola materna, 50.950 nelle elementari, 43.180 nelle scuole medie, e 13.468 nelle secondarie superiori. Oggi questa capillare esperienza interessa oltre 100.000 sezioni e classi comuni dei vari ordini e gradi di scuola e coinvolge quasi 59 mila docenti per il sostegno (alcune migliaia dei quali, tuttavia, non sono in possesso di una specializzazione). Inoltre, chiama in causa per legge Regioni, Province, Comuni, Comunità montane e Aziende sanitarie locali ad assicurare, nei rispettivi compiti e ruoli, il supporto all’integrazione.

L'avvio graduale e concreto del processo di autonomia delle istituzioni scolastiche deve quindi riguardare anche l’esperienza pluridecennale di integrazione. Tale impegno riguarda Governo e Parlamento, ma anche le singole istituzioni scolastiche comuni e ciascuna professionalità ivi operante, chiamate dalle leggi vigenti a garantire l’educazione e l’istruzione di tutti gli allievi, all’interno delle sezioni e classi comuni, indipendentemente dalla tipologia e dalla gravità dell'handicap (legge n. 104/1992, artt. 12 e segg.).

La scelta dell'integrazione va oggi riconfermata e considerata irreversibile. Ed in questo quadro è possibile ed opportuno migliorare ulteriormente la qualità del servizio scolastico, dotandolo di tutte quelle competenze, condizioni, ausili e tecnologie che possano garantire la migliore fruizione possibile da parte degli alunni con diverse tipologie di disabilità.

Tale indirizzo deve valere anche nella scuola dell’autonomia, in relazione a numerosi fattori: a) ai rapporti tra i diritti umani e civili ed integrazione sociale; b) al quadro legislativo e normativo vigente; c) alla constatazione, validata dall’esperienza italiana e internazionale, che l’impegno per l’integrazione nella scuola di tutti rappresenta la strategia fondamentale per lo sviluppo, la crescita e la conquista delle autonomie e costituisce la condizione fondamentale per la successiva integrazione sociale e, se possibile, lavorativa delle persone disabili; d) alla considerazione dei vantaggi che tale situazione comporta per gli altri alunni e all’esperienza umana, culturale e professionale maturata da un’ampia fascia di operatori scolastici ed extrascolastici; f) al fatto che l’esperienza italiana rappresenta ormai un modello cui guarda l’Europa come occasione di scambi, di confronto e di reciproco incoraggiamento per innalzare la qualità del servizio scolastico.

Tutto ciò sottolinea la necessità di collocare il diritto all'educazione, all'istruzione, all'acquisizione di competenze ed all’integrazione sempre più nel quadro dei sistemi scolastico e formativo, lavorativo, socio – assistenziale ecc., portando al centro dell'attenzione i bisogni fondamentali della persona in situazione di handicap, i suoi familiari, il suo contesto abituale di vita, e richiamando competenze e obblighi che le leggi vigenti assegnano anche a Enti locali e Servizio Sanitario.

Per promuovere e rafforzare il processo di integrazione e per migliorare la qualità della formazione ed i livelli di apprendimento degli alunni disabili saranno promosse le seguenti azioni:

3.1.1 formazione e specializzazione degli insegnanti, attraverso la definizione di qualificati percorsi universitari, a partire dalla formazione di base. Tali iter debbono essere destinati, innanzitutto, a tutti i docenti curricolari, vanno assicurate, inoltre, forme altrettanto qualificate di specializzazione degli insegnanti per il sostegno, con il coinvolgimento pieno delle Facoltà di Scienze dell'Educazione e del sistema universitario. Saranno anche utilizzati gli spazi previsti dalla convenzione tra Ministero della Pubblica Istruzione e Rai;

3.1.2 attuazione di un programma teso all’impiego esteso e mirato delle nuove tecnologie, protesi, ausili, materiali didattici specifici, risorse informatiche, ma anche e soprattutto strumenti di amplificazione della comunicazione. Formazione degli operatori scolastici per un corretto uso delle tecnologie ed ausili;

3.1.3 offerta di opportunità formative e di specializzazione dei docenti che riguardino, in modo precipuo, i diversi bisogni educativi specifici conseguenti le diverse tipologie delle disabilità. In tali percorsi di formazione, affidati a docenti con particolare requisiti e di provata esperienza, devono trovare spazio la puntuale illustrazione e la conseguente utilizzazione dei principali metodi, degli sperimentati approcci riferiti a tali tipologie di deficit: utilizzo del Braille e di ogni altro sussidio per i non vedenti; educazione alla competenza linguistica, lingua dei segni e tecnologie per facilitare la comunicazione dei sordi; percorsi didattici specifici per l’integrazione degli alunni con sindrome di Down, con autismo, con grave disabilità psicofisica; ausili per i disabili motori gravi. Inserimento nella scuola della figura dell’assistente alla comunicazione, del quale andrà definito profilo e percorso formativo;

3.1.4 revisione dell’Atto di indirizzo e coordinamento alle Aziende sanitarie locali (DPR 24 febbraio 1994), con l'obiettivo di assicurare un effettivo e qualificato supporto della Sanità alla definizione degli strumenti diagnostici di documentazione dell'iter di integrazione scolastica, partendo da una lettura non patologizzante della situazione di handicap e attenta alle potenzialità anche minime di ciascun soggetto;

3.1.5 verifica delle risorse di personale docente e non docente assegnato alle scuole per l’integrazione. Valutazione sia sul piano qualitativo che sul piano quantitativo della situazione al fine di una verifica del rapporto 1/138 e delle connesse norme stabilite dalla legge finanziaria per il 1998 nell’assegnazione degli insegnanti di sostegno. Rafforzamento del sostegno assistenziale per i disabili non autosufficienti durante la permanenza a scuola e degli interventi extrascolastici a sostegno della famiglia, della vita in famiglia e della stessa integrazione scolastica;

3.1.6 verifica del grado di accessibilità delle scuole di ogni ordine e grado con particolare riguardo agli ingressi principali, alla mobilità interna alla struttura, alle palestre, agli spazi comuni, ai servizi igienici; programmazione di interventi per l’eliminazione dele barriere architettoniche, della comunicazione e percezione.

