Prima Pagina
Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

Ricerca

 

Rapporto Caritas-Zancan su esclusione sociale e diritti di cittadinanza.

Quanti sono i ''Cittadini invisibili''?

 

E' appena uscito nelle librerie, ed è stato presentato la  mattina del 29/10/2002, a Padova, il quarto rapporto Caritas Italiana e Fondazione “E. Zancan” di Padova su esclusione sociale e ditti di cittadinanza in Italia.


Significativo il titolo, “Cittadini invisibili”, di un Rapporto 2002 che, curato da Walter Nanni e Tiziano Vecchiato, tiene conto delle importanti modificazioni legislative determinate dalla modifica del titolo V della Costituzione, con la conseguente attribuzione di responsabilità alle Regioni in materia socio-assistenziale. Come nelle precedenti edizioni, l’opera non intende essere una panoramica esaustiva del disagio sociale ma focalizza l’attenzione su alcuni fenomeni. Quest’anno, allora, attenzione puntata sulle persone in situazioni di handicap, sulle donne in difficoltà, sui minori in situazioni di disagio, sulle nuove responsabilità genitoriali. Compito centrale del rapporto è quello di verificare in quale misura siano garantiti a tutti i cittadini i livelli essenziali di assistenza, così come enunciati nel testo della legge 328/2000. Il rapporto si concentra inoltre sul fenomeno della partecipazione sociale e della cittadinanza attiva. In questo senso i “cittadini invisibili” sarebbero quei cittadini che non riescono a rendersi concretamente presenti nella città e nella vita sociale, a causa di una situazione di svantaggio o a causa di un diffuso disinteresse alla partecipazione alla vita sociale.
L’inchiesta è divisa in capitoli. Il primo capitolo, scritto da Salvatore Nocera, si sofferma sul tema della disabilità ed evidenzia una distribuzione a macchia di leopardo di servizi e opportunità, secondo una disparità territoriale che non fa che penalizzare i diretti interessati. In particolare sono 2milioni e 615mila i disabili di 6 anni e più presenti nelle famiglie italiane. Altri 165.538 disabili sono invece presenti nelle residenze. Ed ancora: il 32,6% di loro non ha alcun titolo di studio e l’80% delle persone disabili in età lavorativa è disoccupato.
Un altro capitolo, elaborato da Elisabetta Neve, tratta il tema delle donne in difficoltà. Sono stati studiati in particolare alcuni fattori che contraddistinguono la condizione femminile e la espongono a particolari rischi: il tipo e il grado di dipendenza economica cui è sottoposta la donna. In questo contesto ciò che risalta è che l’84% di tutti i nuclei monogenitoriali è costituito dalla sola madre e il 79% delle donne anziane sole possiede al massimo la licenza elementare; le donne sono titolari di circa l’80% delle pensioni sociali e di reversibilità. Sono, poi, un milione e 400mila le famiglie con madre sola in Italia.


Altri dati significativi: sono 714mila le donne che hanno subito uno stupro o un tentato stupro e solo l’1,3% dei tentati stupri e il 32% degli stupri è stato denunciato. Le donne molestate in Italia risultano essere 9 milioni e 420mila, pari al 51,6% della popolazione femminile dai 14 ai 59 anni.


Un successivo capitolo, curato da Alfredo Carlo Moro, approfondisce il tema del disagio dei minori. L’autore sostiene la tesi che per prevenire e superare le situazioni di disagio di tanti giovani è certamente importante l’intervento delle amministrazioni pubbliche ma è principalmente necessario che la comunità, nel suo insieme, si senta in prima persona responsabile dello sviluppo umano dei suoi membri più giovani, senza delegare totalmente ai servizi un compito che è principalmente suo. In tale ambito va precisato che sono 14.945 i minori ancora presenti in istituto, mentre l’8-10% delle prostitute di strada è minorenne.
Le nuove responsabilità genitoriali è il tema affrontato da Paola Milani, pedagogista, che affronta una serie di difficoltà delle giovani coppie con figli piccoli. Il capitolo si snoda intorno a un interrogativo di base: come il sistema dei servizi sta, oggi, in Italia, effettivamente sostenendo il “ruolo delle famiglie nella formazione e nella cura della persona”? Significativo che il 76% delle donne che lavorano e con figli da 0 a 5 anni ricorre ai nonni, mentre il 25,2% delle madri tra i 25 e i 34 anni ha interrotto l’attività lavorativa a causa della nascita dei figli. Infine, sono presentati risultati di una indagine nazionale condotta da Caritas Italiana sul fenomeno in crescita dell’accattonaggio su strada, in evidente aumento sulle strade delle città italiane.

 

 

Disabilità e scuola: il bisogno di istruzione

 

Secondo il Rapporto Caritas-Zancan, i disabili di 6 anni e più che vivono in famiglia sarebbero 2 milioni e 615mila. A questi dati va aggiunta una quota di altri 165.538 disabili presenti in residenze. Non sono invece disponibili, secondo il Rapporto, dati relativi a persone con disabilità da 0 a 5 anni.

 
Quanto ai dati sulla frequenza nella scuola superiore, pur essendo più bassi rispetto alla scuola media, evidenziano una continua crescita a partire dalla fine degli anni ’80, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale che ha sancito il diritto costituzionalmente protetto alla frequenza dei ragazzi con handicap anche nella scuola superiore.


Comunque, la percentuale di alunni con handicap inseriti nelle scuole comuni statali è mediamente pari all’1,6% dei compagni non handicappati, con una diversa distribuzione nei diversi ordini di scuola. Il grosso è tuttavia costituito dai portatori di handicap psico-fisici, al cui interno si possono individuare circa il 16-17% di alunni con handicap esclusivamente o prevalentemente motorio e fisico. Quindi, la stragrande maggioranza di alunni con handicap è costituita da ritardo mentale lieve, medio o grave, da insufficienza mentale, cerebrolesioni o autismo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alunni in situazione di handicap della scuola statale

 Serie storica 1993/94  -  2002/03

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anni scolastici

 

Variazione alunni 2002 su 1993

Regione

1993/94

1997/98

1998/99

1999/00

2000/01

2001/02

2002/03

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

v.a

%

Abruzzo

     2.885

3.266

3.423

3.489

3.539

3.579

3.835

 

950

32,9

Basilicata

     1.286

1.296

1.094

1.289

1.352

1.390

1.335

 

49

3,8

Calabria

     5.209

5.496

5.657

5.717

5.362

5.974

6.242

 

1.033

19,8

Campania

    12.915

15.739

16.541

17.242

15.644

17.187

19.865

 

6.950

53,8

Emilia Romagna

     5.486

6.353

6.585

6.896

7.220

7.957

8.661

 

3.175

57,9

Friuli Venezia Giulia

     2.049

1.866

1.945

2.061

2.058

2.206

2.291

 

242

11,8

Lazio

    10.620

11.947

12.244

13.965

13.661

14.183

15.589

 

4.969

46,8

Liguria

     2.344

2.706

2.779

2.806

3.037

3.191

3.068

 

724

30,9

Lombardia

    13.203

13.242

14.116

14.572

15.804

17.029

17.391

 

4.188

31,7

Marche

     2.345

2.434

2.500

2.562

2.694

2.899

3.148

 

803

34,2

Molise

        497

650

657

748

715

719

847

 

350

70,4

Piemonte

     6.694

7.196

7.467

7.926

8.126

8.817

9.197

 

2.503

37,4

Puglia

     9.639

10.345

10.222

10.600

10.632

11.153

11.208

 

1.569

16,3

Sardegna

     3.306

3.863

3.842

4.027

4.015

4.193

4.293

 

987

29,9

Sicilia

    12.569

13.255

13.629

14.897

14.540

15.561

16.060

 

3.491

27,8

Toscana

     4.555

4.868

5.128

5.710

5.720

5.794

6.462

 

1.907

41,9

Umbria

     1.204

1.294

1.384

1.410

1.398

1.601

1.700

 

496

41,2

Veneto

     7.697

7.473

7.538

8.468

8.536

8.969

9.286

 

1.589

20,6

Totale nazionale

  104.503

113.289

116.751

124.385

124.053

132.402

140.478

 

35.975

34,4

 

ELABORAZIONI SU DATI DEL SISTEMA INFORMATIVO MIUR

 

 

 

 

 

 

 ALUNNI HANDICAPPATI PER ORDINE DI SCUOLA   -  Anni scolastici  1993/94- 2002/03

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Variaz. 2002 su 1993

Ordine di scuola

a.s. 1993/94

a.s. 1997/98

a.s. 1998/99

a.s. 199/00

a.s. 2000/01

a.s. 2001/02

a. s. 2002/03

v. a.

