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MINORI

Riforma giustizia. Fadiga (Corte d’Appello Roma): ''Provvedimenti insensibili alle nuove esigenze''

 

Luigi Fadiga, presidente della Sezione famiglia e minori della Corte di Appello di Roma, effettua alcune considerazioni sui Ddl governativi di riforma della giustizia minorile.


"I due ddl – afferma Fadiga - suscitano sin dalla prima lettura una sensazione di profondo sconcerto". E continua: "Da almeno due decenni la magistratura minorile associata va sostenendo l’urgenza di una riforma che razionalizzi le competenze ora disperse in materia di diritto di famiglia; disciplini il procedimento civile minorile con pienezza di garanzie processuali; assicuri formazione e aggiornamento professionali del giudice e preveda una maggiore distribuzione territoriale dell’organo giudicante. Al riguardo, numerose ed articolate proposte sono state studiate e discusse e più volte trasformate in disegni di legge sin dalla IX Legislatura. D’altra parte, da un tempo non minore un ampio dibattito scientifico e culturale è in corso a livello internazionale, anche attraverso incontri e convegni organizzati dalla Association internationale des Magistrats de la Jeunesse et de la Famille (AIMJF). In questo quadro, nel prossimo ottobre si terrà a Melbourne, Australia, il XVI Congresso mondiale di quell’associazione, dedicato ai sistemi giudiziari per i minori, i giovani e le famiglie, e intitolato significativamente "Creare legami": vale a dire, legami fra i tribunali che nelle varie nazioni prendono decisioni sui medesimi problemi; legami fra i tribunali e le comunità locali in cui essi operano; legami fra i servizi che lavorano nei tribunali e con i tribunali".

"Dimostrandosi all’oscuro di tali elaborazioni scientifiche e dottrinali – continua -, i ddl governativi scindono le competenze civili minorili da quelle penali per trasportare meccanicamente le prime nell’ambito di una istituenda sezione specializzata per la famiglia e i minori del tribunale civile ordinario. In tal modo essi dimenticano che le competenze civili e penali del tribunale per i minorenni (…) costituiscono un sistema organico di protezione giudiziaria del minore che non può essere scisso senza venire squilibrato e scompensato a tal punto da compromettere irrimediabilmente le finalità e la stessa esistenza della giustizia minorile in Italia. I collegamenti tra area dell’incapacità genitoriale ed area del disagio giovanile penale e non penale sono infatti talmente stretti che l’esigenza di affidarli alla competenza di un unico giudice è stata pacificamente recepita da tutti i sistemi giudiziari europei, fatta eccezione per quelli (come l’anglosassone e gli scandinavi) che attribuiscono ai servizi sociali locali ampi poteri e piena legittimazione ad agire in giudizio nell’interesse del minore, o per quelli (come il tedesco) che hanno istituito un apposito ufficio di protezione del minore (Jugendamt) con propri poteri e competenze nel campo della protezione e della prevenzione del disagio giovanile".


