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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

EDUCATORE


 

1. Introduzione

 

Nell’ambito delle professioni a contenuto socio-educativo e socio-assistenziale, l’educatore si caratterizza in quanto la sua attività è prevalentemente e tipicamente destinata a provvedere all’istruzione, alla maturazione personale, all’assistenza psicologica di coloro che la società più o meno ufficiale tiene ai propri margini, e in qualche misura rifiuta o abbandona. Inoltre, l’ambiente nel quale l’educatore svolge la propria attività pedagogica è quello extrascolastico ed extrafamiliare, e neppure risponde a esigenze corporative di determinate categorie professionali o comunque precostituite. Insomma, si ha a che fare in tutti i casi di una sorta di educazione "non-formale".

 

Si tratta di un complesso di attività che raccolgono eredità antiche e che hanno radici storiche molto profonde, basti pensare al continuo ruolo, in primo luogo assistenziale, ma sempre in misura più o meno accentuata anche pedagogica, svolto nei riguardi della marginalità sociale da parte di organizzazioni religiose lungo tutto l’arco della storia della cristianità, accentuatosi dall’età della Controriforma in poi, ed "esploso" soprattutto in Italia nel periodo della prima industrializzazione. Tanto che per molto tempo questa funzione educativa "informale" si è spesso confusa con la stessa attività religiosa. Più recentemente, e segnatamente negli ultimi quarant’anni, la maturazione civile e politica della nostra società ha progressivamente portato le attività connesse all’educazione non formale (sociale) all’interno dell’alveo della sfera pubblica istituzionale.

 

La professione di educatore professionale si è storicamente sviluppata in Italia più recentemente e con maggiori difficoltà rispetto agli altri principali paesi europei, e in particolare con un’intensità diverse a seconda delle zone geografiche, ossia più diffusamente nel nord sviluppato industrialmente e molto meno nel sud. Questo per un complesso ordine di fattori. Basti citarne due. Innanzitutto, la cultura dominante, ancora informata a presupposti illuministici e positivistici, ha da sempre privilegiato i contenuti strettamente teorici e razionalisti della formazione, così che l’educazione è sempre di fatto rimasta pressoché interamente ad appannaggio dell’istituzione scolastica riconosciuta. Inoltre, l’educazione rivolta alle persone in difficoltà è stata tradizionalmente assorbita dai compiti istituzionali delle organizzazioni religiose e umanitarie a base volontaria, nei cui confronti la struttura pubblica ha sempre ampiamente delegato, determinando un caso unico in Europa di gestione del disagio sociale. Con la conseguenza che tradizionalmente nel comparto delle professioni sociali in Italia non è esistita a livello diffuso la possibilità di offrire una preparazione uniforme e adeguata, e che l’attività connessa è stata attuata a costi certamente contenuti, ma con criteri assistenzialistici e di beneficenza, e questo non ha incoraggiato l’utilizzo professionalità specifiche e qualificate.

 

2. L’educatore professionale nella legislazione nazionale

 

I. La professione di educatore ha ricevuto il primo sostanziale riconoscimento giuridico formale in ambito nazionale nel rapporto della Commissione nazionale di studio istituita nel 1982 dal Ministero dell’interno. Tale figura, che in seguito venne poi apertamente riconosciuta, sia dalla letteratura specializzata in materia, sia dalle legislazioni regionali, come profilo ibrido di "educatore-animatore", venne puntualizzata e precisata in seguito; ma è di qui che occorre prendere le mosse.

 

Definizione. "L’educatore professionale è un operatore che, in base a una specifica formazione professionale di carattere tecnico e tecnico-pratico e nell’ambito di servizi socio-educativi e educativo-culturali extrascolastici, residenziali o aperti, svolge la propria attività nei riguardi di persone di diverse età, mediante la formulazione e la attuazione di progetti educativi caratterizzati


 

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da intenzionalità e continuità, volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale, agendo, per il perseguimento di tali obiettivi, sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto ambientale e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo".

 

E’ questa una definizione che ha il difetto di essere caratterizzata da tratti che sono comuni anche ad altri operatori sociali, e che invece non coglie i caratteri specifici della professione dell’educatore.

 

II. Rileva invece riportare la definizione di educatore sociale prodotta pochi anni più tardi (1985) dall’AIEJI (Association internationale des éducateurs de jeunes inadaptés), che è stata depositata presso la commissione Affari Sociali del Parlamento Europeo nel giugno 1988:

 

"Per educatore professionale si intende la persona che, dopo una formazione specifica, favorisce con l’uso di metodi e tecniche pedagogiche, psicologiche e sociali lo sviluppo personale, la maturazione sociale e l’autonomia di persone giovani o adulte, handicappati o disadattati o a rischio di diventarlo. L’educatore condivide con queste persone le differenti situazioni, spontanee o suscitate dalla vita quotidiana, sia all’interno di istituzioni residenziali o di servizi aperti, sia nell’ambiente naturale di vita, attraverso un’azione continua e congiunta sulla persona e sull’ambiente".

 

Questa definizione, che pure non ha titolo di rientrare nel nostro ordinamento - la AIEJI è un’associazione franco-tedesca che si pone l’obiettivo di affrontare in veste transnazionale i problemi dei giovani disadattati, e che svolge la sua opera in relazione con le strutture della Comunità Europea -, né è stata successivamente recepita dalla legge italiana, ha tuttavia il merito indiscutibile di porre l’accento su quella che è probabilmente la caratteristica tipica dell’operato a cui è chiamato l’educatore professionale, e cioè la capacità condivisione delle esperienze, dove il quotidiano diventa occasione di maturazione personale, una sorta di "pedagogia della vita quotidiana".

 

III. Diversamente da quanto lascerebbe intendere la strada imboccata dal legislatore, che mira all’individuazione di una figura professionale univoca di educatore professionale, i compiti a cui nella pratica è chiamato l’educatore sono tutt’altro che univoci. Il termine educatore viene infatti utilizzato per designare figure professionali molto diverse tra loro, come per esempio l’educatrice di scuola materna o l’educatore previsto dalle norme sull’ordinamento penitenziario. D’altra parte, almeno nella realtà italiana, l’educatore professionale ha avuto storicamente il polo di riferimento più significativo nel settore sanitario, e questo a causa della stessa impostazione dell’ordinamento del servizio sanitario, che all’atto della sua istituzione (1978) attribuiva alle Regioni compiti di integrazione e di coordinamento dei servizi sanitari con i servizi sociali.