%

SCUOLA INFANZIA

8.106

9.896

10.012

9.898

10.112

10.507

10.616

2.510

         31,0

SC. ELEMENTARE

47.559

48.266

50.476

51.089

52.643

55.471

56.810

9.251

         19,5

SCUOLA MEDIA

41.770

41.765

42.169

42.551

43.153

45.551

47.513

5.743

         13,7

SC. SEC. SUPERIORE

7.068

13.362

14.094

20.847

18.145

20.873

25.539

18.471

       261,3

TOTALE NAZIONALE

104.503

113.289

116.751

124.385

124.053

132.402

140.478

35.975

         34,4

ELABORAZIONI SU DATI DEL SISTEMA INFORMATIVO MIUR

 

 

Alunni in situazione di handicap per 100 alunni  della scuola statale

 Serie storica  anni scolastici 1993/94  -  2002/03

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anni scolastici

 

Variaz.

Regione

1993/94

1997/98

1998/99

1999/00

2000/01

2001/02

2002/03

%  2002/93

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abruzzo

1,10

1,66

1,77

1,82

1,86

1,89

2,03

    84,4

Basilicata

1,13

1,18

1,02

1,23

1,30

1,35

1,32

    16,6

Calabria

1,37

1,47

1,54

1,58

1,50

1,69

1,79

    30,8

Campania

1,26

1,51

1,60

1,67

1,52

1,68

1,94

    54,3

Emilia Romagna

1,36

1,63

1,69

1,75

1,79

1,94

2,06

    51,6

Friuli Venezia Giulia

1,60

1,50

1,58

1,67

1,66

1,75

1,78

    11,4

Lazio

1,53

1,73

1,79

2,03

1,98

2,04

2,23

    46,1

Liguria

1,51

1,79

1,84

1,85

1,97

2,03

1,93

    27,7

Lombardia

1,34

1,36

1,46

1,49

1,60

1,70

1,71

    27,9

Marche

1,15

1,24

1,28

1,31

1,37

1,46

1,57

    36,0

Molise

0,92

1,23

1,27

1,47

1,42

1,44

1,7

    85,3

Piemonte

1,44

1,56

1,62

1,70

1,73

1,87

1,92

    33,2

Puglia

1,32

1,46

1,47

1,53

1,54

1,62

1,63

    23,7

Sardegna

1,13

1,42

1,45

1,55

1,57

1,68

1,76

    55,9

Sicilia

1,54

1,55

1,60

1,75

1,71

1,81

1,87

    21,7

Toscana

1,12

1,23

1,30

1,45

1,44

1,44

1,59

    42,5

Umbria

1,09

1,20

1,29

1,33

1,31

1,48

1,57

    44,5

Veneto

1,47

1,48

1,50

1,68

1,68

1,74

1,78

    21,4

Totale nazionale

1,35

1,49

1,55

1,65

1,64

1,74

1,84

    36,3

ELABORAZIONI SU DATI DEL SISTEMA INFORMATIVO MIUR

 

 

 

ALUNNI HANDICAPPATI per OGNI 100 ALUNNI PER ORDINE DI SCUOLA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Anni scolastici

 

 

 

1993/94

1997/98

1998/99

1999/00

2000/01

2001/02

2002/03

differenza 2002-93

Aumento %

SCUOLA INFANZIA

0,97

1,08

1,09

1,07

1,08

1,11

1,12

0,15

15,46

SC. ELEMENTARE

1,85

1,88

1,95

1,99

2,06

2,19

2,26

0,41

22,16

SCUOLA MEDIA

2,25

2,44

2,50

2,53

2,56

2,67

2,79

0,54

24,00

SC. SEC. SUPERIORE

0,28

0,56

0,60

0,88

0,76

0,86

1,03

0,75

267,86

TOTALE NAZIONALE

1,35

1,49

1,55

1,65

1,64

1,74

1,84

0,49

36,30

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ELABORAZIONI SU DATI DEL SISTEMA INFORMATIVO MIUR

 

Disabili di 6 anni e più per Regione. Anno 1999/2000
Tassi grezzi e standardizzati per mille persone

 

 

Disabili

 

Regioni

Tassi grezzi
(su 1000 abitanti)

Tassi standard.*
(su 1000 abitanti)

Tot. popol.
(in migliaia)

Piemonte 

48,1

44,5

4.028

Valle D'Aosta

39,4

38,6

112

Lombardia

40,2

41,8

8.487

Trento

38,2

38,0

422

Bolzano

31,7

35,5

437

Veneto

39,8

40,6

4.206

Friuli Venezia Giulia

42,3

35,5

1.118

Liguria

47,3

35,5

1.543

Emilia Romagna

50,8

42,1

3.754

Toscana

55,0

46,0

3.337

Umbria

51,0

40,9

788

Marche

56,0

47,9

1.374

Lazio

41,6

43,8

4.919

Abruzzo

54,1

49,6

1.203

Molise

55,1

48,9

309

Campania

45,8

56,3

5.345

Puglia

53,9

61,5

3.804

Basilicata

54,8

56,4

568

Calabria

62,8

68,1

1.918

Sicilia

62,8

68,9

4.723

Sardegna

52,0

59,5

1.555

Italia

48,5

48,5

53.952

* Il tasso standardizzato consente di confrontare popolazioni aventi una struttura per età diversa. Il valore del tasso grezzo, infatti dipende anche dalla struttura per età della popolazione  e non solo dal fenomeno in analisi. Per esempio il tasso grezzo di disabilità (numero di persone disabili diviso popolazione) potrebbe essere più alto in alcune regioni a causa di una maggiore presenza di persone anziane. Il tasso standardizzato riconduce tutta la popolazione ad una stessa struttura per età, cosicché le differenze che si osservano fra le Regioni non sono dovute al fattore età.

Fonte:  Fondazione Zancan2002, su dati Istat, indagine sulle condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari 1999/2000

 

 

 

Disabili in Italia: servizi di accoglienza diurna 
Per Regione - Anno 2000

Regioni

Centri diurni

Centri riabilitativi

Centri occupazionali

Centri 
ricreativi

Totale

 

N. Servizi

N. Utenti

N. Servizi

N. Utenti

N. Servizi

N. Utenti

N. Servizi

N. Utenti

N. Servizi

N. Utenti

Piemonte

170

2.550

/

/

/

/

/

/

170

2.550

Valle d'A.

