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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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Nel volume curato da Cristiano Gori l'analisi delle prospettive dell'assistenza: il Fondo dovrebbe garantire prestazioni a circa 1.530.000 persone, servono tra i 2 e i 4 miliardi. No alla strada della privatizzazione

La riforma dell’assistenza alle persone non autosufficienti è urgentissima, ma non è detto che sia inserita nell’agenda del governo già dalla finanziaria per il 2007, perché il suo costo – secondo varie simulazioni di fonti diverse - oscilla tra i 2 e i 4 miliardi di euro. All’interno della coalizione di maggioranza si confronteranno dunque linee diverse, su cui presto ci sarà però da scegliere. Ma in che cosa dovrebbe tradursi il nuovo intervento pubblico sulla non autosufficienza? E quanto pesa la questione specifica nel calderone delle politiche sociali generali? Sono stati questi i temi centrali del dibattito organizzato a Roma nella sede del Ministero della Salute, al quale hanno partecipato anche i tre sottosegretari dei ministeri coinvolti, Patta per la Salute, Acciarini per la Famiglia e Donaggio per il Ministero della solidarietà sociale. L’occasione è stata data dalla presentazione del volume "La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti”, ipotesi e proposte, a cura di Cristiano Gori, per le edizioni de il Mulino e la Fondazione Smith Kline. Cristiano Gori, che ha curato l’opera e ha coordinato un gruppo di studiosi di alto livello nelle varie discipline coinvolte (scienza delle finanze, politica economica, sociologia, ecc.), ha spiegato le linee del gruppo di coordinamento per l’assistenza continuativa. La ricerca è servita a rendere il quadro completo del problema dell’assistenza, dagli aspetti relativi ai costi, fino alle modalità di intervento in vista di una riforma di cui si sente la necessità già da alcuni anni. Cristiano Gori ha spiegato lo schema seguito per la realizzazione della ricerca. Centrale il tema dei costi. Nel capitolo dedicato alle simulazioni sulle necessità finanziarie, si dice che un ipotetico fondo per la non autosufficienza operante in Italia con particolari criteri di accesso alle prestazioni dovrebbe rispondere a circa 1.530.000 beneficiari. Sempre secondo le simulazioni scelte dai ricercatori, circa il 51% dei beneficiari avrebbe una non autosufficienza poco grave, il 36% di medio livello e il 13% di livello grave. Oltre l’85% dei beneficiari avrebbe più di 65 anni, oltre il 66% più di 75 anni. Di questi beneficiari la maggioranza è composta di donne, il 66%.

Il problema della non autosufficienza non è perciò un fatto statico. Si tratta piuttosto di una problematica in grande evoluzione e in grande crescita. Per ora, vista la composizione demografica dell’Italia riguarda per circa il 50% le regioni del nord. Ma le pressioni demografiche tenderanno a rendere sempre più pesante la non autosufficienza per il resto della società. Sempre in base alle simulazioni demografiche e statistiche utilizzate, si prevede che il numero dei potenziali beneficiari delle politiche di assistenza dovrebbe crescere del 14% entro i prossimi 6 anni. Ma se si guarda a un periodo un po’ più lungo, il numero dei beneficiari dell’assistenza dovrebbe crescere del 40% entro i prossimi 15 anni. Tra il 2040 e il 2050 si avrebbe il raddoppio dei benefici rispetto ai valori attuali. Mentre nel 2004 la platea dei beneficiari si attestava su un milione e mezzo di persone, nel 2050, in Italia, ci saranno oltre 3 milioni di persone che avranno bisogno di assistenza. Alcune stime sono comunque più prudenti di altre perché si tratta di mettersi d’accordo sulle definizioni dei vari gradi di non autosufficienza. Ma a parte le proiezioni per il futuro, c’è da capire di quanti soldi ci sarebbe bisogno da subito. Nel libro curato da Gori, dopo la presentazione di studi e simulazioni molto diverse tra loro (dalle analisi del fenomeno a livello regionale, fino alla studio elaborato secondo il progetto comparativo della London School of Economics), si tenta una sintesi. Si oscilla dunque da un minimo di risorse che si attestano sui 2 miliardi di euro, fino a stime che arrivano a considerare anche 14 miliardi la disponibilità finanziaria necessaria a coprire davvero tutta la domanda. In sintesi: tra i 2,5 e i 6 miliardi è la cifra stimata ormai da quasi tutti gli studiosi per sviluppare i servizi e gli interventi sociali. Nel libro si sostiene perciò che più di 6 miliardi di euro sono considerati necessari per la riforma complessiva dell’assistenza continuativa, ovvero l’insieme dei servizi e degli interventi per i non autosufficienti. L’ex ministro della Sanità del governo Berlusconi, il professor Sirchia, aveva stimato addirittura un fabbisogno di circa 10 miliardi di euro.

