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a cura del 
Dott. Luca Pani

 

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ADOLESCENZA E TOSSICODIPENDENZA
Effetti delle droghe e dell'alcol sul cervello dell'adolescente

 

Entità del problema

L'abuso di alcol, eroina e cocaina e' ritenuto direttamente, o indirettamente, la causa delle tre principali cause di morte degli adolescenti: incidenti stradali, omicidio, suicidio. Un'indagine recente negli Stati Uniti ha calcolato che almeno un quarto dei suicidi tra gli adolescenti ha l'abuso di droga o di alcol come concausa.

L'abuso di droghe e alcol produce anche conseguenze non mediche tra gli adolescenti quali il fallimento a scuola, l'incarcerazione, l'allontanamento dal nucleo familiare e la perdita del posto di lavoro. Alcune di queste conseguenze sono però legate allo stato illegale di alcune droghe.

L'adolescente che abusa di alcol e droghe illecite costituisce un problema difficile per se stesso, la famiglia, il medico, la società e anche per il neurobiologo che voglia studiare gli effetti delle droghe e dell'alcol sul cervello dell'adolescente. Egli si trova a dovere aggiungere l'importante variabile dell'età adolescenziale al già complesso problema degli effetti di queste sostanze sul cervello dell'adulto. Infatti il cervello dell'adolescente non ha ancora completato il suo sviluppo.

 

Plasticità Neuronale

Benché il numero dei neuroni sia già definitivamente stabilito fin dalla prima infanzia, il cervello continua a presentare fino all'adolescenza un fenomeno chiamato plasticità neuronale. Esso consiste nella produzione o eliminazione di sinapsi, nella progressiva mielinizzazione di fibre nervose, nelle variazioni della concentrazione di neurotrasmettitori e dei sistemi della loro neutralizzazione, infine nella variazione del numero dei recettori dei differenti neurotrasmettitori. Questi processi di plasticità neuronale sono controllati, in parte, dagli stessi neurotrasmettitori. Ad esempio, variazioni nelle concentrazioni della dopamina nelle sinapsi possono modificare in più o in meno il numero dei recettori di questo neurotrasmettitore. Un ruolo particolarmente importante nei processi di sinaptogenesi svolge l'acido glutammico. Questo neurotrasmettitore eccitatorio agendo in particolari recettori chiamati NMDA decide sul "destino" di certi neuroni e di certe connessioni neuronali.
Poiché le diverse droghe, come la cocaina, l'amfetamina, l'eroina e l'alcol modificano l'azione di differenti neurotrasmettori esse alterano pertanto le normali condizioni nelle quali devono realizzarsi i suddetti processi neurobiologici.

E' prevedibile che l'assunzione di queste sostanze in dosi adeguate e per tempi sufficientemente prolungati possa influenzare lo sviluppo neurobiologico del cervello dell'adolescente e quindi i suoi correlati funzionali: cognitivi emotivi e comportamentali.
Poiché nel bambino e nell'adolescente i successivi livelli di organizzazione di tipo cognitivo, psicologico, sociologico possono realizzarsi solo se si sono organizzati i precedenti stadi di organizzazione un'alterazione nella maturazione neurobiologica potrebbe avere delle conseguenze a lungo termine.

 

Lo stato dell'arte

Il problema degli effetti di sostanze chimiche sul cervello dell'adolescente e' importante per incidenza e gravità, eppure le ricerche in questo settore sono scarsissime. Le informazioni disponibili, anche queste non numerose, originano dallo studio del cervello del ratto.

Accennerò alle ricerche sugli effetti della cocaina, amfetamina e alcol sui neuroni dopaminergici e glutammatergici. Il primo neurotrasmettitore svolge un ruolo importante nel trasmettere gli effetti gratificanti in questi farmaci e nella loro capacità di dare dipendenza.

 
Il glutammato svolge invece, come si è detto, un ruolo importante nella plasticità cerebrale.
I neuroni dopaminergici sono presenti alla nascita, ma è stato osservato che la loro maturazione continua, sia nel ratto che nei primati, fino all'età matura, nel senso che si producono più connessioni, più recettori e più dopamina. Invece, nell'animale anziano i neuroni dopaminergici si riducono progressivamente di numero.
I neuroni dopaminergici sembrano più attivi nell'animale adolescente. Questi è infatti più attivo e curioso dell'ambiente dell'animale adulto. L'attività esploratoria e la curiosità sono considerate tra le funzioni controllate dalla dopamina nel sistema limbico. Nell'animale adolescente gli effetti stimolanti della cocaina e dell'amfetamina sono ridotti mentre sono potenziati quelli dell'alcol. Nel primo caso si pensa che i recettori della dopamina sono già "bombardati" in eccesso dalla dopamina endogena. Perché  l'effetto dell'alcol sia potenziato non e' spiegato.