/

/

30

48

/

/

/

/

30

48

Lombardia 

144

2.109

202

4.514

/

/

/

/

346

6.623

Liguria

/

/

17

/

/

/

17

172

34

172

NORD-OVEST

314

4.659

249

4.562

/

/

17

172

580

9.393

Veneto

87

1.828

86

1.291

70

1.389

7

149

250

4.657

Friuli V. Giulia*

/

/

/

/

/

/

/

/

64

1.075

Prov. Bolzano

14

176

/

/

26

562

/

/

40

738

Prov. Trento

46

312

24

106

/

38

/

/

70

456

Emilia Romagna

/

/

211

2.546

60

655

/

/

271

3.201

NORD-EST

147

2.316

321

3.943

156

2.644

7

149

695

10.127

Toscana**

/

/

/

/

/

/

/

/

/

/

Umbria

13

140

15

347

2

33

/

/

30

520

Marche 

64

1.016

10

120

/

/

41

36

115

1.172

Lazio

103

/

43

2.342

/

/

/

/

146

2.342

CENTRO

180

1.156

68

2.809

2

33

41

36

291

4.034

Abruzzo

30

332

19

974

1

/

3

22

52

1.328

Molise

/

/

/

/

/

/

8

/

9

/

Campania

11

245

/

/

/

/

/

/

11

245

Puglia

/

/

/

/

/

/

/

/

/

/

Basilicata

2

103

4

575

/

/

/

/

6

678

Calabria

1

10

/

/

/

/

/

/

1

10

Sicilia

/

/

/

/

/

/

/

/

/

/

Sardegna

/

/

/

/

/

/

/

/

/

/

SUD

44

690

23

1.549

/

/

11

22

79

2.261

ITALIA

685

8.821

661

12.863

159

2.6677

76

379

1.645

25.815

·          Il dato si riferisce complessivamente alle varie tipologie di accoglienza diurna
**Per questa Regione si deve fare riferimento ad una specifica relazione riportata nel Rapporto 2000 della Presidenza del Consiglio

Fonte:  Fondazione Zancan 2002, su dati Dipartimento Affari Sociali

 

 

 

 

 

 

Alunni in situazioni di handicap delle scuole 
statali speciali e delle classi speciali in scuole 
comuni per regione - Anno Scolastico 1999
/2000

Regioni

Scuole statali speciali e scuole comuni con classi speciali

Alunni in situazione
di handicap

Alunni in situazioni di handicap per singola scuola (val. medio)

Piemonte 

7

288

41,1

Valle D'A.

0

-

-

Lombardia

24

1.040

43,3

Trentino A. A.

0

-

-

Veneto

8

442

55,3

Friuli V. G.

2

67

33,5

Liguria

0

-

-

Emilia R.

4

103

25,8

Toscana

6

142

23,7

Umbria

3

39

13,0

Marche

2

25

12,5

Lazio

7

178

25,4

Abruzzo

1

3

3,0

Molise

0

-

-

Campania

5

60

12,0

Calabria

0

-

-

Puglia

9

216

24,0

Basilicata

0

-

-

Sicilia

10

255

25,5

Sardegna

3

25

8,3

Italia

91

2.883

31,7

Nota 
 Malgrado l’art. 43 della legge 104/1992 avesse abrogato le norme relative all’avviamento obbligatorio degli alunni con handicap nelle scuole speciali, alcune di esse, statali e non statali, continuano ad esistere, con una presenza di alunni con handicap che, pur non essendo alta, rimane tuttavia di alcune migliaia di unità. 

Per scuole speciali si intendono quelle scuole in cui le classi sono composte esclusivamente o quasi, da alunni in situazione di handicap, mentre nelle classi comuni è prevista dal decreto ministeriale n.141/99 la presenza di un solo alunno con handicap, massimo due, se trattasi di handicap lieve. È da tenere presente che le scuole speciali attualmente esistenti sono il residuo storico di quella che era la situazione normale di scolarizzazione degli alunni con handicap sino alla fine degli anni ’60 in Italia come nel resto d’Europa.

Fonte:  Fondazione Zancan 2002, su dati Sistema Informativo dell'Istruzione, dell'Università e della ricerca (SIMPI)

 

 

Persone disabili e non disabili di 15 anni e più per regione di residenza e titolo di studio. Quozienti per 100 persone residenti nella stessa regione - Anno 1999

 

DISABILI

NON DISABILI

Regioni

Nessuno

Licenza elementare e media

Diploma sup. e di Laurea

Nessuno

Licenza elementare e media

Diploma sup. e di Laurea

Piemonte e Valle d'Aosta

20,3

73,2

6,5

2,5

60,6

36,8

Lombardia

15,6

70,3

14,1

2,5

56,4

41,1

Trentino A. A.

2,8

80,8

16,4

0,4

55,3

44,3

Veneto

29,4

62,7

7,9

4,0

56,5

39,5

Friuli V. G.

20,3

68,2

11,5

2,3

58,2

39,5

Liguria

14,6

78,4

7,1

2,2

56,2

41,7

Emilia R.

31,7

59,0

9,3

5,4

54,8

39,8

Toscana

36,4

54,6

9,0

5,3

57,7

37,0

Umbria

44,2

51,0

4,8

7,6

47,9

44,5

Marche

44,6

79,3

6,1

7,7

51,4

40,9

Lazio

29,6

47,5

22,9

4,1

48,3

47,6

Abruzzo-Molise

51,9

40,2

7,9

9,0

51,1

39,9

Campania

33,8

54,1

12,1

6,1

56,3

37,6

Puglia

49,3

38,4

12,3

9,4

57,0

33,7

Basilicata

49,2

44,3

6,6

13,4

49,5

37,1

Calabria

56,5

34,5

9,0

11,4

48,2

40,4

Sicilia

35,5

55,5

9,0

7,1

57,1

35,8

Sardegna

47,1

46,7

6,2

6,6

62,8

30,5

Italia

32,7

56,4

10,9

5,2

55,5

39,3

 

Fonte:  Fondazione Zancan 2002, su dati Istat "Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari", 1999

 

Donne sovraccariche, ma per le famiglie ecco le ''risorse nonni'':

il 76% di chi lavora ne usufruisce

 

Il Rapporto Caritas-Fondazione Zancan sui cittadini invisibili parte dall’analisi delle famiglie e delle responsabilità genitoriali.


“La famiglia – si legge -, nell’attuale contesto sociale, è fortemente responsabilizzata e sempre più chiamata in causa. In particolare, il coniugare la dimensione affettiva del prendersi cura con quella etico-normativa del ‘far prendere cura’ sembra un compito particolarmente impegnativo per l’attuale generazione di genitori, sempre più occupata, tra l’altro, a conciliare esigenze produttive e riproduttive in un contesto sociale che riconosce gli adulti quasi sempre come lavoratori e quasi mai come genitori. Da qui la problematica della ‘generatività’, ossia la difficoltà a ‘generare generazioni’ e ad assumere responsabilità in un’accezione più letterale e profonda del termine”.


Il capitolo si snoda, allora, attorno ad alcuni interrogativi di base: come il sistema dei servizi oggi in Italia sta effettivamente sostenendo il ruolo delle famiglie nella formazione e nella cura della persona? Quali azioni sono state realizzate per sostenere la responsabilità e i compiti educativi delle famiglie? Chi e come sostiene questa responsabilità e come le famiglie sono messe in grado di esercitarla? I ricercatori sono andati ad osservare non la famiglia in situazione critica e di evidente disagio, ma la ‘normalità’ della famiglia nel passaggio critico concernente il passaggio alla genitorialità dei giovani adulti. Ben sapendo, si sottolinea, che “la famiglia sana non è quella dove non si verificano crisi e conflitti, ma quella in cui i vari membri riescono a fronteggiare crisi e conflitti in modo efficace”. Nel contempo, però, quella in situazione di disagio può divenire qualunque famiglia che non riesce ad affrontare e superare le ‘normali’ difficoltà del vivere quotidiano.