3.1.7 il processo di integrazione scolastica degli allievi e delle allieve in situazione di handicap deve essere considerato come uno dei fattori di qualità del piano dell’offerta formativa di una istituzione scolastica. Il Ministero della Pubblica Istruzione provvederà a definire con urgenza corretti strumenti di valutazione e verifica degli interventi educativi, didattici e organizzativi messi in atto dalle singole scuole e dall'intero sistema formativo, avendo cura di prevedere standard adeguati a valutare i processi di insegnamento e apprendimento, i risultati raggiunti sul piano individuale e collettivo, le aree di sviluppo prossimale e in prospettiva;

3.1.8 attuare la Riforma delle scuole degli istituti a carattere atipico di cui alla parte I, titolo II, capo II, del Testo unico della scuola (D.Lvo. 297/1994), secondo il preciso dettato della Legge n. 59/97, art. 21, comma 10. Tali istituzioni scolastiche vanno riformate "come enti finalizzati al supporto dell'integrazione nelle istituzioni scolastiche autonome". Esperienze professionali, strutture, personale e ogni altra risorsa disponibile vanno finalizzate a sostenere la piena integrazione scolastica di tutti gli allievi e di tutte le allieve in situazione di handicap nelle sezioni e nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado. Gli istituti atipici statali attualmente funzionanti dovranno diventare qualificati e fondamentali punti di riferimento per la catalogazione, la raccolta e la messa a disposizione di sussidi, risorse e esperienze e per la formazione, a supporto della predisposizione dei progetti individualizzati di integrazione.

3.2 Gli studenti universitari disabili

La diffusa presenza nelle università di un crescente numero di studenti disabili, circa 4.000, ha indotto il Parlamento a recepire la proposta più votata dagli studenti delle scuole medie nel corso dell’iniziativa "Ragazzi in aula", promossa della Camera dei Deputati, e ad approvare la legge 17 del 28 gennaio 1999.

Questa prevede misure di sostegno agli Atenei per favorire la partecipazione alle diverse attività di studio degli studenti disabili in particolare attraverso:

Al fine di garantire una corretta applicazione delle nuove norme e verificarne l’efficacia saranno promosse le seguenti azioni:

3.2.1 rilevazione annuale delle nomine dei delegati e delle attività svolte dalle Università, in particolare l’organizzazione dell'Ufficio, con personale dell'Università ed un coordinatore, attrezzato per gli opportuni collegamenti e sperimentazioni per la conoscenza degli ausili e le tecnologie, costituzioni di siti Web e banche dati;

ricognizione attraverso detti uffici dei bisogni e delle difficoltà degli studenti disabili, al fine di risolvere i problemi di orientamento, di partecipazione alle lezioni, di accesso ai testi di studio, alle biblioteche e alle consultazioni bibliografiche, al supporto didattico specifico, alla vita di relazione e di studio con gli altri, al rapporto con docenti, alla realizzazione dei percorsi di formazione per il completamento degli studi;

realizzazione del diritto allo studio garantendo l’assitenza e l’aiuto alle persone attraverso interventi promossi nell’ambito dell’autonomia universitaria. Individuare a tal fine servizi e soluzioni organizzative ed i supporti più idonei tra i quali:

nuove tecnologie in grado di avviare lo studente al più elevato grado di autonomia possibile,

interprete in lingua dei segni, ripetitore labiale, tutore didattico, stenotipia computerizzzata per gli studenti sordi,

trascrizione dei testi in braille, registrazioni, postazioni informatiche attrezzate (sintesi vocale, barra braille, ecc.) nelle maggiori biblioteche, aule e nell’ufficio per i disabili,

fruibilità delle aule, delle biblioteche e sale di studio per i disabili motori e sensoriali,

facilitazioni per l’accesso ad Internet, alle reti dell’Ateneo, alle banche dati bibliografici, anche attraverso specifiche postazioni informatiche debitamente attrezzate.

4. Lavoro.
4.1 Per una piena integrazione

Le politiche per l’integrazione sviluppate dai servizi territoriali e dal sistema scolastico hanno determinato una forte crescita della domanda di lavoro da parte delle persone disabili. E sono ormai numerose l’esperienze di inserimento in imprese, sia pubbliche che private, di lavoratori con handicap fisico medio grave, con insufficenza mentale, con minorazioni sensoriali. Tali esperienze sono state generalmente promosse dai servizi di formazione professionale, facilitate dall’impiego di particolari tecnologie, regolate da convenzioni sottoscritte dagli imprenditori con i servizi del collocamento, supportate dalla contrattazione sindacale sia nazionale che aziendale.

Nonostante ciò il tasso di disoccupazione dei lavoratori disabili è ancora particolarmente elevato, supera infatti il 55 per cento della forza lavoro. Gli occupati sono stimati intorno alle 210 mila unità, se si considerano i 191.953 inseriti nelle aziende pubbliche e private al 30 giugno 1998 ai sensi della legge 482 sul collocamento obbligatorio, i circa 15 mila lavoratori stimati nelle cooperative sociali di tipo B, le poche migliaia impegnate nelle libere professioni e nel lavoro autonomo. A fronte di questi, risultavano, alla stessa data, iscritte nelle liste dei disoccupati 264.073 persone con più o meno grave disabilità fisica, mentale o sensoriale. La percentuale di disoccupati è particolarmente elevata nelle regioni meridionali, in Calabria, Sicilia e Sardegna si aggira intorno al 70 per cento.

Il numero degli occupati ha altresì registrato un sensibile calo negli anni più recenti a seguito della più generale crisi occupazionale, di una legislazione inadeguata, burocratica, assistenzialistica e delle indubbie resistenze del mondo imprenditoriale, che non ha saputo cogliere le opportunità offerte dalla crescente domanda di occupazione dei disabili, molto motivati al lavoro ed in gran parte diplomati, laureati e comunque professionalizzati grazie alla integrazione scolastica ed ai positivi risultati della formazione professionale. Si è evidenziata altresì una difficoltà del sistema produttivo di avvalersi delle inedite opportunità offerte dallo sviluppo delle nuove tecnologie. Nel pubblico impiego, infine, ha dilagato per anni la piaga dei falsi invalidi, assunti per chiamata nominativa diretta, grazie ad una normativa compiacente che favoriva pratiche clientelari, abrogata solo nel 1993 dall’art.42 del decreto legislativo n.29.

Ma determinanti si sono dimostrati i ritardi e gli squilibri nel recepimento ed attuazione delle normative e normative in materia di orientamento, formazione e servizi per l’inserimento lavorativo guidato da parte degli enti locali. Ritardi e squilibri che ancora persistono e rischiano di compromettere la stessa applicazione della legge 68. Secondo stime recenti, si collocano all'82 per cento nelle regioni del nord, al 12 per cento in quelle centrali, al 6 per cento al sud. Non sempre, inoltre, le attività formative sono state effettivamente finalizzate alla professionalizzazione ed all'inserimento lavorativo: ciò ha contribuito ad alimentare un eccesso di risposte assistenziali, gravando di un carico improprio la spesa assistenziale e quella sanitaria. Mentre, al contrario, con i nuovi modelli di formazione in azienda e quando si è puntato a più elevati livelli di professionalità, si sono ottenuti buoni risultati sul piano occupazionale.

