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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

La mappa dei servizi e delle strutture

 

Non è possibile delineare una mappa esaustiva dei servizi e delle strutture indispensabili per dare concrete risposte ai bisogni dei soggetti in formazione: l’ordinamento giuridico ha lasciato in questo campo – tranne che in pochi casi – una ampia libertà organizzativa agli Enti locali, su cui ricade in via principale la competenza in questa materia.

Cercheremo perciò, dopo aver indicato i servizi e le strutture previste da leggi nazionali e di cui pertanto necessariamente gli Enti locali si dovranno dotare, di individuare le aree in cui devono necessariamente impegnarsi gli Enti locali per assicurare al minore quegli interventi che l’ordinamento ritiene essenziali.

In una serie di leggi a tutela del cittadino di età minore sono espressamente indicate una serie di strutture che devono essere create per sviluppare una azione di promozione e tutela dei loro diritti.

La legge n. 451/1997 prevede – accanto a un Osservatorio nazionale per l’infanzia e ad un centro di documentazione e analisi – anche che le Regioni e le province autonome raccolgano ed elaborino su base regionale tutti i dati relativi alla condizione sociale, economica, sanitaria e psicologica dell’infanzia e dell’adolescenza (in particolare sulla condizione sociale, economica, sanitaria e psicologica dell’infanzia e adolescenza) nonché dati sulle risorse finanziarie e la loro destinazione per aree di intervento nel settore e costruiscano anche la mappa dei servizi territoriali e delle risorse attivate dai privati. Si è così finalmente riconosciuto che una seria politica per i soggetti in formazione non può essere impostata senza uno strumento occasionale di rivelazione dei bisogni, delle difficoltà e delle risorse esistenti sul territorio, affinché ciò consenta di impostare piani di intervento organici e globali per migliorare le condizioni di vita dell’infanzia e dell’adolescenza;

Le leggi sull’affidamento familiare e sull’adozione nazionale ed internazionale, contro la violenza nelle relazioni familiari, sul Tribunale per minorenni e sul processo penale minorile prevedono interventi che devono essere compiuti dai "servizi socio-assistenziali degli Enti locali". Tali servizi non sono servizi esclusivamente minorili. La polivalenza del servizio sociale è, sotto vari aspetti, un elemento assai positivo, perché consente di affrontare i problemi del ragazzo insieme ai problemi dei suoi ambienti naturali di vita, che non sono mai in effetti estranei alle difficoltà da lui incontrate e che sono essenziali per il suo recupero. Ma la non specializzazione dell’operatore sociale presenta anche qualche inconveniente, in quanto impedisce quella competenza specifica che sarebbe essenziale per interventi mirati ed efficaci: basta per esempio pensare agli interventi nei confronti degli adolescenti con forti problemi di socializzazione o ai problemi relativi al trattamento dei bambini abusati: Al servizio sociale locale competono una serie di funzioni: sviluppare, in via preventiva, una attività di chiarimento, per il minore e la sua famiglia, dei problemi sottostanti alle difficoltà evidenziate e dei giochi perversi che alcune volte si sviluppano all’interno di un nucleo familiare problematico; sostenere e recuperare più adeguate relazioni familiari; evidenziare e potenziare le risorse positive delle persone; individuare le strutture di secondo livello idonee a trattare i problemi emersi; reperire e formare risorse locali per rispondere alle domande di aiuto che vengono dai cittadini, stimolando anche forme di mutuo aiuto. Inoltre il servizio sociale locale ha anche una fondamentale funzione di collaborazione con il giudice minorile, sia esso specializzato o non: deve non solo sostenere la famiglia problematica o preparare la famiglia problematica o preparare la famiglia sostitutiva al suo gravoso compito (i servizi per l’affidamento familiare di cui parla l’art. 16 comma 3 lettera f della legge-quadro) ma deve anche vigilare sulle realtà sociale per individuare precocemente, e segnalare, le situazioni a rischio che esigono un intervento di protezione operando sulla potestà dei genitori; raccogliere e prospettare al giudice tutte quelle informazioni e valutazioni delle situazioni di vita del minore e delle risorse potenzialmente esistenti che sono essenziali perché il giudice possa individuare ed imporre un progetto di recupero; approfondire specifiche situazioni che esigono chiarimenti; collaborare prima alla costruzione di un progetto per risolvere i problemi del ragazzo e poi, una volta che il progetto sia stato adottato, alla sua realizzazione, valutandone la congruenza ed adattandolo progressivamente alle esigenze sopravvenute o ai cambiamenti realizzati; vigilare sulla esecuzione dei provvedimenti assunti dal giudice.