 
La differente numerosità dei componenti della famiglia fa in modo che essa sia più bassa al Nord rispetto al Sud e alle Isole e passa da un minimo di 2,4 componenti medi per la famiglia del Nord-Ovest ad un masismo di 2,9 componenti medi per il Sud. Rispetto al passato, tuttavia, vi è un incremento del numero di famiglie, passate tra il 1998 e il 2000 da 19milioni e 872mila a 22milioni e 226mila. In questo contesto generale, il cambiamento avvenuto a partire dall’inserimento delle donne nel mondo del lavoro implica nuovi problemi nell’organizzazione della vita quotidiana. Le donne che hanno figli, oggi, li hanno spesso intorno ai 30 anni, in un momento in cui sia la donna che l’uomo sono nel pieno dell’attività lavorativa. Per questo conciliare tempi di lavoro e tempi di cura nella famiglia e soprattutto garantire ai bambini una giusta e buona quantità di tempo sembra difficile. Le difficoltà sembrano essere di due ordini: uno di natura pratico-logistica e uno di natura relazionale. A fronteggiare le difficoltà, secondo il Rapporto, arrivano tuttavia quelle che vengono definite le “risorse nonni”. La sempre più lunga durata della vita ha reso comune la sovrapposizione di più generazioni nella stessa famiglia. I nonni assumono allora un rilievo preponderante nella cura dei bambini da 0 a 2 anni: quando i genitori sono al lavoro lasciano il figlio ai nonni nel 62% dei casi, mentre alle baby-sitters è affidato il 6% dei bambini.


Il ricorso a diversi tipi di affidamento varia in base alle situazioni familiari: il non affidamento ad altri del bambino è maggiore nelle donne con titolo di studio basso; il 76% delle donne che lavora con figli da 0 a 5 anni ricorre ai nonni, mentre il ricorso agli stessi nonni cresce con l’aumento del numero di ore di lavoro della donna. Le baby sitter sono utilizzate maggiormente nel Nord-Ovest. Interessante notare che anche le donne casalinghe fanno ricorso ai nonni. Ciò, secondo il Rapporto, è significativo e fa sorgere numerosi interrogativi: Condividere la giornata con bambino è così faticoso? E’ una fatica fisico-organizzativa o relazionale? Si tratta di una legittima esigenza di spazio per sé o di un segnale indicativo di una fatica nella relazione? Ciò fa in modo che si deleghi ai nonni, dunque, il tempo del gioco, del racconto, dell’ascolto reciproco, dello scambio affettivo ed emotivo.


Il 58% dei nonni ha almeno un nipote con meno di 14 anni. La maggioranza dei nonni che ha nipoti fino a 14 anni contribuisce alla loro cura, l’84,2% si prende cura dei nipoti almeno in qualche occasione, solo il 13% delle nonne, in particolare, non si occupa mai dei nipoti contro il 18,8% dei nonni.

 

Coppie per condizione dei partner e classe di età della donna
Anno 1998 (per 100 coppie con donna della stessa classe di età)

 

Lavorano entrambi

Lui lavora
 lei casalinga

Lui lavora
lei disoccupata

Lui disoccupato
lei lavora

Altre condizioni

Tot. 
(in migliaia)

15-24

35,3

39,2

9,7

1,8

13,9

254

25-34

48,7

36,6

6,3

1,8

6,7

2.709

35-44

50,4

38,4

2,8

1,4

7,0

3.600

45-54

30,8

34,0

0,8

0,9

33,5

3.170

55-64

6,4

14,8

0,1

0,2

78,4

2.561

65-74

0,9

2,6

-

-

96,4

1.852

75 e più

0,2

0,6

-

-

99,2

541

TOTALE

29,8

27,1

2,2

0,9

39,9

4.688

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat    

 

Nuclei familiari per tipologia e regione - anno 1998 (valori %)

Regioni

Coppie con figli

Coppie senza figli

Monogenitore maschio

Monogenitore femmina

Totale

Piemonte

52,8

35,2

2,0

10,0

100,0

Valle d'Aosta

53,7

33,5

1,8

11,0

100,0

Lombardia

60,2

28,8

2,0

9,1

100,0

Trentino A.A.

60,1

27,2

2,2

10,5

100,0

Bolzano

58,7

26,5

2,7

12,1

100,0

Trento

61,4

27,8

1,8

9,1

100,0

Veneto

62,1

27,2

1,6

9,0

100,0

Friuli V. G.

56,1

30,2

2,4

11,3

100,0

Liguria

49,2

36,9

3,0

10,9

100,0

Emilia R.

55,7

33,6

1,5

9,3

100,0

Toscana

55,6

33,3

0,9

8,2

100,0

Umbria

60,9

31,3

1,4

6,4

100,0

Marche

60,8

29,2

1,7

8,3

100,0

Lazio

58,3

30,4

1,8

9,6

100,0

Abruzzo

62,1

28,1

1,6

8,2

100,0

Molise

60,4

29,9

1,8

7,9

100,0

Campania

69,4

19,0

2,1

9,5

100,0

Puglia

67,9

23,3

1,0

7,9

100,0

Basilicata

66,0

24,0

1,9

8,0

100,0

Calabria

67,6

23,7

1,1

7,7

100,0

Sicilia

66,5

23,2

1,6

8,7

100,0

Sardegna

68,1

17,9

2,2

11,8

100,0

ITALIA

61,2

28,0

1,7

9,1

100,0

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat    

 

Anziane e madri sole:

l'essere donna accresce le situazioni di disagio

 

La situazione vissuta dalle donne è al centro del Rapporto 2002 di Caritas e Fondazione Zancan. Secondo gli studiosi “vi sono numerosi segnali che fanno pensare che l’essere donna, per lo meno a certe condizioni, esponga maggiormente a rischi di disagio anche grave. Ma si tratta più che altro di segnali, pur consistenti, perché la maggior parte degli studiosi sottolinea innanzitutto la scarsa visibilità, ad esempio della povertà, al femminile”. Il Rapporto studia in particolare alcuni fattori che contraddistinguono la condizione femminile e la espongono a particolari rischi: il tipo e il grado di dipendenza cui è sottoposta la donna, l’uso del tempo, la disparità nella disponibilità di risorse socio-economiche, specialmente nell’ambito del lavoro e della famiglia.


Se va detto che sono aumentate le occupate in qualifiche elevate, le imprenditrici, le libere professioniste, tuttavia una lettura più dettagliata dell’occupazione fa scorgere da un lato il permanere di una situazione di svantaggio rispetto agli uomini e, dall’altro, una più forte dipendenza dai mutamenti e dalle fluttuazioni del mercato del lavoro.

La situazione si fa ancora più complessa, secondo il Rapporto, se ci si sposta dalla realtà del lavoro a quella della vita familiare, e al rapporto tra le due realtà che le stesse donne si trovano a gestire. Innanzitutto la dipendenza economica nel lavoro va ad accentuare, anziché attenuare, la dipendenza della donna nell’ambito familiare a causa della particolare strutturazione della famiglia italiana. E’ in questo contesto che si innesta la spirale precarietà lavorativa-dipendenza familiare-maggiore precarietà lavorativa. Gli stessi sistemi di welfare, strutturati su un modello tradizionale di famiglia, tendono ad incoraggiare e quindi a legittimare questa dipendenza della donna dalla famiglia.