 

Ma, quanto alla definizione esplicita di un vero e proprio profilo professionale, la legislazione nazionale, al di là della proposta della Commissione Ministeriale di studio, aveva previsto la definizione di un profilo, attraverso il D.M. 10 febbraio 1984 (decreto Degan), che mirava all’identificazione dei profili professionali attinenti a figure nuove atipiche o di dubbia ascrizione nell’ambito del personale delle Unità Sanitarie Locali. Il decreto Degan è stato in seguito (settembre 1990) giudicato illegittimo dal Consiglio di Stato, in quanto l’identificazione concreta dei profili professionali e delle qualifiche funzionali doveva essere riservata alla contrattazione collettiva. Tale decreto legava i compiti dell’educatore alla sua funzione socio-sanitaria e definiva l’educatore professionale come segue:


 

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"L’Educatore Professionale cura il recupero e il reinserimento di soggetti portatori di menomazioni fisiche".

 

IV. In seguito all’annullamento di tale decreto sia il legislatore statale sia il legislatore regionale hanno inserito la figura dell’educatore professionale in una serie di provvedimenti legislativi successivi, relativi a diversi settori socio-sanitari, mettendo in atto una prassi legislativa, non priva di contraddittorietà, che sostanzia un riconoscimento indiretto di questa figura professionale. La previsione dell’educatore nelle varie leggi comprova inoltre l’effettiva diffusione e il radicamento di questo tipo di operatore in campo sociale e sanitario.

 

Si segnala, in particolare, la previsione di impiego di educatori professionali, da parte del legislatore statale, nel campo della riabilitazione dello stato della tossicodipendenza. Infatti, la necessità di prevenzione delle infezioni da HIV e del recupero dei tossicodipendenti, hanno condotto all’emanazione di alcuni provvedimenti che ridisegnano il quadro della materia sia sotto l’aspetto repressivo sia sotto quello della prevenzione, della cura e della riabilitazione. Nel nuovo quadro che si è venuto a delineare trova ampio posto l’impiego della figura dell’educatore professionale, che ottiene così una legittimazione di rilievo in quanto inserita in uno dei settori socio-sanitari attualmente di maggiore interesse.

 

Con la legge 26 giugno 1990, n. 162 sono stati istituiti presso le unità sanitarie locali i servizi per le tossicodipendenze (SerT). Nell’organico del SerT sono previste le figure del medico, dello psicologo, dell’assistente sociale, dell’infermiere e, appunto, dell’educatore, definito "educatore professionale e di comunità" (a riprova di una non omogeneità della figura professionale e di poca chiarezza circa la sua definizione). I SerT costituiscono le strutture di riferimento delle unità sanitarie locali per i tossicodipendenti e per le loro famiglie. Essi devono assicurare la disponibilità dei principali trattamenti di carattere psicologico, socio-riabilitativo e medico - farmacologico. Il decreto 30 novembre 1990, n. 444 del Ministero della Sanità disegna l’organico dei SerT e assegna un educatore professionale ai SerT a bassa utenza (fino a sessanta utenti), due educatori professionali ai SerT a media utenza (da sessanta a cento utenti) e ad alta utenza (da cento a centocinquanta utenti). Quando nel territorio di competenza dei SerT sono presenti strutture carcerarie, l’organico è integrato. Anche in questo caso è previsto l’educatore professionale.

 

V. Vi sono poi alcuni provvedimenti legislativi nei quali la figura dell’educatore, se pure non prevista esplicitamente, può considerarsi indirettamente richiamata.

 

Di particolare interesse è la legge quadro del 5 febbraio 1992, n. 104 "Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate", che affronta in maniera globale il problema dell’handicap psichico, fisico e sensoriale. L’aspetto di questa legge che qui interessa è dato dalla collaborazione tra gli organi scolastici e le unità sanitarie locali per favorire l’integrazione scolastica della persona handicappata. L’art. 12 prevede che venga tracciato un profilo dinamico - funzionale dell’alunno ai fini della formulazione di un piano educativo individualizzato, alla cui definizione provvedono, insieme ai genitori, gli operatori delle unità sanitarie locali e il personale specializzato della scuola. In via interpretativa è stato ritenuto che il riferimento agli operatori delle unità sanitarie locali si identifichi con gli educatori professionali inseriti nei ruoli organici. L’art. 13 prevede il coordinamento dei servizi scolastici con quelli sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi e sportivi, da realizzarsi attraverso accordi di programma tra enti locali, organi scolastici e unità sanitarie locali. In particolare, può venire rivista l’organizzazione degli asili nido a favore dei bambini con handicap, e può essere assegnato personale specializzato. In questo caso (e in casi simili) il personale delle unità sanitarie locali più idoneo a svolgere i compiti di raccordo con la scuola non può che essere quello appartenente al profilo dell’educatore.


 

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Un ulteriore possibile settore di impiego degli educatori professionali è indirettamente contenuto nelle norme relative al processo penale a carico di imputati minorenni. Il decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, sul processo penale minorile, prevede infatti strutture per la rieducazione dei minori alle quali è assegnato personale di servizio sociale e dell’area pedagogica.

 

VI. Nel frattempo furono elaborate diverse proposte di legge, allo scopo di definire una serie di figure professionali dai profili rimasti incerti, nel vuoto lasciato dall’annullamento del decreto Degan. Tra queste appare di particolare interesse, anche se giuridicamente non ebbe un effetto diretto in quanto decadde a causa della fine della legislatura, la c.d. "proposta Battaglia" del nome del deputato proponente, che aveva per titolo "Norme per l’esercizio della professione di educatore professionale ed istituzione del relativo albo". E’ questo il primo tentativo di giungere a una disciplina professionale organica e completa dell’educatore professionale.

 

Nella relazione introduttiva l’educatore veniva descritto come un operatore "capace di misurarsi con la molteplicità delle problematiche sociali e sanitarie dall’handicap, alla droga, al disagio ed alla crescita minorile ed adolescenziale".

 

L’art. 1 conteneva il profilo e i compiti dell’educatore professionale:

 

"1. L’educatore professionale opera nell’ambito dei servizi extrascolastici, residenziali o aperti, e svolge la propria attività nei riguardi di persone di diverse età, mediante la formulazione e l’attuazione di progetti educativi caratterizzati da intenzionalità, globalità e continuità, volti a promuovere e a contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale, di inserimento e di partecipazione sociale, agendo, per il perseguimento di tali obiettivi, sulle relazioni interpersonali, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto ambientale e di vita e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo.

 

2. L’educatore professionale svolge compiti di progettazione, di organizzazione e di gestione, direttamente o in rapporto con altre figure professionali, e può esercitare attività didattico-formativa e di coordinamento e di direzione dei servizi educativi.

 

3. La professione di educatore professionale può essere esercitata in forma autonoma o in rapporto di lavoro subordinato".

 

La "proposta Battaglia", che prevedeva per l’educatore professionale l’ottenimento del diploma universitario, suscitò un vivace dibattito tra gli operatori; ne seguì la formulazione di una proposta di legge parallela, presentata dall’AISEP (Associazione Italiana delle Scuole per Educatori Professionali), che si differenziava dalla precedente significativamente solo in quanto contemplava la possibilità che il titolo potesse essere rilasciato non solo dalle università ma anche da istituti di istruzione superiore o da altri istituti dello stesso livello.