E’ un tema dunque molto delicato sia dal punto di vista della quantità di persone che coinvolge, sia dal punto di vista delle risorse finanziarie che sono necessarie per attuare politiche all’altezza della drammaticità delle singole storie individuali. Oltre che di soldi, dunque, bisogna discutere di qualità e di merito dell’intervento in questo settore. Per il curatore del rapporto, c’è quindi bisogno prima di tutto di un nuovo patto istituzionale che coinvolga tutte le parti in causa. Ci vuole poi un monitoraggio serio del territorio e infine è opportuno avviare immediatamente la riforma dell’indennità di accompagnamento. Si tratta cioè di rivedere quelle indennità in base ai reali bisogni delle persone. Gori e il gruppo che ha curato il libro de il Mulino escludono che si possa battere la strada della privatizzazione. Il modello che era stato proposto negli anni passati dell’assicurazione sanitaria privata anche per far capo ai problemi della non autosufficienza non viene indicata come la soluzione o peggio la panacea di tutti i mali. Il tema dell’assistenza ai non autosufficienti rimane una questione di stretta pertinenza pubblica, ovvero dello Stato e degli enti locali. Da questo punto di vista è stato interessante il contributo al dibattito del professor Paolo Bosi (che ha curato con Cecilia Guerra il capitolo sui finanziamenti). Secondo Bosi l’assistenza ai non autosufficienti non potrà che continuare ad essere un trasferimento dal centro alla periferia. C’entra quindi il problema della chiarificazione istituzionale e procedurale a proposito del titolo quinto della Costituzione.

Ranci: ''L'80% della spesa per l'assistenza è a carico delle famiglie''
 

Secondo il docente del Politecnico di Milano l'indennità di accompagnamento va rimodulata: ''si tratta di darla a più persone e di diversificarla''. Ma ''monetizzare il disagio'' non basta

Da che cosa partire per attuare politiche innovative sulla non autosufficienza?
 

Dunque professore, quali sono le priorità?
Il primo tema da considerare riguarda i caratteri del fenomeno. Si tratta di un problema che sta crescendo di importanza di anno in anno. E non si tratta solo di numeri e percentuali. Si tratta anche cambiamenti materiali nella gestione della vita quotidiana delle persone. C’è infatti oggi una maggiore difficoltà delle famiglie a prestare assistenza alle persone non autosufficienti. In più si allunga l’aspettativa di vita e quindi il periodo durante il quale più persone hanno bisogno di assistenza perché diventano non autosufficienti. Il terzo elemento fondamentale nelle trasformazioni di questo fenomeno riguarda l’aumento del tasso di attività femminile. Le donne, oggi, lavorano più di qualche anno fa e quindi si riduce la loro capacità di impegno nella cura di parenti non autosufficienti.

C’è anche una questione più legata all’indennità di accompagnamento non è vero?
Oggi dell’indennità beneficiano circa un milione di persone. Ci sono stime dell’Istat che stimano cifre fino a 2.800-000 di persone che sono comunque interessate all’indennità sia che vivano nella loro case, sia nelle strutture pubbliche. L’assegno è di 440 euro al mese, ma non è questa poi la fonte vera di sostegno. Secondo una ricerca che abbiamo svolto noi al Politecnico l’80% della spesa per l’assistenza alle persone non autosufficienti è tuttora a carico delle famiglie. Detto in altri termini: lo Stato si fa carico oggi del 20% della spesa complessiva per l’assistenza. Il resto è a carico dei privati cittadini, ovvero delle famiglie. Il nostro studio aveva poi preso a riferimento una regione come la Lombardia dove il sistema pubblico è molto sviluppato. Se si dovesse cominciare ad analizzare la situazione che esiste al centro e al sud, le cose peggiorerebbero. Ovvero la quota di spesa pubblica diminuirebbe e aumenterebbe invece il carico sulle famiglie che al sud sono anche più povere. L’altro fenomeno emergente è quello delle badanti.