 
Il Rapporto si sofferma poi sulla percezione soggettiva della disparità. Se si considera il grado di soddisfazione per il lavoro extra-domestico delle donne tra i 20 e i 34 anni, sposate e con figli, risulta che il 45% è molto soddisfatto; mentre tra le casalinghe con lo stesso carico familiare la soddisfazione scende al 39%. Dunque la conquista del lavoro è indubbiamente vissuta come una cosa molto importante e soddisfacente. Il rapporto tuttavia si inverte per quel che concerne la soddisfazione rispetto al tempo libero: è più alta la quantità di donne insoddisfatte tra le lavoratrici (53%) rispetto alle casalinghe (46%). Insomma, le donne avvertono il peso della “doppia presenza” ma sembrano impossibilitate a fare diversamente.
Altri dati riguardano la disparità delle risorse. E in questo contesto viene evidenziato come studi sui tempi delle donne fanno emergere che solo le donne senza figli riescono ad avere un tempo libero paragonabile a quello maschile. Detto ciò, il Rapporto focalizza l’attenzione sul problema della povertà femminile, evidenziando come le ricerche ufficiali non penetrano la fisionomia del problema. Citando l’indagine multiscopo “Famiglia, soggetti sociali e condizioni dell’infanzia” del 1998, si sottolinea come l’84% di tutti i nuclei monogenitoriali è costituito dalla sola madre. Stessa cosa per le persone che vivono da sole, e soprattutto anziane, oggi in aumento (il 56% delle persone sole in Italia è costituito da anziani, e di questi il 66% è costituito da donne). Le donne anziane sole con più di 65 anni rappresentano il 37% delle donne della stessa classe di età, contro l’11% degli anziani maschi. E poiché il 79% di queste donne possiede al massimo la licenza elementare, il 47% risulta ritirata dal lavoro e il 24% sono casalinghe, è evidente la maggiore esposizione al rischio di povertà.


La povertà delle donne, tuttavia, si caratterizza non tanto come condizione permanente, ma come una serie di percorsi ad intervalli temporali, diversi dalla povertà maschile. Sono, insomma, più prolungati e più frequenti. Al Nord le famiglie povere con a capo una donna sono il doppio di quelle con un capofamiglia uomo. Ma il dato più significativo è che vivere sola, per una donna, comporta un rischio di povertà doppio rispetto a quello di un uomo. Tra le donne anziane, quelle a maggior rischio di povertà sono quelle molto anziane, titolari di pensioni sociali o di reversibilità o di pensioni minime (le donne sono titolari di circa l’80% delle pensioni sociali e di reversibilità). Le pensioni delle donne sono più esigue rispetto a quelle degli uomini, e ciò va letto in conseguenza delle varie difficoltà di accesso e di carriera del mondo del lavoro, nonché le interruzioni dovute ai carichi familiari e alle retribuzioni inferiori. La situazione diventa poi molto pesante per l’incidenza di molti altri fattori che minano la qualità di vita. Per il 6,5% delle anziane l’abitazione versa in cattive condizioni; il 17,4% delle anziane sole non ha il telefono, proprio quando sarebbe più importante che per altri. E con l’aumento dell’età aumentano le malattie cronico-degenerative, ma soprattutto cresce la disabilità e si riduce la vita di relazione. All’interno della categoria “anziane sole” vi sono poi alcuni gruppi più a rischio. Si tratta delle nubili e delle separate/divorziate. Quelle che non hanno, insomma, un soggetto economicamente forte che le tuteli. Hanno reddito modesti, vivono più spesso in affitto.
E quando si intrecciano povertà-salute-emarginazione? Anche se le donne vivono di più, le patologie a cui sono soggette costituiscono causa e conseguenza di stati di sofferenza anche economica. E ricerche mettono in mostra come il combinarsi di situazioni difficili coincida spesso, nelle donne, con patologie depressive.


Ma quando certi eventi riguardano le donne sole più giovani, specialmente se con figli, i rischi di povertà sono molto supeirori rispetto a quelli delle altre donne. La condizione di dipendenza economica, familiare e lavorativa, la minore capacità di guadagno, la scarsa protezione del welfare sono fattori di rischio che espongono la donna al depauperamento in caso di rottura della famiglia. Specialmente se casalinga, disoccupata o sottoccupata. Studi condotti in Italia dimostrano come sia proprio la rottura del matrimonio a mettere a nudo quella disparità soprattutto economia tra coniugi. Un fenomeno che riguarda tutti i ceti sociali ma che, ovviamente, pesa di più sulle donne ( e sui figli) dei ceti più modesti e con cultura di più basso livello. La condizione di madre sola è oggi un fenomeno che, per ampiezza e qualità, tende a diventare un vero problema sociale. Secondo l’indagine Multiscopo Istat del 1998, all’interno del milione e 800mila nuclei monogenitoriali presenti in Italia (l’11% di tutti i nuclei familiari) c’era un 84% di nuclei costituiti da donna sola con figli. E mentre va diminuendo la quota di vedove, aumenta quella di separate e divorziate.

 

Il 51,6% delle donne italiane ha subito molestie sessuali

 

Le problematiche delle donne non si esauriscono con la situazione delle madri sole e delle anziani sole. Spiccano, per esempio, i dati relativi alla violenza alle donne.
Anche in questo caso l’indagine multiscopo Istat del 1998 rappresenta la prima indagine ufficiale italiana sulla violenza alle donne. L’indagine prende le mosse dalle denunce per reati sessuali nel periodo settembre 1997-gennaio 1998. Un’analisi integrata con interviste telefoniche a 20.064 donne dai 14 ai 59 anni. Il primo risultato allarmante è il fatto che le donne che hanno subito uno stupro o un tentato stupro sono 714mila, mentre sono 185mila quelle che lo hanno subito negli ultimi tre anni. Di queste 185mila, solo l’1,3% dei tentati stupri e il 32% degli stupri è stato denunciato. Ma è ben più alto il numero di non denunce nelle 714mila donne che hanno subito violenza o tentata violenza nell’arco della vita: ben il 93,2% delle tentate violenze e l’82,7% delle violenze non sono state mai denunciate.
Tra gli episodi denunciati negli ultimi tre anni, la maggioranza delle tentate violenze è stata commessa nei confronti di donne di età compresa tra i 14 e i 24 anni di età (49,4%), mentre nelle donne tra i 25 e i 34 anni tali episodi ammontano al 26%. Un’altra rilevazione è quella effettuata dall’associazione Differenza Donna di Roma nel corso del 2000. Su 1005 docce che si sono rivolte ai centri, la ricerca ha evidenziato 485 casi di maltrattamento, 175 casi di violenza psicologica, 122 casi di percosse, 92 casi di stupro, 41 casi di induzione alla prostituzione, 30 casi di inadempienze, 8 casi di molestie sessuali. Intuibile che la maggior parte di questi tipi di violenze siano consumati in famiglia.