La legge 68, approvata dopo un lungo dibattito parlamentare, ha recepito il meglio delle esperienze di inserimento lavorativo, innovando radicalmente il sistema di collocamento dei disabili. Le nuove norme estendono l’obbligo alle aziende pubbliche e private con almeno 15 dipendenti, concedendo alle imprese flessibilità, ampia facoltà di ricorrere alla chiamata nominativa e consistenti incentivi economici. La legge abbassa l'aliquota obbligatoria al 7 per cento, allineandola alla media europea, ed introduce le convenzioni per il collocamento mirato dei disabili che presentano maggiori difficoltà di inserimento. Di rilievo sono anche le nuove norme per il collocamento mirato dei lavoratori ciechi nelle nuove qualifiche equipollenti a quella di centralinista, recentemente individuate con D.M. 10 gennaio 2000:

La nuova legge, entrata in vigore a pieno regime il 18 gennaio 2000, potrà offrire nei prossimi anni importanti possibilità di occupazione. Così come non andrà sottovalutato il ruolo che potranno svolgere le cooperative sociali di tipo B, riconosciute dalla legge 381 del 1991, che in una logica d’impresa e nel rispetto delle normative poste a tutela dei lavoratori rappresenta un ottimo strumento di integrazione lavorativa, si tratta di imprese flessibili e dinamiche che si sono dimostrate particolarmente idonee a individuare le soluzioni organizzative più adatte all’inserimento dei lavoratori con disabilità medio – gravi.

Esse si potranno avvalere nelle aree di intervento comunitario delle risorse destinate al loro sviluppo dall'articolo 51 della legge 448 del 1998 e che verranno erogate attraverso Sviluppo Italia, cha valuterà i progetti d’impresa.

Per offrire nuove opportunità di inserimento e migliorare i livelli occupazionali dei lavoratori disabili si intendono promuovere:

Dare attuazione all’accordo tra il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale e le Regioni, Province, Province Autonome di Trento e Bolzano, Comuni, Comunità montane, per l’individuazione di standard minimi di funzionamento dei servizi pubblici per l’impiego che vede il Ministero del Lavoro, nell’esercizio del proprio ruolo di coordinamento, promozione ed indirizzo, impegnato a realizzare azioni di supporto e di qualificazione del personale dei servizi per il lavoro;

4.1.2 azioni volte a sensibilizzare le imprese sulle opportunità offerte dalla nuova legge 68/99 sul collocamento dei lavoratori disabili;

4.1.3 emanazione di una direttiva da parte del Dipartimento della Funzione Pubblica che definisca modalità chiare di verifica sistematica delle disposizioni di cui all'articolo 17 della legge 68/99 in materia di certificazione dei requisiti delle ditte che partecipano ad appalti pubblici o che intrattengano rapporti convenzionali o di concessione con la pubblica amministrazione;

4.1.4 finalizzare una quota dei fondi che l’Unione Europea ed il Ministero del Lavoro destinano alla formazione professionale per finanziare, con il concorso delle Regioni, un programma di implementazione o di riequilibrio dei servizi formativi, promuovendone lo sviluppo nelle aree meridionali, migliorandone le modalità operative, indirizzando le attività verso nuove qualifiche coerenti con le opportunità di lavoro offerte dalle realtà locali, favorendo l’avvio di forme di partenariato e di gemellaggi che coinvolgano le esperienze più avanzate.

In particolare:

4.1.5 sostegno finanziario alle cooperative sociali di tipo B per la costituzione di nuove imprese e l’ampliamento di quelle esistenti, ed emanazione di una direttiva agli enti pubblici per l'applicazione nelle forniture e negli appalti della quota di riserva prevista dall'articolo 5 della legge 381/91, con l’obiettivo di creare almeno diecimila nuovi posti di lavoro per i disabili nel settore;

4.1.6 favorire la diffusione del lavoro autonomo e l'esercizio della libera professione fra i disabili, sul modello del prestito d’onore;

4.1.7 promozione, anche con il concorso di enti di ricerca e di altre istituzioni pubbliche e private, di programmi per lo sviluppo e la diffusione di nuove tecnologie e di strumenti informatici per estendere e facilitare le possibilità di formazione e e di inserimento lavorativo delle persone con disabilità fisica, mentale e sensoriale;

4.1.8 destinazione da parte dell’INAIL di una quota parte delle somme annualmente incassate in attuazione dei piani di lotta all’evasione, per promuovere e finanziare progetti formativi di riqualificazione professionale degli invalidi del lavoro, nonchè per finanziare o promuovere progetti per l’abbattimento delle barriere architettoniche all’interno dei luoghi di lavoro.

4.1.9 verificare l’applicazione dell’art.33 della legge 104/92 così come modificato dagli artt.19 e 20 della legge 53/00;

4.1.10 verificare le norme in vigore in materia previdenziale per le diverse categorie di lavoratori disabili;

4.1.11 istituire, presso il Ministero del Lavoro, un Osservatorio Nazionale per il lavoro dei disabili con compiti di monitoraggio, studio, ricerca, documentazione e formulazione di proposte in merito alle problematiche legate all’applicazione della legge 12.3.1999, numero 68, nonché ogni altro aspetto inerente l’occupazione dei lavoratori disabili.

5. La disabilità in età adulta
5.1 Itinerari di integrazione

Ogni persona disabile, di qualsiasi età sia, ha diritto ad un sistema di aiuto che garantisca lo sviluppo massimo della sua personalità e ad un inserimento sociale il più attivo e partecipato possibile.

Mentre però per le persone disabili in età evolutiva si riscontra l'esistenza di una sufficiente strutturazione di servizi sanitari, sociali ed educativi, nell’età adulta si registra una forte carenza.

Risorse, organizzazione dei servizi, progetti di integrazione tra interventi sociali e sanitari, disponibilità di pari opportunità per l'esercizio del diritto a conseguire una personale qualità della vita ragionevole e possibile, variano quantitativamente e qualitativamente nei diversi ambiti territoriali.

Nella fascia di età tra i 15 ed i 65 anni si stimano circa 900.000 disabili di cui quasi 100.000 in situazione di gravità, che richiedono intervento assistenziale.

Per contrastare processi di esclusione o l'istituzionalizzazione dei più gravi occorre riaffermare, come fondamentale azione di cambiamento, l'esercizio da parte del servizio sanitario della presa in carico globale delle persone disabili, consentendo in tal modo al complesso del sistema dei servizi (sanitari, educativi, formativi e sociali) quel processo di lavoro integrato e continuativo basato sulla definizione del progetto individuale di riabilitazione funzionale e di integrazione sociale e sulla promozione e coordinamento degli interventi delle altre istituzioni.

