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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
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REFERENDUM: LE PERPLESSITA’ CHE NON ESCLUDONO PERO’DI VOTARE

 

            Adesso che la propaganda, talora sgangherata, cede il passo alla riflessione pacata, mi sento di intervenire su questo referendum.

            Giuliano Amato è solito dire  che i cattolici hanno una marcia in più  dei laici,  dei quali  egli è uno dei più qualificati esponenti, nell’affrontare  i problemi etici, perché hanno la fede.

                      E lo stesso argomento ho sentito esprimere dal presidente Pera durante la presentazione del libro sul relativismo etico scritto da lui e dall’allora Cardinale Ratzinger.

Inoltre la campagna condotta già prima del referendum da Luca Coscioni sulla necessità  della ricerca scientifica per superare le minorazioni che portano all’handicap in tante persone, delle quali egli è indubbiamente un testimonial del massimo rispetto, costringe chiunque a riflettere sugli aspetti etici della ricerca medesima.

            Io sono un cattolico, come usa dire “praticante” ed un minorato visivo e quindi interpellato a doppio titolo dai 4 quesiti referendari.Desidero quindi, per quanto possa occorrere, dire pure la mia, ben consapevole che su questi temi sia i cattolici che  le persone con disabilità siamo divisi in una grande varietà di posizioni, come è bene che sia in uno Stato democratico dove è garantito a tutti il diritto di libertà di manifestazione del pensiero.

            Come cattolico, debbo smentire , almeno su questa vicenda referendaria, Amato e pera. Infatti i  4 quesiti referendari non sono così semplici come le contrapposte propagande hanno dato ad intendere, ma ciascuno di essi ha un grappolo di domande, che avrebbero potuto essere ciascuna oggetto di singoli quesiti.  Ad  es. il primo quesito non si   limita a chiedere la possibilità di utilizzare per la ricerca le cellule staminali embrionali, ma consente anche l’utilizzo  degli embrioni congelati . Ora, sull’uso di cellule staminali embrionali né la scienza né la fede ci  hanno dato ancora certezze circa il momento in cui nasce la vita umana, e quindi da cattolico ritengo, nel dubbio,  di   votare “NO”, sull’uso degli embrioni  attualmente congelati e destinati a morte certa, non avrei remore a votare “SI”; solo che il quesito,  come è posto, non si limita agli embrioni attualmente congelati , come invece è stato ripetutamente affermato, ma riguarda tutti i futuri congelabili ; ed allora il mio dubbio riprende sopravvento.

            Il secondo quesito  sull’abrogazione dell’obbligo di trapianto dei tre ovuli fecondati,  , mi vede invece , in base alla vigente legislazione, favorevole al “SI”. Infatti che senso ha  imporre alla donna l’obbligo di trapiantare un ovulo malato, se poi la L.n. 194 le consente di abortire pochi giorni dopo?La doppia violenza psicofisica operata sulla donna  mi sembra inaccettabile per qualunque persona , credente o meno, di buon senso; né si obietti che mancherebbe la possibilità concreta di impiantare l’ovulo malato contro la volontà della donna. Se siamo chiamati a dire la nostra su una norma di legge, oggetto del “si  “ o del “no” è il contenuto della norma e non già la sua pratica applicabilità

            Il terzo quesito sui diritti dell’embrione, pur essendo un’assoluta novità nella plurimillenaria cultura giuridica, sempre per il dubbio circa il momento  della nascita della vita umana,  mi induce a votare “NO”, pur rendendomi conto che una tale netta formulazione legislativa vada necessariamente meglio articolata, ove si volesse considerarla un passo avanti nell’emersione della dignità  della persona umana, prima non ritenuta tale se  in stato di schiavitù, e  non ritenuta legalmente tale se semplice embrione sino  all’entrata in vigore della L.n. 40/04. Sulla forzatura operata dalla L.n. 40/04 è  acutamente intervenuto Stefano Rodotà, citando una sentenza della Corte costituzionale, presieduta da un Cattolico, come il prof Bonifacio, che negava all’embrione, prima della L.n.40, la qualificazione giuridica di persona.

            Il quarto quesito  circa il divieto di fecondazione eterologa è quello che non dovrebbe creare alcun problema di carattere etico e religioso, dal momento che qui non si distrugge alcun ovulo per dare la vita  o la salute ad un’altra persona. Io quindi sono orientato a votare “SI”.  Ed è invece singolare sentire dai tanti politici  di maggioranza ed opposizione, soprattutto maschi, che essi su questo quesito voteranno “NO”. Qui , caso mai, ci potranno essere problemi giuridici circa il diritto o meno alla ricerca della paternità, come ha acutamente osservato Pietro Rescigno in un recente articolo. Ma la morale , a mio avviso, qui non viene chiamata in causa, né quella sessuale, né quella sul diritto alla vita. Mi chiedo se invece non giochi, su questo quesito, una radicata mentalità maschilista che non accetta un altro padre naturale diverso da quello ufficiale e noto. Ma per questi aspetti, la legge potrebbe essere modificata, senza l’assurdità di contrapposte barricate, come avevano  già suggerito  giuliano Amato ed altri.

            Questo per quanto riguarda i contenuti dei quesiti. Ma perplessità, come cattolico, mi hanno suscitato pure le modalità di battaglia referendaria, soprattutto sul problema dell’astensione.

