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Reg. Tribunale Lecce n. 662 del 01.07.1997
- ISSN 1973-252X
Direttore responsabile: Dario Cillo


 

Handicap e rivedibilità

Per la prima volta l’INPS fornisce alle proprie Commissioni di verifica alcune indicazioni metodologiche e interpretative legate al concetto di handicap. Le Commissioni di verifica, lo ricordiamo, sono deputate a controllare nella forma e nel merito tutti i verbali di invalidità, handicap (Legge 104/1992) e disabilità, rilasciati dalle Commissioni di accertamento delle Aziende Usl. Inoltre sono incaricate di effettuare i controlli a campione e quelli straordinari (esempio i 200mila controlli sui “falsi invalidi” previsti dalla recente Legge 133/2008).

L’INPS ricorda che l’handicap “pur fondando la sua sussistenza sulla presenza di una minorazione, lega le prestazioni/agevolazioni alla sussistenza di un addendo socio-relazionale e di contesto che non può essere ignorato e sul permanere del quale può significatamente fondarsi l’esigenza di revisione da parte di una Commissione che non è solo medica, ma che equigerarchicamente prevede l'operatore sociale nella costruzione del giudizio.”

L’INPS non cita l’esatta definizione di handicap grave previsto dall’articolo 3, comma 3 della Legge 104/1992: “Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità.”.

Per l’estensore del messaggio, che si rifà meramente al contesto e all’aspetto socio-relazionale, non è rilevante l’aspetto del carico assistenziale e dell’autonomia personale che divengono particolarmente severi in correlazione con minorazioni di particolare gravità.

L’INPS sostiene, quindi, che la certificazione di handicap non possa essere “congelata” non prevedendo revisione alcuna. È preferibile che i verbali di handicap prevedano una rivedibilità nel tempo.
L’affermazione appare in palese contrasto con quanto previsto dall’articolo 6 della Legge 9 marzo 2006, n. 80 che prevede che “i soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, inclusi i soggetti affetti da sindrome da talidomide, che abbiano dato luogo al riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione, sono esonerati da ogni visita medica finalizzata all'accertamento della permanenza della minorazione civile o dell’handicap”.

Di fronte a questa evidenza, l’INPS sostiene che il Decreto applicativo dell’articolo 6 della Legge 80/2006, e cioè il Decreto ministeriale 2 agosto 2007, non avrebbe introdotto novità rispetto all’accertamento dell’handicap. Quindi l’esonero dalla ripetizione delle visite di accertamento sarebbe – secondo l’INPS – relativa solo alle invalidità civili.

Va ricordato che il Legislatore prevede – alla lettera – l’esonero anche per le visite mediche legate alla permanenza dell’handicap. Inoltre il Decreto ministeriale 2 agosto 2007, richiama in premessa l’esonero dalla ripetizione delle visite non solo per l’invalidità, ma anche per l’handicap, a condizione che gli interessati siano titolari di indennità di accompagnamento e di comunicazioni e la loro patologia rientri in quelle elencate nel decreto stesso. Infine – e questo è assai rilevante sotto il profilo medico-legale cui si rifà lo stesso INPS – nel Decreto citato ci si riferisce a “condizioni patologiche che determinano una grave compromissione dell’autonomia personale e gravi limitazioni delle attività e della partecipazione alla vita comunitaria;”. Pertanto la dimensione connessa al contesto e all’aspetto socio-relazionale, cioè all’handicap ai sensi della Legge 104/1992, è significativamente espressa anche dal Decreto.


Disabilità psichica e intellettiva

Lo stesso messaggio fornisce una definizione che distingue sotto il profilo medicolegale e concettuale la differenza fra disabilità psichica e disabilità intellettiva e indica anche gli strumenti valutativi da usare. Si tratta del DSM IV (ora in via di revisione, nella versione V), cioè di uno strumento adottato dalla comunità scientifica internazionale per la valutazione delle demenze, delle malattie psichiche, e delle limitazioni intellettive.

L’INPS richiama anche le modalità di quantificazione del grado di disabilità intellettiva in base al quoziente di intelligenza rilevato.

L’impegno definitorio dell’INPS è funzionale a fornire indicazioni sulla corretta applicazione dell’articolo 13 della Legge 68/1999.

Quell’articolo prevede l’opportunità, per le Regioni e le Province Autonome, di concedere un contributo, in base a specifiche convenzioni, ai datori di lavoro che assumano persone con disabilità con una percentuale di invalidità superiore al 79% o con “handicap intellettivo e psichico indipendentemente dalla percentuale di invalidità”. Se la norma viene applicata alla lettera, alle agevolazioni si può accedere anche con handicap, psichici o intellettivi, anche lievi, favorendo l’inserimento di disabilità “leggere” o “borderline” a discapito di disabilità più severe.

La prima interpretazione dell’INPS è che i due tipi di handicap – quello intellettivo o psichico – non debbono necessariamente coesistere.

La seconda interpretazione della normativa è che comunque il limite minimo per accedere ai contributi deve essere del 46%, nel caso di handicap singolo (o psichico o intellettivo).
La terza interpretazione è che nel caso di handicap plurimo la percentuale minima è invece il 79%.
Si tratta, lo ripetiamo, di interpretazioni che hanno una ricaduta nell’attività delle Commissioni periferiche di verifica dell’INPS e, indirettamente, sull’inserimento lavorativo delle persone con disabilità.


Carlo Giacobini
Responsabile del Centro per la documentazione legislativa
Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare
Direzione Nazionale


Messaggio INPS 23991/08 (Handicap e Disabilità)


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