Le leggi di riforma dell’affidamento e dell’adozione, la legge quadro nonché le normative sul processo penale minorile fanno espressamente richiamo a "comunità di tipo familiare", ovvero a comunità pubbliche e private di accoglienza di minori in difficoltà. Si prevede così, per la cura e l’assistenza ai minori che comunque non possono permanere nell’ambito della propria famiglia e che non possono essere inseriti, definitivamente o temporaneamente, in una famiglia sostitutiva adottiva o affidataria, la necessità di realizzare nuove strutture, diverse dai tradizionali istituti assistenziali ed educativi, che siano maggiormente in grado di dare risposte appaganti alle esigenze di un soggetto in formazione. Non si tratta di realtà che accolgano il minore in "un piccolo istituto", solo più efficace per le sue dimensioni ridotte: si tratta di strutture che costituiscano una realtà alternativa alla filosofia segregante, meramente custodialistica e sostanzialmente chiusa propria dei tradizionali istituti assistenziali. Perciò ogni comunità di accoglienza dei minori deve avere dimensioni ridotte per consentire progetti personalizzati e una conduzione e un clima educativamente significativo; deve utilizzare operatori professionali competenti nelle diverse discipline che possono interessare i minori; deve sviluppare una attiva collaborazione con tutte le istituzioni interessate; deve far usufruire al ragazzo le risorse presenti nel territorio anche con gli altri ragazzi che vivono in famiglia; deve essere ubicata in luoghi abitati facilmente raggiungibili con l’uso di mezzi pubblici; deve avere in dotazione spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione; deve avere in dotazione spazi destinati ad attività collettive e di socializzazione; deve predisporre un progetto educativo individuale la cui attuazione va costantemente verificata.

La legge sui Consultori familiari prevede espressamente che queste strutture debbano effettuare una assistenza alla famiglia "anche in ordine alle problematiche minorili" in effetti molti problemi del cittadino di età minore non possono essere affrontati e risolti se non trattando contemporaneamente tutto il suo nucleo familiare, il che può essere effettuato solo da un organismo che assuma l’intero nucleo familiare, ne individui le perverse e nascoste tendenze, ne scopra le risorse positive, sostenga l’azione di recupero di autentiche e strutturanti relazioni familiari. Basti per esempio pensare ai casi di abbandono del minore, in cui è necessario innanzi tutto verificare se è possibile, attraverso adeguati sostegni e prescrizioni, recuperare il rapporto genitore-figlio prima di pronunciare lo stato di adattabilità; ai casi di adozione in cui è necessario non solo formare genericamente gli aspiranti genitori adottivi ma anche individuare la coppia che meglio può rispondere alle esigenze di quel particolare minore con il suo specifico vissuto; ai casi di violenza o sfruttamento intrafamiliare, in cui è necessario penetrare profondamente nelle reali dinamiche familiari, chiarire i problemi sottostanti alle difficoltà emerse e recuperare relazioni soddisfacenti attraverso un "trattamento" dell’intero nucleo familiare; ai casi di crisi dell’unità familiare in cui non è solo indispensabile un serio sostegno alla coppia in crisi per tentare una conciliazione ma in cui è anche necessario impostare in modo adeguato – se la conciliazione appare impraticabile – le future relazioni, non solo tra i coniugi ma anche tra i genitori e i figli ed individuare il genitore che attraverso l’affidamento può meglio rispondere alle esigenze del bambino e preservare l’altra figura genitoriale; ai casi di ricostituzione di una nuova famiglia sulle ceneri della vecchia per sostenere le nuove relazioni familiari del bambino.


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