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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

 

Indagine Ires-Spi sul rapporto tra lavoro e pensione: italiani contrari all'aumento legale dell'età di pensionamento

 

"Lavoro e pensione”, un rapporto critico secondo l’indagine Ires-Spi che per la prima volta in Italia indaga su come esso è vissuto dai lavoratori e dai pensionati. Gli intervistati sono stati complessivamente 800, tutti oltre i 45 anni d’età suddivisi in tre diverse fasce d’età diverse anche per status: lavoratori-lavoratori, lavoratori quasi pensionati; pensionati lavoratori.


Alla base dell'indagine, spiega l’Ires, l’esigenza di conoscere le opinioni e le motivazioni dei lavoratori dipendenti e dei pensionati sull’allungamento dell’età lavorativa. Una necessità nata intorno alla consapevolezza che esiste in Europa “una divaricazione crescente tra l’evoluzione demografica, caratterizzata dall’aumento della speranza di vita, e la riduzione dell’età effettiva di pensionamento”. Forbice che rende difficile finanziare i sistemi pensionistici nazionali in quasi tutti i paesi europei, ma in particolare in Italia dove il fenomeno è accentuato a causa della longevità della popolazione, una tra le più longeve del mondo, e a quote basse di popolazione occupata oltre i 50 anni.

 

Al campione è stato chiesto un giudizio su come è regolato attualmente il regime pensionistico e sulle motivazioni che hanno spinto a rimanere a lungo nel lavoro o a riprendere l’attività retribuita dopo il pensionamento. I dati hanno evidenziato soprattutto l’importanza che ha per gli intervistati la prospettiva del pensionamento, che fa dichiarare la maggior parte di loro contraria nettamente all’aumento legale dell’età di pensionamento, che per molti rappresenta un traguardo ambito e desiderato. La fine del lavoro infatti viene spesso caricato di aspettative positive, legate all’idea di potere realizzare finalmente se stessi, di aver più tempo per sé e la propria famiglia, spesso per sviluppare una “seconda carriera”, con maggiore libertà e gratificazione personale.

 

Allo stesso tempo l’indagine dimostra che, se è vero che oggi si può continuare a lavorare oltre i limiti attuali dell’età di pensionamento, questo accade in presenza di particolari condizioni lavorative che includono la formazione e la qualificazione della persona, l’ambiente di lavoro e il grado di autonomia e realizzazione di sé che l’attività lavorativa permette.

 

Si torna a lavorare dopo la pensione per motivi economici e per mantenersi attivi

 

Ecco cosa pensano gli italiani della pensione, secondo i dati dell'indagine Ires-Spi.


Lavoratori-lavoratori
Sono persone in piena attività lavorativa, tra i 45 ed i 65 anni, impiegati e operai con un titolo di studio di scuola media superiore. Hanno complessivamente un giudizio positivo del proprio lavoro (interessante per il 60%), ma quasi la metà desidera lasciare il lavoro non appena possibile (46,1%). La ragione per le donne è la stanchezza, mentre per gli uomini l’incertezza delle norme previdenziali. Il 54,2% del campione è contrario a fissare l’età del pensionamento oltre i 65 anni, contro un 29,4% che considera invece questa proposta interessante; la maggioranza degli intervistati ritiene comunque che l’età del pensionamento dipenda soprattutto dal tipo di lavoro svolto. Tra coloro che invece hanno dichiarato di voler lavorare oltre i 65 anni, la fascia di età è quella più vicina alla scadenza dell’impegno lavorativo (55–65): sono soprattutto maschi, spesso laureati, e svolgono professioni intellettuali ad elevata specializzazione. Sul “dopo lavoro” invece gli italiani che lavorano sono quasi tutti d’accordo: viaggi, famiglia, riposo e coltivare i propri interessi personali.