 

Entrambe le proposte decaddero alla fine dell’XI legislatura.

 

Nel 1996 l’AISEP ha promosso la formulazione di una nuova proposta di legge, che di fatto sostanziava una ripresentazione dello stesso testo già formulato nel 1993. Anche in questa seconda istanza, tuttavia, non si è pervenuti alla perfezionamento dell’iter di produzione legislativo.

 

VII. Soltanto in tempi molto più recenti, nel 1997, con Decreto del Ministero della Sanità n. … /… , è stato riconosciuto a livello nazionale il profilo professionale dell’educatore professionale, ma solo nell’ambito sanitario pubblico. Tale norma porta pertanto a compimento un percorso


 

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interpretativo e normativo sulla figura professionale dell’educatore, che caratterizza l’esperienza italiana in questo campo, e che non trova soluzioni dal 1978, anno della riforma del servizio sanitario nazionale, fino a oggi. Il decreto ministeriale, che si inserisce nell’ambito del riordino della disciplina sanitaria a livello nazionale, avviato nel 1992, recita come segue:

 

"1. E’ individuata la figura professionale dell’Educatore Professionale, con il seguente profilo: l’Educatore Professionale è l’operatore sanitario e sociale che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’équipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione alla vita quotidiana. Cura il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà.

 

2. L’Educatore Professionale:

 

a) programma, gestisce e verifica interventi educativi mirati al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei soggetti per il raggiungimento di livelli sempre più avanzati di autonomia;

b) contribuisce a promuovere e organizzare strutture e risorse sociali e sanitarie, al fine di realizzare il progetto educativo integrato;

c) progetta, organizza, gestisce e verifica le proprie attività professionali all’interno di servizi socio-sanitari e strutture socio-sanitarie-rieducative e socio educative, in modo coordinato con altre figure professionali e tipi diversi di strutture, attraverso il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati e/o delle loro famiglie, dei gruppi, della collettività;

d) opera sulle famiglie e sul contesto sociale degli utenti, allo scopo di favorire il reinserimento nella comunità;

e) partecipa ad attività di studio, ricerca e documentazione.

 

3. L’Educatore Professionale contribuisce alla formazione degli studenti e del personale di supporto, concorre direttamente all’aggiornamento relativo al proprio profilo professionale e all’educazione alla salute;

 

4. L’Educatore Professionale svolge la sua attività professionale in strutture socio-sanitarie e socio-educative pubbliche o private, sul territorio, nelle strutture residenziali e semiresidenziali in regime di dipendenza o libero professionale".

 

VIII. Giova inoltre ricordare che sempre il Ministero della Sanità, con decreto 17 gennaio 1997, n. 57, ha regolamentato il profilo professionale di una figura che appare a un primo esame almeno in parte "concorrente" con quella dell’educatore professionale. Viene infatti individuato il "tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale", con un campo di attività che per un verso appare più specialisticamente sanitaria, diretta soprattutto alle situazioni di disagio psichico, ma anche al disagio psicosociale, e per altro verso risulta più ristretto rispetto alle attribuzioni "tradizionali" dell’educatore professionale. Tale normativa crea senza dubbio una situazione di incertezza, sia sotto il profilo definitorio della figura professionale, sia soprattutto sui compiti e i ruoli. Conseguentemente, si è originato un certo dibattito in ambito specialistico, nel corso del quale l’AISEP ha assunto una posizione critica nei confronti della definizione di tale nuova professionalità, che indicherebbe la tendenza a scomporre la professionalità tradizionalmente attribuita all’educatore professionale, in più figure specialistiche, correndo così il rischio di restare marginalizzata.

 

Il testo del decreto è il seguente:


 

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"E’ individuata la figura professionale del tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale con il seguente profilo: il tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale è l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, svolge, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’équipe multidisciplinare, interventi riabilitativi ed educativi sui soggetti con disagio psicosociale e disabilità psichica.

 

Il tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale:

 

a) collabora alla valutazione del disagio psicosociale, della disabilità psichica e delle potenzialità del soggetto; analizza bisogni e istanze evolutive e rileva le risorse del contesto familiare e socio­ambientale;

b) collabora all’identificazione degli obiettivi formativo-terapeutici e di riabilitazione psicosociale e psichiatrica nonchè alla formulazione dello specifico programma di intervento mirato al recupero e allo sviluppo del soggetto in trattamento;

c) attua interventi volti all’abilitazione/riabilitazione dei soggetti alla cura di sé e alle relazioni interpersonali di varia complessità nonché, ove possibile, ad una attività lavorativa;

d) opera nel contesto della prevenzione primaria sul territorio, al fine di promuovere lo sviluppo delle relazioni di rete, per favorire l’accoglienza e la gestione delle situazioni a rischio e delle patologie manifeste;

e) opera sulle famiglie e sul contesto sociale dei soggetti, allo scopo di favorirne il reinserimento nella comunità;

f) collabora alla valutazione degli esiti del programma di abilitazione e di riabilitazione nei singoli soggetti, in relazione agli obiettivi prefissati.

 

Il tecnico dell’educazione e della riabilitazione psichiatrica e psicosociale svolge la sua attività professionale in strutture e servizi sanitari pubblici o privati, in regime di dipendenza o libero professionale".

 

3. L’educatore professionale nella legislazione regionale

 

A fronte della tardiva e carente legislativa nazionale si riscontra invece una vivace e puntuale attività normativa svolta delle amministrazioni regionali, soprattutto in forza del disposto della delega costituzionale (art. 117) in materia di assistenza sanitaria. Va de sé che la surroga legislativa regionale alla normativa statale apre la strada a differenziazioni e discriminazioni tra regione e regione, cosa che si è puntualmente verificata, così che oggi esiste un materia un netto divario tra il quadro normativo delle regioni del centro-nord, più industrializzate, e più attente nel rispondere a una domanda di servizi sociali, rispetto al centro-sud. Appare evidente che nelle diverse regioni sono operanti impostazioni di base solo in parte assimilabili, e che pertanto l’utilizzo degli educatori professionali in termini omegenei sul territorio nazionale appaia problematico.

 

Regione Piemonte

 

La regione Piemonte con deliberazione del Consiglio regionale del 20 febbraio 1987, n. 392-2437 ha approvato la definizione del profilo dell’educatore professionale, i requisiti per la formazione, il programma di studi e i criteri organizzativi dei corsi per educatori professionali.

 

"L’educatore professionale è un operatore che, con conoscenze e specificità sue proprie, interviene nei confronti di persone di diversa età, già in situazioni di disagio o esposte a rischio di emarginazione sociale, per situazioni di handicap psico-fisico, di emergenza familiare, difficoltà relazionali, carenze ambientali, problemi di devianza.


 

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L’intervento si esplica in tutte quelle sedi che sono occasione per operare in modo funzionale agli obiettivi educativi.

 

Nell’ambito del sistema organizzato delle risorse sociali, attua progetti educativi volti allo sviluppo individuale equilibrato e al positivo inserimento dei soggetti in difficoltà.