Occorre parimenti riaffermare l’importanza dell'integrazione degli interventi sociali e sanitari, secondo quanto previsto dall’art.3 septies del decreto legislativo 229/99 cui dovranno fare seguito gli adempimenti attuativi. Integrazione cui potrà dare slancio il completamento in tempi rapidi dell’iter legislativo di riforma dell’assistenza che non solo individuerà le diverse responsabilità istituzionali ma stanzierà risorse aggiuntive per il rafforzamento della rete dei servizi.

La possibilità di costruire organicamente le diverse risposte, in termini unitari, globali, integrati e flessibili, costituisce la mappa dei servizi e delle risorse disponibili sul territorio, cui far ricorso per poter rispondere adeguatamente, in quantità e qualità, alle problematiche delle persone disabili. Nell’impiego delle risorse territoriali va data priorità alle persone in situazioni di gravità, così come dispone la legge 162 del 21 maggio 1998.

Gli interventi da attivare:

5.1.1 sollecitare l’emanazione delle normative regionali in attuazione della L. 104/92 e 162/98;

5.1.2 verificare la stato di attuazione delle "Linee - guida" del Ministero della Sanità per le attività di riabilitazione rivolte agli adulti;

5.1.3 istituire i distretti e in ognuno di essi almeno una équipe pluridisciplinare che eserciti la presa in carico dei disabili adulti e programmi l'attivazione della rete di servizi ( artt. 3 - quater e 3 - quinquies del D.L.vo 229/99);

5.1.4 sperimentare, nei centri con oltre 50.000 abitanti, progetti di uscita programmata dalla scuola dell’obbligo. Utilizzando al meglio il progetto educativo individuale e valutando le reali possibilità e potenzialità della persona, possono essere preventivamente definiti gli inserimenti successivi (prosecuzione degli studi, formazione professionale, assistenza socio - educativa sia in forma individuale che di gruppo, centro diurno, residenza, ecc.). L'obiettivo è quello di realizzare itinerari certi d'integrazione, dare serenità alle famiglie, evitare l'interruzione della presa in carico e l'abbandono da parte dei servizi riabilitativi, consentendo il passaggio del testimone tra i servizi di riabilitazione per l'età evolutiva e i servizi di riabilitazione per l'età adulta.

5.1.5 avviare, attraverso accordi di programma tra comuni e ASL, in ogni distretto, un Servizio di aiuto alla persona per l'autonomia e la vita indipendente, con l’obiettivo di raggiungere almeno il 30 per cento della popolazione disabile. Il servizio integra il programma riabilitativo con prestazioni sociali di aiuto a soggetti in temporanea o permanente limitazione della propria autosufficienza e/o autonomia. Obiettivi primari del servizio sono il sostegno ai non autosufficienti, il conseguimento del grado massimo di autonomia personale, il sostegno alla socializzazione e l’assistenza domiciliare per garantire la permanenza nel proprio nucleo abitativo o familiare dei soggetti in situazione di gravità. Nell’ambito di tale servizio, per una corretta definizione del campo d’intervento e per la programmazione degli interventi stessi è utile analizzare le situazione in relazione a problemi nella sfera dell’autosufficienza e/o dell’autonomia.

Pertanto è opportuno:

a) sperimentare programmi di assistenza (anche indiretta e autogestita, come previsto dalla legge n.162/98), per persone che hanno solo problemi di non autosufficienza, permettendo anche la scelta del proprio assistente personale, nel rispetto delle norme e della dignità di tutte le persone, compresi gli assistenti personali;

b) sperimentare programmi per lo sviluppo dell'autonomia delle persone con disabilità intellettiva mediante l'attuazione di interventi socio educativi che devono integrarsi, attraverso un progetto unitario, con gli altri interventi realizzati dai servizi terapeutico-riabilitativi del settore sanitario. I programmi avranno valenza socio - educativa, con l'obiettivo di sviluppare il massimo delle potenzialità del disabile nel campo dell'autonomia personale e sociale e utilizzeranno prevalentemente attività in piccoli gruppi.

c) attivare almeno un centro socio - riabilitativo ed educativo ogni 50 mila abitanti. Tale servizio svolge la funzione riabilitativa, educativa e di integrazione sociale attraverso l'elaborazione e la sviluppo di progetti individualizzati ad alta integrazione socio sanitaria ed educativa. Sono destinatari di tali strutture i disabili per i quali non siano possibili percorsi di inserimento formativo e lavorativo.

5.2 Sostegno alla famiglia e "Dopo di noi".

La prima e fondamentale istituzione assistenziale italiana è la famiglia. Si stima che il 15 per cento delle famiglie italiane siano direttamente interessate alle disabilità. Per il disabile grave la vita con i genitori può risultare la più efficace e la più completa delle soluzioni ai bisogni assistenziali. Ma occorre dare sostegno concreto alle famiglie per non determinare situazioni di svantaggio per tutti i membri della stessa. Inoltre, anche i genitori dei disabili invecchiano e ad un certo punto il disabile si ritroverà senza i genitori.

Uno dei problemi che rende difficile, e a volte persino paralizzante il dialogo tra famiglie e servizi, è l'incertezza del "dopo": "dopo" la nascita di un bambino disabile ..., "dopo" quel trattamento riabilitativo ..., "dopo" la scuola ...," dopo" la formazione ..., "dopo" la morte dei genitori. Il non poter avere una ragionevole sicurezza circa le varie tappe esistenziali che il proprio figlio dovrà affrontare spesso determina nei genitori sfiducia, distacco e un rapporto a volte antagonista con i servizi. Tutto questo crea tensione e non produce cambiamenti, ma chiusure, regressioni e una forzata ricerca di soluzioni individuali che spesso si rivelano non adeguate, costose e a volte del tutto negative.

I programmi da attivare riguardano in particolare gli itinerari certi di integrazione per poter garantire la presa in carico ed esercitarla attraverso proposte di programmi individuali condivisi, definendo di volta in volta quali sostegni attivare nelle diverse tappe di integrazione.Il piano d'intervento ed ancor più la definizione di ogni modello d'intervento in favore di persone disabili deve essere condiviso dalla famiglia. L'esercizio di tale diritto - dovere ha bisogno di essere supportato da informazioni e sostegno da parte dei servizi.

