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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
Direttore responsabile: Dario Cillo

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OSSERVATORIO SULLE POVERTÀ - RAPPORTO 2000 - Centro culturale Francesco Luigi Ferrari -2001

 

La pubblicazione de “I Quaderni del Ferrari” ha per obiettivo la diffusione di studi, ricerche e contributi di analisi sulla realtà sociale della provincia di Modena. Il Rapporto dell’Osservatorio sulle Povertà alla sua settima edizione raccoglie informazioni e dati in tre Centri di accoglienza della provincia modenese e si propone di avviare una riflessione più ampia “verso un nuovo modello di sviluppo” che vada oltre la semplice analisi e il commento statistico. Vengono presentati brevi articoli relativi alle tre realtà di Modena Carpi e Mirandola. Seguono le riflessioni e gli interventi di: Walter Nanni sociologo e consulente dell’Ufficio Studi della Caritas Italiana; Gianromano Gnesotto direttore della rivista L’Emigrato; don Ermenegildo Manicardi preside dello Studio Teologico Accademico Bolognese; Francesco Falcone segretario generale UST CISL Modena; Giovanni Bursi presidente ARETES; Gianpiero Cavazza presidente Centro culturale F.L. Ferrari; Paolo Silingardi amministratore delegato ACHAB Group e Giorgio Razzoli assessore provinciale al lavoro, Politiche Socio-Sanitarie e delle famiglie. I dati sono stati raccolti nel periodo che va dal 1995 al 2000.

 

Caritas Europa

 

Caritas Europa, settore europeo della Caritas internazionale, riunisce 48 Caritas nazionali in circa 44 Paesi europei e si occupa di attività sociali e umanitarie. Risiede a Bruxelles e ha per scopo la promozione e la diffusione della carità, della solidarietà, della giustizia sociale, con compiti di collegamento e confronto tra le varie Caritas europee e di lobby a livello di politiche europee. È nata nel 1992, anno in cui le Caritas dei Paesi membri dell’Unione Europea, fino ad allora riunite nel gruppo Euro-Caritas, decisero di aprirsi anche agli altri Paesi europei. Un cambiamento strutturale significativo, segno della volontà di unione dell’intero continente.
Oggi Caritas Europa è una confederazione, composta da circa 45 Stati europei che utilizzano 43 lingue e tre differenti alfabeti. Sempre più importante è divenuta la cooperazione e il coordinamento all’interno della regione europea e con le altre regioni di Caritas Internationalis: Africa, Asia, Mona (Medio Oriente e Nord Africa), Oceania, America Latina/Caraibi e Nord America. La sua struttura organizzativa prevede: un’assemblea generale detta Conferenza regionale, un Consiglio di amministrazione chiamato Commissione permanente (4-6 membri, più il Presidente, attualmente Denis Viénot), un Segretariato Generale e gruppi di lavoro per temi, con rappresentanti dei vari Stati membri. Il Presidente di Caritas Europa è anche Vice-Presidente di Caritas Internationalis, responsabile della regione Europa.


Le sfide da affrontare nel futuro sono: diseguaglianze sociali, disoccupazione, multietnicità, aumento delle migrazioni, globalizzazione e crescente ruolo degli organismi internazionali. Si sta gradualmente delineando un nuovo assetto di Caritas Europa. Quattro sono le Commissioni attivate, che riflettono le scelte prioritarie: Migrazioni, Politiche sociali, Cooperazione internazionale e Comunicazioni. Avviata anche una task force per le emergenze - per elaborare piani d’azione e curare la formazione delle Caritas in questo settore - e un gruppo di lavoro sugli aiuti allo sviluppo. Negli anni scorsi Caritas Europa ha redatto un rapporto sull''embargo internazionale nei confronti dell''Iraq e un altro sulla definizione di standard comuni in Europa per accogliere i richiedenti asilo politico.

 

Dal primo "Rapporto sulla povertà in Europa", redatto da Caritas Europa, emerge una fotografia della società e delle politiche sociali del vecchio continente, alle prese con una distribuzione sbilanciata delle risorse, con una forte discriminazione femminile in ambito lavorativo, con tassi ancora alti di mortalità dei neonati e investimenti oscillanti in ambito formativo. Ecco alcuni dati.