 

In particolare:

 

- programma, gestisce e verifica interventi educativi mirati al recupero e allo sviluppo delle potenzialità dei soggetti per il raggiungimento di livelli sempre più avanzati di autonomia;

- contribuisce a promuovere e organizzare strutture e risorse sociali e sanitarie, al fine di realizzare il progetto educativo;

- progetta, organizza, gestisce e verifica le proprie attività professionali all’interno di servizi e strutture socio-educative e socio-sanitarie-riabilitative, in modo coordinato con altre figure professionali e tipi diversi di strutture, attraverso il coinvolgimento diretto dei soggetti interessati e/o delle loro famiglie;

- realizza attività di studio, di ricerca e di documentazione sui problemi connessi alle esigenze educative;

- svolge attività di supervisione nei confronti di studenti-educatori tirocinanti nei servizi;

- può svolgere attività didattica nell’ambito delle attività formative per educatori professionali.

 

L’educatore professionale svolge gli interventi educativi attraverso modalità operative che prevedono:

 

- la presa in carico diretta della persona, attraverso un rapporto continuativo e per periodi prolungati;

- l’intenzionalità educativa di ogni azione operativa;

- la gestione della quotidianità emergente dal rapporto educativo.

 

L’intervento dell’educatore può esplicarsi in diverse aree:

 

- prevenzione;

- gestione del momento istituzionale residenziale e non residenziale;

- gestione degli interventi di deistituzionalizzazione e di integrazione all’interno del contesto di appartenenza;

- ricerca e formazione;

- ricerca delle potenzialità e disponibilità del territorio per il coinvolgimento delle risorse educative esistenti".

 

La descrizione delle caratteristiche della professione di educatore prosegue con gli aspetti relativi alla formazione e ai programmi di studio articolati in tre anni ai quali si accede con diploma di scuola media superiore. Il corso ha un monte ore totale di 2.400 ore e gli insegnamenti sono ripartiti in quattro aree: pedagogica, psicologica, sociologica-giuridica, medico-psichiatrica.

 

Con successiva deliberazione del Consiglio Regionale n. 731 del 19 gennaio 1988 è stata autorizzata l’attivazione di corsi di riqualificazione per educatori professionali destinati a operatori che svolgono di fatto tali mansioni presso strutture pubbliche o private pur essendo privi del relativo titolo professionale. I titoli richiesti per l’accesso ai corsi di riqualificazione sono: il possesso del diploma di scuola media superiore e l’anzianità di servizio almeno biennale con un orario di lavoro di almeno 20 ore settimanali presso strutture pubbliche o private, con precedenza per gli occupati nelle strutture sanitarie. La struttura del corsi di riqualificazione è triennale e comprende gli stessi


 

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insegnamenti dei corsi che rilasciano l’abilitazione con un monte ore ridotto a 865 ore, più 300 ore di tirocinio.

 

Regione Lombardia

 

Nella Regione Lombardia l’impiego di educatori professionali è stato previsto in primo luogo nell’area psichiatrica nel programma triennale approvato nel 1986, che prevede un educatore professionale nell’organico del Centro psico-sociale (C.P.S.), che è la sede delle attività ambulatoriali psichiatriche e psicoterapiche, e due educatori professionali nell’organico del Centro residenziale di terapie psichiatriche e di risocializzazione (C.R.T.), struttura socio-sanitaria per trattamenti a medio e lungo termine. Inoltre sono previsti due educatori professionali per ogni comunità terapeutica, struttura che sostituisce l’ex ospedale psichiatrico. Inoltre, sempre nel 1986, è stata istituita l’Unità Operativa di Neuropsichiatria per l’infanzia e l’Adolescenza (UO-NPI), struttura operativa interdisciplinare deputata alla prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi e degli handicap neuropsichici nell’infanzia e nell’adolescenza, che prevede nel suo organico la presenza di educatori professionali.

 

Nel 1988 (L.R. 19.09.88, n. 51) nell’ambito della normativa relativa all’organizzazione, alla programmazione e all’esercizio delle attività in materia di tossicodipendenza, erano stati istituiti i "nuclei operativi", come strutture delle (allora) USSL. Tra le figure professionali attive nei "nuclei operativi" era previsto l’educatore professionale, che si affiancava al medico, allo psicologo, all’assistente sociale e all’infermiere professionale. I "nuclei operativi" sono stati sostituiti dai SERT che hanno comunque riconfermato le medesime figure professionali.

 

Successivamente, con deliberazione del Consiglio regionale del 28 febbraio 1989 n. IV/1269, il profilo professionale viene descritto come segue:

 

"1 - L’educatore professionale è l’operatore che, in base a una specifica preparazione di carattere teorico pratico, svolge la propria attività mediante la formulazione e la realizzazione di progetti educativi, volti a promuovere lo sviluppo equilibrato della personalità, il recupero e il reinserimento sociale di soggetti disabili e di persone a rischio di emarginazione sociale.

 

Per il perseguimento di tali obiettivi, nell’ambito del sistema delle risorse sociali e sanitarie, egli svolge interventi riguardanti i rapporti interpersonali, la famiglia, i gruppi e le istituzioni, le strutture e i servizi sociali, sanitari ed educativi, il contesto ambientale.

 

Gli strumenti di cui si avvale sono relativi a metodologie di operatività psicopedagogica e di riabilitazione psico-sociale.

 

Conduce attività di studio, ricerca e documentazione indirizzate all’intervento educativo.

 

2 - E’ previsto l’impiego dell’Educatore - ai sensi della normativa socio-assistenziale e sanitaria regionale - nei servizi e nelle strutture per minori, quali le comunità-alloggio, gli Istituti, i Centri di pronto intervento; nelle strutture e nei servizi assistenziali e di riabilitazione neuro-psicologica per disabili, nelle strutture e nei servizi di salute mentale, negli interventi strutturati con modalità diverse nell’area dell’emarginazione giovanile.

 

Regione Veneto

 

La Regione Veneto si richiama invece alla lettera alle indicazioni della Commissione ministeriale dell’82, rifacendosi esplicitamente alla figura dell’"educatore-animatore" (L. reg. 8/86), e si colloca


 

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per questo motivo su un diverso piano interpretativo delle professioni operanti nell’ambito del sociale rispetto alle altre regioni del centro-nord, che invece nel corso della produzione legiferativa degli anni Ottanta e Novanta hanno dimostrato di aver superato l’originaria "confusione" tra le figure professionali distinte di animatore e di educatore. Pertanto, sempre nel solco tracciato dalla Commissione, nel dicembre 1989, con d.g.r. 7682/22 dicembre 89, la Regione Veneto ha puntualizzato i profili professionali dell’"educatore-animatore" e dell’"addetto all’assistenza", "come primo passo per la creazione di operatori in grado di cogliere e definire in maniera consapevole il proprio mandato istituzionale".