Per lo sviluppo delle politiche a sostegno della famiglia e del "Dopo di noi" si prevedono le seguenti azioni:

a) le provvidenze economiche non possono essere considerate alternative all'erogazione dei servizi anche di quelli strettamente assistenziali;

b) superare le attuali disparità di trattamento differenziando le prestazioni sulla base della gravità, mantenendo l’indennità di accompagnamento al titolo della minorazione;

rideterminare gli importi delle pensioni di invalidità per un graduale allineamento agli altri trattamenti sociali;

riesame della normativa in materia pensionistica per gli invalidi per servizio.

introdurre la figura dell’amministratore di sostegno per la tutela giuridica e della qualità della vita del disabile non autosufficiente e non in grado di tutelare i propri interessi;

verificare la possibilità di introdurre il Trust nella normativa fiscale ed agevolazioni per le famiglie, in particolare in materia di successione;

istituire commissioni (servizi e rappresentanze degli utenti) per il controllo della qualità della vita del disabile, ovunque egli viva: in famiglia, in un centro, in una residenza, in una RSA ecc.;

verificare la possibilità di usufruire di agevolazioni in materia previdenziale da parte dei disabili gravi e dei lavoratori genitori di disabili gravi di cui al comma 3 dell’art.3 della legge 104/92;

promuovere iniziative per la tutela e interventi nel campo degli abusi e dei maltrattamenti di minori e di persone adulte con handicap;

introdurre misure che incentivino il ruolo attivo del settore no-profit.

5.3 Residenzialità

Molto spesso il disabile è costretto a restare con i genitori per diversi motivi: il tipo di disabilità (ad es. una grave disabilità intellettiva) che non permette una vita autonoma, la mancanza di servizi di aiuto personale per superare problemi di non autosufficienza per i disabili socialmente integrati, la non disponibilità di alloggi adeguatamente attrezzati.

La programmazione di un progetto di residenzialità permetterebbe in molti casi l'opportunità, a volte negata, di fare esperienze di socializzazione più completa e di stimolare risorse latenti per collocarsi ad un livello di maggiore autonomia personale.

Occorre quindi progettare, sperimentare e consolidare un sistema di vita extra familiare, individuato come idoneo non solo come risposta ai bisogni assistenziali, ma anche come risposta ai bisogni esistenziali di quel singolo disabile, costruendo un sistema di autonomia con i genitori stessi e con l'aiuto dei servizi che hanno la presa in carico, senza dover ricorrere a soluzioni affrettate dettate dall'emergenza.

Interventi:

6. Mobilità:luoghi e mezzi senza barriere

I centri urbani, i sistemi di mobilità su strada, ferroviari, marittimi e aeroportuali non solo sono spesso impraticabili per le persone disabili, ma risultano scomodi per tutti, quando non prevedono accorgimenti che ne facilitino l'uso per le persone con difficoltà motoria e sensoriale. Numerose indagini, anche a livello europeo, hanno evidenziato che le persone a ridotta mobilità, che per differenti motivi soffrono per il fatto che le città sono scomode e piene di barriere, sono circa il 20 per cento della popolazione totale (60 - 80 milioni nella UE secondo la relazione della Commissione al Consiglio del 26 gennaio 1993 in materia di accessibilità dei trasporti). Oltre ai disabili, sono gli anziani, le donne in gravidanza, gli infortunati a percepire tale disagio.

A partire dal 1971 con la legge 118 e con il D.P.R. 384 del 1978 una serie di provvedimenti ha sancito impegni ed obblighi per tecnici, e pubbliche amministrazioni, esercenti servizi di pubblica utilità. Tali norme sono state successivamente aggiornate con l'emanazione di ulteriori importanti provvedimenti, tra questi la legge 13/89, il D.M. 236/89, la legge 104/92, il DPR 503/96 ed il Decreto Legislativo 285/92. La loro attuazione, non sempre rigorosa e soddisfacente o gestita con strumenti adeguati, ha consentito di avviare importanti interventi di eliminazione delle barriere architettoniche nelle scuole e nei servizi pubblici, agli incroci stradali e negli alloggi privati; di avviare in alcune aree urbane la sperimentazione di tram e bus accessibili; di rendere accessibili gli aeroporti; di avviare alcuni interventi per agevolare la fruizione del sistema ferroviario e del trasporto marittimo da parte dei cittadini disabili.

Importanti progressi, resi possibili dallo sviluppo di nuove modalità e tecnologie per la guida, sono stati conseguiti anche nel campo del trasporto individuale. Vanno menzionate in particolare le norme del codice della strada e quelle specifiche per il rilascio delle patenti speciali, le agevolazioni fiscali per l'acquisto di autovetture adatte alla guida ed al trasporto delle persone disabili.

Questi risultati incoraggiano a promuovere nuove azioni concrete per una più diffusa attuazione delle leggi e per rendere lo spazio costruito, i sistemi di trasporto, in generale, realmente vivibili da parte di tutti i cittadini. Occorre a tal fine predisporre una serie di iniziative volte in particolare alla verifica delle normative vigenti e della loro attuazione, alla formazione delle figure tecniche ed amministrative coinvolte nei processi progettuali e nelle loro attuazioni.

Dovranno essere apportate modifiche alla normativa vigente relativa agli incentivi fiscali per interventi di manutenzione e ristrutturazione edilizia in edifici privati per semplificare l’approvazione della assemblea condominiale nel caso di interventi in spazi comuni (scale, ascensori, ecc.)

Si dovrà prevedere anche, per tali interventi in favore dei disabili, una maggiore entità dello sgravio (IRPEF e IVA).

Il Ministero della solidarietà sociale metterà a disposizione delle famiglie un vademecum per agevolare la presentazione delle domande.

6.1 Ambienti urbani e strutture edilizie

Azioni:

6.2 Trasporto pubblico

Azioni:

6.3 Trasporto privato

Azioni:

7. Liberi di vivere
7.1 Maggiori opportunità nell'accesso allo sport, alle attività culturali, al turismo.

La diversità determinata dalla disabilità fisica, mentale o sensoriale è sempre stata generalmente vissuta come condizione riduttiva e negativa. Mentre l'esperienza dell'integrazione sta a dimostrare che l'handicap è sostanzialmente determinato dalla incapacità strutturale dell'organizzazione sociale a ridurre o eliminare lo svantaggio che la disabilità determina. Per questo occorre oggi passare dalla cultura dell'handicap alla "cultura della normalità", quella cioè che afferma la diversità di ogni essere umano come condizione normale, quindi risorsa positiva, come patrimonio multiforme di cultura, capacità, attitudini, di vita.

Dal principio di non discriminazione sancito dal trattato di Amsterdam (art. 13) può e deve derivare una politica attenta a valorizzare nel concreto la disabilità come risorsa umana, morale, sociale, economica, culturale. Alla giusta e doverosa tutela dei diritti (primo fra tutti il diritto alla salute, sancito dalla Costituzione) si deve affiancare un concreto pacchetto di iniziative volte a garantire la libertà di vivere come tutti.