Quasi–pensionati
Sono ormai vicini all’età della pensione ed hanno già presentato la domanda per anzianità. Per il 53,2% di loro il lavoro è faticoso e stressante anche se una percentuale significativa (il 42,4%) lo ritiene interessante. Le ragioni principali della richiesta del pensionamento sono stanchezza e noia, sollecitazioni aziendali (per le donne), motivi di salute, incertezza delle norme pensionistiche (per gli uomini). Quasi la metà degli intervistati reputa che la soglia pensionabile a 65 anni sia stata fissata “troppo tardi” (49,2%) mentre il 37,6% ritiene che “dipende dal tipo di lavoro”. Fra le diverse modalità pensionistiche, la formula più conosciuta è il prepensionamento, seguito dal pensionamento di anzianità, mentre solo il 30% conosce il pensionamento graduale. La metà di coloro che hanno scelto la pensione lo ha fatto come libera scelta, gli altri la considerano una scelta “obbligata” (quasi il 26%) o “indotta”; il 26,2% del campione tornerebbe comunque sui propri passi se il lavoro fosse meno pesante e stressante, il 14,8% rimarrebbe se potesse contare su un sistema di servizi migliore. La maggior parte degli intervistati (oltre il 30%) infine ha dichiarato di non aver intenzione di svolgere alcun tipo di attività retribuita dopo il pensionamento.


Pensionati–lavoratori
Sono pensionati che hanno svolto in passato attività di lavoro dipendente e percepiscono il regolare assegno previdenziale (il 63,8% per anzianità), ma continuano a lavorare. Hanno un’età media di 60,2 anni ed il titolo di studio più diffuso è quello di scuola media inferiore (35,2%), mentre il 13,3%, possiede il diploma di laurea. Le motivazioni del pensionamento sono motivi personali, incertezza delle norme pensionistiche e le sollecitazioni o crisi aziendali. Oltre la metà ritiene che l’età pensionabile posta a 65 anni sia “troppo tardi”. A spingerli a riprendere il lavoro dopo la pensione l’interesse per il lavoro, motivazioni economiche ed il desiderio di mantenersi attivi. Per il 16,3% si tratta di un “proseguimento sotto mutate spoglie del lavoro precedente”, per il 65,8% la situazione attuale ha comportato miglioramenti rispetto alla precedente, il 61,3% di sentirsi più libero, il 36,4% più realizzato. C’è però anche un 45,9% che si è “dovuto accontentare di un lavoro meno qualificato”. La forma contrattuale più diffusa quella del “collaboratore” (55,7%), seguita dai soci titolari e dai consulenti; presente anche una quota di persone che lavorano senza contratto (5,2%), in cui risultano particolarmente rappresentate le alte professionalità.

 

 

 

Indagine Ires-Spi "Lavoro e pensione. Diagnosi di un rapporto critico": Giudizi degli intervistati

I "lavoratori-lavoratori"*

I giudizi sulle prerogative del lavoro

Interessante

60%

Faticoso, stressante

35%

Insignificante

3%

Altro

2%

Giudizi sulle prerogative di lavorare oltre i 65 anni di età

Assurde

54,2%

Interessanti

29,4%

Non lo so

10,4%

Altro

6%

Preferenze sull'età del pensionamento

Non interviene rispetto allo standard dei 65 anni

20,0%

Andare in pensione prima possibile

46,1%

Poter continuare a lavorare oltre i limiti d'età stabiliti

13,9%

Vivere contemporaneamente pensione e lavoro

9,8%

Non lo so

8,5%

Altro

1,7%

Dopo il pensionamento

Volontariato

21,3%

Lavoro retribuito

11,3%

Famiglia, nipoti

20%

Interessi personali

28,4%

Viaggi

9,3%

Nessuna, riposo

6%

Non so

3%

Altro

0,7%

Note:
* Sono persone in piena attività lavorativa, di età compresa fra i 45 ed i 65 anni, di cui erano completamente ignote le propensioni al pensionamento. 

Fonte: Indagine Ires - Spi, 2003

Indagine Ires-Spi "Lavoro e pensione. Diagnosi di un rapporto critico": Giudizi degli intervistati

I "Quasi-Pensionati"*

Motivazioni della scelta

Motivi di salute/usura

16,6%

Esigenze aziendali

12,2%

Incertezza delle norme pensionistiche

15,9%

Preoccupazioni circa la stabilità dell'impiego 

3,1%

Stanchezza, noia

16,9%

Altri interessi

3,1%

Motivi personali

15,9%

Altro

16,3%

Giudizi sulla soglia dei 65 anni per l'età pensionabile

Dipende dal tipo di lavoro

37,6%

Troppo presto

1,0%

Troppo tardi

49,2%

All'età giusta

8,8%

Non lo so

2,4%

Altro

1,0%

Giudizi sul prepensionamento

E' uno spreco di risorse umane/competenze

22,3%

E' un giusto strumento di sostegno del reddito

33,0%

Altro

6,6%

Non lo so

12,2%

E' un regalo fatto alle aziende

25,9%

Attività svolte dopo il pensionamento

Famiglia

34,2%

Nessuna, riposo

34,6%

Lavoro

9,1%

Volontariato

14,8%

Interessi personali

28,5%

Note:
* Sono persone vicine all'età della pensione che hanno già presentato la domanda di pensionamento di anzianità. 