Che cosa intende? Aumenta il numero delle badanti che sostituiscono i servizi pubblici?
In Italia lavorano già circa 500-600 mila badanti. Ma sono dati imprecisi perché in questo campo c’è molto lavoro sommerso. Si sviluppa sempre di più un mercato privato delle prestazioni, dove aumenta anche il lavoro non regolato. Il problema della non autosufficienza aumenta anche il fenomeno dei ricorsi impropri al servizio sanitario nazionale. E questo aumenta quindi indirettamente anche i costi della sanità più in generale.
 

Torniamo dunque, dopo questa analisi, a quelle che lei vede come priorità...
Un’altra questione che io vedo come prioritaria riguarda il tema del diritto. In Italia, da questo punto di vista siamo molto indietro. Nel resto dei paesi europei il problema della non autosufficienza è trattato ormai come un rischio sociale come altri, come gli incidenti e la sicurezza sul lavoro. Quindi la prima cosa da fare è definire il concetto di diritto all’assistenza. La seconda priorità riguarda l’indennità di accompagnamento. L’assegno che oggi viene dato non copre realmente tutto il bisogno, ovvero non raggiunge tutte le persone che avrebbero realmente bisogno del sostegno finanziario pubblico. Si tratta infatti di analizzare anche la modificazione della platea di riferimento perché stanno crescendo anche patologie che creano nuovi tipi di non autosufficienza. Si pensi alle varie forme di demenza senile o di alzheimer, o di demenza cognitiva. L’altro problema riguarda il carattere diciamo "flat” dell’assegno. E’ un assegno uguale per tutti. Ma non tutte queste persone hanno gli stessi bisogni. Ci sono persone che stanno peggio e che sono anche più povere di altre. Si tratta quindi di diversificare, come si fa già anche in altri paesi. Bisogna graduare la misura in funzione del bisogno. L’altro limite che ci spinge a pensare alla necessità di una vera riforma di questo sistema riguarda il suo carattere puramente monetario. E’ un assegno che si elargisce senza alcuna finalità e senza vincoli. Con quei soldi ci si può pagare la badante, oppure ci si può andare in vacanza oppure – magari – arrotondare per arrivare alla fine del mese. E’ solo una monetizzazione del disagio che non viene accompagnata da pratiche nuove e dall’elargizione di risorse.

Può dunque sintetizzare a questo punto le sue proposte?
Prima di tutto, ripeto, è necessario acquisire una nuova concezione del diritto all’assistenza per in problemi di non autosufficienza. Deve essere un diritto esigibile. La seconda cosa è la rimodulazione dell’indennità di accompagnamento: si tratta di darla a più persone e di diversificarla. Bisogna coniugare una nuova politica dei servizi al sostegno monetario. Sono i temi che andranno discussi presto a proposito del Fondo per la non autosufficienza.


Patta: ''Il sistema così com'è rischia di non reggere l'urto dell'emergenza''

Il governo punta sull'aumento della quota dei servizi offerti. Il Sottosegretario: ''Da definire come finanziare il primo Fondo per la non autosufficienza'', ma il pacchetto di riforme potrebbe essere inserito nella prossima finanziaria

Condizione degli anziani in Italia e problema della non autosufficienza. Sono i temi emergenti nell’ambito delle politiche sociali che il governo Prodi sta cercando di riavviare. Sul tema in particolare della non autosufficienza e delle risorse che dovrebbero essere destinate al fondo, il governo dovrà prendere presto delle decisioni, ma le ipotesi e le linee politiche sono diverse. Ma ci saranno davvero dei fondi su questi problemi a partire dalla finanziaria per il 2007.

