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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

DOCUMENTO ANNO EUROPEO DELLA PERSONA DISABILE

 

Premessa

 

L’Anno Europeo del Disabile non si rivolge alla CATEGORIA della disabilità ma alla singola persona disabile.

Molti Enti e Istituzioni si dedicano all'assistenza delle persone disabili in modo professionale e scientificamente avanzato: alcuni di essi sono affiancati da associazioni di Amici, che si prefiggono il compito di sostenerne l'attività e la ricerca, con l'apporto di una specifica sensibilità al bisogno e dell'esperienza concreta di vicinanza alle persone e alle famiglie nella comunità locale di cui sono parte.

Le Associazioni Amici che sottoscrivono il presente documento si sono riunite per evidenziare le problematiche relative alle persone con disabilità, mettendo in evidenza lacune, ombre e vuoti che l'attuale sistema pone all'attenzione di chi opera e di chi vive i problemi: si tratta a volte di situazioni di disagio che si riflettono negativamente su coloro che attendono risposte positive e risolutive da chi ha responsabilità, consapevoli che tali risposte sono possibili con l'apporto e la buona volontà di tutti.

Dopo decenni di avvicinamento teorico ai bisogni individuali, oggi non si è più disposti ad accettare risposte massificate. La maggior attenzione civile e le specializzazioni clinico-riabilitative-assistenziali offrono anche gli strumenti per organizzare risposte più  rispettose della dignità di ogni singola persona disabile.

Il presente documento, frutto dell’intesa fra Associazioni di Amici, è un messaggio alle Istituzioni più rappresentative del nostro Paese, affinché non lascino trascorrere invano l'appuntamento di civiltà  dell’Anno Europeo del Disabile, ma esprimano un corale impegno a risolvere i problemi segnalati .

E’ tempo che le ricorrenze cessino di essere occasioni per celebrazioni e convegni e diventino occasioni di monitoraggio sistematico di quanto si è fatto e rimane da fare.

Con questa intenzione le Associazioni Amici di varie istituzioni hanno scelto di evitare altre manifestazioni per concentrarsi in un’opera di sensibilizzazione di cui il presente documento costituisce una piattaforma.

 

In Italia non manca una legislazione molto avanzata, manca ancora una coerenza attuativa da parte delle Istituzioni ai vari livelli: nazionale, regionale, locale. Inoltre la riforma del Titolo V della Costituzione, che precisa compiti (anche precedentemente previsti) con logica sequenzialità all’impostazione federalista del nuovo ordinamento, esige particolare attenzione per rispettare l’uguale dignità di tutti i cittadini italiani (particolarmente i più fragili), nonché parità di accesso e qualità dei servizi.

 

Il presente documento:

-         prende atto di quanto già è previsto sia nella legislazione che nella programmazione e gestione dei problemi relativi alla disabilità;

-         riflette sulle carenze ancora non colmate;

-         propone gli interventi indispensabili perché sia riconoscibile una scelta "dalla parte" dei cittadini disabili.

 

1.      Le esigenze:

 

Il prolungamento dell'aspettativa di vita riguarda anche le persone con disabilità, la cui presa in carico deve essere fondata su scelte sanitarie e assistenziali di pari qualità di ogni altro servizio alla persona:

a)                diagnosi: i limiti del sapere scientifico, ma anche le acquisizioni sempre nuove nel campo delle neuroscienze, devono mantenere aperta ogni possibilità di approfondimento e revisione per poter adeguare gli interventi più svariati nel campo della prevenzione.

b)                prevenzione: i servizi di prevenzione devono essere distribuiti sul territorio, pena non attuare né la prevenzione “primaria”, concretantesi in interventi finalizzati ad evitare patologie invalidanti, nè la prevenzione “secondaria”, volta ad evitare un più grave danno, necessariamente fondata sulla diagnosi più tempestiva possibile.

c)                cura: esige operatori professionalmente formati perché l’atto terapeutico, spesso premessa necessaria e avvio della riabilitazione, richiede competenze specifiche sempre più elevate.

d)                riabilitazione: la riabilitazione, processo di soluzione dei problemi e di educazione nel corso del quale si porta una persona a raggiungere e a mantenere il miglior livello di vita possibile sul piano fisico, psichico e sociale, con la minor restrizione possibile delle sue scelte operative (linee guida sulla riabilitazione del Ministero della Sanità, provvedimento 7/5/98), è atto sanitario e come tale deve rispondere ad almeno tre livelli vitali:

 

                      1.        recupero ed acquisizione di abilità in qualunque momento della vita

                      2.        mantenimento di abilità faticosamente raggiunte

                      3.        rallentamento dei processi involutivi che nel tempo possono insorgere.