 


La distribuzione non equa delle risorse. Nel Regno Unito il 20% dei ricchi possiede il 43% delle risorse disponibili e il 20% dei poveri usufruisce soltanto del 6,6%: dati che superano quelli della Bielorussia, della Croazia e dell’Ucraina. In Turchia, Paese candidato all’Unione, il 20% del ceto abbiente ha a disposizione quasi la metà della ricchezza (47,7%), mentre al 20% dei poveri resta il 5,8%. Fra gli Stati non candidati, la disuguaglianza più evidente si verifica nella Federazione russa, dove il 20% dei ricchi ha il 53,7% delle risorse: a un quinto dei più poveri ne resta appena il 4,4%.


La “femminilizzazione” della povertà. In Europa cresce l’emarginazione e la discriminazione delle donne: le stime riferite all’Unione, nel ’99, evidenziano che il salario femminile è il 51,8% di uno stipendio maschile; lo scarto più significativo si registra a Malta (27,7%), mentre negli Stati esterni all’UE la Lituania emerge per il 67,11%, seguita dall’Armenia (66,11%); significativi anche i dati dell’Ucraina. In Turchia, invece, la paga delle donne scende al 44,8% di quella degli uomini. Nei Paesi Ue le donne guadagnano il 51,8% degli stipendi degli uomini. Il dislivello meno elevato è in Gran Bretagna (71,5% dei redditi maschili); in Italia le retribuzioni femminili arrivano al 43% del reddito medio degli uomini.

Istruzione e formazione. Quanto investono i governi europei nell’istruzione? La percentuale del Prodotto interno lordo destinato a questo scopo, negli anni 1995-97, in Svezia arriva all'8,3% e in Danimarca all’8,1%; fanalini di coda la Turchia (2,2%) e l’Armenia (2%). Il tasso di alfabetizzazione e le spese finalizzate all’educazione si riflettono nell’uso delle tecnologie informatiche, che il Rapporto di Caritas Europa definisce “una caratteristica essenziale della globalizzazione”. Le differenze sono macroscopiche: quattro Paesi - Svizzera, Svezia, Norvegia e Irlanda - dispongono di 400 computer ogni mille persone, in Grecia le quote scendono a 60,2 pc su mille abitanti, a 67 in Croazia e 8 in Moldavia.


Disoccupati e “working poor”.
La disoccupazione, soprattutto quella di lungo periodo (oltre 6 mesi), rappresenta una delle principali cause della povertà, collegata all’analfabetismo o a una scarsa formazione e acquisizione di competenze, ritenute “insufficienti per rispondere alle esigenze del mondo tecnologico attuale, in continuo cambiamento”. I disoccupati - soprattutto giovani, persone di mezza età e disabili, fisici o psichici – si trovano in tutta Europa: in Austria, ad esempio, il 32% dei disoccupati di lungo periodo vive sotto la minaccia della povertà. Nel 2000 il tasso di disoccupazione in Finlandia è aumentato del 9,8%: un dato che comprende il 21,4% dei giovani fra i 15 e i 24 anni. La Polonia, nel 2001, contava circa 3 milioni di disoccupati.

Poi ci sono i lavoratori poveri (“working poor”) a motivo dei salari esigui; fra loro anche medici e insegnanti. Nella Federazione russa e in Ucraina i bassi stipendi (circa 30 euro al mese), oltre ai ritardi nei pagamenti, provocano esodi di massa; per la scarsa retribuzione solo a Istanbul, in Turchia, oltre un milione di persone soffrivano di denutrizione lo scorso anno. Questa situazione incentiva, come “effetti collaterali”, conseguenze sociali negative: dalla tossicodipendenza in crescita fra i giovani norvegesi e slovacchi, all’alcolismo, che in Polonia coinvolge circa un milione di persone.