Sembra opportuno ricordare e richiamare l'attenzione sull'articolo 8 della legge quadro 104 del febbraio'92, che afferma - tra l'altro - testualmente:

L'inserimento e l'integrazione sociale della persona handicappata si realizzano mediante: (...)

c) interventi diretti ad assicurare l'accesso agli edifici pubblici e privati e ad eliminare o superare le barriere fisiche e architettoniche che ostacolano i movimenti nei luoghi pubblici o aperti al pubblico;

d) provvedimenti che rendano effettivi il diritto all'informazione e il diritto allo studio della persona handicappata ( ... );

e) adeguamento delle attrezzature e del personale dei servizi educativi, sportivi, di tempo libero e sociale ".

In questi anni, il graduale processo di integrazione sociale delle persone con disabilità ha notevolmente fatto crescere l'esigenza e la domanda di accesso alla pratica sportiva, al turismo, alla fruizione dei beni culturali ed ambientali. Sono numerosi gli atleti praticanti le diverse attività sportive. Aderiscono alla FISD (Federazione Italiana Sport Disabili), riconosciuta ed affiliata al CONI, oltre 17.000 atleti . Il volume dei viaggi dei passeggeri su sedie a ruote che hanno usufruito nel 1988 dei servizi di assistenza a terra aeroportuali ha raggiunto lo 0.3 per cento. Il numero verde "800.27.10.27" che fornisce informazioni turistiche ai disabili ha ricevuto nel periodo maggio – settembre ’99 oltre 1.600 chiamate, con un incremento registrato da quasi tutti i servizi promossi dalle associazioni nel settore.

Vi è però, un indubbio ritardo del sistema turistico alberghiero, dell'impiantistica sportiva, dei musei e dei beni culturali, dei parchi, a recepire questa nuova domanda in costante aumento. Per questo hanno rivestito particolare importanza le iniziative assunte a vari livelli per superare gli attuali limiti. In particolare, vanno segnalati l'inserimento della FISD nella Giunta esecutiva nazionale del CONI ed il programma "ITALIA PER TUTTI", promosso dal Dipartimento del Turismo del Ministero dell’Industria, per favorire e garantire la fruizione dei servizi turistici del nostro Paese da parte dei turisti con bisogni speciali, attraverso la realizzazione di diverse azioni: "Documento di linee guida per l’attuazione del programma Vacanze per tutti 1998-2000"; sensibilizzazione degli operatori turistici alla cultura dell’accoglienza; progetto STARe, in corso di realizzazione su convenzione con l’ENEA, per la creazione di un sistema informativo telematico recante informazioni verificate sull’accessibilità delle strutture ricettive, studio di settore sulla domanda di turismo accessibile di disabili ed anziani, diffusione di guide turistiche specializzate; diffusione delle informazioni sull’accessibilità e fruibilità anche attraverso la rete dei presidi di assistenza alle imprese e al consumatore turista in corso di realizzazione nelle aree dell’Ob. 1.

Al fine di promuovere maggiori opportunità di fruizione di servizi turistici, di attività e luoghi della cultura, degli impianti e delle attività sportive saranno attuate le seguenti azioni:

7.1.1 operare nell'ambito del contratto di servizio con la RAI per rafforzare l'"Unità di coordinamento per le attività per i disabili" del Segretariato Sociale, ponendo l'accento su un duplice obiettivo: creare un'attenzione diffusa al tema e ai diritti delle persone disabili all’interno dell'intero palinsesto informativo e di intrattenimento, adottare e potenziare strumenti di comunicazione per tutti, superando le barriere sensoriali (ulteriore sviluppo e finanziamento delle iniziative in atto: sottotitolazione, linguaggio dei segni, commento sonoro per i non vedenti, televideo, ecc.); realizzare una struttura di servizio dedicata ai temi della disabilità, favorire una maggiore attenzione del servizio pubblico radio televisivo per le manifestazioni dello sport disabili;

7.1.2 promuovere l’aggiornamento professionale degli operatori della comunicazione. Realizzare d'intesa con gli ordini professionali dei giornalisti e con le organizzazioni sindacali di categoria, e con le istituzioni universitarie, corsi permanenti di formazione sulla "cultura della disabilità";

7.1.3 predisporre specifiche e tempestive campagne di comunicazione per promuovere una nuova immagine del mondo della disabilità (disabilità come risorsa, solidarietà come partecipazione, non discriminazione, pari opportunità, ecc.);

7.1.4 attuare interventi per la piena applicazione delle normative normative esistenti sulla eliminazione delle barriere architettoniche e delle sanzioni previste, definire nuovi standard di idoneità delle strutture turistiche, ricettive, cinema, teatri e pubblici servizi che tengano conto delle esigenze dei disabili. Introdurre il grado di accessibilità fra i criteri base per la classificazione in categorie delle strutture turistiche ricettive;

7.1.5 proseguire e sviluppare le iniziative " Italia per tutti" e le azioni previste dal Documento di linee guida per l’attuazione del programma "Vacanze per tutti 1998/’00" (DPCM 10 marzo 1998, concordato in sede di Conferenza Stato – Regioni), valorizzare ed integrare le iniziative in atto di raccolta dati per la realizzazione di un'unica banca dati "online" sull'accessibilità delle strutture ricettive; adeguare le competenze degli enti locali e delle Aziende di Promozione Turistica (APT);

7.1.6 promuovere iniziative di formazione ed aggiornamento dei professionisti del settore turistico al fine di favorire la conoscenza delle opportunità di sviluppo connesse con l'ampliamento delle opportunità per la clientela disabile. Inserire, in via sperimentale, specifici seminari e corsi di studio all'interno degli istituti superiori e universitari del turismo;

7.1.7 attivare iniziative tese a coinvolgere le associazioni di categoria del settore turistico per avviare concrete azioni (indagini di mercato, sostegni ad azioni pilota, servizi di supporto, formazione) destinate a inserire il turista disabile nel mercato normale dell'industria turistica. Verificare gli incentivi per il turismo sociale delle persone disabili. Sostenere in termini economici e in servizi il diritto al tempo libero e alla vacanza anche per le persone in situazione di grave disagio psicofisico e cognitivo e in situazione di emarginazione.

7.1.8 promuovere nell'ambito della Conferenza Unificata un atto di indirizzo per garantire una piena fruibilità dei beni culturali (Musei, Gallerie, Pinacoteche, Monumenti, ecc.) e ambientali (Parchi e giardini, ville storiche, percorsi Natura, riserve e aree faunistiche); dare piena attuazione all'articolo 23 della legge 104/92 sull'accessibilità delle spiagge e degli stabilimenti balneari.