"Nessuna di queste due ipotesi ricorre nel nostro ordinamento, né i ddl governativi le prevedono. In Italia infatti, sulla falsariga del modello francese, la competenza civile in materia di abuso della potestà genitoriale e di minori a rischio è stata attribuita sin dall’origine al giudice minorile, in considerazione del fatto che dietro a un minore che presenta segni di devianza o disadattamento c’è assai spesso una situazione ambientale e familiare di rischio, ed un genitore che serba condotta pregiudizievole. La funzione minorile propriamente detta – procede Fadiga - è quindi costruita in maniera unitaria, che travalica la tradizionale distinzione e separatezza tra "affari penali" e "affari civili". "E’ stata proprio la riforma del processo penale minorile che ha reso ancor più stretta la connessione penale/civile, poiché, sopprimendo di fatto la c.d. competenza amministrativa dei tribunali per i minorenni (che i ddl governativi stranamente ignorano), ha reso necessaria l’utilizzazione degli interventi civili in tutti i casi di disadattamento/devianza non perseguibili penalmente in ragione dell’età(…). E nemmeno traspare dai ddl la consapevolezza della necessità di armonizzare ogni eventuale riforma del sistema di giustizia minorile con quelli degli altri paesi europei, nella previsione di non lontani interventi a livello comunitario, diretti ad estendere ai provvedimenti del giudice minorile in materia di potestà dei genitori il principio della libera circolazione delle decisioni".
"Per tornare a livello interno – conclude Fadiga -, altre gravissime lacune conoscitive traspaiono dai ddl del governo. Così ad esempio non sembra considerata né conosciuta la sentenza n. 168 del 28 aprile 1994 con la quale la Corte costituzionale, abolendo l’ergastolo per i minorenni, ha dettato indicazioni fondamentali in materia di pena minorile, sottolineando la urgente necessità di interventi legislativi che adeguino ai principi costituzionali le pene attualmente previste per i minorenni che delinquono. E nemmeno sembra conosciuto il severo monito contenuto nella sentenza n. 125 del 16.3.1992, con la quale la Corte, giudicando in tema di legittimità costituzionale dell’art. 79 dell’Ordinamento penitenziario, sottolineava l’urgente necessità di un apposito ordinamento penitenziario minorile, avvertendo che non era possibile "mantenere più a lungo nell’ordinamento una norma ai limiti della costituzionalità", che estende indiscriminatamente ai minori le disposizioni dettate per gli adulti. Di tutte queste urgenze, di tutti questi problemi, della necessità di affrontarli in maniera organica ed approfondita, i ddl governativi si mostrano completamente all’oscuro: perdendosi così ancora una volta l’ennesima occasione per quella riforma che la giustizia minorile italiana attende ormai da molti decenni".

 

Giustizia minorile: cosa cambia con il nuovo ddl

 

Giudici onorari

Vengono ridotti da due a uno (art. 1, 2 e 3). Il ddl infatti mira a far prevalere il profilo giurisdizionale dell''organo giudicante, pur non privandolo del supporto di specialisti di carattere sociale, tradizionalmente assicurato attraverso la partecipazione dei componenti privati dei Tribunali per i minorenni. La riduzione comunque fa si che la maggioranza rispecchi una specializzazione di carattere giuridico.


Imputabilità

Si introduce un diverso regime sansonatorio per i soggetti compresi tra i 16 e i 18 anni, per i quali la pena può essere ridotta solo fino ad un quarto. Rimane inalterata invece la riduzione di un terzo per i minori di 16 anni (art. 4). La motivazione di fondo risiede nella convinzione che i fenomeni di devianza che suscitano maggiore allarme hanno più spesso interessato proprio questo fascia d''età.


Misure cautelari

Gli articoli 7, 8, 9 e 10 ridefiniscono il sistema delle misure cautelari riducendo i margini di discrezionalità del giudice, aumentando la durata dei termini della custodia cautelare e distinguendo secondo fasce di età e distinti livelli di devianza. Si introduce l'ipotesi del pericolo di fuga, anche in considerazione della "condotta di vita dell'imputato", come ulteriore criterio per definire i provvedimenti di adozione di misure cautelari restrittive, stabilendo un parallelismo con quanto prevede il codice di procedura penale per i maggiorenni. Viene inoltre indicato un elenco di delitti ritenuti "di particolare allarme sociale" rispetto a cui viene determinata l’adozione delle misure cautelari. Tra questi anche la "resistenza aggravata".

Messa alla prova

Il ddl conferma l''istituto della sospensione del processo e della messa alla prova ma stabilendo che la durata della sospensione del processo non sia superiore a tre anni, modalità oggi prevista solo per i reati di maggiore gravità. La sospensione del processo e la messa alla prova sono escluse per i delitti di omicidio volontario, consumato o tentato.


Compimento della maggiore età

Al compimento del diciottesimo anno di età il giudice competente può disporre anche di ufficio, tenuto conto della personalità dell'imputato o del condannato, delle esigenze del trattamento e della durata della pena o del residuo di pena, che la misura della custodia cautelare in carcere o la pena detentiva siano eseguite negli istituti per adulti.


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