Purtroppo non esistono studi nell'animale adolescente che chiariscono se le suddette droghe producono maggiore effetto gratificante, se la dipendenza si sviluppa più facilmente e se persiste più a lungo quando inizia nel periodo dell'adolescenza.
Non esistono studi che confrontano l'effetto delle droghe nel ratto adolescente con il ratto anziano, nel quale i neuroni dopaminergici sono diminuiti.

 

Ormoni, neurotrasmettitori e droghe

E' importante tenere presente il fatto che durante l'adolescenza si presentano delle grandi modificazioni della secrezione di differenti ormoni (sessuali, ipofisari) i quali influiscono sull'attività dei neuroni dopaminergici e viceversa.
Un problema di particolare importanza é il chiarire se gli effetti dell'alcol sui neuroni glutammatergici e sul recettore NMDA nell'adolescente sono differenti rispetto all'adulto.
L'alcol e' un inibitore di questo recettore, la cui attivazione, come si e' detto, è importante per provocare la produzione o l'eliminazione di determinate connessioni neuronali. Inoltre un'eccessiva stimolazione dei recettori NMDA può provocare la morte dei neuroni sui quali questi recettori sono localizzati.

E' stato osservato che la sensibilità dei recettori NMDA agli effetti dell'alcol è superiore nell'animale immaturo rispetto all'adulto.

Inoltre si e' visto che se il cervello e' esposto a concentrazioni sufficientemente alte e prolungate di alcol, i recettori NMDA aumentano di numero, per compensare al loro blocco funzionale da parte dell'alcol.

Quando l'assunzione dell'alcol cessa, durante l'astinenza i recettori NMDA che erano diventati più numerosi che di norma, subiscono una maggiore stimolazione da parte dell'acido glutammico e ciò può provocare la morte dei neuroni. Queste considerazioni hanno grande interesse clinico per quegli adolescenti che usano consumare quantità rilevanti di alcol durante gli weekend. Sarà importante sapere se le ripetute sbronze con le relative astinenze provocano quei danni, specie a carico dei neuroni dell'ippocampo, che gli studi preclinici farebbero prevedere.

 

 

Il Problema della sensibilizzazione

Recentemente, studiando gli effetti delle ripetute somministrazioni di droghe e' stato scoperto un fenomeno di estremo interesse clinico: la cosidetta "sensibilizzazione". Si e' osservato cioè che le ripetute somministrazioni nel ratto di cocaina, amfetamina, morfina e perfino di nicotina, sensibilizzano l'animale agli effetti comportamentali delle successive somministrazioni della stessa sostanza, anche se questa viene iniettata molto tempo dopo l'ultima dose. Ad esempio, una dose di cocaina normalmente inefficace diventa molto potente se viene somministrata ad un animale che ha avuto nel passato ripetute somministrazioni della stessa sostanza.
Le implicazioni cliniche del fenomeno della sensibilizzazione sono evidenti: essa può spiegare gli effetti dirompenti di una dose di eroina, alcol, cocaina, nicotina, in individui che hanno smesso di assumere queste sostanze. Il che può spiegare perché la dipendenza riprecipita se uno riprende anche per una sola volta a fumare, a bucarsi o a bere. Ma il fenomeno della sensibilizzazione e' ancora più' interessante. E' stato scoperto che la cocaina non sensibilizza solo verso se stessa ma anche nei confronti dell'eroina e viceversa.

Infine, e questo interesserà particolarmente i sociologi e gli psicologi, si e' visto che gli stress ripetuti sensibilizzano non solo agli effetti di uno stress successivo, ne' più ne' meno di ciò che succede per le droghe, ma sensibilizzano anche agli effetti della cocaina e dell'eroina.

Sarà di grande interesse verificare se il fenomeno della sensibilizzazione ha delle peculiari caratteristiche nel periodo dell'adolescenza.

Non si conosce se la marijuana produce sensibilizzazione, se così fosse sarebbe importante sapere se si estende alle "droghe pesanti".