Famiglie monoparentali o numerose. In 14 Paesi (Austria, Francia, Germania, Lussemburgo, Paesi Bassi, Gran Bretagna, Andorre, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, Slovacchia, Armenia e Bielorussia) è particolarmente critica la situazione delle famiglie monoparentali soprattutto al femminile. Queste, insieme agli anziani, rappresentano le categorie principali di persone che vivono sotto la soglia della povertà. In Lussemburgo, ad esempio, sono il 12% della popolazione, mentre in Austria il 47% dei genitori soli disoccupati sono in condizioni di “povertà cronica”, anche per la mancanza di sussidi governativi. Si trovano nelle stesse difficoltà le famiglie con due o tre figli in alcuni Stati; il problema viene accentuato per gli alloggi inadeguati e l’impossibilità di accedere agli asili nido per i bambini. Il sistema sociale, infatti, “è chiaramente concepito in funzione di una concezione della famiglia che appartiene al passato – nota Caritas Europa -, con un capofamiglia che lavorava, generalmente l’uomo, e l’altro partner che si occupava dei bambini”. I bassi salari, l’instabilità dell’impiego, la disuguaglianza tra uomini e donne, i servizi di aiuto all’infanzia inadeguati sono elementi che avvicinano sia le famiglie monoparentali che quelle numerose al rischio di povertà cronica.

La mortalità infantile. È più elevata in Italia, insieme a Belgio, Grecia, Irlanda, Spagna e Gran Bretagna, dove i decessi sono 6 ogni mille nati vivi, mentre Repubblica Ceca e Slovenia si attestano a 5, in Croazia 8. In Turchia il numero sale vertiginosamente a 40 bimbi morti ; alto il dato anche di Albania (29 decessi su 1.000) e Moldavia (27).


Gli anziani. In 17 Paesi europei – compresa l’Italia, in particolare il centro-nord – gli anziani sono fra i più poveri della società, per le pensioni troppo esigue. In Belgio, ad esempio, le pensioni rappresentano il 37% di un salario medio; in Bulgaria la pensione sociale media si aggira intorno ai 40 euro e quella minima ammonta a 23 euro, mentre scende a 12 euro in Ucraina, senza che venga garantita l’assistenza sanitaria gratuita al 30% degli anziani sotto la soglia di povertà. In un’Europa in cui la crescita demografica registra dati negativi e l’aspettativa di vita si allunga, gli anziani rappresentano “una delle fasce più importanti della società”, commenta Caritas Europa. “Dopo aver pagato per decenni contributi economici, le persone anziane dovrebbero avere la possibilità di vivere una vecchiaia serena”.


I richiedenti asilo. Il numero di richiedenti asilo in Europa, nel 2001, è cresciuto a 21 milioni e 800mila, dei quali 12 milioni di rifugiati (55%) e 900mila richiedenti asilo (4%). La maggioranza dei rifugiati si trova nei Paesi limitrofi. Alla fine del 2000 l’Asia aveva accolto il più alto numero di rifugiati (44,6%), seguita dall’Africa (30%), dall’Europa (19,3%), dall’America del Nord (5,2%), dall’Océanie (0,6%) e dall’America Latina e i Caraibi (0,3%). I richiedenti asilo, che fuggono dalle guerre e dalla persecuzione, spesso si trovano ad affrontare “un sistema ostile et tenacemente burocratico”, osserva il Rapporto. In Francia la situazione dei rifugiati è critica e gli aiuti per ogni adulto si concretizzano in 274,40 euro per la durata di 12 mesi. In Germania i richiedenti asilo, come gli immigrati, appartengono a una categoria fortemente a rischio di esclusione sociale; i loro lavori sono generalmente mal pagati. La Yugoslavia si trova in una situazione particolarmente delicata a riguardo: la grande affluenza di cittadini serbi, montenegrini, rom in arrivo dal Kosovo, ha fatto sì che oltre 500mila persone giungessero a nord del Paese. Circa 625.800 rifugiati, originari della Bosnia Erzegovina, sono dispersi in 40 Stati diversi.


Le minoranze etniche e il caso dei Rom. Secondo Caritas Europa, il continente è caratterizzato da “forme inaccettabili di razzismo e xenofobia nei confronti delle minoranze”. Un esempio? Nell’ottobre ’99 vivevano in Europa 8 milioni di Rom, di cui 6 milioni in Europa centrale e orientale; le comunità sono più numerose in Romania (tra un milione 800mila e 2milioni e mezzo), Bulgaria (circa 800mila), Ungheria (circa 600.000), Slovacchia (circa 500.000) e nella Repubblica Ceca (300.000).