 

E’ previsto l’impiego dell’educatore nei servizi e nelle strutture per minori, quali le comunità­alloggio, gli istituti, i centri di pronto intervento, nelle strutture e nei servizi assistenziali e di riabilitazione neuro-psicologica per disabili, nelle strutture e nei servizi di salute mentale, nell’area dell’emarginazione giovanile, oltre che nell’area della tossicomania e nei servizi agli anziani con funzione di animazione. Sono inoltre individuati gli standard di personale nelle strutture socio­assistenziali, sia per gli educatori, sia per gli addetti all’assistenza, gli infermieri professionali e gli assistenti sociali. Per gli educatori gli standard individuati sono i seguenti:

 

struttura residenziali per anziani autosufficienti 1:90

struttura residenziali per anziani parzialmente autosufficienti 1:90 struttura residenziali per anziani non autosufficienti 1:90 centro diurno per anziani 1:30

comunità alloggio 1:2

centro sociale giovanile 1:15

case di vacanza, soggiorni di vacanza e campeggi 1:6

istituto educativo assistenziale per minori 1:6

centro diurno per disabili parzialmente autosufficienti 1:9 centro diurno per disabili non autosufficienti 1:15

struttura residenziale per disabili parzialmente autosufficienti 1:4 struttura residenziale per disabili non autosufficienti 1:15

 

Provincia autonoma di Trento

 

La provincia autonoma di Trento ha previsto l’impiego di educatori nella L. Prov. 12 luglio 1991, n. 14, sull’ordinamento dei servizi socio-assistenziali. Il profilo dell’educatore professionale viene definito nel seguente modo:

 

"L’educatore professionale è un operatore che, in base a una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico-pratico e nell’ambito di servizi educativi socio-sanitari ed educativo­culturali extrascolastici, residenziali o aperti, svolge la propria attività nei riguardi di persone di diversa età.

 

Egli opera mediante la formulazione e l’attuazione di progetti educativi caratterizzati da intenzionalità e continuità, volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale.

 

A tale scopo, per il perseguimento di tali obiettivi, l’educatore professionale interviene sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, nel sistema familiare, nel contesto ambientale e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo.


 

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Tale operatore rivolge il proprio intervento professionale agli utenti dei servizi educativi socio­assistenziali, educativo-culturali o sanitari quali, ad esempio, handicappati, tossicodipendenti, minori con problemi di inserimento o adattamento sociale, anziani, ammalati psichici".

 

Regione Friuli-Venezia Giulia

 

Nel piano socio-assistenziale approvato con L.R. 19 maggio 1988, n. 33, la Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia ha individuato tra gli operatori sociali tre figure professionali: l’assistente sociale, l’educatore professionale e l’assistente domiciliare dei servizi tutelari. Per quanto riguarda l’educatore professionale è stato tracciato il seguente profilo:

 

"L’educatore professionale è un operatore che, in base a una specifica formazione professionale di carattere teorico e tecnico pratico e nell’ambito dei servizi socio-educativi ed educativo-culturali extrascolastici, residenziali o aperti, svolge la propria attività nei riguardi di persone di diversa età, mediante la formulazione e l’attuazione di progetti educativi volti a promuovere e contribuire al pieno sviluppo delle potenzialità di crescita personale e di inserimento e partecipazione sociale, agendo per il perseguimento di tali obiettivi, sulla relazione interpersonale, sulle dinamiche di gruppo, sul sistema familiare, sul contesto ambientale e sull’organizzazione dei servizi in campo educativo.

 

Più in particolare, l’educatore professionale svolge: attività di rapporto continuativo con l’utente o gruppi di utenti; attività di progettazione, organizzazione, gestione e verifica dei servizi e delle strutture socio-educative; attività di ricerca, studio e documentazione relativi a bisogni e problemi, nonchè ai servizi dell’area socio-educativa; attività di informazione di carattere educativo a tutti i livelli."

 

Il percorso formativo previsto è articolato in corsi triennale presso scuole dirette a fini speciali operanti in ambito universitario o in sedi formative istituite o autorizzate dalla Regione.

 

L’impiego degli educatori professionali è quindi previsto in una serie di progetti obiettivo che contengono interventi specifici per l’attuazione del piano socio-assistenziale.

 

Nel "Progetto obiettivo strutture residenziali per anziani" è prevista la figura dell’educatore­animatore, quale operatore anche volontario, che svolge attività di animazione e ricreazione.

 

Nel "Progetto obiettivo servizio sociale di base" vengono tracciate per l’educatore professionale le seguenti mansioni relative all’assistenza domiciliare: "Assicura l’assistenza domiciliare nelle forme più afferenti la sfera educativa e interrelazionale, ai soggetti con handicap, ai minori e alle famiglie a rischio, e può essere impiegato anche in attività di animazione".

 

Nel "Progetto obiettivo centri di aggregazione giovanile" è tratteggiato un profilo di educatore­animatore nei seguenti termini: "l’educatore-animatore è la figura professionale fulcro del centro di aggregazione giovanile, organizzatore e propulsore delle attività culturali, ricreative, espressive, ecc., adulto capace di esprimere - oltre che abilità per attività specifiche - doti umane adeguate al rapporto con gli adolescenti e i giovani quali autorevolezza, intraprendenza, affettività, equilibrio".

 

Infine nel "Progetto obiettivo centri e residenze sociali per handicappati gravi e gravissimi" gli educatori vengono così definiti: "Sono operatori che partecipano alla predisposizione del progetto educativo, vi danno attuazione anche attraverso forme di collaborazione con i servizi sociali territoriali e con il sistema familiare e ne verificano la validità. Gli educatori, convivendo con i


 

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soggetti, si trovano a svolgere nella vita quotidiana un ruolo di supplenza della famiglia comunemente preposta alla soddisfazione dei bisogni materiali e affettivi".

 

Regione Liguria

 

La regione Liguria non ha previsto specificamente la figura dell’educatore professionale, ma ha previsto quella dell’animatore, con qualche elemento di contatto e di ibridizzazione delle rispettive figure professionali.

 

Regione Emilia-Romagna

 

La regione Emilia-Romagna, nell’ambito delle "Direttive regionali per la formazione professionale e l’orientamento - Triennio 1997/99", a cura dell’Assessorato al Lavoro, descrive il profilo professionale dell’educatore professionale attraverso una scheda in cui vengono segnalati i compiti centrali della figura, tra i quali si evidenziano: l’intervento di sostegno per favorire l’accoglienza e la gestione delle situazioni di rischio; l’intervento nei confronti di soggetti portatori di menomazioni psico-fisiche e di persone a forte rischio di emarginazione sociale; la collaborazione nelle attività terapeutico-riabilitative; attività di formazione personale e di integrazione sociale attuate nei confronti di utenti di servizi residenziali, semiresidenziali, domiciliari e territoriali rivolti a minori, famiglie multiproblematiche, adulti con problemi di integrazione sociale, adulti disabili, persone affette da dipendenza patologica, persone con diagnosi di patologia psichiatrica, anziani.