 

Conclusioni

L'assunzione di alcol e di droghe nel periodo adolescenziale modifica la funzione di alcuni tipi di neuroni nel momento in cui la loro normale attività è importante per creare o eliminare connessioni tra di loro. E' ragionevole pensare che l'assunzione di queste sostanze possa produrre delle alterazioni nello sviluppo del cervello con delle conseguenze funzionali sullo sviluppo psicologico dell'adolescente. Tuttavia dobbiamo onestamente riconoscere che non esistono studi clinici o preclinici che dimostrino che queste alterazioni vengano effettivamente prodotte dall'azione delle droghe nel periodo dell'ontogenesi cerebrale.

Per via dell'importanza e l'incidenza del fenomeno tali ricerche dovrebbero essere affrontate tramite tecnologie, conoscenze e modelli sperimentali adeguati. Sono già disponibili tecniche non invasive, come la PET e la SPECT, che permettono di studiare la funzione di determinati sistemi neuronali anche in clinica.


Ad esempio, chiarire gli effetti neurobiologici delle droghe e dell'alcol nel bambino e nell'adolescente potrebbe permettere efficaci interventi di prevenzione, quali l'identificazione precoce dei bambini con alta probabilità di diventare alcolisti da adolescenti.
Inoltre la conoscenza reale di questi fenomeni può offrire argomenti efficaci nella educazione sanitaria. Crediamo sia molto più convincente spiegare perché  queste sostanze non dovrebbero essere assunte anziché  genericamente affermare che fanno male.

Ringraziamenti:
Questo studio è stato promosso dalla Fondazione Anni Verdi.

 

di Neil SWAN
National Institute on Drug Abuse
Rockville, MD. USA

Adolescenza e Droga.
Come scoprire, sin dalla prima infanzia i fattori di rischio

Fattori di rischio e di protezione

 

Per cercare di chiarire quali fossero le variabili che, nel corso di tutta l'adolescenza, potevano favorire o impedire l'uso di droghe erano necessari degli studi prospettici, che seguissero i bambini e gli adolescenti per diversi decenni. A metà degli anni '60 Margaret Ensminger e Sheppard Kellam della John Hopkins University individuarono un campione di circa 1200 alunni che frequentavano la prime classi elementari di Woodlawn, un sobborgo povero a Sud di Chicago e, da allora, i ragazzi e le loro famiglie sono stati intervistati, visitati e valutati regolarmente per 30 anni.

 
I risultati finali di prossima pubblicazione dimostrano come dalla prima elementare o anche prima i bambini mostrino dei tratti temperamentali e dei comportamenti che sono potenti indicatori della loro inclinazione all'uso ed abuso di droghe nell'adolescenza e nell'età adulta. Recenti elaborazioni dei dati hanno consentito non solo di individuare significativi fattori di rischio ma anche comportamenti che proteggono dall'uso di sostanze sin dalla prima adolescenza.


Sono stati individuati quattro fattori endogeni come l'introversione-timidezza, l'aggressività- irritabilità, la tendenza alla ribellione e l'appartenenza al sesso maschile ed alcuni fattori esterni all'adolescente, come l'uso di sostanze nel gruppo di appartenenza, nei propri genitori e l'aver avuto dei problemi con la legge.
I fattori protettivi sono principalmente: avere dei buoni risultati scolastici, essere impegnati in attività dopo-scuola ed avere dei solidi legami affettivi familiari.
Gli studi iniziali consentirono di valutare la salute psichica mediante dei semplici criteri come l'adattamento sociale e lo stato psicologico. Per misurare l'adattamento sociale alla scuola i ricercatori utilizzarono gli stessi parametri usati degli insegnanti cioè il comportamento del bambino in classe, la sua intelligenza (misurata con test specifici) e le risposte a domande standard che misurano l'adattamento scolastico e sociale. Lo stato psicologico venne determinato sulla base di una serie di criteri tra cui la presenza o meno di sintomi psichici, di comportamenti anomali ed il livello della auto-stima di base.

Due importanti comportamenti nella prima infanzia vennero correlati con l'uso di sostanze in una fase successiva della vita. La timidezza -descritta dagli insegnanti come la tendenza dell'alunno a stare da solo, avere pochi amici, essere silenzioso durante le lezioni- e l'aggressività -descritta come la tendenza ad essere coinvolti in risse e non rispettare le regole. Timidezza e aggressività si dimostrarono come i due fattori più importanti nel predirre un comportamento da abuso di sostanze. La timidezza e l'aggressività sono sintomi di uno scarso adattamento sociale e come tali vanno del tutto distinti dall'ansia e della depressione.