In Bulgaria il popolo Rom appartiene alla categoria delle persone con un tasso di disoccupazione elevato, d’analfabetismo, di scarsa qualificazione professionale e un elevato abbandono scolastico. Nel decennio scorso in Ungheria la comunità Rom si è ritrovata ai margini della società e il governo ha preso in considerazione i loro problemi, in particolare quello dell’istruzione. In Slovacchia l’aspettativa di vita media della popolazione Rom è di 15 anni più bassa rispetto al resto del popolo slovacco. Il 95% dei Rom macedoni sono disoccupati, quindi svolgono attività illegali; non dispongono di alcun servizio pubblico di base (come il telefono e l’elettricità, l’acqua e i servizi sanitari). In Romania fanno parte della categoria “vulnerabile della popolazione, che soffre di privazioni sociali ed economiche”.

 

Povertà minorile: le stime in Europa

 

Alcune organizzazioni europee (Euronet, European Childen’s Network) e la rete European for child welfare hanno presentato a Bruxelles nel gennaio 2002 un rapporto dal titolo “Inclusione dei bambini: sviluppo di una approccio coerente alla povertà dei bambini e alla esclusione sociale in Europa”.


All’alba del terzo millennio il numero dei bambini che vivono in stato di povertà è causa di allarme. Un fenomeno che sembra riguardare 17 milioni di bambini in Europea. In alcuni stati 3 bambini su 10 vivono in famiglie con un reddito che è al di sotto del 60% rispetto alla media nazionale, ovvero la soglia per calcolare lo stato di povertà ormai ampiamente accettata in tutta Europa. All’interno dei Paesi dell’Unione Europea la situazione è molto diversa: si va da un minimo del 5,5% di bambini che vivono questa condizione in Svezia alla situazione della Gran Bretagna dove i minori in difficoltà risultano pari al 30,1%. Il secondo paese dopo la Gran Bretagna è proprio l’Italia con il 28,8% di minori in stato di povertà.


La ricerca ha mostrato anche che le famiglie povere spendono gran parte del reddito per i loro bambini; i genitori, in particolare le madri, fanno sacrifici molto alti per il bene dei figli arrivando a sostenere privazioni essi stessi piuttosto che far subire disagi ai bambini. I nuclei familiari che sperimentano per un breve periodo la povertà spesso tendono ad ammortizzarne gli effetti sui loro bambini ma a volte questo può essere causa di tensione e esaurimento all’interno delle famiglie.


Il documento si concentra sul fatto che la povertà dei bambini ha forti costi potenziali per la società e inoltre considera le conseguenze del crescere poveri. Studi sulla disuguaglianza hanno mostrato che per un bambino che viene da un’infanzia di privazione le cose che si possono ottenere sono più limitate della media. Questa situazione è evidente in tutta una serie di fenomeni: mortalità dei bambini, tasso di malattia, bambini che hanno incidenti casuali, negligenza e abusi fisici, minorenni che restano incinta, povere condizioni abitative, educazione, carenza di autostima e suicidi.


Non ci sono dimostrazioni invece che esistano legami tra lo stato di povertà dei bambini e fenomeni quali la criminalità, abusi sessuali, abuso di droga e alcol e lavoro minorile.
Non va neanche sottovaluto il problema della percezione che i bambini possono avere delle loro condizioni. Oltre ad essere privati di opportunità e beni materiali, infatti accumulano stress e provano dolore quando percepiscono la loro condizione che può arrivare a creare forme di esclusione. Compagni di scuola che sottolineano l’abbigliamento dimesso, il raffronto tra la propria casa e quella dei compagni di scuola, il non aver nessuna vacanza da raccontare sono situazioni che possono sottoporre i minori ad una pressione eccessiva che spesso rimane inespressa.