7.1.9 dare piena attuazione alle norme per l'accessibilità degli impianti sportivi, non solo per garantire il diritto della partecipazione della persona disabile come spettatore, ma anche come fruitore degli impianti in qualità di atleta. Condizionare dunque i finanziamenti per i nuovi impianti o per le ristrutturazioni di quelli esistenti al rispetto delle norme sull'accessibilità (ingressi, tribune, spogliatoi, servizi organici). Garantire all'interno delle commissioni tecniche la presenza di rappresentanti esperti del mondo sportivo delle persone disabili. Destinare una quota del Credito Sportivo all'adeguamento degli impianti.

7.1.10 sostenere, nell'ambito delle iniziative di promozione e di sensibilizzazione allo sport per tutti, il turismo sportivo per i disabili, anche attraverso apposite convenzioni.

7.1.11 prevedere nel protocollo Ministero della Pubblica Istruzione - CONI per lo sport nella scuola, la possibilità per gli studenti disabili di godere di pari opportunità di sviluppo psico - fisico e di attività motoria.

7.1.12 prevedere interventi specifici di sostegno e di controllo (dal punto di vista del rispetto delle garanzie di accessibilità e di fruizione degli impianti e degli eventi stessi) delle iniziative sportive di grande risonanza internazionale già programmate nel nostro Paese, a partire dalle Olimpiadi e Paraolimpiadi invernali di Torino 2006, degli Special Olimpics per disabili intellettivi, dai Campionati Mondiali dei Silenziosi in programma a Roma nel 2001.

7.1.13 promuovere la diffusione di ausili tecnologici e di protesi per la pratica sportiva, nell'ambito di una più estesa applicazione delle norme previste dal servizio sanitario nazionale e del Nomenclatore Tariffario.

7.1.14 modificare ed aggiornare i regolamenti sanitari al fine di favorire la pratica sportiva dei disabili anche nelle normali discipline olimpiche.

7.1.15 realizzare centri tecnici di riferimento per la pratica sportiva, per l'aggiornamento dei tecnici e per la preparazione degli atleti nelle diverse discipline sportive.

8. Sistema integrato di fonti informative sull'handicap, i servizi, le soluzioni tecnico organizzative.
8.1 Sistema informativo statistico

La legge n. 162 del 21 maggio 1998 assegna al Ministro per la Solidarietà Sociale il compito di promuovere indagini statistiche e conoscitive sull'handicap.

In Italia la situazione attuale in termini informativi è molto critica e conta soprattutto sulla disponibilità di dati di origine amministrativa. Esistono dati, riguardanti varie sotto - popolazioni e target, presso diverse amministrazioni centrali (Ministeri ed altri enti della pubblica amministrazione centrale) o locali. Di particolare rilievo l’iniziativa del Ministero

del Lavoro per la costituzione dell’Osservatorio per il lavoro dei disabili. Esistono altresì pochi riferimenti generali sulla diffusione del fenomeno, sul profilo socio demografico e sulle condizioni di vita di questa popolazione. In altri termini esiste un discreto numero di fonti sull'offerta (dal lato dei servizi), mentre sono carenti i dati sulla domanda (dal lato della popolazione). Tuttavia anche i dati sull'offerta sono al momento attuale pressoché inutilizzabili, poiché sono altamente disomogenei e non strutturati in archivi.

Al fine di acquisire più adeguate informazioni per la programmazione degli interventi, si ritiene pertanto necessario porre le basi per la costruzione di un sistema integrato di fonti informative sull'handicap, basato su un insieme di strumenti, metodi e procedure utili ad acquisire, a vari livelli territoriali e amministrativi, i dati necessari a:

A tale scopo il 22 dicembre 1999, è stata sottoscritta una convenzione tra il Dipartimento per gli Affari Sociali e l'Istituto Nazionale di Statistica, con la quale si stabiliscono tempi e modalità per la realizzazione, a cura dell'ISTAT, del sistema informativo sull'handicap.

8.1.1 La prima fase consiste nello studio di fattibilità di un sistema integrato di fonti statistiche sull'handicap. A conclusione di tale studio, fissata per agosto 2000, sarà disponibile un quadro completo dell'attuale contesto informativo, composto da:

1. Quadro normativo e istituzionale;

2. Identificazione dei bisogni informativi necessari sia all'analisi delle condizioni sociali e di salute della popolazione con disabilità, sia alla programmazione, gestione e valutazione dei servizi forniti;

3. Ricognizione e studio delle fonti di dati disponibili ai vari livelli territoriali e amministrativi al fine di valutare la loro utilizzazione e comparabilità;

4. Valutazione delle fonti integrative necessarie;

5. Proposta di sistema di base alimentato dalle fonti utilizzabili e articolato in livelli territoriali.

8.1.2 La seconda fase del lavoro consiste nel disegno concettuale del sistema informatico statistico. A conclusione di tale fase, fissata per febbraio 2001, sarà disponibile il quadro completo dell'architettura del sistema informativo in un'ottica di integrazione e di utilità per gli operatori centrali e locali. Tale sistema si baserà sulle fonti esistenti, ovvero i flussi di natura amministrativa, indagini ISTAT e altre tematiche, archivi delle associazioni, e dovrà prevedere l'attuazione di nuove indagini per completare il quadro informativo laddove le attuali fonti siano carenti.

8.1.3 La terza ed ultima fase del lavoro, che si concluderà nel 2002, porterà alla effettiva realizzazione e messa a regime di un sistema informativo, su base regionale. In questa fase si procederà inoltre alla progettazione di nuove fonti informative, secondo le esigenze scaturite dallo studio di fattibilità.

Il sistema informativo dovrà altresì avvalersi della possibilità per le amministrazioni, gli enti locali, gli operatori di accedere a tutte le informazioni sulle nuove soluzioni tecnico - organizzative per il miglioramento dei servizi pubblici e privati nel campo dell'assistenza e della integrazione sociale delle persone disabili.

8.2 Innovazione tecnologica e servizi telematici

Nell’ambito di un protocollo di intesa, seguito da specifici accordi di collaborazione, con l’ENEA, mediante anche la finalizzazione di una quota di attività per l’innovazione tecnologica a supporto delle persone con esigenze speciali, e con altri organismi pubblici e privati che possano svolgere assistenza tecnico - scientifica al Dipartimento per gli Affari Sociali nelle attività di promozione e diffusione di servizi telematici, verranno realizzati:

8.2.1 informazione e comunicazione tematica:

8.2.2 promozione dello sviluppo di nuovi servizi:

9. Europa
9.1 Oltre Amsterdam

Nel corso degli ultimi decenni, le iniziative promosse e sostenute dall'Unione Europea a favore di cittadini disabili, hanno indubbiamente favorito lo sviluppo e il consolidamento di più ampie politiche di integrazione sociale.