Un particolare tipo di violenza è costituito dalle molestie sessuali. La ‘molestia sessuale’ è una forma di violenza poiché si configura sempre come “una intrusione fisica, psicologica e/o sessuale ai danni di un’altra persona che non la richiede e non la gradisce, pur differendo dalla violenza per forma ed intensità. L’indagine Istat ha preso in considerazione solo telefonate oscene (riguardano la maggioranza delle donne, vale a dire il 34,4% delle molestie subite), molestie fisiche (24%), esibizionismo (22,6%), ricatti sessuali sul lavoro (4,2%). In totale, le donne molestate in Italia risultano essere 9milioni e 420mila , cioè la maggioranza della popolazione femminile dai 14 ai 59 anni (il 51,6%). Il 22,7% ha subito due o più tipi di molestie. Le molestie, più della violenza, colpiscono indifferentemente i vari strati sociali, varie aree geografiche e vari tipi di donne. L’unica variante significativa riguarda la maggiore concentrazione di molestie subite da donne single (il 33% delle single ha subito molestie), le separate e le divorziate (il doppio rispetto alle sposate), e comunque le donne che escono di più. Le donne sono molestate prevalentemente sui mezzi pubblici (34,4%) e per strada (20,3%) da persone estranee. Nei luoghi in cui si verificano maggiormente delle violenze, invece, vi è una bassa percentuale di molestie.


La ricerca Istat stima che siano 728mila le donne che hanno subito molestie sul lavoro, cioè il 4,2% della popolazione femminile. Si tratta di molestie fisiche, ricatti sessuali e violenze sessuali. Non sono state considerate, invece, le molestie verbali che sono invece piuttosto comuni. Nel mondo del lavoro, circa mezzo milione di donne hanno dovuto subire ricatti sessuali e, di queste, quasi due terzi si trovavano in situazione di prima assunzione.

 

Andamento delle denunce per istigazione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione - (1990/2000)

Anni

1990

1994

1999

2000*

Tot. denunciati

664

737

1.551

2.552

% Immigrati

24%

n.r.

56%

56%

Note:
(*) Dati provvisori

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat      

 

Nazionalità degli imputati per denunce per istigazione, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione. Provvedimenti in corso al 1999 - (9 principali nazionalità)

Nazionalità

Numero

Italia

349

Albania

293

Nigeria

37

Marocco

33

Ungheria

19

Ex-Jugoslavia

19

Cina

17

Pakistan

17

Germania

10

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat      

 

Dopo l'affidamento non si rientra più in famiglia.

I dati sulla prostituzione minorile

 

Quasi il 50% dei bambini ricoverati in strutture residenziali o dati in affidamento familiare hanno alle spalle una famiglia separata o divorziata o una famiglia monoparentale all’origine o a seguito di morte del partner. E’ uno dei dati emersi dal Rapporto Caritas-Zancan sui “Cittadini invisibili”, rapporto che focalizza la sua attenzione proprio sull’universo minorile.
Secondo il Rapporto i bambini coinvolti in questa situazione non sono numericamente molti: dalle ultime ricerche condotte dal centro nazionale di documentazione e analisi sulla condizione dell’infanzia emerge che al 30 giugno del ’98 i bambini e gli adolescenti ricoverati nelle 1802 strutture residenziali erano 14.945 mentre al 30 giugno 1999 i minori in affidamento familiare erano 10.200. Secondo il Rapporto Caritas-Zancan, inoltre, è soltanto rituale l’affermazione che l’allontanamento dalla famiglia è temporaneo e funzionale solo ad un effettivo recupero della relazione genitoriale insufficiente: emerge infatti che non rientrano mai in famiglia il 33% dei ricoverati in strutture residenziali e il 62,6% dei ragazzi in affidamento familiare; che, inoltre, rispettivamente il 7% e il 5,8% rientrano in famiglia solo una volta ogni sei mesi o ancor più raramente; che il 21,5% dei ricoverati in strutture residenziali e il 21,4% dei ragazzi in affidamento familiare non ricevono mai una visita dei propri genitori, ecc...
Vi è poi un altro dato eloquente: dai 10.200 minori in affidamento familiare, ben 5.280 (il 52%) erano affidati a parenti, mentre il vero, autentico, affidamento extrafamiliare a persone selezionate e preparate riguarda solo 4668 minori.


Minori affidati, minori coinvolti nella crisi della coppia. Il secondo ambito di studio del Rapporto riguarda proprio questo fenomeno. In Italia la famiglia ancora regge: su 100 matrimoni, in Italia vi sono 12,2 divorzi contro i 17,4 della Spagna, il 40,9 della Francia, il 44,4 della Germania e il 51,9 del Regno Unito. E’ evidente tuttavia che nelle aree più ‘moderne’ (Italia Nord Occidentale) il trend si sta pericolosamente avvicinando ai trend europei. Nel nostro Paese tuttavia è in continuo aumento il numero di figli di coppie separate: dai 30.010 del 1987 ai 35.317 del 1990, ai 38.779 del ’95, ai 45.548 del 1998.


Nei dieci anni che passano tra il 1989 e il 1998, quasi 400mila figli sono stati affidati a uno dei genitori o a terzi. Numero imponente, anche perché non sono ricompresi in questa cifra i figli di famiglie in cui la frattura non è stata sanzionata dal giudice (separazioni di fatto) e i figli delle famiglie di fatto che si dissolvono. Le difficoltà di questi ragazzi vanno ricercate nella perdita di unità tra i genitori, nella difficoltà di elaborare il ‘lutto’. Ma ulteriori difficoltà e disagi sopraggiungono quando il ragazzo viene usato nel conflitto processuale tra genitori.
Altri due aspetti che riguardano i minori: lo sfruttamento sessuale e la prostituzione. Dalle statistiche giudiziarie emerge che: le denunce di violenze sessuali perpetrate nei confronti dei minori di 14 anni sono state in aumento ma con una flessione nell’ultimo anno considerato (303 nel 1996, 470 nel 1997, 586 nel 1998 e 511 nel 1999); sono in aumento i reati di corruzione di minorenni (120 nel ’97 e 168 nel ’98); quasi la metà dei reati sessuali che vedono come vittime i soggetti minori di 14 anni riguardano minori nella fascia di età 0-10 anni; ben 334 i minorenni denunciati nel 1998 come autori di violenze sessuali; ben 775mila ragazze tra i 14 e i 17 anni hanno dichiarato negli anni 1997-1998 di aver subito nei tre anni precedenti molestie fisiche, esibizionismi, telefonate oscene, tentativi di stupro. In questo settore, poi, il numero oscuro delle criminalità è altissimo: molti reati sessuali nei confronti dei minori, infatti, sono compiuti all’interno della famiglia e quindi difficilmente evidenziabili. E non sempre i familiari ritengono opportuno denunciare le violenze subite dai figli.
Quanto alla prostituzione minorile, il Rapporto cita i dati del Ministero degli Interni, secondo cui nel 1999 202 minori sono stati vittime del reato di prostituzione. Non appare dunque inverosimile il dato, che emerge da diverse ricerche, secondo cui l’8-10% delle prostitute di strada è minorenne, con una incidenza di circa 1500-1800 persone irretite nella prostituzione di età minore.


Infine il lavoro minorile. I dati circolanti non sono, secondo gli autori del Rapporto, completamente attendibili, anche perché spesso aggregano dati del tutto eterogenei. Dalle statistiche sugli infortuni sul lavoro emerge che nell’arco di tre anni (1994-1996) ci sono stati 8 infortuni mortali sul lavoro nella fascia di età fino a 14 anni e un totale di 1097 infortuni sul lavoro indennizzati. L’ispettorato del lavoro, nel biennio 1996-1997, ha poi rilevato 290 violazioni dell’età minima di assunzione (4 nelle grandi aziende industriali, 24 nelle medie aziende, 47 nelle piccole aziende, 58 nelle aziende artigiane, 119 nel commercio, turismo, credito; 38 nelle aziende agricole.

 

 

Strutture residenziali educativo-assistenziali
minori presenti al 30/6/1998 secondo le regioni

Regioni

Strutture

Valori %

Minori presenti

Valori %

Abruzzo

12

0,7

168

1,1

Basilicata

24

1,3

106

0,7

Prov. Bolzano

13

0,7

98

0,7

Calabria

121

6,7

1.386

9,3

Campania

133

7,4

1.869

12,5

Emilia R.