Fonte: Rapporto inclusione dei bambini: sviluppo di un approccio coerente alla povertà dei bambini e all''esclusione sociale in Europa, 2002

 

Le condizioni sociali peggiori in Italia e Gran Bretagna

 

Un continente che presenta ancora situazioni estese di povertà, Italia in testa: è il quadro che emerge dal primo “Rapporto sulla povertà in Europa”, reso noto nei giorni scorsi a Bruxelles. Il dossier è stato curato da Caritas Europa, che ha condotto uno studio statistico e descrittivo della condizione sociale nel continente grazie ai contributi di 43 Caritas nazionali; le fonti delle statistiche sono, nella maggioranza dei casi, il Rapporto 2001 stilato dal Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, l’Eurostat e la Banca Mondiale. Il Rapporto redatto da Caritas Europa è stato inviato a tutte le istituzioni europee, ai governi dei singoli Stati e alle Caritas nazionali, che hanno il compito di diffonderlo nelle sedi diocesane e parrocchiali.
Considerando come soglia della povertà la metà del reddito medio, tra gli Stati membri dell’Unione la percentuale più elevata della popolazione povera tra il 1987 e il 1997 si registra in Italia (14,2%) e nel Regno Unito (13,4%). Belgio e Finlandia raggiungono il 5,2%. Ma in confronto con i dati rilevati negli stati esterni all’Unione o candidati ad entrarvi, il nostro Paese e la Gran Bretagna totalizzano una percentuale più alta di poveri rispetto anche alla Repubblica Ceca (12,3%), all’Ungheria (10,1%), alla Polonia (11,6%) e alla Slovacchia (2,1%). Tra gli Stati non candidati la Federazione russa registra il maggior numero di poveri (20,1%), mentre i Paesi a più basso reddito sono Armenia, Georgia, Moldavia e Ucraina. Grecia, Armenia e Turchia devolvono dal 2 al 3% del Prodotto interno lordo all’educazione, Svezia e Polonia l’8%, Moldavia l’11%. I Paesi sono stati divisi in tre gruppi: i membri dell’Unione, gli Stati candidati ad aderire all’UE, infine i Paesi che non sono attualmente candidati. Dai risultati emersi – che denunciano la carenza delle politiche sociali nella protezione delle fasce più deboli della popolazione - si delineano alcune priorità, secondo Denis Viénot, presidente di Caritas Europa: “l’accesso al lavoro e la lotta contro la discriminazione, l’aiuto economico per l’istruzione dei bambini in famiglie disagiato e lo sviluppo di scambi economici e di solidarietà tra Europa dell’est e dell’ovest”. Al Consiglio europeo di Barcellona, previsto il prossimo 15 marzo e incentrato su occupazione e formazione, Caritas Europa invierà un delegato; in seguito verrà redatto un documento politico da inviare alle Istituzioni europee e ai Governi, indicando suggerimenti sulla lotta alla povertà. (lab)

 

Povertà assoluta in Italia: i principali indicatori 
per ripartizione geografica
Anni 1999 - 2000

 

NORD

CENTRO

MEZZOGIORNO

ITALIA

1999

2000

1999

2000

1999

2000

1999

2000

Migliaia di unità

famiglie povere

140

163

108

116

790

675

1.038

954

persone povere

325

383

340

341

2.612

2.213

3.277

2.937

Composizione percentuale

famiglie povere

13,5

17,1

10,4

12,2

76,1

70,7

100,0

100,0

persone povere

9,9

13,0

10,4

11,6

79,6

75,4

100,0

100,0

Incidenza della povertà (%)

famiglie

1,4

1,6

2,6

2,7

11,0

9,4

4,8

4,3

persone

1,3

1,5

3,1

3,1

12,6

10,7

5,7

5,1

Intensità della povertà (%)

famiglie

18,5

15,4

18,9

20,1

19,8

19,9

19,6

19,3

Fonte: ISTAT

 

 

Povertà Italia: povertà tra le famiglie con figli
Per tipologia familiare e numero di percettori di reddito 
Anno 2000 - valori percentuali

 

Fino a 1 percettore

2 o più percettori

Italia

Tipologia familiare

 

 

 

Coppia con un figlio minore

15,8

5,4

10,0

Coppia con due figli minori

23,5

7,4

15,9

Coppia con tre o più figli minori

35,2

7,2

26,0

Monogenitore con solo figli minori

11,8

*

11,4

Monogenitore con solo figli maggiori

17,3

10,1

12,7

Coppia con solo figli maggiori

21,8

7,6

11,1

Altre tipologie familiari con minori

31,8

11,7

19,4

Altre tipologie familiari senza minori

21,5

14,1

15,7

Totale famiglie

15,1

9,2

12,3

* Valore non significativo a causa dela scarsa numerosità

Fonte:  Istat "Indagine sui consumi delle famiglie 2000"

 

 

 

 

Povertà Italia: povertà relativa tra le famiglie con minori
Per ripartizione geografica - Anno 2000 

 

Nord

Centro

Mezzog.