Allora, sottosegretario, qual è la sua analisi e quali sono le sue proposte in merito?
Sui temi della condizione degli anziani e in particolare sul problema della non autosufficienza si sta avviando il dibattito parlamentare proprio in questi giorni. Devo anche ricordare che nel programma dell’Unione che ha portato l’attuale governo a palazzo Chigi c’era una parte dedicata a questi problemi sociali e molte proposte di riforma dell’attuale schema delle politiche sociali a favore degli anziani. Si tratta inoltre di problemi ineludibili e in forte crescita come ben sappiamo, viste le attuali curve demografiche. Tutte le città italiane stanno invecchiando e in media la proporzione degli anziani sul totale dei cittadini cresce. Bisogna anche riconoscere onestamente che se questa è la misura del problema, come viene spiegato molto bene nel libro "La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti”, non siamo preparati come si dovrebbe. C’è bisogno di una grande riflessione politica perché basta andare ad analizzare i dati attuali sull’assistenza per accorgersi che ci sono ancora delle differenze abissali. Ed è anche chiaro che dopo tutte le polemiche sulla devolution, ora bisogna attrezzarci per rendere omogenei i servizi che offriamo come Stato.

A che cosa si riferisce in particolare? Al problema dei costi di questi servizi e alla differenza di trattamento da Regione a Regione?
Esiste sia un problema di trattamenti, sia di diversificazione tra territori diversi. Il sistema così com’è oggi rischia di non reggere l’urto dell’emergenza, per questo la prima cosa che ci sembra di dover fare è aumentare la quota di servizi offerti. Si tratta di ristabilire criteri equi di selezione e di ristabilire il giusto equilibrio tra le zone del nord e quelle del sud del paese. Le differenze si vedono anche dai dati contenuti nel rapporto pubblicato da il Mulino e curato dal professor Gori. Aumentano le diversità e le diseguaglianze, oltre alla crescita della domanda di servizi.

Per venire alle questioni di questi giorni e alle prossime scelte che dovrà fare il governo e il parlamento, lei pensa che ci saranno le risorse promesse agli anziani nella finanziaria per il 2007?
Il governo ha intenzione di chiedere e ottenere la delega su queste problematiche. Si tratterà di lavorare alla riforma e alla decisione su come finanziare il primo Fondo per la non autosufficienza. Io immagino che ci potrà essere un decreto delegato alla finanziaria che contenga questo pacchetto. Si tratta ovviamente di vedere quale potrà essere l’entità delle risorse che si mettono in campo da subito e come dovranno essere indirizzate. La mia opinione, avendo la delega dal Ministro Livia Turco per questi problemi, è che si debba partire dall’aumento della quota dei servizi offerti. Oggi non rispondono alle grandi necessità espresse dalla popolazione e che sono continuamente in crescita in tutte le nostre città. Poi bisognerà anche avviare una riflessione sulla qualità degli interventi perché si tratta di un tema sociale e umano delicatissimo e di primaria importanza. Basti pensare alle difficoltà degli anziani non autosufficienti nell’accettare in casa propria delle badanti che non conoscono. O peggio ancora convincersi che magari è meglio un ricovero o una permanenza in un centro specializzato.
 
Tassi di copertura dell'indennità di accompagnamento* rispetto alla popolazione residente ** (al domicilio e in strutture residenziali) per classi di età
La tabella è tratta dal volume "La riforma dell'assistenza ai non autosufficienti" a cura di Cristiano Gori
 
Classi di età
2001
2002
2003
2004
2005
65-69
1,4
1,5
1,6
1,7
1,8
70-79
3,1
3,5
3,8
4,1
4,4
80+
16,1
16,8
17,7
19,1
20,4
Totale
5,5
6,0
6,5
7,2
7,7

Fonte: ISTAT

Note:
(*) Il numero dei beneficiari al 01/01 di ogni anno, è pari al numero di invalidi totali (esclusi invalidi parziali, ciechi e sordomuti) titolari di indennità di accompagnamento e di età pari o superiore a 65 anni.
(**) Si considera la popolazione residente al 01/01 di ciascun anno

Paolo Andruccioli
da Il Redattore Sociale


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