120

6,7

571

3,8

Friuli V. G. 

29

1,6

240

1,6

Lazio

152

8,4

1.261

8,4

Liguria

69

3,8

551

3,7

Lombardia

288

16,1

1.919

12,8

Marche

22

1,2

115

0,8

Molise

11

0,6

85

0,6

Piemonte

149

8,3

1.011

6,8

Puglia

128

7,1

1.174

7,9

Sardegna

44

2,4

285

1,9

Sicilia

195

10,8

2.293

15,3

Toscana

76

4,2

603

4,0

Prov. Trento

39

2,2

155

1,0

Umbria

16

0,9

204

1,4

Valle d'Aosta

2

0,1

11

0,1

Veneto

159

8,8

840

5,6

TOTALE

1.802

100,0

14.945

100,0

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati del Centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza    

 

 

 

ITALIA - Distribuzione territoriale degli ingressi in Istituto Penale Minorile - Anno 1999 per nazionalità e sesso

 

ITALIANI

STRANIERI

TOTALE

MF

F

MF

F

MF

F

Nord Ovest

95

8

393

138

488

146

Nord Est

45

0

117

0

162

-

Centro

82

8

360

177

442

185

Sud

366

6

112

50

478

56

Isole

283

0

23

0

306

-

Tot. Italia

871

22

1.005

365

1.876

387

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Ministero della Giustizia     

 

Bambini fino a 13 anni per età e condizione dei genitori 
 
Anni 1988/1998 (per 100 bambini)

 

CLASSI DI ETA'

 

0-5 anni

6-10 anni

11-13 anni

TOTALE

1998

1998

1988

1998

1988

1998

1988

1998

Coppia ambedue genitori occupati

37,8

41,6

37,3

39,2

34,5

35,2

36,8

39,3

Padre occupato e madre casalinga

48,6

39,8

48,3

41,9

47,9

43,5

48,4

41,3

Coppia in altra condizione

10,6

14,0

9,4

13,3

10,7

14,0

10,2

13,8

Un solo genitore

3,0

4,5

4,7

5,3

6,8

6,9

4,5

5,3

Altro

0,0

0,2

0,1

0,2

0,1

0,3

0,1

0,2

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat      

 

ITALIA - Separazioni e divorzi in totale e con figli affidati 
Anni 1989/1998

 

SEPARAZIONI

DIVORZI

 

di cui con figli affidati

 

di cui con figli affidati

Anni

totale

v.a.

v.%

totale

v.a.

v.%

1989

42.640

24.065

56,4

30.314

13.176

43,5

1990

44.018

24.678

56,1

27.682

11.499

41,5

1991

44.920

24.369

54,3

27.350

9.427

34,5

1992

45.754

23.794

52,0

25.997

9.988

38,4

1993

48.198

24.323

50,5

23.863

8.755

36,7

1994

51.445

25.636

49,8

27.510

8.916

32,4

1995

52.323

27.290

52,2

27.038

9.637

35,6

1996

57.538

29.448

51,2

32.717

11.178

34,2

1997

60.281

30.725

51,0

33.342

11.823

35,5

1998

62.737

32.638

52,0

33.510

11.826

35,3

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat      

 

 

 

ITALIA - Distribuzione territoriale degli ingressi nei Centri di prima accoglienza - Anno 1999 per nazionalità e sesso

 

ITALIANI

STRANIERI

TOTALE

MF

F

MF

F

MF

F

Nord Ovest

239

18

854

229

1.093

247

Nord Est

152

6

271

98

423

104

Centro

302

15

855

469

1.157

484

Sud

769

20

211

118

980

138

Isole

511

9

84

40

595

49

Tot. Italia

1.973

68

2.275

954

4.248

1.022

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Ministero della Giustizia     

 

Minori vittime di reato per classe di età 
e tipologia del delitto

 

0-10 anni

11-14 anni

15-17 anni

 

Delitti

v.a.

v.%

v.a.

v.%

v.a.

v.%

Totale

1 9 9

Violenza sessuale

228

34,5

267

40,5

165

25,0

660

Atti sessuali con minorenne

76

44,4

68

39,8

27

15,8

171

Corruzione di minorenne

36

67,9

17

32,1

0

0,0

53

Totale

340

38,5

352

39,8

192

21,7

884

1 9 9 9

Violenza sessuale

197

37,4

191

36,2

139

26,4

527

Atti sessuali con minorenne

18

26,5

30

44,1

20

29,4

68

Corruzione di minorenne

12

40,0

18

60,0

0

0,0

30

Totale

227

36,3

239

38,2

159

25,4

625

Variazione 1998/1999

Violenza sessuale

-13,6

/

-28,3

/

-15,8

/

-20,2

Atti sessuali con minorenne

-76,3

/

-33,9

/

-25,9

/

-60,2

Corruzione di minorenne

-66,7

/

5,9

/

0,0

/

-43,4

Totale

-33,2

/

-32,1

/

-17,2

/

-29,3

Fonte: "Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza", Fondazione Zancan su dati Istat      

 

Un accattonaggio sempre più ''contrattualistico''.

Nanni: ''Chiedono l’elemosina, poi spariscono risucchiati dalle città''

 

Anche l’elemosina cambia: da elargizione gratuita a contrattazione in cambio di un oggetto o di una piccola prestazione lavorativa. È uno degli aspetti che emergono da “I nuovi mendicanti: accattonaggio ed elemosina nella società post-industriale”, uno dei capitoli del volume “Cittadini invisibili. Dell’indagine sull’accattonaggio, che esplora il fenomeno per la prima volta in modo specifico nell’ambito delle scienze sociali italiane, con uno dei due autori della ricerca, Walter Nanni, che è anche tra i curatori del Rapporto, sociologo e collaboratore dell’ufficio studi e ricerche di Caritas italiana.

 
Che metodo avete scelto per condurre la ricerca?


“Non conoscendo il numero di persone che praticano accattonaggio, non potevamo determinare un campione statisticamente rappresentativo del fenomeno a livello nazionale o locale, tra l’altro in continua trasformazione. Quindi è stato privilegiata una metodologia di carattere qualitativo, attraverso una trentina di interviste a persone che praticano accattonaggio,m appartenenti a diverse tipologie sociali (dagli extracomunitari ai rom, dai senza dimora alle donne sole, dagli adulti disoccupati agli anziani senza copertura assicurativa, ai giovani punk-a-bestia, in diverse aree territoriali (nord, centro, sud, città grandi e piccole, zone ad alta e bassa densità urbana). I contatti con gli intervistati sono stati facilitati dalla collaborazione di strutture di assistenza delle chiese locali e di 8 Caritas diocesane: Bolzano, Padova, Vicenza, Albano, Latina, Napoli, Pozzuoli, Reggio Calabria”.

 
Quali sono i nuovi modelli di richiesta del denaro?

 
“Al chiedere l’elemosina senza dare nulla in cambio (elemosina non contrattualistica, legale o coatta-illegale) si è affiancato un accattonaggio mascherato e contrattualistico, che prevede in cambio di denaro una prestazione d’opera o un servizio: un atteggiamento coerente con il mercato circostante, che impone un ricavo in cambio dei soldi. In questa categoria rientrano i suonatori nelle metropolitane e i lavavetri, i lucida-fari ai semafori e i distributori di santini e immagini sacre, i lettori della mano e i facilitatori in uffici pubblici, biglietterie, distributori automatici, oltre a coloro che portano i carrelli nei supermercati o le buste della spesa. Nell’ambito illegale, i posteggiatori abusivi, i sordomuti che rilasciano un piccolo oggetto, i lavoratori non autorizzati presso i self-service di carburante. Tra le forme borderline, i madonnari e le statue viventi (artisti di strada), i suonatori ambulanti, e i venditori di rose presso i locali pubblici”.