 

e)                Tutto questo si può realizzare nel progetto individuale globale, previsto dalla L.328/2000, che vede impegnata una rete di servizi, cioè di équipes professionali che fanno riferimento ad una comune e condivisa scala di valori e, pur mantenendo una propria autonomia e un reale potere di confronto circa le ipotesi teoriche e i principi operativi, devono saper tradurre i linguaggi settoriali nel linguaggio dell'ambiente nel quale debbono accompagnare la persona. L'obiettivo della rete non può essere solo quello di prendersi cura della persona, essa deve modificare l'ambiente perchè diventi fruibile dalla stessa.

 

2.  Considerazioni e proposte

 

-         Il 22 maggio 2001 l'Assemblea generale dell'ONU approva l'ICF, International Classification of Functioning Disability and Healt, che integra l'ICD-10 ed è la struttura base per la definizione di una progettualità riabilitativa globale che veda servizi diversi impegnati ad accompagnare l'individuo alla, possibilmente, piena realizzazione di sè. L'Italia è uno fra i 65 paesi che hanno contribuito alla stesura della nuova classificazione, non possiamo permettere che la trascuri.

 

 

2.2  Si tratta di integrare o innovare la legislazione: il DPCM 14/2/2001 e il DPCM    23/11/2001 definiscono le prestazioni sociosanitarie e i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) ma non risolvono due problemi: la pluralità delle prestazioni riabilitative (non più computabili secondo l’attuale sistema) e la mancata definizione di un capitolo di spesa per l’integrazione sociosanitaria nel Fondo Sociale Nazionale.

I LEA potrebbero porre limiti all'erogazione di terapie specifiche non considerate come essenziali: è perciò necessaria l'identificazione dell'Ente su cui ricade la competenza del pagamento delle rette residenziali e delle prestazioni ambulatoriali correlate alle prestazioni mediche e fisioterapiche. In ogni caso sarebbero utili linee guida nazionali proprio per evitare disparità nella gestione del trattamento delle persone disabili e soprattutto, perché vengano assicurate le prestazioni evitando la selezione dei casi di più facile gestione, lasciando in condizione di abbandono quelli che presentano maggiori difficoltà.

      Su tutto questo è intervenuto recentemente il Piano sanitario nazionale, pubblicato il       23.5.2003, che ha raccolto e individuato come priorità, tradotta in uno specifico progetto-obiettivo, la esigenza di "creare una rete integrata di servizi sanitari e sociali per l'assistenza a malati cronici, anziani e disabili": è da considerarsi come un utile punto di riferimento per tutte le azioni che qui si propongono.    

 

2.3  Se la scelta prioritaria deve essere sicuramente quella della casa con la famiglia, purtroppo esistono condizioni che richiedono soluzioni alternative. In ogni caso si deve considerare più che mai superata l’epoca dei ricoveri generalizzati in strutture assistenziali, spesso di grande dimensione: in tale senso è necessaria una revisione sia dei criteri per il ricovero sia delle caratteristiche delle strutture.

E’ indispensabile prevedere modalità di accoglienza che tengano conto di determinati bisogni, ai quali devono essere fornite specifiche risposte. In questa sede ne sottolineeremo alcuni:

2.3.1        La gravità profonda. Il miglioramento degli interventi rianimatori in epoca neonatale e soprattutto l’assistenza ai grandi prematuri hanno portato alla sopravvivenza anche di bambini con gravissime sofferenze cerebrali o malformazioni plurime che possono esitare in forme di vita vegetativa. Tali situazioni richiedono cure assai impegnative che spesso non si possono nemmeno ipotizzare in ambito domestico, per cui sono necessari centri specializzati che possano fornire gli indispensabili supporti non solo al bambino, ma anche alla sua famiglia.

2.3.2        La gravità comportamentale. La comparsa di anomalie del comportamento, associate a deficit psico fisici significativi, in qualsiasi epoca di vita, può creare condizioni tali da rendere impossibile la permanenza del disabile in famiglia: si devono quindi prevedere strutture in grado di attuare sia ricoveri a breve termine, che interventi di maggior durata.

2.3.3    I ricoveri di sollievo: spesso la famiglia è nelle condizioni di dover trovare ospitalità temporanee per il proprio figlio per svariati motivi (da un legittimo bisogno di un proprio momento di risposo a problemi di salute di qualcuno dei componenti., ecc).

2.3.4        Il dopo di noi: con l’avanzare dell’età dei genitori si pone il problema di chi si possa in futuro fare carico della persona disabile. In un tale contesto diviene necessario disporre di soluzioni (servizi, strutture, interventi economici ...) con varie modalità di organizzazione, a partire dai livelli di autonomia della persona.

 

2.4.La famiglia come la scuola hanno bisogno di essere “accompagnate” da scelte      articolate e mirate alla specificità dei bisogni relativamente alle varie fasi della vita del disabile e della sua famiglia di origine.