Sebbene gli interventi attuati siano stati orientati prevalentemente a sostenere percorsi formativi e propedeutici all'inserimento lavorativo, la loro applicazione negli Stati membri ha consentito confronti, scambi di esperienze e ha favorito la ricerca di obiettivi comuni da perseguire nelle politiche a favore dei disabili.

Programmi comunitari quelli Helios, incentrato su vari settori (riabilitazione, integrazione scolastica, formazione professionale) e altri, quali Horizon, volti a migliorare le prospettive di accesso al mercato del lavoro per le persone con disabilità, sostenendo lo sviluppo di azioni innovative nei vari sistemi formativi, di orientamento e di approccio al mondo del lavoro, hanno prodotto, attraverso la sperimentazione, la ricerca e lo scambio transnazionale, significativi mutamenti sia sul piano della percezione culturale del problema sia su quello delle concrete realizzazioni.

Pur a fronte di rilevabili criticità, come ad esempio, la complessità di accesso, la diffusione ed il trasferimento dei risultati scaturiti dalle molteplicità delle azioni e delle sperimentazioni realizzate nei vari paesi, difficoltà di "trasferimento dei risultati" cui va ricondotta, di conseguenza, la difficoltà di traduzione dei medesimi in "modelli europei di intervento" nonché la difficoltà di elaborazione di dispositivi comuni, atti a favorire omogeneità nei percorsi e nelle strategie, è maturata la convinzione che il percorso verso una effettiva affermazione delle pari opportunità anche per i cittadini disabili deve trovare costante attenzione presso l'Unione Europea.

Nonostante le oggettive difficoltà che complessivamente le politiche di Welfare attraversano in tutti i paesi dell'Unione, è necessario dare una maggiore visibilità alla complessiva tematica della disabilità e compiere un ulteriore sforzo, anche a livello comunitario, per realizzare un approccio "globale" al problema per poter orientare anche le politiche comunitarie non solo al sostegno, se pure di importanza strategica estremamente significativa, dei percorsi di formazione e di inserimento lavorativo, ma anche alla più complessiva sfera dei bisogni che i cittadini disabili esprimono sul versante, ad esempio, dell'assistenza riabilitativa, dell'assistenza alla persona, delle esigenze di residenzialità, del sostegno alle famiglie.

I nuovi orientamenti espressi dalla Comunità Europea per l'immediato futuro sembrano già cogliere l'esigenza di un "allargamento di orizzonte" focalizzando l'attenzione più generalmente sul riconoscimento delle pari opportunità per tutti e sulla centralità della lotta all'esclusione.

Il nuovo programma EQUAL, attraverso azioni e politiche integrate per il lavoro, si propone proprio di contrastare forme di discriminazione e di ineguaglianza e promuovere il raggiungimento degli obiettivi definiti dagli artt. 13 e 137 del Trattato. Ciò comporterà quindi la messa in campo di strategie atte ad incidere sulle condizioni strutturali dell'esclusione, e a diversificare, tramite singole politiche, il sostegno a particolari segmenti di utenza a rischio individuando strumenti e azioni che, travalicando gli ambiti del mondo del lavoro, siano in grado di agire sul complesso dei bisogni espressi.

Ciò anche per mettere in valore, attraverso azioni di diffusione e trasferimento, quanto si è elaborato e realizzato in questi anni in termini di politiche, "saperi" e strumenti di lotta all'emarginazione.

Si prefigura quindi una nuova modalità di accesso alle risorse europee che ponga l'esigenza di nuove modalità di progettazione, più attente a strategie "di concertazione" di ampio respiro, più articolate e capaci di sviluppare processi e percorsi di sussidiarietà a tutti i livelli e consideri i "mondi" interessati al raggiungimento di obiettivi di concreta uguaglianza.

Gli organismi di programmazione dovranno quindi attrezzarsi per mettere in campo strategie di più ampia portata, nel medio e lungo termine affinché ne possa scaturire maggiore visibilità ed evidenza di risultato.

Apprezzabile appare quindi il nuovo impulso che da EQUAL è finalizzato proprio alla valutazione e al trasferimento dei risultati.

L'auspicio è che da ciò possano scaturire "modelli europei" sostenuti da appositi dispositivi capaci di facilitare il percorso verso quel diritto di "cittadinanza europea" per tutti che passa attraverso il diritto al lavoro, alla socialità, alla mobilità e alla piena integrazione nella società.

Il 30 luglio 1996 la Commissione indirizzava al "Consiglio della Comunità Europea e dei Rappresentanti dei Governi degli Stati membri", riuniti in sede di Consiglio una Comunicazione molto articolata sulle "Pari opportunità per i disabili. Una nuova strategia della Comunità Europea nei confronti dei disabili" che conteneva un progetto di "Risoluzione" del Consiglio.

Il Consiglio il 20 dicembre 1996 adottava la Risoluzione che, in particolare, al punto 1 recita:

"Riaffermano il loro impegno per quanto concerne: i principi e i valori che sono alla base delle norme standard delle Nazioni Unite…"

Il problema delle opportunità dell'introduzione, nei Trattati europei, di una clausola di non discriminazione sulla base dell'handicap era già stato sollevato nella sede della Conferenza Intergovernativa, destinata a revisionare il Trattato di Maastricht.

La lunga discussione che ne seguì portò alla formulazione dell'art. 13 del Trattato di Amsterdam che stabilisce:

"Fatte salve le altre disposizioni del presente Trattato e nell'ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento Europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età e le tendenze sessuali. "

Ne consegue che la formulazione dell'art. 13 non dà al cittadino europeo con disabilità il diritto di ricorrere, in caso di discriminazione presso gli organi di giustizia, nazionali ed europei.

Il Governo assicurerà, pertanto iniziative nelle competenti sedi dell'Unione Europea tese a promuovere una maggiore attenzione ed un impegno particolare nel settore delle disabilità per l'adozione di opportuni provvedimenti, in particolare:

9.1.1 emanazione da parte della Commissione di una direttiva "specifica" sulla base

del dettato dell'art. 13 del Trattato di Amsterdam, che garantisca l'effettiva applicazione della clausola "non discriminatoria" in tutti i Paesi membri;

9.1.2 introduzione nei trattati europei, da parte della prossima Conferenza Intergovernativa

per la revisione del Trattato di Amsterdam di una clausola non discriminatoria, specifica per i cittadini disabili, che divenga fonte diretta di diritto;

9.1.3 implementazione delle iniziative e delle risorse finalizzate all'integrazione delle persone disabili.