Da quale caratteristica sono accomunati?


“L’invisibilità sociale: se non si stabilisce un rapporto con queste persone, è difficile ritrovarle, perché non esistono più quartieri-ghetto. Quindi il mendicante che non appartiene a gruppi socialmente più evidenti – senza dimora, nomadi, immigrati… - può essere individuato dai cittadini e dagli stessi servizi soltanto mentre chiede l’elemosina; quando finisce la richiesta pubblica di denaro, la sua situazione personale sparisce di nuovo nel contesto urbano”.


Se chiedere l’elemosina non è reato, quando diventa illegale?


“La sentenza n. 35 della Corte Costituzionale del 28 dicembre ’95 ha dichiarato illegittimo l’articolo 670 del Codice penale, ed ha stabilito che la mendicità ‘non invasiva’ (che riflette una richiesta d’aiuto) non può essere perseguita penalmente. Tuttavia il secondo comma del 670 prevede figure di accattonaggio che vogliono ‘forzare l’altrui pietà’ con l’inganno; il 671 proibisce l’utilizzo dei minori nell’accattonaggio, ma sono evidenti in Italia diverse forme di mendicità illegali. Pensiamo, ad esempio, ai sordomuti che rilasciano un oggetto: spesso sono disabili autentici, vittime di un racket che li preleva nei paesi dell’Est; oppure i ragazzi che mendicano ai semafori o nelle metropolitane esibendo cartelli, sui quali le dichiarazioni rese non corrispondono a verità. È reato anche esibire le proprie menomazioni fisiche – talvolta procurate – per suscitare la compassione di chi guarda”.

 

 

Dai suonatori ai rom, dai lavavetri ai punkabestia.

Come cambia l’accattonaggio lungo la penisola

 

L’indagine a campione condotta per il IV rapporto della Caritas Italiana e della Fondazione Zancan cerca anche di ricostruire le varianti che lungo la penisola assume il fenomeno dell’accattonaggio. Questa è la seconda parte dell’intervista al sociologo Walter Nanni, uno dei due curatori dell’indagine.


Cambiano i volti del fenomeno, da regione a regione?


“Interpellando chi vive sul territorio – dai vigili urbani ai commercianti, alla polizia municipale – abbiamo notato caratteristiche molto diverse dalle Alpi allo stretto di Messina. Il quadro è estremamente variegato, se pensiamo che al sud è molto più diffuso il racket dell’accattonaggio e capita di vedere anche interi nuclei familiari che chiedono l’elemosina, mentre al nord il fenomeno viene tollerato poco ai semafori e sulla strada (a Bolzano, ad esempio, difficilmente si nota un lavavetri), mentre è più diffuso nel porta a porta”.


Nelle metropolitane di Milano, Roma e Napoli, i suonatori di violino e fisarmonica sono trasversali?


“Sono presenti nelle tre grandi città, al nord, centro e sud, ma è sempre più difficile vederli a Milano; a Roma recentemente c’è stata una retata, contro lo sfruttamento dei minori (che in ogni caso sono ancora pochi in Italia). Penso che il fenomeno si sposterà sulle strade o nei centri commerciali”.

 
Quali nazionalità prevalgono tra gli stranieri che praticano l’accattonaggio?


“Si tratta soprattutto di slavi e di extracomunitari provenienti dai paesi dell’Est, e di nord-africani. Tra i minori, diversi albanesi sono coinvolti nel racket; infatti le comunità albanesi, specialmente quelle musulmane, sono molto frammentate al loro interno. Quindi gli stranieri appartengono in genere a comunità etniche poco sostenute da una rete di relazioni, contrariamente a filippini, senegalesi, srilankesi, peruviani, che al loro arrivo in Italia trovano un’occupazione e un posto in un appartamento dove dormire. Il fenomeno dell’accattonaggio, comunque, segue il flusso delle migrazioni; inoltre spesso ambulantato ed elemosina vanno di pari passo, quando le vendite non vanno bene”.

 
E i rom?


“Tradizionalmente viene praticato un accattonaggio di famiglia: le madri con il bambino o più figli, sia una convenienza economica (‘rendono di più’), sia per un fattore protettivo, perché per il nomade maschio la donna non deve essere mai lasciata da sola. Di solito anche i minori non sono mai isolati: ogni incrocio stradale è presidiato da una famiglia intera, ai quattro angoli dei semafori o delle vie”.

 
Tra i giovani che chiedono l’elemosina, molti sono accompagnati da animali, soprattutto da cani.


“Molti di loro si ritrovano in Toscana, dove hanno formato autentiche comunità di vita; provengono soprattutto da Islanda o dai paesi dell’Est e si ispirano alle figure degli elfi, i folletti del romanzo di Tolkien ‘Il signore degli anelli’, in una visione dell’esistenza a contatto con la natura. Potremmo definirli i nuovi hippy, tutti senza dimora”. L’accattonaggio non invasivo e non contrattualistico di persone accompagnate da cani o gatti non costituisce una violazione della legge; tuttavia le associazioni ambientaliste hanno denunciato in diverse occasioni le pessime condizioni in cui sono tenuti questi animali e alcune amministrazioni locali hanno cominciato a emanare ordinanze di controllo e limitazione del fenomeno, spesso motivate da esigente di decoro urbano e rispetto dell’ambiente”

Tipologie di accattonaggio in Italia

Forme border-line

-Con frode (finti religiosi, assicuratori, volontari)

 

 

 

Elemosina Legale

Elemosina coatta/illegale

Non Contrattualistica

-in strada,semplice richiesta
Anziani
Adulti
Nomadi, soli o in gruppo, con gravidanza esibita
Mutilati/invalidi
Famiglie intere
Immigrati adulti
Giovani con/senza cani
-pendolari (parrocchie, negozi, treni ecc)
-stazionari presso parrocchie, cimiteri e luoghi di culto
-stagionali (fiere cimiteri, feste di piazza ecc.)
-nel corso di riunioni pubbliche (lezioni universitarie, ecc.)

-Forme invasive (tossicodipendenti, persone con problemi psichici)

-Soggetti con segni particolari, porta a porta, ecc.)

-Portatori di certificati (attestanti richieste di operazioni/interventi sanitari vari)

-Sfruttamento di minorenni (italiani, nomadi, immigrati)

Contrattualistica
(con prestazione d’opera/servizio)

-Lettori della mano (stabili e itineranti)
-Distributori di santini e immagini sacre
-Orientatori/facilitatori in uffici pubblici, biglietterie, distributori automatici, ecc.)
-Piccoli aiuti (carrelli supermercati,  sacchetti-spesa, mercati rionali)

-Lavoratori abusivi presso self-service di carburante
-Sordomuti (con rilascio di oggetto)
-Posteggiatori abusivi

Forme borderline

-Artisti di strada (buskers, madonnari, statue viventi)

-Suonatori ambulanti

-Venditori di libri/oggettistica di pseudo-associazioni di volontariato
-Venditori di rose presso locali pubblici, pub, ecc.)
-Pulitori di parabrezza

Fonte: Rapporto 2002 su esclusione sociale e diritti di cittadinanza, Fondazione Cancan

 


La pagina
- Educazione&Scuola©