Le politiche sociali d'integrazione scolastica degli alunni con disabilità:
la diversità italiana

(Politiche e servizi alle persone: Studi Zancan)

di Salvatore Nocera

 

La Costituzione colloca la scuola nel titolo II sui <<Rapporti etico sociali>>. Il decreto legislativo n.112/98, sul decentramento amministrativo, colloca il <<Servizio d'istruzione scolastica>> nel Titolo IV concernente <<I servizi alla persona>>. Le politiche scolastiche possono quindi legittimamente considerarsi un aspetto significativo di quelle sociali, rappresentando il servizio scolastico un aspetto fondamentale del welfare, specie con riguardo alla presenza degli alunni <<diversi>>.

Il confronto fra le politiche scolastiche sull' handicap in Italia e in Europa presenta differenze significative, specie per gli sviluppi degli ultimi anni in Italia. In Europa le scelte sono sostanzialmente orientate verso una scolarizzazione separata degli alunni handicappati, pur con le ripetute altisonanti dichiarazioni, anche legislative, di <<integrazione scolastica>>, in realtà gli alunni con handicap, nel migliore dei casi sono accorpati in una classe <<inserita>> in un plesso scolastico, in modo che gli alunni disabili possono incontrarsi all'entrata e all'uscita della scuola con i coetanei, ma l'integrazione di singoli in un gruppo classe di non handicappati rappresenta esperienze rare e sperimentali.

In Italia la situazione, simile al resto d'Europa sino alla fine degli anni '60, è radicalmente mutata, con l'inserimento e poi con l'integrazione generalizzata degli alunni con handicap nelle classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado. Possiamo però notare un sostanziale miglioramento a partire dalla seconda metà degli anni '90.

Infatti sino ad allora le politiche d'integrazione scolastica avevano rappresentato <<una variabile indipendente>> delle politiche scolastiche generali. La normativa era cioè orientata a far breccia nel rigido tessuto del sistema scolastico, per aprirlo all'accoglienza degli alunni disabili. Tappe significative di questo percorso sono la n. 118/71, la n. 517/77, la n. 270/82, la n. 104/92, cui ha contribuito in modo determinante anche la Corte di Costituzionale con la sentenza n. 215/87.

Una volta resa normale la presenza degli alunni con handicap, le politiche scolastiche si sono orientate a considerare l'integrazione come <<una variabile dipendente>> del sistema. Cioè si sono avute sempre meno norme apposite per i disabili nella scuola, e sempre più gli aspetti dell'integrazione sono stati affrontati nell'ambito delle norme generali.

Si veda in tal senso l'art.21 della legge n.59/97 sul decentramento amministrativo, il decreto legislativo conseguente n. 112/98, il regolamento sull'autonomia scolastica, approvato con D.P.R. n. 275/99, la legge n.9/99 sull'innalzamento dell'obbligo scolastico, la legge n. 144/99 sull'obbligo formativo sino a al diciottesimo anno di età per tutti gli alunni, la legge 30/2000 sulla riforma dei cicli scolastici, la legge n.63 sul riconoscimento della parità scolastica alle scuole non statali.

Molti leggono questa riduzione di norme <<speciali>> in favore di una normativa generale, comprendente richiami espliciti all'integrazione, come un calo di attenzione per questo importante processo sociale. Io sono fra quelli che invece vi leggono una impostazione di normalizzazione e generalizzazione del fenomeno, che può produrre dei cali di attenzione, se viene meno la vigilanza sociale, ma che significa l'approdo sulle sponde della normalità di politiche sociali avviate con determinazione oltre trent'anni fa.

Personalmente ritengo che, se rimane attiva la vigilanza sociale, questa fase attuale delle politiche scolastiche può giovare ancor di più all'integrazione. Infatti sino ad ora ci si era fondamentalmente preoccupati di far entrare nel normale tessuto scolastico il maggior numero possibile di alunni con handicap. Ci si era preoccupati di meno della qualità dell'integrazione scolastica, cosa che ci veniva regolarmente rimproverata dai partner europei, che ci contrapponevano l'efficienza delle loro, talora, splendide scuole speciali.

Da quando la normativa sull'integrazione scolastica è divenuta un aspetto di quella generale sulla riforma della scuola, ci stiamo occupando di più della qualità del servizio scolastico e quindi anche di quello d'integrazione. In tal senso si stanno raccogliendo, presso la Biblioteca pedagogica di Firenze, le esperienze positive di integrazione scolastica, che saranno vagliate, assieme alle altre esperienze di autonomia scolastica, dal nuovo Istituto per la valutazione della qualità del servizio scolastico, operante a Frascati. Anche le norme specifiche concernenti l'integrazione scolastica, fanno riferimenti sempre più frequenti all'individuazione di indicatori di qualità per consentire una valutazione dei risultati dei processi di integrazione.

Cominciano finalmente ad essere effettuate e pubblicate ricerche sulla qualità dell'integrazione scolastica e sui possibili criteri per valutarla.

Cominciano ad avviarsi studi comparativi sui costi dell'integrazione rispetto alle scuole speciali e non ci si limita, come negli anni precedenti, solo agli aspetti della <<socializzazione>> e dei suoi innegabili aspetti positivi, ma si entra anche nelle dinamiche degli apprendimenti formalizzati o prassici per verificare il rapporto costi/benefici con riguardo alla crescita globale delle persone con handicap.


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