Mancano o si possono integrare o istituire i seguenti servizi:

 

2.4.1        Presa in carico della famiglia nel momento della comunicazione della diagnosi e sostegno psicologico garantito almeno per un anno; presa in carico della sofferenza e gestione dei vissuti relativi l’evento affinché il trauma non comprometta l’accoglienza del bambino o dell’adulto e sia possibile costruire un percorso assistenziale e/o riabilitativo in cui la famiglia è parte attiva del processo di riabilitazione.

2.4.2        Predisposizione di uno sportello unico dell’handicap, su base territoriale, che raccolga tutte le informazioni, le elabori e assista la famiglia in tutte le procedure (assistenza, previdenza, aspetti legali, ecc.).

 

2.4.3        Rafforzamento delle capacità economiche della famiglia che sceglie di lasciare il lavoro, o ne è costretta, per assistere il congiunto che necessita di assistenza a tempo pieno; contributi figurativi fino al raggiungimento del diritto alla pensione; pensioni di invalidità più sostanziose per consentire alla famiglia di mantenere un livello di vita dignitoso.

     Promozione e sostegno di forme di affido familiare esteso alla persona adulta          con disabilità.

 

2.4.4        Contributi o voucher: un sistema fondato sul Progetto Individuale d’intervento (art.14 legge 328/2000), affidato nella sua definizione ad équipe multidisciplinari (Unità di Valutazione dell’Handicap) che, riconosciuta la necessità di interventi, definisca l'articolazione del programma e conceda alla famiglia la possibilità di effettuarli dove crede, di scegliere il riabilitatore di fiducia, di utilizzare per l’assistenza domiciliare l’organizzazione più efficace…

 

2.5      E' diritto "esigibile" di ogni cittadino incapace di autorappresentarsi per effetto di un handicap grave di essere rappresentato da un tutore. Chi non è rappresentato non ha pari dignità e non ha pari cittadinanza: una società civile deve garantire e assicurare la tutela legale a tutti gli incapaci.

Attualmente l’interdizione è indispensabile per assicurare rappresentanza  giuridica a chi è incapace di autorappresentarsi, ma il procedimento è molto oneroso ed onerose sono le istanze che i tutori devono fare per esercitare il loro compito.

2.5.1 Ogni disabile grave che diventa maggiorenne deve avere corsie preferenziali e gratuite per ottenere il riconoscimento del diritto ad una tutela giuridica.

2.5.2 I genitori che verranno nominati tutori dovranno essere messi in grado di svolgere questo compito con naturalezza e semplicità oltre che senza costi. 2

2.5.3 Per i gravi portatori d'handicap che non hanno più famigliari in grado di provvedere a questo compito occorre pensare a "servizi di tutela", gestiti da organismi non lucrativi, al di sopra degli interessi di parte in cui rischiano di essere coinvolti gli enti pubblici, erogatori dei servizi assistenziali usati dal loro stesso tutelato.

2.5.4 Occorre anche una diversa disciplina del servizio di tutela, allo scopo di migliorare gli uffici preposti ponendoli in condizione di interagire meglio con i tutori per realizzare al meglio il progetto di vita.

 

3.      Proposte 

Tutto quanto detto porta ad individuare almeno due proposte operative, capaci di raccogliere gli stimoli provenienti dalla realtà e di tradurli in iniziative specifiche con coerenza e continuità.

3.1  Creazione di un osservatorio nazionale che raccolga i risultati di          sperimentazioni locali, li assuma a modello per definire livelli essenziali d’intervento e li proponga a livello nazionale (es. corsie preferenziali nella sanità, interventi per facilitare la mobilità, agevolazioni e incentivi per favorire la socializzazione…)

3.2  Impegno a portare a sintesi e coerenza la normativa nazionale e regionale già oggi esistente e di prossima emanazione, con uno strumento legislativo (testo unico, progetto nazionale disabilità o altra modalità) che renda esigibile concretamente il diritto dei disabili alle cure e ad una vita dignitosa, eliminando eventuali sperequazioni esistenti nelle varie regioni d'Italia, senza peraltro ledere l'autonomia delle realtà locali.

 

 

 

CONCLUSIONI

 

Il presente documento è soltanto un mezzo per richiamare lo Stato in tutte le sue articolazioni a garantire anche ai cittadini più fragili i diritti di cittadinanza previsti dalla Costituzione, nel rispetto del principio di sussidiarietà.

Non si realizzano queste condizioni quando il cittadino è solo di fronte a bisogni ai quali non trova soluzione con le risorse a sua disposizione negli ambiti sociali che gli sono propri.

Sono attesi interventi positivi e strutturali per soddisfare le esigenze particolari poste all'attenzione.

 


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