 

Regione Sardegna

 

Il piano socio assistenziale della regione Sardegna per il triennio 1990-92 prevedeva la figura dell’educatore professionale, dandone la seguente definizione:

 

"L’educatore professionale svolge la propria attività nei confronti di persone di diversa età attraverso le tecniche che gli sono proprie, attraverso un coinvolgimento personale e la proposizione diretta di positivi modelli di identificazione.

 

Concorre alla programmazione degli interventi educativi individuali e di gruppo.

 

Mette in atto gli interventi educativi di sua competenza decisi in sede di programmazione, sulla base degli orientamenti forniti dal personale di livello superiore dell’area sociale; in questo quadro può organizzare attività culturali, ricreative, sportive e di animazione varia; tenere i contatti tra le varie organizzazioni educative e/o sociali che intervengono nel trattamento dei soggetti interessati; collaborare, per quanto afferisce alla competenza educativa, a interventi programmati di assistenza domiciliare.

L’educatore svolge la propria attività stimolando il coinvolgimento e la progressiva responsabilizzazione del soggetto e del gruppo nel processo della sua formazione.

Concorre, secondo la sua specifica competenza, alla formulazione dei programmi sociali, valorizzando gli obiettivi e gli strumenti volti alla promozione della crescita personale, della creatività, della socialità e della partecipazione sociale".

 

4. L’educatore professionale in comparti diversi dal settore sanitario: nel sistema penitenziario e nelle cooperative sociali

 

Se pure nell’esperienza italiana la figura dell’educatore professionale si sia sviluppata con un riferimento prevalente all’area dei servizi socio-sanitari, e questo, come già detto, a causa della


 

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stessa impostazione dell’ordinamento del servizio sanitario nazionale, esistono figure riconosciute di educatore attive anche in altri settori.

 

E’ il caso, in primo luogo, della figura di educatore prevista dalle norme sull’ordinamento penitenziario.

 

La legge 26 luglio 1975, n. 354 ("legge Gozzini"), che ha riformato l’ordinamento penitenziario ha istituito il ruolo organico della carriera di concetto degli educatori per adulti, articolato in tre qualifiche: educatore, educatore principale, educatore capo.

 

Le attribuzioni degli educatori sono stabilite come segue: "Gli educatori partecipano all’attività di gruppo per la osservazione scientifica della personalità dei detenuti e degli internati e attendono al trattamento rieducativo individuale o di gruppo, coordinando la loro azione con quella di tutto il personale addetto alle attività concernenti la rieducazione.

 

Essi svolgono, quando sia consentito, attività educative anche nei confronti degli imputati.

 

Collaborano, inoltre, nella tenuta della biblioteca e nella distribuzione dei libri, delle riviste e dei giornali".

 

Oltre a ciò, l’educatore fa parte della commissione che predispone il regolamento interno del carcere; è membro dei centri di servizio sociale dell’amministrazione penitenziaria (che promuovono le inchieste sociali utili a fornire i dati occorrenti per l’applicazione delle misure per il trattamento dei detenuti e delle misure di sicurezza); infine operano ai fini del reinserimento nella vita libera dei sottoposti a misure di sicurezza non detentive.

 

Alla carriera di educatore penitenziario si accede mediante concorso articolato in una prova di attitudine professionale, una prova scritta comprendente nozioni di pedagogia e nozioni di diritto costituzionale e amministrativo, psicologia e sociologia. Il titolo di studio richiesto per accedere al concorso è il diploma di istituto di istruzione secondaria di secondo grado.

 

Le cooperative sociali sono organizzazioni senza fini di lucro, "non-profit" nella terminologia anglosassone. Il più noto degli ambiti in cui si svolge la loro attività è quello del recupero dei tossicodipendenti, le c.d. comunità terapeutiche; vi sono poi le comunità-alloggio per minori, le comunità-alloggio per portatori di handicap fisici e psichici, i centri diurni, ecc.. Nel contratto collettivo nazionale di lavaro per le cooperative sociali è prevista la figura dell’educatore professionale, in posizione esecutiva o di coordinamento.

 

5. L’educatore professionale in comparti diversi dal settore sanitario: altri comparti

 

Si distinguono dagli educatori che operano in istituti penitenziari per adulti gli educatori inseriti nei ruoli del personale degli istituti di rieducazione per minorenni. Si tratta di una figura espressamente prevista dalla normativa (L. 10 ottobre 1962, n. 1494), e che ricompresa all’interno del personale preposto al trattamento rieducativo e all’osservazione comportamentale dei minori accolti negli istituti di rieducazione. Alla professione si accede per concorso, per il quale è richiesto diploma di istruzione secondaria di secondo grado.

 

Nella legge 29 luglio 1975, n. 405, istitutiva dei consultori familiari, pur non menzionandosi esplicitamente l’educatore, si afferma che in ciascun consultorio vi deve essere una figura professionale in possesso di titoli specifici in ciascuna delle seguenti discipline: medicina, psicologia, pedagogia e assistenza sociale.


 

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La legge 30 marzo 1971, n. 118 individua nell’organico del personale previsto per i centri di riabilitazione e altri servizi per handicappati, l’assistente educatore.

 

La legge 30 luglio 1973, n. 477, sullo stato giuridico del personale docente e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato, pur non prevedendo la presenza specifica dell’educatore, fa riferimento alla necessità di un’assistenza medico-socio-pedagogica nell’attività della scuola. La legge 4 agosto 1977, n. 571, che modifica l’ordinamento scolastico, fa riferimento al servizio socio-psico-pedagogico per l’integrazione dei soggetti portatori di handicap.

 

6. Il problema della formazione

 

Il decreto ministeriale del 1997 ha stabilito per l’Educatore Professionale il possesso del diploma universitario abilitante. La scelta della formazione universitaria, attraverso il diploma universitario, o "laurea breve", titolo istituito nel 1990 con la riforma degli ordinamenti didattici universitari, se pure conferisce un orientamento che pare definitivo al problema non lo risolve attualmente del tutto.

 

Attualmente infatti in Italia la formazione dell’Educatore Professionale viene svolta in tre ambiti differenziati:

 

- l’ambito universitario;

- le Scuole Regionali gestite da enti locali o da enti privati convenzionati; - le Unità Sanitarie Locali.

 

Ciò che occorrerà nei prossimi anni verificare è come l’incerto e contraddittorio quadro formativo italiano, frutto di una carenza legislativa durata almeno vent’anni, ossia dalla riforma del sistema sanitario (1978) al ‘97, si adeguerà alle recenti prescrizioni valide a livello nazionale. Peraltro, la recente normativa non dice nulla della situazione di coloro che hanno già conseguito il titolo negli anni precedenti all’emanazione del decreto, e manca ogni indicazione relativa a tutti quegli educatori in servizio senza il possesso di un titolo specifico.