Italia

Migliaia di unità

 

 

 

 

Famiglie con minori

2.709

1.188

2.660

6.556

Famiglie con minori povere

184

130

698

1.011

Minori

3.891

1.764

4.435

10.089

Minori poveri

290

198

1.216

1.704

Compos. percentuale

 

 

 

 

Famiglie con minori

41,3

18,1

40,6

100,0

Famiglie con minori povere

18,2

12,8

69,0

100,0

Minori

38,6

17,5

44,0

100,0

Minori poveri

17,0

11,6

71,4

100,0

Diffus. della povertà (%)

 

 

 

 

Famiglie con minori *

6,8

10,9

26,2

15,4

Minori **

7,4

11,3

27,4

16,9

Intensità della povertà (%)

 

 

 

 

Famiglie con minori

17,4

18,4

23,7

21,8

·          Famiglie con minori povere sul totale delle famiglie con minori
** Minori poveri sul totale dei minori

Fonte:  Istat "Indagine sui consumi delle famiglie 2000"

 

 

Rapporto Europa della Caritas. Il crollo del blocco dell'Est ha creato oltre 150 milioni di indigenti

 

Le cause della povertà in Europa sono da ricercare sua nelle ripercussioni geopolitiche del crollo dell’Unione Sovietica e del blocco dell’Est, che ha provocato l’emergere di oltre 150 milioni di “nuovi poveri”. È l’analisi del primo “Rapporto sulla povertà” del continente curato da Caritas Europa e diffuso nei giorni scorsi. Inoltre la “recrudescenza dei conflitti nel mondo – compresa l’Europa orientale” ha provocato l’aumento massiccio del numero di rifugiati, sfollati, richiedenti asilo e immigrati. A questo si aggiunge l’accelerazione del processo di globalizzazione, “occasione per una più grande ingiustizia”, denuncia il Rapporto. Infatti si sono globalizzati anche “la tratta di esseri umani, il traffico di stupefacenti e il terrorismo internazionale”.
Il Rapporto si conclude con alcune proposte politiche: attività mirate all’impiego (per lavori di lungo periodo); potenziare istruzione e formazione, insieme alla protezione sociale; aumentare gli aiuti per le famiglie monoparentali e numerose (con oltre 3 figli a carico), per gli anziani (garantendo pensioni adeguate), i richiedenti asilo, gli immigrati e le vittime della tratta (ad esempio snellendo le procedure). Inoltre occorre implementare le relazioni tra l’Unione europea e i Paesi dell’Europa centrale e orientale, i Paesi candidati all’Unione e i non candidati. Cominciando da una “solidarietà finanziaria” significativa fra tutti gli Stati, che favorisca lo sviluppo economico dei Paesi in difficoltà.

 

Donne vittime delle tante povertà

 

Secondo stime ufficiali 50.000 sarebbero le donne schiave avviate alla prostituzione in Europa. Il mercato del sesso è più fruttuoso di quello della droga e delle armi. Solo in Italia viene alimentato da ben 9 milioni di fruitori. L’intervento di Carmen Bertolazzi, presidente dell’Ass. Ora d’Aria - Per i diritti e le libertà, attiva nel campo del recupero di chi ha subito il dramma della tratta e impegnata a condurre un lavoro paziente e capillare per cercare di restituire la libertà alle schiave del sesso.

vedi testo completo

 

Strategia comunitaria contro l'esclusione sociale

 

Oltre 60 milioni di persone dell'Unione europea sono a rischio di povertà. Categorie a rischio sono: infanzia, giovani, anziani, disoccupati, famiglie monoparentali. Per far fronte a questa situazione, la Commissione europea ha approvato una relazione che analizza la politica dei governi europei in materia di integrazione sociale. La relazione individua i principali fattori di rischio che accrescono la minaccia di povertà e le principali sfide che gli Stati membri dell'Ue devono affrontare e in parte stanno già affrontando.

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