Fonte: Indagine Ires - Spi, 2003

Indagine Ires-Spi "Lavoro e pensione. Diagnosi di un rapporto critico": Giudizi degli intervistati

I "Pensionati-Lavoratori"*

Cause del pensionamento

Sollecitazione, crisi aziendale

21,9%

Preoccupazioni circa la stabilità dell'impiego

5,6%

Incertezza delle norme pensionistiche

28,6%

Poter cominciare una nuova attività

10,2%

Motivi personali

30,6%

Altro

11,7%

Opinioni sulla soglia pensionistica stabilita dall'ultima riforma

Troppo tardi

50,1%

All'età giusta

11,7%

Troppo presto

1,5%

Dipende dal tipo di lavoro

35,2%

Non lo so

1,5%

Cause che hanno indotto a lavorare dopo il pensionamento

Motivi economici

44,6%

Interesse per questo lavoro

32,3%

Fare una nuova esperienza diversa dal passato

15,4%

Mantenermi attivo

27,2%

Altro

2,1%

Note:
* Sono pensionati nuovamente attivi nel mondo del lavoro retribuito, hanno svolto in passato attività di lavoro dipendente e allo stato attuale percepiscono il regolare assegno previdenziale.  

Fonte: Indagine Ires - Spi, 2003 

Miniati (Uil pensionati): ''Sempre più gravi le condizioni di milioni di pensionati.

"Alle campagne di aggressione al sistema previdenziale pubblico siamo ormai abituati. Questa volta, però, la manovra appare molto più pericolosa rispetto al passato, perché al battage pubblicitario si aggiungono fatti concreti". È quanto dichiara Silvano Miniati, segretario generale della Uil Pensionati.

Secondo Miniati, "la delega previdenziale contiene punti inaccettabili come la decontribuzione e l’obbligatorietà di utilizzo del tfr, e assume significati allarmanti se collocata in un contesto che vede la Confindustria all’attacco, mentre cresce il coro di coloro che, facendosi scudo della Banca Europea, pensano all’abbattimento dei diritti previdenziali come soluzione per ridurre la spesa pubblica. Contemporaneamente – continua Miniati - , diventa sempre più grave la situazione di milioni di pensionati, vittime di un processo di erosione del valore reale delle pensioni. Solo dieci anni fa milioni di pensionati percepivano trattamenti modesti, ma tuttavia tali da consentire una esistenza dignitosa. Oggi questi milioni di anziani stanno progressivamente scivolando verso una condizione di povertà e miseria, che, oltretutto, sembra destinata ad aggravarsi ulteriormente. Parallelamente, i prezzi aumentano, le tariffe sociali si riducono progressivamente, i ticket tornano e sono sempre più numerose le prestazioni sanitarie e assistenziali che richiedono una compartecipazione ai costi”.

Sempre secondo Miniati, “il prelievo fiscale sulle pensioni, considerando anche le imposte locali, aumenta invece che diminuire. Non si affronta la drammatica condizione degli anziani non autosufficienti e delle loro famiglie. Non si dà piena applicazione alla legge quadro di riforma dell’assistenza 328/2000”. E, prosegue, “in presenza di una situazione così grave per milioni di cittadini anziani, il Governo rifiuta ogni confronto con i sindacati dei pensionati. Su tutti i temi importanti per gli anziani, (dall’aumento al milione delle pensioni più basse, agli indebiti Inps, all’assistenza, al recupero del potere d’acquisto) il ministro Maroni periodicamente annuncia alla stampa incontri con le organizzazioni sindacali dei pensionati, che regolarmente poi non si realizzano. In questo contesto – conclude – l’annunciato incontro tra le Confederazioni e il Governo per il prossimo 17 aprile ha una grande importanza per tutti i lavoratori italiani, ma ne ha ancora di più per tutti i pensionati. Solo all’interno di un confronto più ampio, infatti, i pensionati potranno porre con forza il problema di un miglioramento dei trattamenti pensionistici così duramente penalizzati negli ultimi anni”.


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