 

Il titolo in parola, inoltre, parrebbe riconosciuto per l’esercizio della professione solo nel settore sanitario pubblico.

 

Si sottolinea inoltre la presenza nell’ordinamento didattico universitario nazionale la presenza del corso di laura in scienza dell’educazione, nato nel 1991 dalla riforma del corso di laurea in pedagogia. Il corso ha la durata di quattro anni e si articola in un biennio comune e tre bienni di indirizzo; tra questi ultimi vi è un indirizzo dedicato a educatori professionali extrascolastici.

 

Risulta evidente che la formazione a livello di diploma di laurea di pone in contrasto sia con la formazione nelle scuole regionali, sia con quella del diploma universitario. Infatti, mentre la formazione fornita dalle scuole regionali, grazie anche al rapporto di collaborazione con i servizi socio-sanitari territoriali, consente una preparazione di buon livello soprattutto dal punto di vista pratico, appare chiaro che che l’educatore professionale laureato costituisce una figura del tutto altra dall’educatore professionale impiegato nei servizi socio-sanitari.

 

Gli educatori professionali risultano peraltro organizzati a livello nazionale in un’associazione di categoria, l’A.N.E.P., Associazione Nazionale Educatori Professionali, costituita a Bologna nel dicembre 1992. Sono soci ordinari dell’Associazione gli educatori diplomati presso le università e le scuole superiori a cui si accede con diploma di scuola media superiore.


 

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Esiste altresì l’AISEP, Associazione italiana delle Scuole e delle sedi formative degli Educatori Professionali, costituitasi nel 1990, che si è storicamente proposta - e concretamente attivata - di promuovere la definizione di una normativa statale che stabilisca il profilo dell’educatore professionale, le condizioni di riconoscimento giuridico del titolo abilitante alla professione, i contenuti della formazione. L’AISEP ha promosso in due occasioni, nel 1993 e nel 1996, una proposta di legge sul tema, senza però pervenire a una soluzione giuridica della questione.

 

7. L’educatore professionale sul "campo": il ruolo dell’educatore professionale nel SERT

 

L’espansione della figura dell’educatore all’interno dei servizi sociosanitari è avvenuta negli ultimi anni con ritmi crescenti e il suo spazio di intervento si è notevolmente ampliato. Il caso dei SERT appare particolarmente significativo. I SERT costituiscono i nuclei operativi sul territorio della struttura sanitaria nazionale come primo rimedio e argine al fenomeno della tossicodipendenza; quindi, le prime strutture di riferimento per i tossicodipendenti e le loro famiglie. A ogni SERT sono assegnati uno o più educatori a seconda della dimensione dell’utenza.

 

Riportiamo due estratti dalla rivista "Animazione Sociale" (n. 3/1995 e n. 10/1995) sul ruolo e i compiti degli educatori professionali in servizio presso i SERT.

 

"L’Ep (educatore professionale) ricopre all’interno del SERT un ampio campo di intervento che spazia dalla prevenzione ai rapporti con il territorio, dalla presa in carico del tossicodipendente ai contatti con la famiglia o con il contesto sociale di riferimento. Nel contempo svolge un ruolo di cerniera tra il sanitario e il sociale. (… ) Si ritiene di poter così sintetizzare le aree d’intervento nei punti seguenti.

 

Accoglienza.

 

E’ un momento particolarmente delicato perché è il primo contatto tra servizio e tossicodipendente (o suo familiare).

La nostra USSL nell’ambito dell’organizzazione del SERT ha ritenuto opportuno destinare all’Ep questo compito in quanto figura non direttamente implicata nei successivi approfondimenti diagnostici (sanitario - psicologico - sociale) e in quanto adeguatamente formata a svolgere tale tipo di attività.

Questa fase di lavoro offre l’occasione per una reciproca conoscenza: non solo l’Ep raccoglie, attraverso l’anamnesi, alcune informazioni sull’utente, ma l’utente stesso può in quella sede formulare un proprio parere valutativo circa il servizio.

All’Ep viene chiesto non soltanto di offrire informazioni sul servizio, ma, soprattutto di saper accogliere la sofferenza dell’utente, instaurando una relazione di contatto e riconoscimento dell’altro come persona, leggendo le illusioni che il tossicodipendente porta con sé oltre alla sua domanda.

Compito impegnativo è quello di chi, in accoglienza, si trova a dover fare i conti con le ansie del tossicodipendente, con la sua confusione rispetto ai propri bisogni ma anche con dinamiche marcatamente psicopatologiche. Ci riferiamo, per esempio, alla tendenza molto spesso presente nel tossicodipendente a delegare ad altri ciò che lui non riesce emotivamente ad affrontare da solo, investendo così in maniera onnipotente l’operatore.

In questo rapporto l’Ep, o colui che effettua l’accoglienza, si trova pertanto a svolgere un ruolo di contenitore delle ansie.

Colloqui di orientamento e presa in carico.

Formulata l’ipotesi diagnostica in équipe dove convogliano i contributi specifici di ogni figura professionale, l’Ep può essere chiamato ad intervenire con la persona presa in carico. Questo può


 

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avvenire sia con colloqui di orientamento utili a raccogliere ulteriori elementi per la definizione di un programma, sia all’interno di un già definito progetto terapeutico.

Ciò può accedere nel caso in cui non si evidenzi un grave stato patologico che richieda specifici interventi terapeutici.

E’evidente che questo tipo di intervento è da intendersi come parte di un progetto integrato.

I colloqui di orientamento sono pensati come momento di preparazione, di passaggio alla definizione di un idoneo programma terapeutico. L’esito di questi sarà oggetto di discussione in équipe per poter arrivare alla formulazione del progetto individuale.

La presa in carico da parte dell’Ep avviene attraverso più strumenti quali il colloquio individuale, il colloquio con la famiglia, gli interventi di gruppo con tecniche verbali e corporee, la somministrazione di questionari, le interviste, l’accompagnamento presso centri ricreativi e socializzanti, le visite domiciliari, la lettura e la discussione di testi. (… )

Rapporto con le comunità e con la struttura carceraria.

L’Ep si attiva per la realizzazione di inserimenti in comunità o centri diurni delle persone a lui in carico, nel caso che questo venga ritenuto opportuno nella realizzazione del programma terapeutico. (… )

 

Centro diurno.

 

In alcuni SERT l’Ep si occupa principalmente della gestione del centro diurno realizzato all’interno del servizio stesso.

Le sue attività spaziano dalla gestione di momenti educativi all’organizzazione di attività lavorative, animative e ricreative in collaborazione con altri operatori. (… ) L’Ep come parte attiva nella gestione del quotidiano è coinvolto in prima persona nell’organizzazione-gestione delle attività interne al Centro diurno.

All’interno dell’équipe l’Ep è referente del progetto educativo sui singoli utenti. Effettua la progettazione con l’équipe del NOT e del centro diurno stabilendo anche verifiche in itinere e finali con gli operatori di riferimento.

