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Gianni e Pierino

 

di Marino Bocchi - 19-10-2002


San Patrignano e’ il modello. San Patrignano e’ lo stile, la filosofia, la visione del mondo di Letizia Moratti. Fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978, la comunita’ di recupero dei tossicodipendenti, destinati altrimenti al carcere, puo’ contare su donatori cospicui. Fra questi, fin dai primi anni ’80, spiccano i coniugi Moratti, il petroliere Gian Marco e la moglie, attuale ministro dell’istruzione. San Patrignano e’ una macchina complessa, una vera e propria holding del “privato sociale”; circa 2000 ospiti, distribuiti tra la sede principale, vicino a Rimini e le due di Vito Pergine, in provincia di Trento e Sant'Agata Feltria, sulle dolci e belle montagne al confine tra Marche e Romagna. Negli anni, la comunita’ ha acquisito una funzione semi-istituzionale, fino ad ottenere l’incarico dal governo Berlusconi di gestire un istituto di pena, in provincia di Modena, dove saranno reclusi i giovani autori di reati connessi alla droga. I principi che presiedono alla missione di san Patrignano sono gli stessi che riecheggiano nelle dichiarazioni della Moratti sul compito della scuola: il disagio giovanile e’ letto solo in chiave negativa, come rifiuto dei buoni e saggi codici morali custoditi dalla famiglia. L’uso della droga non e’ mai la ricerca disperata, tendenzialmente autodistruttiva, di un proprio, personale stile di vita, non omologato, non conformista, ferocemente inibito e represso dagli apparati disciplinari. E’ sempre l’espressione di una perdita di dignita’, di decoro, una forma di de-responsabilizzazione rispetto ai doveri e alle norme costituite. Compito della comunita’ (e della scuola, in quanto comunita’ di recupero) e’ dunque quello di ripristinare il circuito interrotto tra scelte personali e ruoli socialmente assegnati e predefiniti. Da qui l’accento posto sul lavoro e sulla formazione professionale come strumento di “reinserimento sociale delle persone”, come si legge negli statuti di san Patrignano e negli analoghi documenti ministeriali. Da qui anche la funzione dell’educazione come “supporto alle famiglie”. Dove e’ implicito che la famiglia e’ l’unica e insostituibile depositaria dei “valori” e la scuola e ogni altra comunita’ di recupero fungono da mere agenzie di servizio.

Ogni anno, dall’insediamento del governo di centro-destra, nel mese di ottobre San Patrignano si trasforma in una kermesse mediatica animata dalla presenza di ministri, sottosegretari, e guru dell’attuale governo. Con la Moratti e la scuola nel ruolo dei padroni di casa. Nell’estate scorsa, a due mesi dalla nomina, il Ministro cito’ i dati di un’indagine secondo la quale i ragazzi passano la gran parte del pomeriggio in strada, al di fuori del controllo dei genitori, impegnati sul lavoro. E propose , su suggerimento di Andrea Muccioli, il figlio del fondatore, che le scuole si dotassero di laboratori attrezzati, per attivita’ ludiche e lavorative, in modo da tenere i giovani sotto sorveglianza .
Qualche giorno fa, a San Patrignano, e’ tornata sull’argomento ed e’ passata alla fase esecutiva: il progetto si chiama “Enjoy” (European network for a joint organization of the youth) e consiste nell’apertura pomeridiana di “aule, palestre, attrezzature, biblioteche, laboratori fuori dagli orari di studio», per riuscire a recuperare e motivare «ragazze e ragazzi troppo spesso abulici, frustrati, indifferenti”. (Repubblica). Inizialmente riservato solo a 20 scuole, avra’ una durata di tre anni. “Per questi venti centri sono stati trovati (al ministero del Lavoro) anche i soldi: 10.000.733 euro, che ad ognuno degli istituti porterà un miliardo di vecchie lire. Saranno impegnati 60 insegnanti, 320 operatori volontari e 120 operatori del privato sociale”. La capofila delle associazioni che si occuperanno del progetto sara’, manco a dirlo, San Patrignano, insieme allo CSI (Centro Sportivo italiano), alle Acli e alla Compagnia delle Opere di Comunione e liberazione. Come ha dichiarato l’ex ministro De Mauro. “L' imprenditrice Moratti è un po' dirigista e a senso culturalmente unico e circoscritto. Con questi soldi, saranno contenti gli affaristi di Cl. Questa è una nuova iattura che si abbatte sull' edificio scolastico. Speriamo che regga, ma sarà dura”.

Ma non e’ questo il punto. Il principio-cardine del progetto e’ l’idea che i giovani vanno formati non attraverso il sapere ma utilizzando i giochini multi/ipermediali o le attivita’ ludico sportive da un lato e l’apprendistato professionale dall’altro. Chi poi siano questi giovani, e’ facile dirlo: i ragazzi emarginati, i figli delle classi meno abbienti perche’ e’ chiaro che gli altri hanno il pomeriggio impegnato tra corsi ad elevato contenuto formativo e ad elevato costo.

Sono per l’appunto i giovani a cui si addice non il sapere ma l’apprendistato o lo stordimento iper/multimediale. Gli stessi a cui andra’ in seguito riservato il trattamento farmacologico.

Molti anni sono passati dall’esperienza di Don Milani, un prete, un cattolico come la Moratti. Ma tanto diverso dalla Moratti. Barbiana e’ morta, i figli dei contadini sono stati fagocitati dall’industrializzazione, dal consumismo, dall’omologazione delle culture e degli stili di vita. Ma la lezione di Barbiana vive ancora. Mentre cercavo il materiale per questo articolo mi e’ capitato sotto mano un vecchio testo pubblicato da Laterza, nel ’95. Gli scritti di padre Ernesto Balducci su Don Milani. E in particolare l’articolo pubblicato sull’Unita’ il 26 giugno ’92, due mesi dopo la sua morte, su “I nuovi ragazzi di Barbiana”. Secondo Balducci la metafora della Lettera a una professoressa e’ ancora attuale e viva.

“Pierino è il ragazzo integrato. È quello che sa tutto, perché a scuola, dopo che a casa... vive di una cultura omogenea e quindi ha ottimi voti, successo e carriera. Gianni è un reietto, è un bocciato, però non è che non ha una sua cultura. Ha una sua cultura, solo che essa non è omologata.
Il pericolo della scuola è di far sì che Gianni diventi Pierino. E noi non facciamo che questo, praticamente. Di un ragazzo discolo, riottoso, caratteriale noi, con grande sapienza, sappiamo fare un ragazzo normale. Non so se questo è un esito auspicabile”


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