            Come cattolico, educato dal concilio vaticano II sulla dignità dei fedeli laici nella comunità ecclesiale e sul loro dovere di assumersi le loro responsabilità nelle questioni della vita pratica, ho    ritenuto normale e doveroso il richiamo della gerarchia ecclesiale sul diritto alla vita della persona umana fin dal  concepimento, dal momento che la nostra visione della vita questo ci fa credere. Ho ritenuto invece una violazione dei principi conciliari il pesante e massiccio intervento della gerarchia ecclesiale sulle strategie politiche da utilizzare per ottenere i risultati dell’intangibilità di una legge che essa accetta, secondo la morale cattolica, solo come “un male minore”, rispetto alla totale mancanza di regolamentazione. Non nego con ciò la legittimità della scelta  di non andare a votare perché non venga raggiunto il “quorum”; ma tale scelta  doveva essere operata e  propagandata, come hanno  giustamente osservato Scoppola  ed altri cattolici,  esclusivamente dai fedeli laici  o dai “laici devoti”,, come si è autodefinito Giuliano ferrara ed altri proclamatisi atei, ma non dalla gerarchia ecclesiale che si è coinvolta nella mischia della politica quotidiana spicciola. Se poi si volesse giustificare questo comportamento , a mio modesto avviso, lesivo della dignità episcopale, dei fedeli laici e del concilio, con l’argomentazione che la posta in gioco era troppo grossa  per   rischiare di non raggiungere il risultato del mantenimento della legge, allora bisogna mestamente prendere atto che si è capovolto un principio fondamentale dell’etica, secondo il quale “ il fine nondeve giustificare i mezzi”. E paurosamente al di sopra delle righe mi è sembrata in tal senso la polemica condotta anche da alcuni articoli  dell’Avvenire( giornale da me molto apprezzato proprio perché  sempre equilibrato ) contro quanti hanno sostenuto la legittimità della scelta di recarsi a votare; mi riferisco in particolare all’attacco  contro le tesi del prof Ainis sulla illegittimità costituzionale del comportamento degli astensionisti.Le tesi costituzionali di Ainis sono discutibili quanto quelle contrarie. Mentre   legalmente assai discutibili mi sono sembrati  gli inviti di politici responsabili delle istituzioni a non votare, in presenza di norme ben precise che tale comportamento vietano.

            Ma quando la polemica  prende il sopravvento sulla ragione, il rischio che  ragione e diritto vadano mandati a dormire è assai forte.

            Questo per quanto riguarda il mio essere cattolico.

            Quanto ad essere io appartenente anche al variegato mondo della disabilità, mi ha indotto ad alcune riflessioni sulle perplessità che ci hanno attraversato.

            Infatti non c’è dubbio che  far crescere la ricerca scientifica per ridurre o superare sempre più le malattie e le minorazioni invalidanti sia l’obiettivo di tutti. Ma ; per chi, come me, ritiene ( per sola fede e senza alcuna certezza scientifica) che l’embrione è persona, nel dubbio sul momento in cui nasce la vita, mi spinge a non subordinare la vita dell’embrione a quella di qualità migliore  delle attuali e future persone con disabilità.

            Ed ancora più complesso diviene il problema con riguardo al secondo quesito sull’accettazione o il rifiuto d’impianto di un ovulo malato. Il rifiuto di tale embrione, sempre nel dubbio che possa essere già persona, pone noi persone con disabilità di fronte alla nostra accettazione come persone già handicappate, che cioè, ci siamo fatte forza ed abbiamo lottato e lottiamo perché la società ci accetti come siamo ed anzi ci integri nel suo contesto con la stessa dignità delle persone cosiddette “sane”.Se siamo convinti che l’embrione è persona, possiamo accettare di distruggerlo perché malato? Certo non dobbiamo imporre ciò anche  alle madri che non hanno questa concezione della vita ( e perciò la legge va cambiata su questo punto); ma possiamo accettare puramente e semplicemente che  ciò che , riteniamo un essere umano, possa avere meno dignità di altri, solo perché nascerà con disabilità?Ne va del senso di tutte le nostre lotte.

            Queste perplessità hanno correttamente indotto la F I S H ( federazione italiana per il Superamento dell’Handicap) a non prendere posizione sui quesiti referendari , che pur ci toccano tanto da vicino, proprio a causa delle diversissime  opinioni su questo delicatissimo aspetto dei  nostri fondamentali valori esistenziali.

Se la saggezza dimostrata dalla F I S H fosse stata dimostrata dai polemisti scatenati delle due parti, probabilmente la battaglia referendaria sarebbe stata più serena ed avrebbe consentito alla gente di capire  di più i termini dei problemi, che invece  sono stati offuscati sia dalle contrapposizioni ideologiche, sia ( ed ancor più gravemente, come  denunciato dai radicali) da un “assordante silenzio della Radio e della televisione.

            E capire i reali termini dei problemi è necessario, dal momento che, comunque vada l’esito del voto, questa legge, come detto da più parti, deve necessariamente essere riveduta , per renderla meno “manifesto ideologico” e più semplice strumento giuridico di convivenza fra persone che  la pensano diversamente.

 

Roma 11/6/05

                                                           Salvatore Nocera


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