Partecipa poi alle attività come accompagnatore dell’utente in momenti specifici della giornata".

 

La prevenzione.

 

Un primo orientamento vede l’educatore nel SERT impegnato in modo esclusivo nell’ambito dell’attivazione e gestione di strategie/interventi di prevenzione delle dipendenze e dell’alcoolismo.

Alla base di questo orientamento sta la considerazione che solo questo ambito si configura quale il "luogo" di espressione dello specifico professionale/educativo. In concreto, l’educatore che si colloca in questa prospettiva si trova (… ) ad interagire con bisogni e domande di prevenzione provenienti dalla scuola e dal territorio, rispetto alle quali viene investito di tutte le funzioni operative: analisi dei bisogni, progettazione, gestione e verifica.

 

Questa prospettiva ha dato luogo a interventi molto diversi, in parte rivolti a un’utenza adolescenziale e giovanile e in parte ad adulti; in parte autogestiti da parte del SERT e in parte cogestiti insieme ad altre istituzioni pubbliche; in parte riferiti all’area della scuola o del tempo libero e in parte ai luoghi di lavoro e alla famiglia. (… )

 

La riabilitazione.

 

Un secondo orientamento intravede nell’educatore un profilo congruente con i compiti istituzionali di prevenzione che il SERT ha, ma riconosce, altresì, la significatività, seppur limitata nel tempo e in specifiche funzioni operative, del coinvolgimento dell’educatore professionale­animatore (Epa) in strategie e interventi di riabilitazione.


 

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Nell’ambito riabilitativo ogni SERT ha dato luogo al coinvolgimento degli Epa in una gamma di interventi molto ampia. Tra questi i più frequenti risultano essere: * la facilitazione nell’utente di relazioni umane e familiari; * la riappropriazione con gli utenti del proprio ruolo familiare, sociale e lavorativo; * la valutazione della situazione relazionale e sociale dell’utente; * la presa in carico con funzioni di sostegno all’utente nella fase di accettazione del programma terapeutico e di elaborazione del setting gruppale o individuale; * il sostegno nei processi di reinserimento sociale e lavorativo (funzione di tutorship); * l’appoggio alla famiglia di utenti in trattamento; ecc..

 

Tra prevenzione e riabilitazione.

 

Un terzo orientamento vede l’educatore indifferentemente impegnato sul versante preventivo come su quello riabilitativo, con una funzione di sostanziale parità rispetto ad altre figure professionali (… ).

 

La riabilitazione specifica.

 

Un quarto orientamento intravede un pressoché totale impegno dell’educatore nella gestione di interventi riabilitativi specifici quali, ad esempio, la comunità terapeutica diurna o la comunità terapeutica residenziale (o anche, seppure in misura minore, nella gestione di interventi con alcoolisti), senza impegni operativi nell’ambito preventivo. In questo caso l’Epa svolge la propria professionalità totalmente all’interno di una struttura terapeutico/riabilitativa senza possibilità di altre prospettive di ruolo e di compiti.

 

8. L’educatore professionale sul "campo": una ricognizione sugli educatori professionali operanti in Piemonte

 

Si riportano qui di seguito alcuni dati estratti da una ricerca avviata dall’Università della Strada del Gruppo Abele di Torino, su incarico dell’Assessorato ai Servizi Sociali del Comune di Torino e su proposta di due scuole torinesi per educatori (la Scuola SFEP del Comune e la Scuola FIRAS dell’Ente Firas). Si tratta della relazione conclusiva di un censimento condotto sul territorio e conclusosi nel 1997, che, pur non presentando carattere di istutuzionalità sé obbligo di risposta, appare come una ricerca di particolare rilievo, con risultati da ritenersi senz’altro significativi, anche in considerazione della notevole difficoltà della raccolta dei dati, non soltanto per la mancanza di statistiche ufficiali, ma anche e soprattutto per l’incertezza connessa alla delimitazione costituitva della professione.

 

I dati più significativi della distribuzione degli educatori professionali operanti in ambito piemontese sono così riassumibili:

 

Distribuzione territoriale

 

Il numero degli educatori professionali censiti dalla ricerca in ambito piemontese è risultato pari a 1033, così suddivisi per provincia:

 

La maggiore presenza di educatori si riscontra nella provincia di Torino (che è la provincia a maggior presenza industriale e di servizi) dove risulta concentrato il 61% degli educatori professionali operanti in ambito piemontese; mentre la minore presenza si riscontra in provincia di Asti (2%). In generale, la distribuzione si presenta fortemente sperequata, con una bassissima presenza di educatori in un’ampia parte del territorio regionale.


 

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Distribuzione in base al sesso

 

Il 72,7% degli educatori risultano donne, contro il 27,3% di uomini, dato che evidenzia una forte "femminilizzazione" della professione.

 

Considerando la distribuzione tra i sessi non sulla popolazione complessiva degli educatori, ma per classi d’età, la presenza maggiore di donne si riscontra nella fascia d’età 20-25 anni, dove le donne rappresentano l’80% dei casi; mentre la maggiore presenza di uomini si rileva nella fascia d’età dai 40 anni in poi, dove gli uomini rappresentano il 32,4% dei casi.

 

Distribuzione in base all’età

Classi di età

La distribuzione degli educatori professionali per fasce d’età appare equamente distribuita; ossia, tutte le diverse classi d’età risultano significativamente rappresentate, pur evidenziandosi una maggiore presenza di educatori nelle fasce "centrali", e in particolare dai 25 ai 30 e dai 30 ai 35.

 

Distribuzione in base all’ente da cui dipendono

 

La distribuzione degli educatori professionali in base all’ente da cui dipendono rivela in primo luogo una percentuale molto bassa di liberi professionisti, mentre le maggiori frequenze di casi si rileva per le cooperative da cui dipende ben il 38% degli educatori professionali operanti in Piemonte, e da Comuni e USL per il 43%.

 

Distribuzione in base al titolo di studio

 

La distribuzione degli educatori professionali in base al titolo di studio permette di rilevare che solo il 37% dei casi è in possesso del titolo di educatore professionale, mentre il 49,8% dei casi (ossia quasi un caso su due) possiede una preparazione tecnicamente inadeguata. I dati evidenziano pertanto una situazione di accentuata "debolezza" formale sotto questo aspetto. Si rileva altresì la presenza consistente di educatori "laureati", per una frequenza assommata pari all’8,7% dei casi.

 

Distribuzione in base agli ambiti di intervento

 

I dati raccolti evidenziano come l’ambito principale di intervento degli educatori professionali operanti in Piemonte sia l’handicap. Gli ambiti dell’handicap e del disagio giovanile, considerati insieme, assommano la presenza di oltre l’80% dei casi. La classe residuale, "altri casi", è costituta dall’intevento verso ammalati di Aids, alcoolisti, carcerati, nomadi, persone che presentano disturbi psichici.

 

 


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