 

 

Capire le differenze tra maschi e femmine

 

Le relazioni reciproche tra timidezza ed aggressività complicano la probabilità che gli adolescenti hanno di diventare tossicodipendenti. Tra i maschi l'aggressività favorisce il comportamento d'abuso mentre la timidezza, al contrario, lo riduce. La contemporanea presenza di sintomi attribuibili sia all'aggressività che alla timidezza conferisce il massimo rischio rispetto alla presenza di uno dei due fattori singolarmente. L'aggressività nei maschi è spesso associata con l'incapacità a mantenere la concentrazione per periodi sufficienti a svolgere con profitto i compiti scolastici.
Nelle femmine la situazione è completamente diversa, né l'aggressività, né la timidezza né tantomeno problemi di concentrazione hanno alcuna relazione con la tendenza ad usare droghe in un secondo momento.

 
La timidezza e l'aggressività potrebbero essere meno importanti per le ragazze perchè i gruppi di riferimento sono, per loro, più piccoli e vengono considerati meno importanti. Queste differenze di genere (maschile o femminile) devono essere tenute in grande considerazione e non esclusi a priori come si tendeva a fare in passato.
All'età di 16-17 anni le ragazze usano una quantità inferiore di birra, vino, liquori, marijuana ed altre droghe illegali rispetto ai loro coetanei maschi, ma non usano meno tabacco. All'interno di entrambi i gruppi, maschi o femmine con i punteggi intellettivi più alti e le migliori risposte ai test attitudinali scolastici tendevano ad abusare birra, vino, superalcolici e marijuana 10 anni più tardi. In genere i bambini che sono più "pronti" ed adatti alla scuola sono anche quelli più preparati a sperimentare le droghe.

 
Lo stato della salute psicologica e le relazioni intrafamiliari giocano un ruolo essenziale per le ragazze. Le madri hanno un importante effetto sulla salute psicologica delle loro figlie ma non dei loro figli maschi. Le aspettative materne e la salute psichica della madre sono i fattori protettivi più validi contro l'abuso di sostanze nelle ragazze, dieci anni più tardi. Le ragazze con solidi rapporti affettivi all'interno della famiglia tendono ad usare meno sostanze di quelle che provengono da famiglie in crisi, ma la stessa situazione non è valida per i loro fratelli per i quali l'aggressività rimane uno dei comportamenti predittivi più importanti dell'abuso di cocaina.

 

 

Cosa dire, cosa fare

 

Altre ricerche, come quella di Judith Brook della Mt. Sinai School of Medicine, hanno rivolto la loro attenzione ai fattori e alle variabili sia di rischio che protettive presenti sin dalla prima infanzia che potrebbero favorire o impedire uso e abuso di droghe da adulti.
Ancora una volta i fattori di rischio individuati sono l'aggressività, la disobbedienza, gli scatti d'ira, la tendenza a ignorare i regolamenti, i tratti sociopatici, l'evitamento delle responsabilità, l'uso di sostanze tra i propri amici e la presenza di sostanze illecêite in famiglia (abuso in uno o entrambi i genitori di alcool o droghe) e problemi con la polizia.

 
I bambini di questo studio sono stati suddivisi in tre fasi: infanzia (5-10 anni), prima adolescenza (13-18 anni) e adolescenza avanzata (15-20 anni).
Le interazioni tra i fattori di rischio vengono confermate anche in questo caso, in particolare l'aggressività nei primi anni se combinata con la sociopatia della famiglia d'origine e l'uso di droghe nel gruppo di coetanei è altamente predittiva di comportamenti d'abuso; mentre l'astensione dalle droghe nella prima adolescenza in combinazione con una stabilità familiare e la presenza di comportamenti socialmente adeguati è la combinazione più favorevole per una successiva astensione dalle sostanze d'abuso. L'uso di alcol o droghe nei genitori aumenta la frequenza dell'uso delle stesse sostanze anche nei loro figli. Paradossalmente i genitori tossicodipendenti sono quelli più rigidi a parole nell'educazione dei loro figli. Essi spesso si rivolgono ai loro figli dicendo:"Fai quello che ti dico e non quello che vedi fare a me", eppure questo tipo di affermazioni che possono avere un qualche valore nella prima adolescenza, quando i figli ancora s'identificano nei loro genitori, sono del tutto inutili nella adolescenza avanzata quando la famiglia perde il suo ruolo di controllo e quando i genitori diventano, tramite il loro comportamento, un fattore di rischio aggiuntivo per i ragazzi.


I fattori protettivi sono: la tendenza ad avere delle mete da raggiungere, l'impegno sociale o religioso, le solide relazioni familiari e la aspirazione a diventare qualcuno od avere dei modelli di riferimento. Ciò significa ottenere buoni risultati scolastici, avere dei buoni rapporti con i propri fratelli e sorelle, occupare la giornata in attività dopo-scuola (sport, chiesa e gruppi di riferimento dove non si usino droghe). Molti di questi ragazzi non solo non usano droghe ma diventano delle persone di successo. Lo studio fa rilevare come sia stato forse un errore concentrare la nostra attenzione solo sugli adolescenti a rischio senza occuparci di quelli che non hanno mai avuto problemi di droga perché anche loro avrebbero potuto insegnarci qualcosa di altrettanto importante.

 
Attualmente sono sotto osservazione i figli e le figlie dei soggetti originariamente intervistati nel 1970. Questi bambini hanno oggi in media 2 o 3 anni. Essi mostrano già chiaramente dei tratti di personalità e caratteristiche familiari, tra cui alcuni dei fattori di rischio sopraelencati, che predicono l'abuso di droghe.

 

 

L'importanza dei rapporti familiari

 

Un'altro filone di ricerca si è concentrato sullo studio dei bambini e degli adolescenti in piccole comunità rurali dell'Oregon. Hyman Hops ed i suoi collaboratori dell'Oregon Research Institute stanno seguendo da 10 anni, 500 soggetti di età compresa, al momento delle prime interviste, tra gli 11 ed i 15 anni.

 
Nel 90% dei casi la progressione nell'uso di sostanze è stata la seguente: astinenza, alcool, tabacco, marijuana e droghe pesanti. L'uso più elevato di sostanze avviene tra i 13 ed 14 anni quando gli adolescenti passano dalla scuola media alla scuola superiore.
L'uso di sostanze da parte dei genitori compreso il tabacco è, anche in questo caso, uno dei fattori di rischio associato con l'uso di droghe nei figli. Il comportamento dei padri bevitori ha un impatto negativo sia sui figli maschi che sulle femmine, maggiore rispetto a quello delle madri bevitrici il cui cattivo esempio vale solo sui figli nella primissima adolescenza e forse anche meno (sino ai 14 anni).
Questa ricerca ha evidenziato come genitori che fumano e bevono aumentano nei loro figli il rischio di abuso non solo di tabacco ed alcool ma anche di altre sostanza illecite.
Conflitti all'interno della famiglia e la scarsa capacità di confrontarsi e risolvere i problemi di tutti i giorni sono associati con un netto aumento del rischio di abusare droghe nei ragazzi che hanno difficoltà nel rapporto con i loro genitori e/o nell'affrontare i momenti di crisi.

 
La scarsa coesione familiare e l'uso di sostanze tra gli amici più cari è predittivo dei livelli (tipo e quantità) iniziali dell'abuso di droghe. Una buona relazione familiare può rappresentare un ottimo ostacolo contro la tendenza dei giovani tra i 13 ed i 23 anni a sperimentare le sostanze anche sotto l'influenza di amici tossicodipendenti.
La pressione ad usare sostanze d'abuso è viceversa molto più forte e pericolosa nella prima infanzia, tanto da suggerire, in un'opera di prevenzione efficace, controlli costanti sui gruppi di coetanei sin dai primi anni di vita sociale (4-10 anni).
Tutti gli studi concordano comunque sulla necessità di poter contare su forti e sane relazioni familiari per contrastare l'influenza che i giovani esercitano a vicenda l'uno sull'altro per quanto riguarda le prime esperienze di droga.

 

Per saperne di più

Andrews JA et al.: Parental influence on early adolescent substance abuse. Journal of early adolescence, 13:285-310, 1993

Brook JS et al.: Childhood precursors of adolescent drug use: A longitudinal analysis. Genetic, Social, and General Psychology Monographs 118 (2): 195-213, 1991

Brook JS et al.: African-American and Peurto Rican drug use: Personality, familial and other enviromental risk factors.Genetic, Social, and General Psychology Monographs 118 (4): 417-438, 1992

Ensminger ME.:
Sexual activity and problem behaviors among black, urban adolescents. Child Development 61:2032-2046, 1990

Ensminger ME et al.: Sex differences in antecedents of substance use among adolescents. Journal of Social Issues, 38 (2) 25-42, 1982

Hops H. et al.: Parent-adolescent problem-solving interaction and drug use. American Journal of Drug and Alcohol Abuse 16:239-258, 1990

Kellam SG et al.: Path leading to teenage psychiatric symptoms and substance use: Developmental epidemiological studies in Woodlawn. in Guze SB et al. (eds) Childhood Psychopathology and Development. New York: Raven Press, pp. 17-51


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